LA STANZA DEI GIRASOLI

Dove eravamo rimasti?

Alice non risponderà mai a quel messaggio. Qualcosa o qualcuno glielo impedì. (50%)

Dieci.

Dieci.

 

Ben comprendendo che il Dolcetto alleviava di ora in ora lo stato di paralisi emozionale che l’aveva colpita nel primo pomeriggio Alice ne aveva fatti piccoli sorsi per tutto il pic-nic accaldandosi ogni volta. Era seduta tra Emily l’architetta e Piero lo psicologo, e visto che erano due adorabili ragazzi e ci si trovava bene a parlare era tentata di chiedere loro un parere sulla sua personalissima storia, ma si frenò visto che poco distante c’era Roberto, e non voleva che sapesse.

Alice, benché a suo agio, sapeva però che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con sé stessa, capire quanto e cosa le faceva male di questa storia. Così a sera inoltrata salutò tutti e decise di rientrare a casa coi mezzi.

Doveva fare un piccolo pezzo a piedi e da li prendere il 19. Trenta fermate. Trenta soste nel flusso impazzito della mente. Cominciò a camminare.

L’ingranaggio contorto del vissuto, dell’amore trascorso, passato, calpestato, quel vorticoso roteare su stessa che era già avvenuto e che tanto l’aveva distanziata dalle passioni vere erano tornati: ombra, oppressione, paura. Si sentiva dannata per l’incapacità di esprimersi, di comunicare i sentimenti o forse solamente per non essere adatta. A cosa?.

Arrivò il tram. Stava per salire quando sentì vibrare la tasca, andò per aprire il messaggio ma il cellulare si spense scarico. Probabilmente era il Rinnovo promozioni della Vodafone.

Si sedette. Ragionava e sragionava, sentiva che il groviglio si faceva più grande il peso più cupo e la sua risposta d’amore sempre più lontana. Era un criceto su una ruota. La stessa dinamica che si ripeteva in continuazione: innamoramento o infatuazione, iniziale frequentazione e poi allontanamento e fine senza che la storia avesse un inizio reale.

La trappola sarebbe stata meno trappola domani? Come sarebbe stato finire il corso abitando col ragazzo che le piaceva e che non le parlava? Forse se ne sarebbe andato lui… Iniziò a fantasticare su una sua dipartita il giorno seguente, per l’America, anzi per la Russia o il Polo Nord. Non avrebbe dovuto lasciarsi andare.

A metà tragitto il tram non ripartiva più. Dalle imprecazioni dei passeggeri si capiva che era in panne. Nada, non si muoveva di un millimetro. Scese a cercare un autobus o un altro tram. Ma non sapeva neanche bene dov’era e a causa dell’alcol non riusciva a fare mente locale… La sconfitta finale. Dopo mezz’ora di nulla di fatto fermò un taxi. Dodici euro per cinque kilometri. Ladro. Mezzanotte meno un quarto. Luce spenta in camera sua, la finestra parlava chiaro.

Nulla accade per caso.

Un giorno, un minuto o un cenno. Coltivare pazienza. Crescere le attese e nutrire la madre delle ore. Avere il controllo del giorno e della notte. Il tempo è la dimensione più equivoca che ho. Anzi è lei che ha me. Io sono solo una parte, un’appendice imprevista del tempo, se voglio posso creare altre dimensioni, con la mia sola fantasia.

Prendo una stanza con alle pareti carta anni ’70, metto una luce gialla. Aggiungo incenso Nag Champa. Prendo una vecchia sedia di legno e la appoggio vicina a un tavolo su cui fuma una brocca di té, e girasoli pronti per essere messi nell’acqua. C’è un divano un po’ scucito, con la fodera verde. Per favore suoni alla mia porta? Sei stanco e dovresti sederti un po’ qui vicino a me. Ho creato questo per me e per te. Non ho mai chiesto a nessuno di venire in un posto con me, non così esplicitamente ho chiesto di trascorrere qui dentro del tempo. E se l’ho fatto non ne ero mai sicura e comunque restavamo fuori, non siamo mai venuti qui dentro, perché questa stanza non è mai esistita prima di te…

 …

Scrivendo, nella sua stanza, al riparo dalla notte, l’animo fino ad allora contratto, pian piano lasciava andare il disperato bisogno di parola e di confronto che tanto l’assetava, da molto  prima di quella bella estate. Cominciata la sera in cui Giovanni all’una e trentacinque circa bussò impazientemente alla sua porta.

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150 Commenti

  • Amaranta, non smetto di leggere..è come una droga..non riesco a non farne a meno!
    Sei bravissima, continua così!! E anche se le persone criticano il tuo modo di scrivere non ascoltarle! Difendi sempre le tue parole, le tue idee..non perchè siano giuste ma perchè sono tue.
    Complimenti!!

  • Sorry per il ritardo!! Per fortuna sono arrivata in tempo prima del nuovo episodio…Anch’io voto per Roberto che potrebbe dirci qualcosa in più su questo Giovanni, (che in fondo in fondo non mi convince)…A presto!!!

  • Più vado avanti a leggerlo più mi emoziono, sembra che la protagonista sia io, prende tantissimo. Sei stata bravissima fino ad adesso! Continua così Amaranta e deliziaci con i tuoi racconti.
    Un bacio,
    Charol.

  • Dai, vediamo la ex che combina, cosa ci racconta.
    “quella che prima era la cucina ed ora invece era uno spazio d’incertezza fatto solo delle loro parole”, questo passaggio qui mi è piaciuto tantissimo, così come la conclusione del capitolo, con quei due che, prima di salutarsi, se ne stanno sulla terrazza a chiacchierare fino alle 2. Bello.

    D.

  • Mi piace quando esce e respira e cerca sollievo nelle persone che incontra, la estenderei questa parte per quanto mi vien voglia di approfondirla.
    La storia si fa molto interessante, la dimensione coinquilini, la camera scelta a scatola chiusa con i girasoli appassiti e i riferimenti alle serie tv.
    Ti seguo ancora e con piacere 😉

    Ho votato per il vecchio amico romano. Magari ci si potrà rivedere.

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