Caro Wether, c’era una volta l’amore.

Dove eravamo rimasti?

Cosa vi piacerebbe leggere? Sapere il motivo per cui il protagonista scrive a Werther. (40%)

III

Caro Werther,

Ti sei mai chiesto perchè io, un ragazzo nato oltre due secoli dopo la tua dipartita, scriva a te, tra tutte le milioni di persone che si sono susseguite di generazione in generazione fino alla mia? Ti sei mai domandato cosa mi spinga a mandare i miei pensieri oltre i confini dello spazio e del tempo, invece che rivelarli direttamente a un amico fidato; affinchè essi vengano compresi? Compresi e abbracciati nella loro totalità, in ogni anfratto e solco celato più o meno involontariamente? Perchè proprio te, giovane mai cresciuto, infelice e senza futuro, cos’hai tu che chiunque altro mai ha immaginato?

La risposta è una sola, amico, per me tu sei più del fratello che non ho mai avuto, sei il riflesso che mi restituisce lo sguardo allo specchio.

Scrivo a te poichè, oramai ne sono certo, nacqui nel secolo sbagliato. Il mio cuore anela spazi aperti che verso l’infinito sospingono un pensare leggero e labile, amo il cielo d’ogni stagione e il mare volubile, ma aimè, mi duole confessartelo, la loro parabola è ormai al tramonto e, Werther, ciò è da ricercarsi nell’uomo, in noi Werther, in noi che così tanto abbiamo bisogno di essi! Non ti sto ad elencare come e perchè lo abbiamo fatto, ti annoieresti, ma è così e non passa giorno che il mio cuore non pianga.

Amico, forse questa poetica passione per la natura matrigna più di qualcuno la capirebbe, ma è nell’amare che sono davvero indietro di duecento anni e più.

Sapessi come sono le fanciulle oggi! Elle non sono più sottomesse, che sia da padre o marito, elle si rapportano con noi da pari a pari e fiorisce così la fresca vivacità della loro indole, rendendo chi le ascolta appagato come non mai. Sapessi quale ardua sfida è oggi conquistare il cuore d’una ragazza con la testa sulle spalle! Se non altro perchè è già un impresa trovarne una che sia insieme bella e buona. Questa loro consapevolezza infatti ha portato con sè un morbo e, ancora una volta, la causa è tutta di nostra responsabilità. Per secoli abbiamo corteggiato anche la più misera contadina come la più grande delle regine, le abbiamo amate e spesso ci siamo ritrovati noi stessi a danzare sul palmo delle loro mani. O Werther! Ora lo sanno e ciò ha dato ad ogni contadina la pretesa d’esser principessa! Non fraintendermi, cito si stati sociali, ma essi sono quasi scomparsi, o almeno mutati, li ho usati come metafora per la grandezza d’animo che nel bene e nel male non è uguale in tutti noi.

Così, anche la più mediocre, consapevole del suo fascino e dell’effetto che può suscitare nel pover’uomo, non si fa scrupoli e ci troviamo piegati ai suoi scopi, schiavi dei nostri stessi sentimenti. Allo stesso modo le fanciulle crescono fin dalla tenera età in un mondo superficiale dove il culto della bellezza esteriore ha ormai estirpato la genuinità del rapporto amoroso che finisce per essere degradato a semplice sesso. Immagina dunque come, impetuoso adolescente, vissi il rapporto con le mie coetanee. Non conoscevo altro che quello ed esso appariva normale. Il caso volle che, nonostante tutto, fossi stato sempre maldestro con le mie compagne preferendo passare i pomeriggi a far nulla con gli amici.

Tuttavia non era mia intenzione generalizzare, bensì volevo darti un quadro generale sull’ambiente in cui mi sono mosso, o almeno sulla percezione che mi dava; poichè le eccezioni esistono e io la principessa del mio cuore l’ho incontrata, forse troppo presto, forse non era quella giusta, eppure ci siamo amati, sinceramente, totalmente e Werther se ciò fosse avvenuto nei tuoi anni io adesso non sarei più qui a parlarne.

