Flesh

Dove eravamo rimasti?

Ultimo capitolo in arrivo. La resa dei conti è vicina. Da quale punto di vista volete sapere come sono andate le cose? quello di Soledad (71%)

Tutti i nodi vengono al pettine[Colonna Sonora: If I had a heart – Fever Ray]

Il primo a reagire fu Burke: imprecando, impugnò il fucile e uscì dalla cabina. Io nel frattempo ero riuscita a rialzarmi e per prima cosa controllai di avere ancora la pistola con me. Mentre mi apprestavo ad uscire anche io, mi raggiunse Aidan. Sentivamo la voce di Burke, il quale continuava a imprecare

– Chiunque sia il coglione che era al timone, esca immediatamente fuori!

Feci capolino fuori dalla cabina; scorsi il natante che aveva speronato la MaryJo: si trattava di un grosso motoscafo cabinato che galleggiava a fianco della barca sulla quale ci trovavamo. Il colpo per fortuna non sembrava esser stato forte abbastanza da danneggiare lo scafo in modo irreparabile: non eravamo ancora colati a picco.

– Fuori di lì, ho detto!

Dall’altro natante non giunse nessuna risposta. Sembrava abbandonato. Sia io che Aidan affiancammo il capitano. Nel silenzio della notte, finalmente, udimmo un rumore provenire dal motoscafo; non riuscimmo a distinguerlo subito, ma dopo qualche istante ci fu chiaro che c’era una donna che chiedeva aiuto, lì dentro.
Burke si mise il fucile in spalla e ci fece cenno di aspettare; con un balzo atterrò sulla prua dell’altra imbarcazione, lanciò una cima ad Aidan affinché potessero legare le due barche fra loro e poi seguì il suono di quella voce, sparendo sottocoperta. Ne uscì alcuni minuti dopo.

– C’è una ragazza ferita, Soledad. Ho bisogno di te.

Presi la cassetta del pronto soccorso; Aidan rimase sulla MaryJo e io, seppur non con la stessa abilità di Burke, raggiunsi il Capitano sul motoscafo.

– Spero che tu abbia lo stomaco forte, non troverai un bello spettacolo.
– Disseziono cadaveri tutto il giorno, Capitano. – mi permisi di fare la spavalda. Non sarebbe certo stato un problema vedere una ferita, per quanto grave fosse.

Quel che trovai fu inquietante: c’erano quattro cadaveri le cui carni erano state letteralmente sbrindellate. L’odore di sangue era così forte da dare il capogiro, nonostante fossi abituata. In un angolo c’era una ragazza bionda, ricoperta di sangue, i capelli appiccicati al volto; la sua gamba destra era spezzata sotto al ginocchio: potevo vedere il bordo frastagliato dell’osso che aveva lacerato il muscolo e la pelle. Mi affrettai a raggiungerla. Solo quando mi inginocchiai accanto a lei, cercando nella cassetta quel che mi serviva per fermare l’emorragia, la riconobbi: era Tasha.

oOo

C’è una cosa, che adoro, della Cloud Nine: se mai qualcuno scoprirà quello che ho fatto veramente, potrò sempre dare la colpa alla droga e a James che me l’aveva fornita, tanto ormai è morto. Sono riuscita a convincere tutti che io sono stata soltanto una vittima: mi trovavo sulla barca con James e i tre operatori video, quando questi sono impazziti e hanno cominciato ad azzannarsi a vicenda, allora io ho cercato di fuggire, ma mi sono rotta una gamba e così mi sono nascosta fino alla fine del massacro, secondo la versione ufficiale avvalorata dagli avvenimenti che avevano sconvolto la regione quella notte. Il professor Evans aveva confessato il suo coinvolgimento e alcuni studi, successivamente, avevano stabilito che un’alta concentrazione di onde elettromagnetiche stimolava nei soggetti che l’avevano assunta quella sorta di zombificazione. Quando finisce l’effetto della droga, tutti tornano alla normalità. Il punto è, che io ho provato un piacere indescrivibile nell’assaggiare la carne umana e me ne sono tenuta un po’ per quando non posso proprio resistere. È stato Paul a farmi scoprire tutto ciò; quando lo hanno trovato in Hotel non era ancora morto e il suo rinvenire sul tavolo dell’obitorio aveva contribuito ad alimentare la psicosi.
Ah. Le riprese della candid camera sono diventate un film che ha sbancato i botteghini. Ovviamente ho fatto in modo di far sparire quelle in cui si vede che sono stata io ad uccidere i quattro sulla barca.

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343 Commenti

  • Rilke diceva che il bello non è che il tremendo al suo inizio.
    Credo che sia per questo che gli horror mi fanno paura: il bello sta sul limitare, e sai che prima o poi svelerà la sua vera, tremenda natura. Ma non sai come, né quando, e l’unica cosa che puoi fare è imparare a convivere con la spada di Damocle.

    Eccoci al dieci, faccia a faccia davanti al tremendo. Ora ogni cosa esce allo scoperto e si manifesta.
    E la cosa più angosciante di tutte è rendersi conto di come anche il più terribile degli eventi scatenanti risieda sempre e solo nello stesso posto: quel meandro spaventoso dell’animo umano in cui la vertigine della perversione osa conclamarsi e avviarsi al concreto.
    Non più “e se…”, ma “è”. Uno scarto minuscolo, ma le conseguenze sono catastrofiche.
    Eri una persona e diventi un’altra. Era un gioco e diventa la realtà dei fatti, incontrovertibile.

    Gli horror mi fanno paura, ma sono (o forse dovrei dire “perché sono”) uno dei modi più schietti e audaci di indagare l’animo umano. Nessun meandro escluso, nemmeno quello in cui il bello e il tremendo giocano a fondersi e confonderci.

    Brava Laura, ma sai che ti aspettiamo presto con il prossimo racconto!

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