Robot

Dove eravamo rimasti?

Come finiamo il racconto? Con un incontro (41%)

Cambiamenti

Bernhaby Chorioly guardava oltre il vetro alle sue spalle: Dinone brillava d’un fascino oscuro, fatto di buio sopra la testa e sotto i piedi, lampi d’energia tra pareti di paura. Un tempo aveva visto nella città un avversario da sconfiggere, ogni maledetta mattina si era svegliato pronto alla guerra contro il nulla di un’esistenza meccanica.

Ma qualcosa era cambiato, presto i ruoli si sarebbero invertiti.

Una voce all’interfono annunciò il visitatore che attendeva.

«Generale Malmour, è un vero piacere.»

«Dottor Chorioly» salutò l’uomo entrando e porgendogli una mano massiccia.

Lui la strinse senza timore: «Finalmente è qui.»

«Non è stata proprio una decisione spontanea, alla Torre della Scienza hanno fatto parecchie pressioni.»

«Si metta nei nostri panni, dopo l’incidente alla piazza dei Pegni la gente ha cominciato a temere i robot » ribatté mellifluo.

«Sì, abbiamo commesso una leggerezza, lo ammetto, e sono qui per rimediare. Il mio amico Doc mi parlava di un robot insegnante» disse il Generale senza mostrare entusiasmo.

«Esatto, un modello all’avanguardia, il meglio della robotica. Glielo proponiamo a un prezzo di favore, basta che metta una firma qui» incalzò Chorioly posando sulla scrivania un documento cartaceo e una penna a inchiostro.

Il Generale ebbe un’indecisione: «Una firma vera? Sulla carta? Cosa diavolo mi state vendendo?»

«Un pezzo unico, per ora ne abbiamo solo dieci esemplari.»

Il militare sembrò in procinto di cambiare idea.

«Generale Malmour, senza questo suo gesto il mercato dei robot crollerà, ce lo deve.»

«Mia moglie è contraria e non so se…»

«Facciamo un patto: tra un anno, se non sarà soddisfatto, io ritiro immediatamente tutte le EDU7 dal mercato e le rimborso dieci volte il prezzo che paga oggi. Se invece lo sarà, firma con la Cyman.co un accordo di fornitura per cinque anni.»

Il Generale cercò di leggere il suo sguardo: «Dov’è l’inganno?»

«Nessun inganno, solo un prodotto unico nel suo genere.»

L’unità EDU7 si voltò verso Aniha, lei chiese al tecnico di allontanarsi per restare sola con il robot.

«Che ti succede?»

«Non comprendo la necessità di questa riprogrammazione.»

«Te l’ho già detto, sono state inserite alcune righe di codice che ribadiscono la tua natura.»

«Io so cosa sono» replicò l’automa.

Aniha Zervich sorrise: «Cosa sei?»

«Un’unità intelligente meccatronica adibita all’insegnamento modello EDU7.»

«Ottima risposta» ribadì lei.

«Dunque non c’è motivo di una riprogrammazione.»

La professoressa Zervich mise una mano sulla testa del robot. Avrebbe potuto dirsi una carezza. «Perché ci tieni tanto a evitare la riprogrammazione?»

L’unità EDU7 rifletté per alcuni secondi: «Non voglio che la mia memoria venga formattata. Non voglio dimenticarmi di lei, professoressa Zervich.»

La donna non trattenne un sorriso su cui erano invischiati in egual misura gioia e amarezza: «Questi non sono discorsi da robot.»

Il visore della EDU7 cambiò colore virando al vermiglio: «Se non ragiono come un robot allora forse non lo sono.»

«Sì, lo sei…»

La macchina ragionò per molti secondi, in silenzio, poi chiese: «Cosa mi accadrà dopo la riprogrammazione?»

«Farai ciò per cui sei stato costruito: lavorerai come insegnante in una famiglia» rispose calma la donna.

«Sembra un’attività positiva.»

«Lo è…»

Il robot rifletté ancora diversi secondi: «Dunque il nostro è un addio.»

«Non credo, ci incontreremo ancora, vedrai…»

«Lei è una brava persona professoressa Zervich.»

«E tu sarai un buon amico…» sussurrò lei.

L’atrio era gigantesco e illuminato da potenti tubi lumex, che davano all’ambiente un aspetto asettico. Alla sinistra dell’ingresso erano esposti i robot che avevano fatto la storia dell’azienda. La bambina ne sembrava rapita ma il padre la condusse verso la reception senza darle occasione d’avvicinarsi.

Una bellissima ragazza, stretta in un abito bianco, si fece loro incontro: «Benvenuto Generale Malmour!» poi si chinò verso di lei «e tu piccola chi sei?»

