Le 3 di mattina di un mercoledì

Dove eravamo rimasti?

Cosa succede una volta arrivati a New York? La cosa più importante per Lila è tornare subito in Christopher Street (86%)

Wednesday Morning 3AMI know as I gaze
At my young love beside me,
The morning is just a few hours away.
(Simon & Garfunkel, Wednesday morning 3am)

Il giorno più brutto era arrivato con un certo preavviso; anzi s’era perfino fatto attendere; era arrivato poi con lo stesso passo della hostess che ora con un gesto delicato sveglia Lila e la informa che è ora di scendere. Cedric accanto a lei è sveglio, forse non ha dormito per tutto il volo, ma poi quanto è durato? Solo tre ore… Tre ore dilatate dall’immobilità e da quel tempo fermo sopra le nuvole. L’unico pensiero che Lila riesce a formulare mentre sgranchisce braccia e gambe e prende il bagaglio dalla cappelliera, è che non vede l’ora di essere a casa e fumarsi una sigaretta in pace sul terrazzo.
A casa? È a New York, non “a casa”, eppure il terrazzo che sta immaginando, la pace cui anela, è il tetto della casetta in Christopher Street: è lì che deve dirigersi.
“Lila,” esordisce Cedric dopo un lungo silenzio, seduti davanti ad un caffè e dei tramezzini in un bar dell’aeroporto. Lo dice alla francese, con l’accento sull’ultima sillaba, per cui ancora una volta diventa Lì, Là.
“Lila, io devo raggiungere mio padre -cioè, mio fratello- all’ospedale. Non è necessario che tu venga con me. Ti risparmio la burocrazia.”
Secondo il tacito accordo che è stato indispensabile per permettere loro di arrivare fino a qui insieme, Lila capisce che dice sul serio. Prendono insieme un taxi fino all’ospedale, dove Lila saluta Cedric e prosegue zaino in spalla verso la propria meta: la strada da percorrere è lunga ma chiara nella sua mente, dritta per Madison Avenue poi la 6th Avenue. Nonostante la certezza che la destinazione sia quella giusta, o forse proprio perché sa che sta per raggiungerla, Lila cammina lentamente, inventa alcune deviazioni tra le strade numerate, W17th, 5th, W14th, trovando conforto in quelle linee e quei numeri ordinati. Quando ormai si trova all’inizio della strada, per ritardare ulteriormente si siede dentro il caro vecchio “Corrado’s” e passa un’altra ora a bere caffè su caffè. Non pensa a cosa fare; sono ormai quasi le 6 quando oltrepassando “Corrado’s” raggiunge il numero 39 di Christopher Street. Il portoncino blu in cima ai due scalini, il citofono senza targhette, il negozietto accanto, il parco dall’altro lato della strada, le sagome delle statue appena distinguibili tra il cancello e gli alberi.
Prima che Lila faccia in tempo a chiedersi come agire, una donna con un bambino piccolo in braccio esce dal numero 39 lasciando il portone socchiuso; Lila sale quasi di corsa le rampe di scale fino all’ultimo piano, inciampando, lo zaino pesante che le sbatte sulla schiena, ma infine eccola lì, l’ultima scaletta, spalanca la porticina che dà sul tetto e vola fuori.
Vola.
Cedric.
E Lui.
Insieme, sul tetto del numero 39 di Christopher Street. Cedric alto e fiero, i riccioli, le spalle strette e la sigaretta di suo fratello. Inequivocabile.

Ore. Forse tre, forse otto. Contando le ore, le righe tra le mattonelle, le luci sui palazzi, le sagome degli alberi, il cielo prima cobalto poi sempre più nero.
Le tre di mattina di un mercoledì sul tetto di un palazzo di Christopher Street.
Lila gli racconta del giorno più brutto, ma lui lo sa già. L’ha vissuto anche lui, un giorno di quelli che si fanno aspettare, anche lui è fuggito, con un bagaglio troppo pesante in spalla è arrivato fino a qui e ora è qui per abbracciarla e bere insieme vino bianco nelle luci della notte. Insieme disfano le spire di nastro adesivo che avvolgono la busta e quando infine è libera la aprono: dentro c’è un’istantanea dei tetti di Christopher Street. Nient’altro. Lui la tiene tra le dita e la lascia andare sul primo soffio di vento che la porta via oltre il parapetto.
È tornata a casa e il pensiero del giorno più brutto sembra sciogliersi insieme al vino che scorre, alla voce morbida di lui che canta una canzone, alla notte che scivola via verso il grigio.
The morning is just a few hours away.

