Al di là dei monti

Dove eravamo rimasti?

Come reagirà Rodebert? Aspetta un attimo, cosa accadde cinque anni fa? (60%)

L’ultima invasione

Al calare della notte Rodebert lasciò il castello alla testa del suo esercito, soltanto due giorni dopo aver sepolto la moglie, compagna di una vita, morta dopo una settimana di febbre altissima nonostante tutti i tentativi fatti dagli erboristi per salvarla. Il re avrebbe volentieri vagato per un po’ nelle sterminate lande del Nord alla ricerca della serenità, avrebbe voluto salire sulla cima dei monti Sacri per urlare tutta la sua disperazione, imprecare contro gli dèi e consumare un po’ di vino in solitudine.

Il suo incontro con Cyrill V e con i rappresentanti del senato di Miserabilia era stato fruttuoso, tutti avevano convenuto che fermare i barbari al confine delle steppe era l’unica possibilità di preservare il mondo civilizzato dallo sterminio.

I barbari spingevano da mesi ai confini delle steppe e le scarse guarnigioni che presidiavano il grande vallo stavano per cedere, stremate dai continui assalti. Fortunatamente i popoli orientali non conoscevano l’arte dell’assedio, altrimenti avrebbero sfondato da tempo, ma nei combattimenti in campo aperto si erano dimostrati invincibili, nonché privi di scrupoli: dopo l’ultima battaglia vinta avevano innalzato una torre fatta con le teste dei guerrieri morti e l’avevano lasciata bruciare per giorni, ballando e cantando intorno ad essa per festeggiare la vittoria.

Il loro capo, Timur, era riuscito nell’impresa di pacificare le diverse tribù, ognuna composta da poche decine di persone, tutte imparentate tra loro, intente soltanto a preservare il proprio nucleo. Vivevano come nomadi, spostandosi di continuo alla ricerca di un territorio che potesse accoglierli e abbandonandolo non appena diveniva infruttuoso. Quando capitava che due tribù si insediassero in uno stesso luogo ne conseguiva una guerra, vinta da chi riusciva a sterminare completamente il rivale. Niente trattative, niente prigionieri.

Timur, a capo della sua tribù, aveva distrutto tutto quello che aveva trovato di fronte a sé, ma aveva adottato una strategia nuova: ammazzava gli uomini, prendeva in mogli le donne e accudiva i bambini. Nel giro di pochi anni il suo piccolo esercito divenne imbattibile. Come tutti i visionari Timur aveva un sogno: vedere il mondo al di là del muro. Per far questo accettò la sottomissione degli uomini delle altre tribù, a patto che lo seguissero nell’impresa di abbattere il vallo; una volta dall’altra parte avrebbero avuto terre e libertà.

I racconti dei vecchi narravano dei massacri compiuti dagli uomini provenienti dal mondo al di là del muro, uomini forti come rocce, che non potevano essere scalfiti dalle frecce e dalle pietre appuntite che i barbari utilizzavano come armi.

Timur non si curava dei racconti dei vecchi e faceva uccidere tutti quelli che continuavano a raccontare quelle storie. In vita sua non aveva mai conosciuto nessuno che fosse impossibile da uccidere, ed era certo che dall’altra parte del muro tutti fossero mortali. La notte prima di attaccare il vallo era stato svegliato da un’enorme tigre bianca che lo fissava con occhi colmi di rabbia. Lui la uccise a mani nude, le staccò la testa, la svuotò del cervello e degli occhi e la indossò come una maschera. Al mattino gli uomini lo videro in quella nuova foggia e capirono che era un eletto. Attaccarono il muro e massacrarono i soldati che gli uscirono incontro. Timur mostrò che la loro presunta invulnerabilità era dovuta alle armature e festeggiò la vittoria con cinque vergini.