«Mi chiamo Meela e non sono piccola, ho undici anni!»

La donna rise, si scusò e fece loro strada conducendoli ad una stanza attigua. Lì un uomo dalla faccia grigia li stava aspettando: con lui c’era un buffo robot cilindrico.

La bambina lasciò la mano del padre e corse verso l’automa: «Questo è tutto mio?» chiese studiandolo interessata.

Le rispose l’uomo grigio, con una voce brutta: «Sì piccola, è un’unità EDU7, sarà il tuo insegnante.»

La bambina guardò il padre che annuì confermando. Allora si mise ad analizzare la macchina con più attenzione: «Guarda papà, si chiama Cyman» disse indicando un’incisione sulla scocca.

L’uomo grigio stava per intervenire ma il padre confermò: «È un bel nome.»

Allora la bambina si mise di fronte al robot e tutta composta disse: «Ciao Cyman io sono Meela.»

«Buongiorno signorina Meela, è un piacere conoscerla» rispose lui illuminando il visore di verde.

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L’avventura continua nel romanzo

IL MONDO SOPRA

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242 Commenti

    • Grazie Anna Maria, davvero.
      Non sei la prima a dirmi che non ama il genere, eppure nella grande fantascienza (Asimov e Dick per citarne due) si parla molto di vita e di umanità, seppure nascosta dietro cuori di metallo o futuri alternativi.
      Troppo spesso si confonde la fantascienza dei blockbuster con quella letteraria, che sebbene abbiano le stesse radici raramente coincidono.
      Sono felice che il mio racconto ti abbia fatto guardare al genere con più “coraggio”… 😀

  • Come promesso ho letto le tue 9 puntate stasera, e nonostante ti avessi segnalato anticipatamente che non sono molto portata per la lettura di testi fantascientifici, devo dire che il tuo mi ha coinvolto molto; mi ha preso una reazione strana, tant’è che al termine del nono episodio non potevo sopportare di immaginare un addio perchè avevo già troppa ansia dolorante nel cuore dopo la lettura; non potevo nemmeno immaginare un patto, con il rischio che il patto fosse tra la dottoressa e ‘Berny’ e che il nostro eroe EDU7 fosse tradito dagli umani per degli interessi utilitaristici o per la pusillanimità di lei.
    HO amato EDU7, e voglio vederlo incontrare una persona che gli sveli chi è veramente, magari una femmina EDU7 che gli faccia scoprire che è più umano dei loschi umani che si aggirano in Dinone.
    Non voglio il finale drammatico, voglio uscire dalla melma e dal fango di questa città, verso la luce che gli umano non sanno volere nè creare. Forse può farlo solo un robot, inseguendo la purezza che (per tua volontà) manca in questo caotico mondo che hai ricreato.
    Molto molto bello questo racconto.

  • Siamo già alla fine, com’è volato!
    Ho votato per l’incontro, mandandolo in parità con il patto. Ma a dire il vero, incontri e patti mi piacciono alla stessa maniera. 🙂

    Il passaggio in cui constati che i dubbi sono dispendiosi anche per le macchine, mi è piaciuto molto. È proprio vero, ed è quasi un sollievo condividere questo destino con chi è progettato per essere (quasi) perfetto.

  • Io ho votato la torre d’argento, perchè non ho idea di cosa possa contenere, mentre le altre due… sono più prevedibili. Se posso esprimere un parere piccolo piccolo, e assolutamente fuor di polemica, questo racconto è davvero ben scritto e io lo leggo con gran piacere per vedere dove può condurmi la strepitosa fantasia di Michel, senza che la mancanza di un accento o di una virgola (per altro da ricercare davvero con il lanternino) possano sminuire questo piacere o il valore della scrittura. C’è parecchia qualitã, aldillà di qualche trascurabile errore di battitura. Se questo ê il prequel, non vedo l’ora di leggere “Il Mondo Sopra”, il libro che hai appena pubblicato e che sto aspettando di ricevere!

  • Beh, ho recuperato tre capitoli in un botto solo e ho potuto appurare che non è EDU7 a fare la correzione delle bozze: lui non si sarebbe lasciato sfuggire nemmeno l’unico refuso che ho trovato.

    (Voto la spia, che mi sembra possa far emergere ulteriormente quegli spunti filosofici che mi intrigano molto, in questo racconto).

  • Mi piace molto e forse (quasi di sicuro) l’ho già detto, questa umanità che attraversa le macchine.

    E poi, da amante delle passeggiate e del camminare, mi ha affascinata anche il dettaglio su quanto camminiamo. Fantastico! Maciniamo chilometri quasi senza accorgercene. Dilazionate in archi di tempo lunghissimi, copriamo distanze che, se si unissero, ci porterebbero lontanissimo.

