Black Hole Hunter

Dove eravamo rimasti?

Cosa ha visto Sorriso? Un oggetto che gli ricorda di un amico di vecchia data (67%)

L’assassino prima o poi commette sempre un errore

Lo aveva notato quando era entrato nella casa di Giuliano; i suoi occhi ne avevano registrato la presenza, la sua mente aveva associato quell’oggetto a un ricordo fastidioso e l’aveva archiviato immediatamente: il cervello umano è come un prestigiatore, soprattutto quando si tratta di questioni di sopravvivenza, fa sparire e riapparire i ricordi in base alle necessità e così può capitare che ci si trovi a rimuginare per ore e perdere il sonno nel tentativo di ricordare un nome senza venirne a capo e poi quel nome salti fuori giorni dopo, quando ormai ci si è arresi e magari si sta facendo qualcosa che non ha nulla  a che vedere con esso. 

Proprio a causa di questo processo mentale, Sorriso aveva notato quell’oggetto, poi lo aveva archiviato; ma quando stava per colpire il muro, la sua mente gliel’aveva fatto notare di nuovo – probabilmente per impedirgli di spaccarsi una mano – per esser precisi gli aveva fatto ricordare dove lo avesse già visto prima di allora.

Quindici anni prima, più o meno nello stesso periodo in cui aveva conosciuto Eliana, Sorriso frequentava assiduamente un club di Bologna, il Movida; erano anni nei quali sbandierare la propria omosessualità non andava tanto di moda, perciò il locale appariva come un night club qualsiasi, pieno di belle donne mezze nude che adescavano i clienti e li intrattenevano ballando attaccate ad un palo. Solo in pochi – e Sorriso era fra questi – conoscevano la saletta privata situata nel seminterrato dove erano uomini muscolosi e anch’essi mezzi nudi a ballare per altri uomini i quali, una volta soddisfatte le loro voglie segrete, potevano uscire dal Movida senza rischiare lo scandalo. Si era anche negli anni nei quali frequentare un night e donnine allegre non era considerato tanto deplorevole, a patto che si facesse attenzione a non farsi notare troppo: quando il superiore di Sorriso lo aveva incontrato al bar della zona etero del locale, gli aveva dato una pacca sulla spalla, aveva strizzato l’occhio con aria complice e gli aveva raccomandato di divertirsi; dopo di che si era appartato con una splendida mulatta. Inutile dire che quella notte Paolo non riuscì affatto a seguire quella raccomandazione; il pensiero del corpo flaccido del suo capo gli aveva fatto morire ogni fantasia e per di più temeva che lui sapesse delle sue inclinazioni omosessuali e fosse lì per cercarne le prove. A quei tempi Sorriso non era così sicuro della stabilità del proprio posto di lavoro.

Non si era sbagliato del tutto, Paolo, sul conto del fu Mattia Torretta – ovvero il suo superiore: egli era infatti intenzionato a troncargli la carriera, vuoi per antipatia, vuoi perché tempo addietro Sorriso si era fatto sua moglie. 

Per fortuna il proprietario del locale, Tadeu, un brasiliano con il fondoschiena più perfetto con il quale Paolo avesse mai avuto il piacere di intrattenersi, nutriva un debole per Sorriso e quando Torretta aveva cercato di infangarne il nome, questi aveva fatto in modo che le accuse si ritorcessero sullo stesso accusatore.

Mattia Torretta perse il posto, la moglie e la credibilità. Qualche mese dopo aveva perso anche la vita, in un incidente che forse tanto incidente non era stato.

Sorriso aveva festeggiato con Tadeu, all’interno del locale chiuso, con fiumi di Bonarda, perso nei fumi delle canne e tanta pelle (quella dei loro corpi e quella dei divanetti sui quali avevano consumato).

Tadeu gli aveva chiesto di seguirlo in Brasile, dove aveva intenzione di sottoporsi a un intervento e una cura ormonale per sembrare una donna e poter stare con lui.

Sorriso gli aveva detto di no. 

Non voleva che Tadeu diventasse simile a una donna.

E non poteva avere una relazione con lui, se non lo fosse diventato.

Tadeu era partito.

Paolo aveva sposato Eliana.

Aveva pensato spesso a Tadeu, ma non aveva saputo più nulla di lui.

Eppure, quella notte, in casa di Giuliano, incastrata fra il portacenere e un bicchiere sul tavolo della cucina, aveva visto una scatola di fiammiferi che recava il logo del Movida. Il defunto Ispettore Capo non fumava; il locale era chiuso da dodici anni; ai tempi, Giuliano era di stanza a Messina. Ergo, quei fiammiferi potevano essere dell’assassino. 

Sorriso fece qualcosa che andava contro tutte le procedure e l’etica professionale: abbandonò l’idea di prendere a pugni il muro, diede un paio di direttive a caso, trovò il modo di appropriarsi della scatola di fiammiferi incriminata e portarla via con sé mentre diceva agli altri di voler controllare una pista.

In fondo non stava mentendo: era convinto che l’assassino avesse commesso un errore dimenticando lì quella scatoletta e pensava anche di sapere a chi apparteneva; oppure lo aveva fatto appositamente per attirare la sua attenzione e mandargli un messaggio “Sì, ce l’ho con te, Paolo, vieni a prendermi”. Voleva verificare di persona che i suoi sospetti fossero fondati, perché lì si trattava di una questione personale che voleva risolvere da solo.

Nel prossimo episodio

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107 Commenti

  • L’apprendimento delle tecniche con l’allievo che si libera del maestro; il segno distintivo come punto necessario per un seriale, con questo consapevole di ciò; insomma… quando esce il seguito di questa storia? 😀 😀 😀

    Bella, davvero bella. L’ ho seguita volentierissimo.
    Sciapò Mario 🙂

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