Le devo tutto. E’ stata lei a curarmi dalla malattia che imperversa in questo tempo, a scardinarmi dal limitato orizzonte della grezza logica per darmi la possibilità di librarmi in cielo, è stata lei a passarmi quel germe d’infelicità che tutt’ora mi porto appresso e nutre la mia arte. Ci credi Werther? Lei che più di ogni altro rifiuta di abbandonarsi ai desideri del suo cuore, sempre intenta a pensare e struggersi nei suoi ‘se’ e ‘forse’; mi spinse a spalancare quelle ali che neanche ero conscio di avere.

Si amico, se leggendo te vedevo me stesso e guardandomi allo specchio non potevo non riconoscerti lo dobbiamo a lei: Stella. Ma questa storia deve aspettare un’altro giorno. Buona notte.

Dove porterà il vagare delle riflessioni?

  • Si paragonerà l'amore reale con quello letterario. (33%)
    33
  • Si paragonerà l'amare di Werther con quello attuale. (17%)
    17
  • Si pprofondirà il tema dell'amore, d'altronde Werther non sa come questo sentimento si manifesta nel XXI secolo. (50%)
    50
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123 Commenti

    • Mmm nonostante ci si avvicini molto, la storia, per come l’ho pensata e non ancora scritta, è rosa solo in una minima parte: più che l’amore tra l’ignoto protagonista volevo raccontare il dolore di una relazione finita che alla fine è anche il motivo per cui il mittente si sente vicino al Werther di Goethe.
      Non è nemmeno solo questo, è anche un viaggio nel tempo, un ponte che spero leghi la sensibilità di inizio ottocento con l’odierna totale assenza di valori.

      A me Spark non piace. L’unico autore rosa che ho osato leggere e tutt’ora apprezzo è Guillaume Musso. Davvero molto bravo sia nell’infilare pezzi di poesia nei suoi romanzi sia nel creare magiche atmosfere e trame intricate dove l’amore è compagno del dolore mentre destino, vita e morte si intrecciano sullo sfondo di amori vitali.

  • Aargh @.@ sono sempre più confusa… comunque, bentornato!
    A quanto pare in seguito alla relazione con Stella (o in forza della stessa?) qualcosa nel mittente si è spezzato, ma è proprio così o già prima qualcosa non andava? Andrei indietro di due anni, a prima del ‘tornado Stella’, per scoprirlo.

  • In minoranza, voto: riflessione sul tempo…
    e, a proposito di tempo – osservando i commenti e notando che risalgono al mese di Agosto – devo intuire che sei tornato o che sei fuggito?

    L’amore, tema sul genere che hai scelto, fugge chi lo insegue e insegue chi lo fugge…
    ma chi scrive deve farsi inseguire, mai fuggire.

    A rileggerti. 🙂

    • Non so dirti se amo Goethe.
      Ammetto che il Werther è per me un opera sovrumana, o meglio troppo troppo umana, in cui l’individuo viene spogliato di tutti i fronzoli e le maschere per divenire nient’altro che se stesso, mostrando nella debolezza una forza infinita.
      Per questo prima Werther e poi Goethe sono i miei eroi, tuttavia anni fa preso dall’entusiasmo comprai altri libri nati dal suo genio e non vi trovai quasi più nulla di quella giovane vitalità.
      Non so dirti se amo Goethe, ma il Werther senza dubbio si.

      • Perdonami se mi intrometto nella discussione… vorrei spendere due parole per Goethe, uno dei miei autori preferiti.
        Quando scrisse i “Dolori del giovane Werther” lui non possedeva nessuna giovane vitalità. Anzi… era depresso. Spinto sul baratro dei suoi pensieri più cupi, decise di uccidere il suo protagonista per salvare se stesso.

        Considera che poi – a seguito della pubblicazione del romanzo – si verificarono una serie interminabile di suicidi per emulazione, tanto da spingere gli editori a ritirare l’opera dal mercato. Tuttora il fenomeno è annoverato nei testi di Pisicologia Sociale e altri sotto il nome di : effetto Werther. Oggi anche studiato da profiler e psichiatri per risolvere casi di fenomeni sociali emulativi diffusi .

