Brutal

Dove eravamo rimasti?

Quale sarà la prossima mossa di Art, l'orco artigiano e del suo fragile figlio Wol? Art chiede al figlio di uccidere l'uomo (67%)

Dovere– Ammazzalo Wol! Ammazzalo!

Wol non risponde. Si volta a guardare l’uomo. Pare un cencio. Lacero, putrido. Marcisce, appoggiato al muro. Guarda in seguito Art, suo padre: i lineamenti aspri, la sagoma stolida, un imponente scoglio che si impone sull’orizzonte del mare.
I propri pugni. Serrati, sudati, tremanti. Il gancio arrugginito.

– Ammazzalo! Ti ho detto di ammazzarlo!

Wol osserva la vittima. Lo fa stringendo gli occhi, sfocando la figura dell’uomo. Il sudore, oppure il timido approssimarsi di una lacrima all’iride, rendono la sagoma sempre meno reale.
Urla Art, sprona il figlio alla guerra.
Ascolta il grido del padre rimbalzare nella stanza. Un’incitazione vuota. Una soverchiante eco. Il coraggio non giunge. L’urlo copre soltanto il vuoto, lasciato da gesti non ancora compiuti.

– Cosa aspetti? Ammazzalo!

Il giovane orco si sporge in avanti. Alza il braccio destro, fino a superare la testa. Si inarca. I muscoli delle spalle sono rigidi. La schiena si tende. Avanza di un passo. Un altro. Vede, oppure immagina la distanza per raggiungere la vittima. Tentenna. Sfugge alla forza dello slancio. Lascia che il braccio cada sull’uomo a peso morto.
Un finale d’artiglio. Una diagonale imperfetta.
L’uomo si sposta lateralmente. Un piccolo, placido movimento. Apre il palmo della mano. Afferra il verde polso armato. Lo gira di scatto. Lo contorce.
Tutta la figura dell’orco è scomposta: Il capo reclinato all’indietro, il braccio sinistro a penzoloni, le gambe flesse a cercare equilibrio.

– Se non vuoi uccidermi, perché lo stai facendo? – domanda l’uomo, vomitando parole che zoppicano.
– Io devo ammazzarti! Devo!

Wol lascia che la disperazione venga in suo soccorso. Si aggrappa a quel sentimento come ad un appiglio incerto, sull’orlo del baratro. Ritrova la forza. Punta i piedi a terra. Spinge con i glutei, con i reni. Ritrova il proprio equilibro. Con la mano sinistra stringe a sua volta il polso dell’uomo. Le unghie affilate entrano nelle carni bianche.
Grida. Altra disperazione che avvince, che avvinghia i due corpi in lotta.
L’uomo addenta l’orecchio di Wol. Scuote freneticamente la testa. I denti si serrano e il sangue cola e spruzza ai lati della bocca lacera. Le cartilagini cedono. L’orecchio strappato viene sputato a terra. L’orco grida. Abbandona il gancio a terra. L’uomo scalcia. Gli artigli fuoriescono dalle sue carni. Il polso bucato, le pelli lacerate sulla carne viva.
Wol si divincola dalla presa, ma perde il gancio, che cade.
L’uomo si china veloce. Raccoglie l’arma e gridando, batte con la punta di ferro il piede di Wol. Una volta. Due volte. Tre volte. Brandelli di carne. Brandelli di zampa. Wol urla disperato e con un gesto inconsapevole si porta le mani al volto. Si contorce, trema, sbatte; e più il piede batte più il dolore sale, esplode sino alle fronte che si fa rovente. Le mani abbandonano la faccia, si stringono a pugno. Pugni che ora battono e sbattono incerte sulla nuca dell’uomo.
L’essere umano si ritorce a terra. Rotola sgraziato nella polvere come un tonno al macello. Wol lancia un ultimo pugno, che manca la vittima, lo sbilancia, cade a terra.

I due corpi strisciano come vermi l’uno sull’altro. Si avvolgono. Rotolano tra braccia che si annodano e ginocchia che spingono, che scivolano tra la bava e il plasma. Le mani cercano i capelli, li trovano e tirano, strappano ciocche che cadono a terra come piume di un cuscino stracciato.

Occhi che guardano gli occhi, velati dalle maschere tumefatte dei volti. Occhi che pulsano, pupille che cercano un lume. Pupille disorientate che scattano violente da un lato all’altro dello sguardo e che poi si spengono, stravolte.

L’essere umano, farfuglia – nessun… senso… nessun senso… alcuno -.
Wol, pietrificato, chiude gli occhi. La mano dell’uomo stringe la sua. Inerme. Si volta supino. Sdraiato, guarda il padre, e con un ultimo fiato di vita dice al padre:

– Io non lo ucciderò, mio signore.

– Così è deciso, allora.

Cosa ha deciso Art?

  • Lega entrambi e li trascina morenti per la città. (0%)
    0
  • Ripudiato il figlio, lo abbandonerà nel deserto fuori dalla città. (43%)
    43
  • Porterà il figlio al cospetto del sacerdote della Grande Zanna. (57%)
    57
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17 Commenti

  • Orchi. Non sono un amante degli orchi, ma sicuramente preferisco il loro punto di vista a quello degli umani XD mi sovviene Warcraft. Penso sia stato allora che ho capito che preferivo qualsiasi cosa pur di non dover sempre patteggiare per gli umani e vedere loro dalla parte del giusto!
    Per come son messe le cose, ho votato che Art spronerà il figlio a far fuori l’umano… non nutro grandi speranze però che Wol sia pronto a farlo…

    • Ciao Aurora. Dato il tuo punto di vista ti consiglio la trilogia “Orcs, First Blood” (in italiano semplicemente Orchi) di Stan Nicholls. In questo romanzo gli Orchi sono generosi e nobili e gli umani, di converso, sanguinari e conquistatori. Nondimeno, è un punto di vista a mio parere molto ingenuo, nel senso che semplicemente inverte i fattori. Dal canto mio cercherò di creare in questo piccolo racconto un’ambiente in cui siano gli individui a distinguersi, fuggendo alle follie delle civiltà di appartenenza.
      Grazie del commento e buon anno.

  • bella l’idea di una storia dal punto di vista degli orchi, e non sempre degli umani 🙂
    soprattutto se riuscirai a farci provare l’odio dei pelleverde verso la razza umana, come infatti hai cominciato in questo primo capitolo!
    qualunque opzione vincerà, la vedo molto male per questo studioso, lì tremante nell’angolo 😀

  • Un gran bell’inizio. Vista la situazione voto per Art che prende il gancio.Il bagliore di luce potrebbe indicare una minaccia più grande di quanto pensava e dunque ritiene sia meglio che si occupi lui di sistemare la faccenda, piuttosto di lasciarlo fare al suo esitante figlioletto.
    Benvenuto, e al prossimo episodio!

    • Grazie Wolfhound per il tuo commento. In effetti Art potrebbe decidere di fare l’eroe, è nella sua vecchia natura. Nondimeno non vede l’ora di vedere il figlio all’opera… anche se il carattere di Wol è decisamente lontano dalle aspettative paterne. Vedremo la sentenza del pubblico!

    • Ciao Marco, mi fa davvero piacere ti sia piaciuto. Questo racconto lo tenevo nel cassetto. Conosciuto il sito è sorto il desiderio di riscriverlo per renderlo interattivo. Quindi grazie per il benvenuto, e vedremo se i lettori vorranno assecondare la logica di Art… al momento sembrerebbe proprio di sì.

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