Io ti sto aspettando.

Dove eravamo rimasti?

Cos'è successo appena entrano in casa? Decidono di fare un viaggio in treno (50%)

Adoro le panchine

Parliamo al telefono, non so per quanto tempo. Non c’ho fatto caso.
Mi bastava ascoltare la sua voce, le sue parole. Stavo bene. Come non mi sentivo da tanto.
Ci mettiamo d’accordo su cosa fare il giorno dopo. “Ti andrebbe di fare una passeggiata in centro?” Gli chiedo ad un certo punto incrociando le dita al telefono. “Certo che mi va, basta che sto con te.”
Un sorriso di gioia mi si stampa sul viso.
Da li in poi ci dilunghiamo sul saluto, su chi dovesse attaccare per primo. Facevamo di tutto per far chiudere l’uno all’altro, ma nessuno in realta voleva cedere. Nessuno aveva il coraggio di perdere la voce dell’altro.
Chiude lui. Ma non ne ero sorpresa. Da quella serata in spiaggia, avevo imparato ad ascoltarlo per come era. Anche quando il suo carattere prevaleva su tutto il resto.

Verso sera viene a prendermi..
Per le vie del centro si respira un’atmosfera magica.
Le vetrine accese dei negozi rischiarano le strade, e le voci dei passanti unite, creano quasi una dolce melodia.
Lui è accanto a me.
Indossava dei jeans e un giubbotto senza maniche.
Ricordo di aver pensato: ma non ha freddo?
Credo sia stato proprio in quel momento che io, involontariamente, girandomi la lunga sciarpa intorno al collo, lo prendo in faccia.  “Scusa, non volevo proprio” Mi sorrise, e sorrisi anch’io, tra me e me, perchè ho pensato che avrei ben voluto dagli altre sciarpate pur di vedere  ancora quel bellissimo  sorriso.
Continuiamo a camminare lungo la via. Ad un tratto sento una mano calda che avvolge la mia, abbasso lo sguardo e la sua mano si stringeva intorno al mio palmo.
Arriviamo ai giardini. Adocchio una panchina, ci avviciniamo e io mi ci siedo. 
 “Tu sei primogenito, vero?” Mi guarda, non so per quale motivo, ma ancora non mi avevo detto niente riguardo alla mia famiglia. ” Si,come fai a saperlo?”
“Perchè anche io ho un fratello più grande e si prende cura di me proprio come fai tu.”
Mi Sorride, “Si è vero, hai ragione, sono il più grande”
Restiamo seduti su di quella panchina a parlare. 
 Non saprei raccontarvi tutte le sensazioni che ho provato quella sera d’inverno.
 Ad un certo punto si distendo lungo la panchina.
“Cosa fai?” Gli dico con sguardo stupito.
“Sdraiati accanto a me, dai su che tanto non c’è nessuno!”
 Mi guarda intorno e in effetti il freddo aveva convinto tutti a restarsene in casa, solo noi temerari ce ne stavamo ancora in giro.
Prendo coraggio e mi distendo accanto a lui. Si sistema un pochino per farmi spazio.
“Ora dimmi cosa vorresti fare!” Io lo guardo, poi mi indica il cielo.
 Alzo gli occhi, si sa il cielo stellato d’inverno lascia tutti senza parole.
Mi sorride, si stringe forte forte a me.
Guardiamo entrambi le stelle, scrutiamo il cielo. Come se stessimo cercando qualcosa. Qualcosa che avevamo lasciato qualche tempo prima.
Eravamo alla ricerca della stessa cosa..
“Eccolo” mi dice lui sorridendo e puntando il dito.
“Ecco la nostra stella cadente.”
 Gli  sorrido, lui mi guarda.

 Era così semplice, avvolti dall’aria gelida di quella sera d’inverno,ma allo stesso tempo scaldati dal calore dei nostri cuori.

Resisteranno al freddo i nostri temerari?

  • Forse si baciano (40%)
    40
  • Decidono di vedere un film a casa di lei (0%)
    0
  • Un angolo di cielo di notte (60%)
    60
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19 Commenti

  • Ciao Alessandra, sai che secondo me puoi scrivere molto meglio? I commenti che hai lasciato da me sono meravigliosi, anche la seconda parte del capitolo, quando rifletti sull’amore, lo è; ha un sapore particolare e l’idea del sentimento come entita viva che sfugge è intrigante.
    Sai dicono che la massima gioia più che nel soddisfare un desiderio sta nell’attesa e l’apice si raggiunge poco prima di catturarlo… 🙂 Che attendere sia giá amare?

    Riguardo alla prima parte mi sono un po’ perso, credo che riscrivendo e correggendo ti sia sfuggito un cambio di pronome: prima usi ‘io’ e poi ‘lei’ e infine torni all’io’

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