        Ma, a parte questa divagazione, Goethe era, come molti grandi sono stati, un depresso cronico, morto per attacco cardiaco presumibilmente causato da ipocondria.
        Ora non vorrei averti rattristato, però… 🙂

        • No non mi hai rattristato, anzi mi piacerebbe farti sapere perchè secondo me Goethe quando lo scrisse vi riversò dentro tutto se stesso, anche una vitalità incredibile.
          Dopo aver finito le superiori ed aver ignorato tutti i professori che pretendevano di farmelo leggere, scelsi quel libro. Non lo feci a causa di consigli altrui, nè pensavo mi potesse divertire e nemmeno perchè è considerato un capolavoro.
          Scelsi quel libro una sera d’autunno perchè mi resi conto che la mia sensibilità del momento collimava in buona parte con il lontano ricordo d’una lezione di liceo su Werther. Curioso aprii quel libro.
          Bastò una notte d’intensi patimenti e lo finii. Sembravo indemoniato lì a tenere in braccio quelle pagine come a coccolarle, con gli occhi sbarrati mentre sussurravo ad alta voce quelle parole che mi leggevano dentro.
          La mattina dopo ancora preso da una smania febbrile mi andai a documentare e venni a sapere che Goethe diede vita a questo romanzo circa un anno dopo aver avuto una delusione d’amore, tuttavia la vicenda, suicidio compreso, credo fosse ispirata, più che a proprie esperienze, a quelle di un suo conoscente.
          E se fosse tutto frutto del suo dolore personale? Benvenga! Serve a questo scrivere. Serve a purgarsi dai sentimenti, anche negativi, ed elevarli ad arte, eternamente sublimi.
          Perchè dovrebbero essere queste sue pagine meno vitali se condensate di depressione? A me sembra così ovvio che mentre il corpo langue in quel limbo di negatività, mentre la razionalità è sconfitta e sottomessa dalla vita, fiorisce con impeto la sensibilità dell’animo.
          Io Alessandra ho scritto queste pagine circa due anni dopo aver rotto con la ragazza a cui le dedico.

          Goethe come dici, è stato molto colpito quando, molti giovani venivano trovati morti, con un colpo di pistola alle tempie e il suo libro sotto il panciotto, non se ne capacitava, non si era reso conto che il vero suo capolavoro non era il Faust, tanto monumentale, razionale e gonfio di anni di lavoro ed esperienza letteraria che lo avevano in fondo allontanato dalla vitalità precedente, ma il Werther scritto in un momento di dolore.
          Non scrisse altri Werther perchè spaventato dai suicidi, anche perchè il libro divenne davvero diffuso quando lui era già nella mezza età, non scrisse altri Werther perchè non era capace, aveva rinunciato alla giovane vitalità per la spocchiosa razionalità che si richiede ad uno scrittore “classico”.

          Forse mi sono dilungato troppo.
          Fabio.

  • Ciao,
    forse Locullo ha ragione e sareste (tu e la storia) più portati per una riflessione sul tempo, ma ho comunque votato per la fantasia, l’idea mi stuzzica.
    Continui a tirar fuori riflessioni interessanti, anche se sembra rimangano un po’ sospese… vien da chiedersi se il nostro mittente creda davvero che la presunta libertà moderna sia una conquista…
    In ogni caso, bentornato 😉

    Fra
    ps. c’è qualche vocativo senza inciso

  • Direi che una riflessione sul tempo è quella che secondo me è più nelle tue corde e anche in quelle di un racconto così proteso verso il passato. Tuttavia sono assai curioso del trattatello sulla scrittura coniugata al Flenghi.

    (Altro bel capitolo. Occhio che la seconda persona del remoto di “conoscere” è “conoscesti” e non “conobbi”).

  • Bentornato! 🙂
    E’ sempre un piacere leggerti. Avrei voluto votare tutte e tre le opzioni ed in particolare ero indeciso tra il tempo e la fantasia. Alla fine ho votato per quest’ultima, anche se spero ci possa essere spazio anche per il tempo, compagno inseparabile di ogni uomo.

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