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182 Commenti

  • Sempre delicato e toccante 🙂
    Anche io sono molto curioso di leggere la versione estesa, nel frattempo complimenti. Mi ha fatto piacere averti seguito dall’inizio della tua avventura qui, spero che avremo modo di incrociare le nostre strade professionali (o pseudo tali), ancora in futuro! Ma questo lo dovresti già sapere 😀

  • Appare Cedric che la salva! Secondo me questo non era proprio un sogno, più una visione o una “fantasia” generata dalla preoccupazione e della disperazione.. dal fatto che si sentiva sperduta insomma..
    Comunque capitolo molto bello, il modo in cui fai ruotare tutto intorno questa busta è davvero efficace!

  • Vorrei comprendere qualcosa sul passato, quindi voto l’opzione del flashback.
    Una coincidenza come questa della scuola è troppo bella per far si che sia solo un sogno… mi piace pensare che ci sia un disegno, che si esprime dietro questi continui segni e coincidenze, che sono un po’ il filo conduttore e la “magia” della storia.
    Bellissimo capitolo!

    Ps: adesso ci vorrebbero gli orsi di Riccioli d’oro, mi ha fatto pensare a quello il finale 😀

  • Non avrei voluto essere nei tuoi panni nel dover mischiare tutte e tre le opzioni.. però vuol dire anche che hai dato scelte tutte interessanti..
    Te la sei cavata egregiamente 😀
    Solo che ora si è incasinato tutto ancora di più! Non che sia male.. Ho votato “si sente chiamare per nome..”, potrebbe essere interessante vedere qualche altro personaggio importante per lei (se la conosce lo sarà..).

  • All’indirizzo non c’è una casa ma un pub dove c’è sempre musica dal vivo.
    Il racconto è sempre interessante e velato di quel sottile alone di mistero che non fa mai male. Ora a Stoccolma, in questo locale dove c’è musica dal vivo, ce lo fai sentire un po’ di metal? siamo nella sua patria, dai… 🙂

    • Ciao Elena, intanto grazie!
      Sì, sto approfittando di questo racconto “vagabondo” per inserire pezzi dei miei diari di viaggio raccolti negli anni, fosse per me scriverei solo descrizioni ma non voglio togliere troppo spazio alla narrazione!
      Ti posso dire in anteprima che Lila ha ancora molto da viaggiare, a prescindere da chi ci sarà o non ci sarà dentro quella casa rossa…

  • Lo so che la MIA storia non è quasi per niente bella… in confronto alle altre è molto brutta, ma potete votare su come continuare e magari darmi qualche consiglio? Io sono ancora principiante e ho solo dodici anni, ma ho bisogno i consigli. La potete leggere per favore? E’ “Sotto gli occhi di tutti”. PS L’ULTIMA PARTE DELLA MIA STORIA LA VOGLIO CAMBIARE… COME SI FA?

  • Molto bella fra, ho voluto complicare un po le cose puntando sul vecchio. Tanto so che se il filo logico è la musica non sarà di certo un suonatore con la chitarra poco considerato a traviarne il giusto corso, per non parlare della bellezza dello scavalcare la banalià delle soluzioni facili. Un bacione , al prossimo capitolo. 😉

  • Il ragazzo con la chitarra, visto che suoni e vista la graditissima citazione iniziale.
    Bell’incipit, stile scorrevole pur essendo piuttosto ricercato, gran pregio questo. Particolarmente apprezzata questa frase:

    Il treno correva veloce tra muri scrostati e lattine gettate accanto ai binari come gusci vuoti. Ogni tanto dal finestrino si vedevano campi desolati, e Lila immaginava fosse lì che andavano a finire gli oggetti che si smarrivano, i pensieri che si dimenticavano, le persone che non si vedevano più.

    Racchiude poesia e segna un passo avanti nella definizione dell’atmosfera del racconto. Al prossimo capitolo, complimenti!

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