Spaghetti Western II: La leggenda del Santo Bandito.

Lettere da Santa FeSanta Fe, 15 Marzo 1953

All’attenzione dello stimatissimo dottor Francis T. Brown,
docente emerito di storia Americana e curatore presso il National Museum of American History di Washington, DC.

Caro amico, stimato collega,

mi trovo attualmente a Santa Fe, dove mi hanno infine condotto le mie interminabili ricerche sulla conquista del West Americano. Il progetto, la cui concezione era originariamente di portata limitata, sembra infatti destinato ad allargarsi a dismisura: più scavo nelle sabbie della storia del nostro glorioso Paese, più riporto alla luce fatti e personaggi straordinari. Negli ultimi tempi, in particolare, seguo la pista dei cosiddetti pionieri, ossia gli uomini della frontiera, protagonisti di storie al limite dell’incredibile, a volte, è bene dirlo, palesemente ingrossate dai numerosi passaggi che da una bocca all’altra le conducevano attraverso gli anni e i paesi. Una tra queste, la più affascinante a mio modesto parere, mi è stata recentemente raccontata da un anziano ranchero in una locanda di infimo ordine, in cui entrai, sia chiaro, solo perché costretto dalle necessità conseguenti all’aver bevuto acqua non sufficientemente limpida.
Ad ogni modo, tralasciando certa specie di dettagli poco importanti e superflui al fine della mia missiva, ritengo che detta storia, per quanto contenente alcune inesattezze, refusi se vogliamo, nonché alcuni anacronismi, sia in fin dei conti da ritenersi verosimile se non addirittura realistica; soprattutto ritengo che sia interessante per un uomo come te, o come me, studioso e amante della storia, ma anche di animo avventuriero.
La storia in questione narra infatti della vicenda di Malcolm Van der Meer, fuorilegge apparentemente ignoto, ma conosciuto successivamente con anche un altro nome, destinato a ben più larga fama.

Per onestà intellettuale devo far presente che, ove la narrazione si faceva più incerta, ho provveduto io stesso a riempire le lacune, vuoi grazie alle mie conoscenze di studioso, vuoi grazie alla mia esperienza del mondo.
Per ciò che resta, la riporto esattamente come mi è stata riferita.

Spero, ma non credo, di poterti stringere presto la mano.
Il tuo caro amico,

Thomas Paul Bell.

Erano le ultime decadi del secolo scorso: di anni di grande fermento, di progresso, di stabile ricchezza, ma anche di violenza gratuita ed estrema.
Una delle piste più ricche e redditizie per i mercanti di allora era proprio quella che da Santa Fe, una volta aperte ai forestieri le frontiere del New Mexico, portava dritta dritta al resto degli Stati Uniti.
Poco importava che in mezzo ci fossero tribù di selvaggi e tutto il maledetto deserto del Cimarron: quando il profitto chiama, il mercato risponde.
In questa medesima osteria, questo stesso buco incrostato di tabacco e saliva, appoggiati a questo bancone dove ci troviamo io e te faccia a faccia, appena una settantina d’anni fa, si guardavano negli occhi due uomini di ben altra risma, senza offesa.
Uno era un messicano, figlio di un bordello, un uomo tutto nervi conosciuto come Navaja. Basso, pelle olivastra, barba lanosa e occhi da cane. L’altro era alto, fisico robusto, tratti decisi. Olandese di Amsterdam, una vipera che il suo stesso paese aveva preferito esiliare, piuttosto che tenersela in seno.
Il suo nome era Malcolm Van der Meer, ma non l’avrebbero chiamato così ancora per molto. Parlavano, discutevano a voce alta, ma il messicano per quanto nervoso non osava alzare più di tanto il tono, si capiva subito chi comandava.
Un terzo compare stava invece seduto là, dove adesso c’è quel tavolo, e invece a quel tempo c’era il pianoforte: disinteressato di tutto toccava delicatamente i tasti. Alto, magro e biondo, lo chiamavano il pianista, ma non per quello che si può pensare: era stato un boxer dei migliori, e ancora adesso era in grado di suonarle a chiunque.
Proprio quando la discussione tra Malcolm l’olandese e Navaja il messicano stava per scaldarsi troppo, entrò tutto trafelato un quarto compare.

Perchè è trafelato, il quarto compare?

  • deve riferire un messaggio urgente. (23%)
    23
  • è inseguito. (69%)
    69
  • è ferito. (8%)
    8
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89 Commenti

  • Mi sono letteralmente bevuta il primo capitolo della saga: spledido, affascinante e soprattutto in grado di giocare con arguzia e ironia con tutti quegli stereotipi a cui il genere western ci ha abituati da Howard Hawks a Sergio Leone, fino al caso Django/Tarantino. Bravissimo! Ti seguo con piacere, non vedo l’ora di leggere il seguito! 😀

  • ohohoh! ma guarda qui: chi se l’aspettava uno spaghetti western 2 così all’improvviso!
    follow instantaneo, e mi ci butto subito nella storia, votando il trafelato perché è inseguito. subito ritmo a mille 🙂

    piacere di rileggerti, ferdinando!

  • Pingback:

  • Che Qualcuno t’abbia in gloria, Ferdinando, per essere tornato con la seconda razione di spaghetti.

    Mi piace questa cosa della lettera e del racconto. Sui personaggi, sai già che li amo di un amore profondo e viscerale, quindi non posso che dirmi entusiasta, sin da ora, di questa tua storia.
    Ho votato per il compare inseguito… ci sta sempre che uno inseguito porti con sé i guai verso il resto della propria compagnia.

    Ben tornato,
    D.

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