Dove eravamo rimasti?
Io son la Morte e porto corona.Mi trovavo dunque a trarre il fiato proprio di fianco al pozzo del podere, quand’ecco che avvertii provenirne un raschio molle e strascicato.
Mi volsi a veder cosa lo provocasse, alla luce della luna e del gran rogo di morti che ardeva a poca distanza. Di fuori dalla vera del pozzo si faceva largo un corpo immondo, artigliando il pietrame con le mani pallide e spingendosi avanti sulle braccia tumide ed enfie. Di quell’atra figura un tempo umana i capelli eran neri e lunghi e ricadevan in ciocche sporche sul petto e il viso, celando i lineamenti. Nere al contempo eran le vesti, tutte ammollate dall’acqua e fatte a brani, e dove esse si aprivano per tagli o squarci, il corpo che sotto se ne intuiva era livido e squallido oltre ogni dire.
Gemeva essa, o meglio che grugniva potrei dire, di quei versi che i Morti inquieti fanno, e mi apparve bene dalle orrende condizioni e dal marciume delle vesti che per molte ore essa avea tentato di trascinarsi fuor dalla cavità scavata infin sul campo e vi fosse riuscita solo in quel momento, perché istigata a folle frenesia per l’empia attrazione che gli provocavano il fuoco e i versi degli altri Trapassati e la mia figura lì da presso.
Ed ella era dunque, o forse dovrei dire che era stata, la povera Donata, ancor agghinda degli abiti suoi di vedovanza. Pensai allora che i morti la dovettero aver raggiunta di sorpresa tre giorni addietro e morsicata e fatta gridare quel richiamo che avevo udito. In cerca di scampo, ella doveva esser caduta dentro al pozzo e lì in fondo, senza che io la potessi scorgere o salvare, lentamente e orribilmente doveva ella aver perso la vita ed esser risorta a morte atroce.
A quella sconcia vista mi ritrassi, mentre ella strisciava pari a bestia sulle quattro zampe, trascinandosi dietro i lembi delle veste nere. La chioma lercia si aprì e io vi scorsi sotto un unico occhio gonfio e fisso che mi valutava.
Come ella del tutto sul terreno fu sgusciata, per l’orrore e la pena le fuggii dinnanzi e presi a correr d’intorno, che quella letal Vedova Nera, tutta marcita e gocciolante ora mi seguitava e digrignava contro come mortal nemica, non come la donna che avevo amato. D’un getto ella mi si lanciò addosso, saltando come fiera, e solo per sommo scampolo di fortuna manovrai che quell’incubo ferace mi stesse discosto, strattonandone i lunghi capelli e così facendo salvandomi il viso dai suoi morsi. Liberi dalla lercia copertura della chioma, gli orribili lineamenti infine mi apparvero. A una spanna dalla mia gola la sua bocca rorida di acque morte ruggiva e vomitava tetri liquami, mentre quegli occhi spenti e torbidi mi fissavano con malevola nequizia. Tutto livido era il viso, enfiato dal freddo delle acque in cui essa aveva giaciuto per giorni e deformato in ogni sua parte come in una maschera spaventosa.
L’orrido scempio mi conferì maggior vigore. Mentre ella si contorceva come ossesso, mi artigliava le vesti e si protendeva con i denti innanzi, afferrai meglio i capelli con le due mani e tirai indietro più forte che potessi.
Io credo che in simile circostanza una donna vivente non avrebbe potuto sopportare quel dolore e avrebbe deviato l’attacco o smorzato la foga. Ma i Morti queste cautele non le hanno né dolori provano e sempre perseguono il proprio mostruoso agire anche quando questo gravemente nuoce loro, quale cosa inanimata piuttosto che pensante. Sicché mentre io forzavo verso dietro la testa di Donata ella spingeva il corpo verso me, finché infine il suo collo si spezzò come un bordone piegato per le opposte estremità.
Cadde dunque ella ai miei piedi, contorcendosi ancora di spasmi terribili, ma non più in grado di nuocere.
Col cuore duro e freddo terminai la mia opera e la trascinai fino al pozzo, gettandocela infine dentro affinché essa non potesse più esser di cruccio ad altri viaggiatori.
Era ormai tempo di lasciar quel luogo e cercar rifugio altrove.
Ma dove sarei potuto andare?
Cosa farà adesso Corvaccio?
- Si terrà lontano dalle strade e percorrerà le selve per tenersi nascosto. (58%)
- Cercherà di raggiungere la grande Via Francigena, per potersi spostare celermente verso una città. (25%)
- Tornerà indietro verso il borgo di Certaldo, sperando che il paese sia ormai libero dai Morti. (17%)

Pingback:
01/12/2013 at 01:09
Bene, adesso cosa scriverai?
27/11/2013 at 10:49
E così finisce la storia. Grazie a tutti quelli che hanno partecipato! Questo spazio rimane aperto per commenti, suggerimenti e dritte varie!
E ricordate che il Flagello che ha investito Firenze e l’Italia è l’oggetto anche del romanzo Decameron dei Morti:
http://maurolongo.wordpress.com/decamerone-dei-morti/
12/11/2013 at 15:39
diamo una speranza per il futuro (e la seconda stagione…)
23/10/2013 at 20:55
Stavolta fuggiranno. E a gambe levate. Penso che ne abbiano fin sopra i capelli, come ha accennato Artisia…
09/10/2013 at 20:35
Ciao, BELLA STORIA COMPLIMENTI!!!!! mi piace la tua storia perciò ti seguo voto per la seconda opzione:)
PS Se vuoi vieni a dare un’occhiata alla mia…
COMPLIMENTI!!!!! XD