1 + 1 = nessuno

Dove eravamo rimasti?

Per finire: Blackout. (48%)

La nuit américaine

Da lì a pochi istanti, il buio ricopre ogni cosa.

Prima di saltare, il sistema elettrico fa un tac che fa interrogare Simone sulla posizione (dimenticata) in cui ha riposto le chiavi che aprirebbero lo sportellino del contatore, e sulla presenza (incerta) di qualcun altro, al piano di sopra, che abbia lo zelo necessario a risolvere la situazione. Il primo e unico piano sulla testa del telefono amico, è occupato da uno studio di avvocati muti tra di loro e logorroici se incontrati all’ingresso, o lungo la strada. Simone, di solito, tende a evitarli.

La giornata, fuori, è di quelle in cui il cielo, cupo e invernale, fa sembrare il tempo fermo a qualche minuto prima dell’alba. L’unica finestra nella stanza (Simone l’ha sempre sostenuto) è in una posizione talmente sbagliata che fa trapelare poca luce anche nei pomeriggi di piena estate, figuriamoci adesso. Tra l’altro, stamattina, distratto dal bizzarro corso degli eventi, Simone si è scordato di alzare la tapparella e tirare la tenda. Non è una dimenticanza che gli accade di rado: l’oblò squadrato che buca la parete è così insignificante che ci si può del tutto dimenticare della sua presenza. Insomma, tutto questo per dire che fa buio davvero, anche se siamo all’ora di pranzo.

E, al buio, Marta non vede più niente, nemmeno le dita della mano destra che continua a sventolare davanti agli occhi, nella speranza di abituarsi, almeno un poco, alla mancanza di luce.

Simone, invece, avvezzo a passare lì quasi tutto il suo tempo, riesce a distinguere, qua e là, piccole cose: la superficie liscia del poster dei Queen, ad esempio, che riflette a intermittenza la luce d’emergenza.

Alzatosi rovesciando, involontariamente, il proprio bicchiere, Simone raggiunge a tentoni la finestra. Non per aprirla, né per cercare le famose chiavi dello sportellino del contatore, no. Si accovaccia sulle ginocchia e, continuando a procedere per tentativi, cerca una scatola quadrata, che tiene lì da molto tempo, in attesa di poterla sfoggiare.

Quando, finalmente, la trova, ne estrae una candela, un pacchetto di fiammiferi, e delle carte da gioco. Nel tempo di accendere la candela e disporre le carte, Simone racconta a Marta che, quand’era bambino, odiava le sere in cui saltava la luce. Capitava spesso e, la cosa più terribile, era la noia con cui si doveva convivere per tempi incerti e, spesso, tremendamente lunghi. Senza corrente elettrica non puoi leggere un libro, guardare un film, ascoltare musica. Come fai, allora, a sopravvivere? Marta annuisce, in linea di massima condivide. Senza corrente, si scioglierebbero tutti i freezer. Avrebbe più lavoro, certo, ma sprecare tutto quel cibo, che peccato.

Per questo – e Simone lo dice con un ghigno soddisfatto – si è premunito di un kit scaccia-noia in caso di black-out. Poco male se fuori è giorno e, uscendo per strada, i due potrebbero scordarsi del cortocircuito, e tornare alla luce. Meglio giocare alla nuit américaine, fingere che fuori il mondo sia dormiente, e quella partita a lume di candela esista in un tempo che scorre solo per loro.

Marta non si fa pregare e, anzi, prende la carta che le è capitata in sorte e la illumina sotto alla candela, premurandosi che Simone non sbirci, altrimenti che gusto c’è?

Riflette per poco tempo, come se, fatta pace con la propria ciclopica natura dello sguardo, ora sapesse far dialogare notevolmente più in fretta le idee tra di loro. (D’altronde, in canone, si possono dire due cose contemporaneamente, nel tempo in cui una voce in assolo ne dice solo una).

“Quella cosa per cui uno più uno uguale nessuno ma, in due, può essere bella. No dai, è bella, di solito. Sempre.”

Mentre la fiamma della candela gioca a trasformare i volti, proiettandovi ombre sempre diverse, mentre i Queen e la (non proprio loro) dedica ammiccano dal poster, mentre Craig e Raina sorridono dalla striscia di Blankets, Simone scorre mentalmente tutte le parole amorose in cui le singole unità valgono meno dell’insieme. Sperando, in contemporanea, che gli avvocati silenziosi-logorroici non riattacchino la luce, per nessun motivo.

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586 Commenti

  • Brava! Brava! …e di nuovo brava!
    Questo racconto è delizioso! L’ho letto tutto d’un fiato stamattina arrivando anche in ritardo in ufficio ( per questo non ho avuto tempo di lasciare un commento!)
    Un finale originale degno di una storia altrettanto originale e divertente.
    Spero di “giocare” nel tuo prossimo racconto , se lo scriverai: di sicuro ti seguirò.

