Dove eravamo rimasti?
Stupido è chi lo stupido fa, dottore.
Non lo ricordava mica un periodo brutto così. Ventidue anni di polizia ma un periodo brutto così proprio non lo ricordava. In centrale non volava una mosca da una settimana. Il dottor Bagnasco era sempre irascibile, se la prendeva per qualunque nonnulla, ovviamente con lui se la prendeva. Quel coglione di Barbatti poi passava la giornata lì, al telefono o a strillare, a volte entrambe le cose insieme, e quando strillava lo faceva alla cazzo e poi gli altri si venivano a lamentare con lui, agente scelto Carmine Alfredo Liscalzi, perché doveva essere lui ad accompagnare alla porta il medico legale e ricordargli che lì non c’entrava una mazza e che se ne tornasse ai suoi morti.
Però Barbatti l’aveva presa brutta la storia del Black Hole Hunter, soprattutto dopo la fine che aveva fatto il Capo, e s’agitava come un verme sull’amo alla ricerca di una pista da seguire. Sì, s’agitava lui perché il dottor Bagnasco brancolava nel buio e forse sarebbe stato più utile con un buco del Black Hole Hunter in faccia, mentre il dottor Sorriso sembrava semplicemente fottersene.
Lo conosceva da cinque anni il dottor Sorriso e così non lo aveva visto mai. Era uno in gamba, che prendeva la pista giusta al primo colpo, uno che fiutava i criminali come i cani fanno coi tartufi, stargli accanto era sempre stato una passeggiata, quello gli diceva cosa fare, lui ubbidiva alla lettera, e i casi sembravano risolversi da soli. Ma da quando c’era quel cacciatore di buchi neri del cazzo il dottor Sorriso non era più lui.
Il dottor Bagnasco c’aveva una sua idea, gliel’aveva sentito dire alle macchinette del caffè a Cestalloni, con uno di quei discorsi ufficiosi che si fanno davanti al caffè, che sembrano non voler dire una mazza ma poi in realtà sono quelli che contano di più. Ricordava esattamente le parole: «Secondo me quell’assassino bastardo è Sorriso, e prima o poi ti porto la prova che lo inchioda.» Aveva detto esattamente così, senza troppo curarsi della sua vicinanza, che tanto tutti credevano fosse un povero idiota l’agente scelto Liscalzi.
Ma Liscalzi lo sapeva perché il dottor Bagnasco ce l’aveva con il dottor Sorriso. Era che odiava i froci. Come facesse a conoscere il segreto del dottor Sorriso non avrebbe saputo dirlo, forse non lo sapeva davvero, magari era una percezione, un sesto senso che lo metteva in allerta inconsciamente, però era così, ne era sicuro, Il dottor Bagnasco sapeva. Sul fatto che il dottor Sorriso fosse frocio poi, lui personalmente non aveva dubbi: anche suo cugino era una checca convinta e c’era un qualcosa nel dottore che glielo ricordava, suo cugino.
L’agente scelto Liscalzi contro i froci non c’aveva nulla, anzi, suo cugino era un’ottima persona e se c’aveva bisogno di una mano sapeva di poter sempre contare su di lui, però una cosa era certa: il dottor Sorriso nascondeva qualcosa. Qualcosa in più oltre al fatto d’esser frocio.
Aveva raggiunto la certezza di questo fatto due giorni prima: entrando nell’ufficio del dottor Sorriso, questi aveva nascosto in fretta e furia dei documenti.
«Cazzo Liscalzi, bussare no?» lo accolse con aria confusa.
«Dotto’ mi scusi tanto, la porta era aperta.»
«No Liscalzi, la porta era chiusa ma evidentemente per tenerti fuori la prossima volta dovrò dare due giri di chiave.»
«Mi perdoni dotto’, io non intendevo…»
«Taglia corto e dimmi cosa vuoi.»
«C’è di là Barbatti che urla come un ossesso. Ha delle nuove analisi fatte sul corpo del… del Capo ed ecco… dice che nessuno lo caga di striscio…»
«Dio santo ma cos’è preso a quell’uomo?»
«Penso semplicemente voglia trovare l’assassino, dotto’…»
«E Bagnasco? Non può pensarci lui?»
«È fuori, dotto’…»
A quel punto il dottor Sorriso s’era alzato, lo aveva spinto fuori dall’ufficio sbattendosi dietro la porta e si era diretto verso le grida di Barbatti.
Liscalzi aveva capito che qualcosa non andava da un semplice indizio: il superiore s’era lasciato chiamare dotto’ quattro volte senza mai correggerlo. Per questo aveva deciso di passare all’azione. Era entrato nell’ufficio del dottor Sorriso e aveva scartabellato rapidamente tra i fogli che aveva nascosto al suo ingresso. Ne venne fuori una foto che pareva rubata dalla strada durante un appostamento: ritraeva un tipo abbronzato, straniero sembrava, dall’aspetto non troppo raccomandabile.
Oltre all’uomo nella foto era riconoscibile un’insegna, la stessa che ora Liscalzi vedeva dalla sua auto, parcheggiata una cinquantina di metri dietro a quella di un ignaro dottor Sorriso.
E adesso?
- Facciamo un salto nel futuro (43%)
- Scopriamo un nuovo cadavere (21%)
- Torniamo in macchina con Sorriso (36%)

02/06/2014 at 20:27
Come si suol dire.. quando l’allievo spera il maestro.
Bravo Mario! Aspetto il tuo prossimo racconto 🙂
02/06/2014 at 13:01
Anvedi Liscalzi…
02/06/2014 at 12:34
Grande Mario! 😉
02/06/2014 at 12:33
L’apprendimento delle tecniche con l’allievo che si libera del maestro; il segno distintivo come punto necessario per un seriale, con questo consapevole di ciò; insomma… quando esce il seguito di questa storia? 😀 😀 😀
Bella, davvero bella. L’ ho seguita volentierissimo.
Sciapò Mario 🙂
26/04/2014 at 17:48
diventano complici!
19/04/2014 at 14:41
Li voglio complici! Sangue! 😀
17/04/2014 at 21:55
Ma l’ultima puntata?