Il commerciante di emozioni

Una domenica come tante

Gerardo stava rientrando dopo un nuovo tour de force domenicale… il freddo umido penetrato nelle ossa e le mani insensibili dopo una giornata a reggere borse.

Per strada scarso movimento e le persone che incrociava s’affrettavano lungo il marciapiede, le donne con passo picchiettante imbacuccate nelle pellicce parevano marmotte in bilico sui tacchi a spillo e gli uomini dall’incedere silenzioso stretti nei lunghi cappotti sgusciavano via come nere anguille scomparendo nei vicoli.

A mala pena poteva riconoscerne i volti per la loro foga di andare e per la notte che stava avvolgendo il quartiere, interrotta solo, a tratti, da qualche lampione. Tutti correvano a casa per la cena e gli passavano accanto a passi svelti, assorti quasi avessero inserito un pilota automatico.

Lui guardava la gente passare e s’inebriava con quell’inganno della percezione: un tempo era stato convinto che tutto intorno a lui fosse come programmato… in tale ottica bloccare di colpo qualcuno avrebbe potuto mandarlo in tilt e fargli perdere la strada. Sorrise a tali pensieri e ripeté a sé stesso:

“Invece, provano qualcosa… forse anche solo per dispetto, ma provano qualcosa.” 

Chi l’avesse visto passare nemmeno lo avrebbe notato: si mimetizzava facilmente dietro al bavero alzato della giacca, con cui provava a ripararsi dal freddo pungente.Camminava verso casa senza fretta e la sua mente turbinava di pensieri, ma nulla di cupo o impegnativo: dentro la sua anima ballava ed era talmente felice che a stento si frenava dall’esternarlo con movenze stravaganti e fischiettando allegri motivetti! Gli ridevano gli occhi e chiunque osservandolo da vicino l’avrebbe capito.

Stringeva le sue borse fremente dalla voglia di trarne il contenuto e scandagliarlo con calma nella più completa solitudine… ormai era diventata un’abitudine: ogni domenica una levataccia ancor prima dell’alba, un ritocchino attento alla barba, la scelta accurata di una camicia tra un centinaio di tonalità diverse e l’abbinamento di cravatta e gilet. Poi rapidamente infilava completo e mocassini, dava un ultimo tocco ai capelli e, prima di uscire, sceglieva i gemelli.

Arrivava di corsa alla prima fermata dell’autobus, stretto nel suo cappotto e senza aver fatto nemmeno colazione, ma con un solo pensiero in testa che gli riempiva il cuore: lo attendeva un altro giorno di caccia al pezzo unico e si crogiolava nell’attesa di scoprire cosa il fato gli avesse riservato.

Negli ultimi dieci anni la sua domenica era sempre andata così: lunghi tratti a piedi, cambio di autobus, interminabili minuti in piedi sul tram e poi a fissare il panorama dal finestrino del treno, sempre seduto allo stesso posto e sempre tutto emozionato. Trascorreva a stomaco vuoto tutto il giorno, saltando rapidamente da una bancarella al retro di un furgone, da lunghe tavolate a cesti traboccanti, frugando talvolta a ginocchioni tra migliaia di oggetti appoggiati su grandi teli stesi sul selciato, svuotando grandi scatoloni di cartone e cassette di plastica. Inutile dire che si trovava presto con le mani nere di polvere e si sporcava i pantaloni del completo, ma ci si buttava talmente a capofitto da non farci caso.

Discorreva con chiunque gli rivolgesse la parola ed il suo eloquio era ricco in ogni ambito: lui si intendeva di tutto, sapeva come recuperare le cose rotte o danneggiate, sapeva aggiustare senza snaturare con le sue riparazioni, distinguere un quadro falso da uno vero, rimettere in funzione un orologio, riconoscere una moneta di valore o un francobollo raro, un manufatto antico originale da una riproduzione, una prima edizione ormai introvabile da una che non lo era, un mobile restaurato con perizia da uno non e via così.

Semplicemente lui era un genio e forse anche per questo si dimenticava pure di pranzare. Tuttavia quello che cercava lui non erano semplicemente pezzi da collezione o articoli di valore da rivendere, perché lui era già andato oltre tutto questo.

Ogni domenica sera dunque rientrava col suo ricco bottino e la vera totale scoperta di esso sarebbe avvenuta solo nella sua stanza, lontano da sguardi indiscreti, così poi avrebbe potuto classificare ogni articolo e metterlo in vendita in quella che lui chiamava la sua bottega.

“Maestro!” Un ragazzino gli piombò davanti di colpo, le guance rosse, il fiato corto, gli occhi vispi.

Lui non era un tipo schivo, ma odiava i fuori programma.

Fissò il ragazzino con l’irrefrenabile desiderio di incenerirlo, ma qualcosa lo trattenne…

“Maestro, mia sorella è chiusa nel suo studio da giorni…” Afferma il fanciullo ripreso fiato.

Cosa decide di fare Gerardo?

  • Chiede al ragazzino di salire in casa sua per spiegargli meglio l'accaduto. (42%)
    42
  • Non vuole cambiare i propri programmi per la serata e invita il fanciullo a recarsi l'indomani nella sua bottega. (0%)
    0
  • Dice al ragazzino di condurlo subito dalla sorella. (58%)
    58
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127 Commenti

  • Quanta bravura e originalità in questa storia.
    La musica accompagna le persone nei ricordi per poi cancellare la strada del ritorno.Solo il maestro potrà trovarli e riportarli ai loro cari ormai preoccupati.
    Brava e ancora brava.
    Felice di seguirti.

  • Scoprirei la ragione del caos negli oggetti musicali.
    Brava davvero. Bella fantasia, buona penna – con qualche lacuna sull’uso delle virgole – ma la scelta del tema mi interessa molto. Non sono riuscita a seguirti prima, causa troppe storie da leggere e ricordare, ora molte sono terminate e ti ho recuperata subito. Mi sei piaciuta molto. Ti seguo.

    • Mi fa piacere che tu abbia gradito questo capitolo ed in particolare le descrizioni: cerco sempre di non dilungarmici troppo, ma giusto quanto basta per trasmettere l’atmosfera.
      Purtroppo la tua opzione non ha avuto la meglio, ma presto scoprirai comunque la ragione di tutto questo caos in ambito musicale. 🙂

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