Dove eravamo rimasti?
Sul bus
Vide quei due sorridere e venne da sorridere anche a lui. La situazione era forse una delle poche dove il sorriso era fuori luogo, ma l’ironia stava tutta lì. L’autobus si era fermato ad una rotatoria e da sinistra stava facendo passare l’auto dei due uomini sorridenti che ormai erano tornati seri. Uno dei due doveva aver fatto una battuta e da lì avevano iniziato a ridere, per lo meno prima che arrivassero alla rotatoria e fu proprio in quel momento che Ernesto li vide. Proprio nel momento in cui, ridenti e gioviali, si erano ricordati che lavoro stavano facendo ed erano tornati seri e cupi con una rapidità e naturalezza impressionanti. I due infatti erano vestiti di nero come la maggior parte delle persone che li seguiva a piedi. L’auto che guidavano era un carro funebre full optional, compreso di cassa da morto con dentro un morto vero.
Alla fine è un lavoro come un altro, pensò Ernesto. Rimpianse di non essere un fotografo, con uno scatto del genere avrebbe forse potuto vincere il premioPulitzer.
Becchini sorridenti in corteo funebre.
Il funerale lo mise di buonumore.
Passata la rotatoria continuò a guardare fuori dal finestrino. Il paesaggio era monotono. Distese di terra coltivata interrotte ogni tanto da qualche casa. Viveva tra la grande città ed un paesino poco fuori ed ogni volta che gli chiedevano di dove fosse non sapeva mai cosa dire. Con il codice postale succedeva la stessa cosa, ma alla fine metteva sempre quello della grande città.
Vide un gregge di pecore in lontananza e lo salutò sovrappensiero. Quand’era piccolo sua madre gli diceva che salutare le pecore portava soldi e per lo stesso motivo non aveva mai neanche ammazzato un ragno. Di lucertole invece ne aveva ammazzate tante ed aveva provato ad ammazzare anche qualche gatto. Si divertiva a lanciarli dal terrazzino del secondo piano della zia, ma era sempre stato magnanimo, li buttava sempre dalla parte del prato e non verso quella dello spiazzo cementato. Dopo due o tre volteggi atterravano da veri felini e se la davano a gambe.
Purtroppo lo poteva fare solo una volta con ogni gatto.
Mentre salutava le pecore si ricordò di essere su un autobus, ritrasse velocemente la mano e si guardò intorno per vedere se qualcuno lo avesse notato. C’erano le solite persone ricurve sui loro smartphone, altri boccheggiavano o guardavano fuori, ma una ragazza tre file più avanti lo guardava con la coda dell’occhio e quando vide che se n’era accorto si girò di più e gli sorrise con tutto il viso. Ernesto ricambiò il sorriso con un espressione che voleva dire ‘sì, lo so, sono un imbecille’.
Non l’aveva mai vista. Gli altri visi gli erano tutti noti, ma lei era la prima volta che la vedeva. Dopo pochi secondi lei distolse lo sguardo, ma rimase come se volesse girarsi a guardarlo e sorriderli di nuovo.
Ernesto da dietro continuava a fissarla, ma non vedeva molto. Aveva dei capelli color castano intenso e per quel poco che aveva visto gli sembrava molto carina e più giovane di lui.
Dopo 20 minuti, quando ormai erano entrati in città e mancavano due fermate alla sua, la ragazza si alzò per scendere, quando l’autobus stava ormai rallentando per la fermata si girò ed i loro sguardi si incrociarono di nuovo. Erano un po’ imbarazzati e lei addirittura gli sembrava triste.
Dopo aver fatto i due passi che li separavano andando verso l’uscita lei, nell’incredulità di Ernesto, gli si avvicinò e gli disse, Mi dispiace la morte del tuo cane.
Ernesto rimase tra lo stupito, l’impaurito e il confuso. Non sapeva neanche lui che espressione avesse. Neanche il tempo di metabolizzare quello che gli aveva detto che lei gli fece un sorriso addolorato, gli disse ciao e sparì fuori dal bus.
Come fa a saperlo? È una veggente?, fu la prima cosa che pensò, ma era abbastanza sicuro che i veggenti non esistessero, quindi cercò una spiegazione logica, ma non la trovava.
Era stata molto gentile nel tono e, visto il suo accento e la sintassi della frase, aveva dedotto che non poteva essere italiana, forse spagnola o portoghese.
Che ci fa un’iberica sull’autobus a quest’ora? E perché sa che il mio cane è morto?, Continuava a chiedersi. Ma nulla.
Quando ormai era passata più di un’ora dall’accaduto, aveva quasi rinunciato a trovare la risposta alla domanda e si era messo a pensare a quegli occhi marrone scuro; era veramente bella. Non ricordava bene come fossero le labbra e il naso, ma si ricordava che era bella. Aveva anche fatto caso ad una spilla a forma di farfalla che la ragazza aveva appuntata al risvolto della giacca, era un dettaglio molto carino, in ferro battuto. In quel momento la sveglia del suo orologio suonò come al solito, 8 e 58. Di colpo si ricordò.
Certo! Sicuramente era sull’autobus quel giorno che è morto il cane e lo ha visto da lì! È l’unica spiegazione…
Consolato del fatto che non fosse una veggente continuò a pensarla, ma in modo diverso.
Scusate se ci ho messo un po', spero vi piaccia questo nuovo episodio. Come evolve la storia?
- Dov'è finita la farfalla che aveva salvato? (29%)
- Tira un gatto dal terrazzo della zia in memoria dei vecchi tempi. (10%)
- Cerca in qualche modo di trovare informazioni sulla ragazza. (61%)

23/03/2014 at 20:49
non sapevo che salutare le pecore portasse soldi…inizierò a farlo!
Per me cerca informazioni sulla ragazza. Chi è chi è chi è?
20/03/2014 at 21:30
dov’è finita la farfalla?
bello questo racconto, per fortuna non sono arrivata troppo tardi…
12/03/2014 at 13:39
Mi interessa la farfalla!
Anche io e mio figlio salutiamo sempre le pecore, speriamo che portino soldi davvero 🙂