Dove eravamo rimasti?
Tu sei forse allo stremo e non lo crediDecisi che fosse mio compito scortare Artisia in quei bui recessi e indagar con lei i segreti di quella tetra Confraternita. A noi presto si accodò il giovane Orlando, ma di diverso consiglio era invece l’altro uomo, che prese i suoi attrezzi e mi strinse il braccio scrutandomi negli occhi e dicendo, molto cupo in volto: “Mai ho lasciata un’onta irrisolta, dacché sono nato. Quel dannato abate avrà presto un buon motivo per lanciare le proprie lamentazioni. Giù dal poggio vi è una stradina che si allontana da questo orrido convento e al terzo miliario si scorgono dei ripari scavati nella roccia. Lì sarete al sicuro. Se vorrete, potete attendermi laggiù fino al sorgere del sole, oppure andate per altra via senza più rivolgermi un pensiero.”
Pronunciate quelle parole, il villano si allontanò su per le scale mormorando sordide bestemmie tra i denti, mentre noi prendevamo a esaminare meglio quello spoglio sotterraneo.
Versi immondi provenivano ancora da sotto il coperchio del sarcofago lì accanto e fu mia cura spostarne il pesante lastrone. Uno dei morti inquieti era incatenato all’interno e cercava di slogarsi i polsi e il collo nella furia di raggiungerci. Diversi pioli di ferro erano infissi nel suo corpo.
“Tengono questi chiodi a imbeversi dei suoi neri umori,” furon le parole di Artisia, “per poi usarli nel crocifiggere quelli che loro chiamano peccatori, di modo tale che tali sventurati muoiano e risorgano sulle croci come Afflitti.”
E Orlando rispose, in pugno la spada stringendo: “Il destino che avevano riservato anche a noi. Quale oscura perversione della vera Crocifissione è mai questa?”
Proseguimmo nella nostra ricerca dentro quella cripta, ma senza venire a capo di alcuna cosa che non fossero vecchie catene, ossa divorate e sepolcri svuotati. Di poi tornammo cautamente nella chiesa e ne indagammo i recessi e i vari altari.
Un suono di ferri proveniva da una celletta, richiusa da un cancello che non fu difficile scardinare. Oltre di esso vi era una celletta con in fondo un’arca d’argenti e ori, un antico reliquiario che secondo l’intitolatura incisa conteneva le vestigia di Santo Lazzaro.
Artisia si avvicinò e rimosse il coperchio. Vi era dentro un vecchio teschio e delle ossa fissate assieme da chiodi e placche di ferro e un fetore orrendo ne proveniva. Qualcuno aveva versato un liquame oscuro su quel carcame e ora quella pozza intrideva tutto l’ossame conservato e le fibie di metallo che lo connettevano. Vi eran poi altri pezzi gettati dentro, che mi parvero parti e membra di corpi più freschi di quelli del Santo e appariva quasi che quell’icore si avviticchiasse attorno al metallo e tutte queste parti scomposte, pulsando e strisciando in vene nere e scarlatte.
Ed ecco che alla luce della nostra candela, quel cranio orrendo parve volgersi a noi e mosse la mascella come per stridere, parlare o divorare e tutto quell’ammasso di carni marce, ferrame, umore e ossa sconnesse parve muoversi a spasmi, come se quel putridume potesse dalla morte inanimata riassemblarsi da sé e prendere vita.
Orlando si fece pallido e io stesso mi sentii mancare a quella vista.
Artisia richiuse il coperchio dell’Arca e se ne allontanò. “Costoro son giunti a crocifiggere i vivi e adorare i Morti. Codesta Confraternita è un’accozzaglia di folli, blasfemi e farabutti. Lasciamo questo luogo dunque, prima di finir pazzi anche noi”.
Così facemmo e uscimmo dalla chiesa per la porta che io stesso avevo aperto.
Alte urla e versi provenivano dall’edificio accanto e noi sospettammo che il villano stesse affrontando i monaci nel loro convento. Un gruppo di quelle abominevoli figure chine che avevo già osservato, coperte da pelle cadente e suture, parevan correre da ogni parte verso quel luogo. Il cortile della chiesa era invece spoglio e le tre croci non si vedevano più come fossero state spezzate alla base e trascinate via.
Mi chiesi allora cosa dovessi fare e cosa ancora mi sarebbe toccato in quella notte di orrore.
Cosa faranno adesso Corvaccio, Artisia e Orlando?
- Fuggiranno attraverso il Cortile, via da quel luogo di morte? (30%)
- Fronteggeranno gli Abomini che accorrono al convento? (30%)
- Correranno verso il convento, per dar manforte al villano contro l'Abate? (40%)

Pingback:
01/12/2013 at 01:09
Bene, adesso cosa scriverai?
27/11/2013 at 10:49
E così finisce la storia. Grazie a tutti quelli che hanno partecipato! Questo spazio rimane aperto per commenti, suggerimenti e dritte varie!
E ricordate che il Flagello che ha investito Firenze e l’Italia è l’oggetto anche del romanzo Decameron dei Morti:
http://maurolongo.wordpress.com/decamerone-dei-morti/
12/11/2013 at 15:39
diamo una speranza per il futuro (e la seconda stagione…)
23/10/2013 at 20:55
Stavolta fuggiranno. E a gambe levate. Penso che ne abbiano fin sopra i capelli, come ha accennato Artisia…
09/10/2013 at 20:35
Ciao, BELLA STORIA COMPLIMENTI!!!!! mi piace la tua storia perciò ti seguo voto per la seconda opzione:)
PS Se vuoi vieni a dare un’occhiata alla mia…
COMPLIMENTI!!!!! XD