  • Finale meraviglioso Margherita!
    Ho adorato il tuo racconto, dal primo all’ultimo episodio, per i suoi personaggi così originali e interessanti e per lo stile con cui ce l’hai raccontato: descrivendo le varie situazioni in un modo così magico, come se ogni dettaglio, anche quello apparentemente più futile, avesse un’importanza unica. Brava davvero e, per rispondere alla tua domanda, sì, mi piacerebbe molto scrivere un altro racconto, ma il mio tempo libero ultimamente scarseggia a causa dello studio, quindi, appena possibile, cercherò di pubblicare qualcosa di nuovo. 😉 A presto!

  • Quanto mi è piaciuto questo racconto 🙂
    Mi hai fatto ripensare col sorriso sulle labbra a quando andava via la luce, prendevo la radiolina e ascoltavo la musica o la partita (perché andava via spesso durante la partita, non c’era la tv con sky, telepiù ma c’era radio uno e tutti erano sintonizzati) 🙂

    Non vedo la necessità di un sequel, voglio leggerti in qualcosa di nuovo. Un sequel finirebbe per spezzare l’armonia di una perfezione

  • Con semplicità e gentilezza si possono raccontare molte più cose di quante possiamo immaginare. Esattamente come hai fatto tu, che senza mai oltrepassare il limite e con grande eleganza ci hai regalato una storia fatta di momenti intensi ma anche divertenti (ripenso alla bella descrizione dei “bambini di oggi”) 🙂
    Brava Margherita, e grazie per la piacevole compagnia 🙂

  • Sei riuscita a sorprendermi, Margherita, bellissima l’idea del kit 😀 e il finale… Ero preoccupata, i finali mi preoccupano sempre, ho paura di restar fregata ^^” invece… wow! Dice e non dice, quel che basta per far volare la fantasia senza però tarparle le ali, è romantica e, soprattutto, è perfettamente in stile/tono con il resto della storia.
    Spero arrivi presto un altro racconto by MargheritaSchub 😉

  • Giuro che questo finale mi ha fatto commuovere :’) non posso credere che siamo già alla fine <3
    Mi è piaciuta veramente tanto come storia e sono certa che qualunque sia la tua prossima (sequel o nuova) sarà entusiasmante almeno quanto questa.
    Un bacione e ancora congratulazioni 😉

  • Complimenti Margherita! Una storia che come ti ho già detto, all’inizio avevo dubbi a iniziare a leggere a causa del genere (che, devo ammetterlo, messo lì, spesso inganna un po’…), ma che alla fine mi ha davvero sorpreso.
    Una storia dolce, che dispiace lasciare, come quando finisce l’ultima fetta di torta o l’ultimo pasticcino.
    Sicuramente aspetterò e seguirò la tua prossima storia su the incipit, per cui (spero) a presto! 🙂

  • Gli avvocati muti tra di loro e logorroici altrove, la finestra nel posto sbagliato, il bicchiere che cade. Questo è solo l’inizio, il resto lo cito con difficoltà perché ho ancora la completezza del tuo racconto che mi pulsa dentro.
    Anche tu sei pronta per qualcosa di grande, senza dimenticarci di tornare qui – spero che lo farai – in questo posto magico dove girano le nostre idee e dove ci siamo incontrate davvero per la seconda volta.
    :*
    S.

  • Mentre tutto il sito attende con il fiato sospeso l’interpretazione autentica circa la vita sessuale schubiana, tu ci colpisci a freddo con questo finale truffaultiano, delicato e lieve e perfetto.
    (Se i racconti di TheIncipit fossero piatti, tu saresti senz’altro lo chef di punta nelle cosiddette presentazioni, ché i tuoi piatti sono sempre magnifici a veder… ehm… a leggersi. Grazie della bella lettura).

  • La partita di Taboo!! Che bella l’immagine di lei che rivede i particolari dando loro un senso!! Chiedo scusa per la sparizione! Pensavo di aver seguito il racconto e anzi ero rimasto stupito del fatto che non avessi più scritto nulla, poi ho scoperto che così non era e che me lo sono praticamente perso tutto, ma al finale ci sarò!!! 🙂

  • ci sono storie che vorresti non finissero mai 🙂

    con troppi al tavolo di cucina dovevi descrivere (molto bene lo hai fatto) dodici persone diverse, ma qui con due soli personaggi che non parlano, ma è come se parlassero dalle tue labbra, che stai esprimendo davvero il meglio di te. Parole fatate, che ti restano addosso come bei ricordi. Per finire una partita di taboo, cosa vorrai dire con quel quasi vera quasi finta, ma forse non lo saprò mai, perché vincerà il blackout. Mi tolgo il cappello e ti faccio un inchino. Stile classico.

