Veliero nella tempesta

ModìLa goccia di sudore era caduta sulla manica della camicia, precisa a metà braccio. Il sole si abbatteva sulla fronte di Franz al modo di una pioggia torrenziale, con velocità doppia. Di certo la camicia a maniche lunghe non lo aiutava, avrebbe avuto più senso una comoda maglietta e un pantaloncino, dei sandali. Avrebbe avuto più senso una giornata al mare e invece si era ritrovato in quella torrida Milano, alle prese con la frenesia della Metro e i ritmi alti della città. Poi quel caldo. Quella fronte bagnata, quel puzzo di piscio per strada, agli angoli più nascosti. Non era certo la giornata migliore per darsi al turismo, per cercare la magia nei vicoli ciechi e negli angoli del Duomo. Non era certo la giornata giusta per ritrovarsi a cercare Santa Maria delle Grazie, per visitare un castello che gli era costato qualche litro di energia. Era una giornata da aria condizionata, da ghiaccioli alla menta e bevande analcoliche. Era una giornata da pensieri folli e chiese aperte, da ubriachi pronti per il gioco della bottiglia. Poteva essere la sua giornata, girare per Milano era favoloso, un teatrino desiderato fin dalla giovinezza, ancora prima di diventare quel che era diventato. I capelli avevano preso l’odore della città, carichi di smog, dimenticato l’odore dello shampoo mattutino, la sua barba bagnata come un pino dopo una tempesta. Degli occhiali da quattro soldi gli riparavano gli occhi celesti al pari di un lago di montagna, specchio per la vita. Le labbra chiedevano acqua, le sue ascelle del buon deodorante. Entrò nel Palazzo Reale, attratto dalla sua passione per l’arte, in corso un’esposizione di Modigliani. Con il sudore che gli bagnava le gote, salì la scalinata, acquistò il biglietto e, ricevuto l’audioguida, si addentrò per le sale della mostra senza far caso ad una signora che cercava da due minuti di attirare la sua attenzione. Si tolse le cuffie. “Signore lo zainetto deve portarlo davanti, può urtare i quadri”. Sorrise. Eseguì l’ordine. Si fermò davanti al primo quadro, lo scrutò. Lo analizzò. Ricordava la spiegazione del prof. Avvicinò nuovamente le cuffie, inserì il codice, opera numero 1. Eccola la spiegazione, quella voce non gli era nuova. Cazzo gli assomigliava a quella di Elisa e il ragazzo era Gianni? Che fine avevano fatto? Si asciugò il sudore con una salviettina all’aloe. Freschezza immediata. Lo zaino davanti incominciava a pesargli, la sua scoliosi si faceva sentire. Rimase ad osservare a lungo il dipinto di Henri Hayden, “Bevitore bretone”. Quel vecchio con quelle rughe gli assomigliava tanto al fruttivendolo sotto casa, spesso lo potevi vedere al bar, tavolino appartato, con un lambrusco e un bicchiere. Pipa adagiata sul tavolo. Alla faccia dei divieti, tirava delle boccate e si emozionava al fuoco lento che prendeva vita. Cappello in testa e occhiaie gonfie. Aveva estratto il blocchetto, un quadernetto da quattro soldi e si era trascritto il nome dell’opera, come fan quelli bravi. Franz aveva poi preso il sigaro e se l’era portato in bocca, subito si era sentito osservare, sorrise, fece finta di accenderlo, poi lo tolse “Sono un’artista maledetto anch’io”. Lo aveva detto con quell’aria di chi ci crede per davvero. Aveva visto il “Ritratto di Jeanne Hebuterne”, poi “Il ritratto di Zborowski”. Si era bloccato innanzi ad un veliero, era di un colore beffardo, di una intensità raffinata. Ci aveva visto l’America in quell’opera. Era di Vlaminek. “Veliero nella tempesta”. Si era rivisto. Aveva visto lo zio su quel veliero, si era perso per strada ad inizio novecento. Mentre entrava tra i colori di quel dipinto, tra le onde e le case in secondo piano, come a volerci veder storie e scoprire umori, si sentì sfiorare il lobo dell’orecchio, poi il dipinto perforato. Un proiettile si era conficcato proprio nella prua. Preciso. Di scatto si era voltato ma non aveva visto nessuno Era solo, la sala deserta. Il cuore aveva iniziato a battere forte. Il sistema d’allarme non aveva funzionato.

E ora?

  • Cala il buio in sala (50%)
    50
  • Le guardie lo portano fuori credendolo il responsabile del gesto al dipinto (38%)
    38
  • Il sistema d'allarme riprende a funzionare (13%)
    13
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43 Commenti

  • Lo stile diretto, incalzante al punto giusto, senza inutili fronzoli lessicali e il contenuto avvincente, mix ben risolto di mistero, luci ed ombre, ironica normalità e inattese stranezze, unite a riflessioni di spessore, conquistano il lettore! Sapientemente delineati i tratti psicologici del personaggio Franz… Complimenti!

  • Volevo leggerti già ieri sera, ma ero stanco e mi sono detto “lo leggo domani mattina prima di cominciare a lavorare, la sua scrittura mi rilassa”.
    Invece, ma non è un male, anzi, questo capitolo è pieno di energia ed è, in poche righe, un condensato di tutti i mali del nostro Paese. Estremamente apprezzato.
    Ho votato anche io per il veliero che riappare in sala, mi sembra l’opzione che garantisce la maggior confusione. Se avessi inserito anche una scelta sulla “persecuzione” da parte della giustizia ai danni del povero Franz avrei senza dubbio scelto quella!
    Scusa le chiacchiere, aspetto il prossimo con il consueto interesse!

  • Quando e soprattutto dove c’è Modigliani, ci sono anch’io…
    Bella l’idea di far partire il racconto alla mostra di Modì a Milano
    ( fino a settembre) …..dà l’idea di vera contemporaneità.
    Per me cala il buio in sala…è più intrigante.
    Ciao e buon proseguimento emma

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