  • Molto interessante quello che scrivi, come sempre =P
    Però perdona l’ignoranza, cos’è un transistor? Secondo wikipedia può fare da interruttore o da amplificatore. Io avrei detto più interruttore qui, ma per come lo usi nelle prime frasi del tuo racconto, nessuna delle due mi convince davvero, quindi mi sto sicuramente perdendo qualcosa =(

    • Un transistor da solo fa effettivamente ciò che dice wikipedia. Più transistor (e altre componentistiche varie) compongono chip, schede elettroniche ecc.
      Nel racconto naturalmente trascendo la nostra accezione di transistor definendo un’unità logica (o più semplicemente un “interruttore”) di natura più complessa e fantascientifica

  • Un altro capitolo eccellente, filosofico e con dialoghi validissimi. Il racconto ricorda grandi classiconi tipo Circolo vizioso di Asimov e Ma gli androidi sognano pecore elettriche di Dick. Bravissimo.

    (Voto il sequestro: consente una negoziazione sul campo che è lo sbocco ideale della sperimentazione avviata da Zervich in questo capitolo).

      • Con piacere 😛
        Parte del dialogo nel secondo episodio era molto espositiva, da infodump. Specialmente questa frase:
        «Vivete in questa città da più di trecento anni, Dinone vi protegge, vi nutre, vi istruisce da più di trecento anni e voi continuate a odiarla. Perché?»
        Inoltre, ma questo è solo per via della mia pignoleria, ho qualche dubbio sull’utilizzo della parola “filantropia” rivolta agli Esterni. Dall’idea che mi ero fatto, questi non erano più umani.
        Terza cosa: capisco il fatto che sia una zona malfamata della città e anche da molti evitata, ma un incontro che dare il via a un attentatore, o a uno pseudo-tale, all’aperto mi lascia un po’ basito.
        Questa frase: «Per gli dei e allora dov’è finito l’ultimo?» La prima metà è detta in un impeto di sorpresa, il che fa sì che dopo “dèi” si vada a creare una breve pausa. Io dividerei la frase.
        Tutto qui 🙂

        Piccola curiosità riguardante la situazione esposta dalla dottoressa al robot: la soluzione ha a che fare con una sopravvalutazione dell’acqua, divenuta nel tuo futuro una sorta di nuovo petrolio? Sbatti le palpebre una volta per sì e due per no 😛
        Scherzi a parte, continua pure il buon lavoro fatto finora.

        • Accipicchia, tu sei un chirurgo! 😀
          Rispondo con ordine:
          Vero, la frase è un po’ espositiva, ma del resto son del partito che ai lettori qualcosa bisogna pur far capire. E preferisco con una battuta sensata piuttosto che con uno spiegone.
          Mai detto che gli Esterni non sono umani… 😉
          Per l’incontro, boh, a me invece sembra più normale, almeno dal punto di vista dell’incappucciato, un incontro all’aperto. Magari sbaglio…
          L’ultimo appunto lo lascio al mio editor… XD

          PS: due battiti di palpebre!

  • Quella specie di danza ad ampie volute, prima l’una intorno all’altro e poi viceversa, come un lento e bizzarro rituale di avvicinamento tra animali, è secondo me il punto più alto di un capitolo dalle atmosfere benissimo descritte.
    (Esattamente ciò che speravo votando i bassifondi).

  • Leggerti è pura goduria 🙂

    Anche se il titolo è Robot, io ho votato per Bernhaby. Credo che arriverò con te alla fine, però sarà il secondo di fantascienza che finisco, ho appena letto I fuggitivi (bellissimo) di Alhena.

    Il giorno che scapperà un refuso a te, in Italia governeranno degli onesti! (ora farai volontariamente refusi a raffica) 🙂

  • Ti inizio a seguire in un campo per me davvero indigesto, ho messo seguire la storia proprio perché mi fido di te (che mi hai fatto amare il fantasy, altro stile che non amo).
    Il primo capitolo è scritto bene come sempre, ma (detto sinceramente) ti preferisco in altri stili (humor in primis). Vediamo come prosegui la storia 🙂
    Bentornato

    • Beh, Diego, più che una questione di stile è una questione di genere.
      Io ad esempio vado poco d’accordo con il “rosa” e l’ “erotico”, infatti non li leggo quasi mai. C’è poco da fare, non mi prendono neppure se sono scritti bere.
      Questione di gusti.
      Perciò non c’è nulla di male ad avere preferenze… 😉

      Comunque lieto di averti a bordo!

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