  • ok ok, altro capitolo entusiasmante, ti confesso che dai primi righi non lo credevo possibile
    per questo ho imparato che con te è sbagliato dare le cose per scontato
    potrei scegliere il blackout, far sì che al buio lei veda ancora meglio, che scappi il bacio, ma scelgo la partita a taboo, voglio sorprendermi ancora una volta nel trovare in una semplice situazione il tuo grande talento
    sempre più brava margherita 🙂

  • Entro solo ora in questa stanza. Sorry, lo farò in punta di piedi.
    Confesso una certo mio pregiudizio sul “rosa”, ma certo il genere è secondario, quando c’è una buona storia, e uno stile non banale, come mi pare sia in questo caso.
    Scelgo il “riso”, se sono in tempo, tanto per rompere gli schemi. Vediamo

    • Spesso si ha uno sguardo molto severo su se stesse, l’importante è che non sia l’unico (e ciclopico, per stare in tema col racconto). 😉 Ogni tanto è bello anche riuscire a lasciarsi andare e sentirsi a posto con sé stesse anche mentre ci si soffia il naso strombazzando. Sai che relax? 😉 (Lo dico perché sono anch’io così!)

  • Hai seminato per sette capitoli una serie di immagini e riferimenti che qui tornano, brillantemente, davanti allo specchio.
    Momento fondamentale, come in quella terza prova della Storia Infinita dove Atreiu dovrà trovarsi di fronte se stesso per scoprire, poi, l’immagine di Bastian: il lettore.
    Come si vedrà Marta a pagina 12?
    Io me la immagino stupita e compiaciuta, dopotutto è una che si controlla e che non mangia a bocca piena.
    Adoro questi personaggi e i piani di lettura che sei riuscita a creare, di certo li conserverò caramente.
    S.

    • Caro Diego, anche tu un fan di Dylan Dog, come Simone? Mi piace pensare che sulla scrivania ci fosse Jekyll!, direttamente dal giugno ’89, giusto per seminare una piacevole coincidenza. Oltre a essere un simbolico numero 33, è anche interamente scritto dal caro papà di Dylan. 😉

      • Ho fatto un gioco di parole senza rendermene conto (ho scritto che la Margherita (come pizza) non delude mai nessuno, ma nemmeno come scrittrice delude mai 😉

        Dylan Dog è il mio mito e se parliamo di coincidenze, Jekyll è il primo inedito che ho comprato (fino al 32 ho la ristampa), cioè il primo Dylan originale che ho comprato, poi c’è Il buio che ho adorato (e mi terrorizzava). Questo la dice lunga sulla mia età, stendiamo un velo pietoso 🙂

  • Anche a me l’idea del congegno impegnato nel parlare da solo affascina molto 🙂
    Margherita un altro capitolo con i fiocchi, non c’è che dire!

    sai leggendo la tua biografia ho notato la scuola che hai frequentato e non ti nascondo che ha suscitato il mio interesse
    è lì che hai imparato a scrivere così bene o ti ha solo guidato nel perfezionare il tuo stile? 🙂
    (sono curiosa)

    • Grazie molte!
      Per quanto riguarda la scuola, ci sarebbe tanto di cui parlare…
      Una cosa è certa: il modo migliore per far crescere la propria scrittura, è alimentarla. Darle terreno fertile. Leggere e guardare tante cose, osservare i linguaggi che ci piacciono e capire perché ci piacciono, studiare quelli che ci urtano e scoprire perché lo fanno.
      Le scuole danno i mezzi per praticare quest’esercizio più consapevolmente, ma non possono sostituirsi al lavoro che si deve fare sul proprio sguardo.
      In altre parole, le scuole sono un mezzo per perseguire un fine. Dipende da persona a persona, quale mezzo sia il più adatto o efficace… 🙂

  • Quanti feticisti del sintomo si incontrano ogni giorno, più ti leggo e più penso che dovrei lavorare al telefono amico.
    Mi piacciono tanto le tue espressioni, le rendi così personali che è impossibile non affezionarsi al tuo modo di scrivere. Dal mezzogiorno di un quarto d’ora alla R.d.N, ci troviamo in un attimo in questo splendido finale di episodio, dove i nostri si incrociano ed è come vederli, potrebbe essere questa l’immagine della tua copertina.
    La decisione è difficile, è un momento fondamentale. Diciamo che Marta aspetta Simone, davanti a un congegno strano e parlante. Prima o poi tornerà, sì 😉
    Tua S.

