Gli ultimi giorni di Cornell Woolrich.

Il cappello nero.Lo schivò all’ultimo, quando appena girato l’angolo se lo vide davanti.
Stava uscendo dal bar, sotto al Valentino Hotel, sulla 56° strada, e Cornell entrava dalla porta girevole in cristallo.
E all’ urto aveva notato questo brillio purpureo noto’ anche come un mancamento di tutte le energie come quasi risucchiato da un aurea negativa.
Appena varcò la soglia del bar scorse uno strano assembramento di persone intente a prestare soccorso. Erano chine sul corpo di un uomo supino, qualcuno stava già chiamando il 118.
Si avvicino’ incuriosito e vide che era l’uomo che prima aveva visto al bancone a servire i cocktails.
Poi noto’ un tizio che, in tutta quell’agitazione febbrile aveva una strana calma come fosse abituato a tali eventi.
Rifece poi il giro e usci’ cercando il tizio che lo aveva urtato, per chiedergli scusa ma non lo vide immediatamente.
Si diede a cercarlo con lo sguardo in mezzo alla folla sul marciapiede ma non lo scorse.
Si voltò nella direzione in cui quel tizio si era incamminato e scorse una sorta di vapore purpureo, una sorta di sospensione sul capo di quell’uomo.
Si muoveva, pareva a passi felpati, pensò tra sè.
Pareva lambisse il selciato.
Aveva una giacca di fustagno beige chiaro, un cappello a tesa larga ed una camicia bianca con cravatta bianca…con questa strana aurea sul capo, uno strano brillio rossastro.
Sulle prime pensò fosse dovuto al fatto che ultimamente beveva un pò troppo, ma poi si ricordò che quel mattino non aveva toccato alcool.
Si sfregò gli occhi e guardò meglio, focalizzando l’attenzione su quella sorta di ombra proiettata dal cappello.
Di chi era quel cappello nero?
Che aveva scorto sul capo di quell‘ uomo che aveva incontrato e urtato sulla soglia della porta?
Che cosa rappresentava?
Il tizio quasi fluttuava sull’asfalto.
Improvvisamente svolto’ nel vicolo e Cornell riusci’, per un attimo, ad afferrarlo ma un dolore lancinante alla mano lo tramorti’.
Cornell scorse un paio occhi rossi tenebrosi a guardia di quel antro misterioso…con indecisione si inoltrò nel buio del vicolo,una notte calo’ improvvisamente nel vicolo, piu’ buia di tutto l’universo, pareva quella dell’inizio dell’Umanita’, del inizio del Tempo stesso, come parte integrante di una voragine nera apertasi nella parete.
Appena una luce abbacinante prese il sopravvento, tutto spari’ come un incubo dissolto al mattino.
Cornell rimase incantato da quella scena straordinaria.
Visto che lo strano personaggio si era così dissolto nel nulla decise di tornare al bar.
Appena entrò la vide ed era bellissima.
Aveva occhi verdi ed era bionda ed era intenta a stendere un lenzuolo bianco sul cadavere del barista, dopo avere provato tutte le più disparate tecniche di rianimazione, sostenendo avesse le competenze per farlo: dichiarava, infatti, di essere un’infermiera.
Parlò con lei ed ella raccontò cosa era successo quando il tizio era entrato la prima volta, descrisse pure, allo stesso modo, lo scintillio purpureo ma sopratutto lo sguardo di quell uomo che era come quello del boia nel atto di eseguire la sentenza di morte, lei ricordò, pure, che aveva toccato il barista con una forte pacca ripetuta sulla spalla.
Immediatamente concluse che i due fatti fossero collegati: cioè la morte del barista era collegata direttamente al tizio che prima era entrato anche se non sapeva in che modo, pero’.
Una prima avvisaglia di questa supposizione gli venne dal fatto che il capo dell’uomo aveva lo stesso brillio purpureo che aveva il tizio di cui aveva perso le tracce.
Lo stesso brillio satanico.
Subito Cornell percepì una certa qual sintonia di cui non si ricordava ormai da tempo.
Si ritrovarono, così, a percorrere la strada verso l’ appartamento di Cornell.

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