  • Io volevo la via di mezzo, i contrattempi, perché Simone non credo lasci il telefono amico, poi nemmeno sa come sia fatta, come fa ad andarle incontro? (ecco il caos)

    Bel capitolo, dialoghi davvero efficaci e divertenti. Mi piace sempre di più questa storia e poi gestire due personaggi è una meraviglia (anche se te l’eri cavata egregiamente con tutti quelli al tavolo di cucina) 😉

  • Bon. Primo racconto che leggo sul settore rosa. Piacevolmente sorpreso. Sul ‘rosa’ ho un trauma, dovuto a qualche anno fa, quando, a quattro mani (due rosa e due celesti), tentammo un rosa fantasy hard. Epic fail, dovuto al mio dissacro inconsulto (la co-autrice rideva ululando, e la sua performance narrativa ne risentiva a sua volta). Fu divertente, ma da allora (mi ero documentato, lessi ben due Harmony rossi!) sono rimasto aggrappato a quel modello. Tragico. Qui mi sono divertito. Ben scritto, e le leggere ‘incredibilità’ di trama (non sono versato in telefono amico, ma gli auguro che si ritrovino tutte telefonate di questo tipo) si gustano con piacere. I due personaggi? Ti viene voglia di conoscerli. Per me vuol dire che si avvicinano all’esistenza. Alè, battesimo del rosa, unlocked ^^.

    • Ahah, mitico Folco! Sarei curiosa di leggerti nella veste rosa! (Che detto così, ora che ci penso, mi fa immaginare te vestito di rosa, ed è molto buffo)
      Sperimentare, sia nella lettura che nella scrittura, spesso dà risultati interessanti, o anche solo curiosi. Altre volte c’è solo molto da ridere, ma è bello anche quando succede così! 🙂
      Evviva il rosa unlocked, hai vinto una vita di riserva.

  • Margherita mi sono letta tutti e quattro gli episodi in un baleno 😀 Molto bella l’idea di dedicare un episodio a Marta e uno a Simone 🙂
    Mi sono piaciuti molto i dialoghi del telefono amico, e ho scelto che Simone la invita lì 😀
    I loro destini devono prima o poi intrecciarsi 😀

  • ma facciamogli impostare la risposta automatica: come tu stessa hai detto siamo solo al quarto capitolo
    magari si incontreranno diversamente, dopo che entrambi si saranno presi sulle scatole per la storia del telefono amico!
    si sa l’amore non è bello se non è litigarello

    marghe che te lo dico a fare? mi stupisci sempre di più: racconti situazioni così banali ma in un modo più che invidiabile
    i termini che usi sono favolosi (come te del resto) !

  • ho recuperato l’ episodio sulla scuola ed ho potuto riconoscere tanta verità e sorridere amaramente. Brava! Adesso in questo episodio la scelta mi sembra obbligata tra quelle proposte da te. Buon proseguimento, sei davvero brava!

  • Ciao Margherita, io non credo sia confuso 🙂
    Di sicuro i dialoghi sono il modo migliore per descrivere il lavoro di Simone al telefono amico, magari è difficile non perdere il segno durante la lettura, ma almeno così abbiamo capito con che cosa deve combattere, poverino 🙂
    Io scelgo la palestra di culturisti, che tra l’altro per ora è in netta minoranza, come tutte le opzioni che scelgo ogni volta purtroppo 🙂

  • Non c’è dubbio, andrà a svuotare il frigo della scuola elementare di Bologna da cui sono scappati tutti gli insegnanti di Serafino Lama e di Luce El Haoud (nomi collettivi di baby incipiters infestanti). A me sembra ovvio il motivo della fuga.
    Ben articolato il discorso diretto però, forse, tirato un po’ troppo per le lunghe, per i miei gusti.

  • mmm.. facciamo per il ristorante fallito, le altre non mi ispirano poi così tanto
    mi piace un sacco il fatto della RI-telefonata! la trovo una cosa abbastanza simpatica
    per il resto non si capisce niente, lo ammetto anche io
    ma confido nelle tue buone doti di scrittrice
    l’inizio sembra accattivante seppur confuso
    alla prossima 🙂

  • Mi ritrovo a commentare, a distanza di pochi minuti, il secondo episodio. Bene! Complimenti a Simone per la sua pazienza! 🙂 Mi incuriosisce saperne di più sul fatto della fuga degli insegnanti dalla scuola, così mettiamo anche alla prova le capacità investigative di Marta! 😀

  • Perfetto. Tecnicamente perfetto. Un piacere leggere questo episodio. E il piacere fa sembrare ancora più breve un incipit breve.
    Quale forma di autolesionismo porti poi una diplomata alla Scuola Holden a scrivere qui, resterà per me un mistero. Per questo ho deciso di non seguirti 😉

    • Ma lo faremo tornare in seguito, se perde!!! C’è posto per tutti!

      Il ritorno è stato talmente estemporaneo che mi sa che non me ne sono accorta del tutto nemmeno io!
      Ma d’ora in poi ti terrò più aggiornato! e non mancherò di riportarmi in pari anche come lettrice, è chiaro! 🙂

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