Rodebert e il suo esercito giunsero al vallo dopo un viaggio di una settimana e trovarono poche decine di soldati ancora vivi. Il re serrò le fila e il mattino seguente, all’alba, lanciò l’attacco. I suoi uomini erano almeno il doppio dei barbari, eppure quelli combattevano con una ferocia ed un’agilità mai vista. Erano abili cavalieri, riuscivano a scoccare frecce continuando a cavalcare, per cui la superiorità numerica era inutile.

Rodebert li osservava con odio e ammirazione. Capì che non ce l’avrebbe mai fatta a vincere quella battaglia senza uccidere il loro capo: si lanciò nella mischia, tremando di paura nel vedere Timur massacrare uomini come fossero moscerini. A pochi passi dal capo nemico lanciò un pugnale verso di lui, sfiorandolo appena. Sentì il sangue gelare quando Timur si volse e lo attaccò. Smontò da cavallo, parò un paio di colpi con lo scudo, attaccò a vuoto, cadde in ginocchio e la lancia del barbaro si conficcò nel suo bicipite. Lo vide ergersi di fronte a lui, pensò alla moglie e il pensiero di morire lo rallegrò, convinto che l’avrebbe rivista presto. Fissò gli occhi di Timur attraverso quelli della tigre e comprese che la morte per mano di quel demone lo avrebbe condannato alla dannazione eterna. Schivò il fendente del barbaro senza sapere come, estrasse la lancia dal braccio e la conficcò sotto il collo del nemico, su fino al cranio. Urlò di rabbia e liberazione e la battaglia cessò immediatamente. Visto morire il proprio condottiero i barbari si ritirarono di fretta, e presto tornarono alle antiche divisioni.

Torniamo al presente

  • Però ancora qualche altra storia del recente passato... (0%)
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  • Non lasceremo Inoxens impunito, vero? (25%)
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  • Capiamone di più sui profughi (75%)
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52 Commenti

  • inoxens è un bastardo e meriterebbe una lezione subito, ma i profughi hanno fatto la loro comparsa all’inizio della storia e ancora non sappiamo nulla sul loro conto, per cui direi che è il caso di indagare

  • I dialoghi sono buoni, l’unica pecca a mio avviso è il ruolo un po’ invadente del comandante: alla presenza del re certe cose dovrebbero essere dette solo dal sovrano; inoltre, il soldato che arriva alla fine per prima cosa dovrebbe rivolgersi al suo re e non al suo comandante. Forse sbaglio.
    Per il proseguimento, questa volta voglio essere più cattivo: entrambi negheranno l’aiuto. Cinquemila nuovi arrivi sono un bel problema, specie se affrontato da soli.

  • Ciao, ho votato uno sì, l’altro no.

    Questa storia è molto intrigante, direi che le premesse per un buon racconto/romanzo ci sono tutte.

    Quello che mi piace meno, a dire la verità, sono le figure un po’ stereotipate dei personaggi: C’è il Re, la Regina, il Sacerdote, il Capitano delle guardie… di tutti sappiamo già tutto, nomi, personalità, carattere. Non trovi sia tutto un po’ troppo al “suo posto”, per essere appena all’inizio?

    Personalmente non sono neanche un grande fan dei nomi super “fantasiosi”… ma questa è una scelta, lo ammetto. Se prendi sempre Martin come esempio, in questo mondo “fantastico” lui ha inserito anche nomi comuni tra i protagonisti, o quasi: Jon, Robert, Ned, Jaime. Certo, ha dovuto poi uscire dalla regola ogni tanto (Sansa, Arya, Daenerys, Tyrion), ma diciamo che nella scelta dei nomi si è di molto discostato da Tolkien e la sua fervida immaginazione; altri invece non hanno fatto così. Lo dico on tanto perché “sbagliato”, quando perché aggiunge un’altra nota classica, già sentita, al tutto. Nel mio racconto “Enkil”, ho usato volutamente nomi così fantasiosi, ma come provocazione, proprio per prenderli in giro.

    Comunque, il racconto è davvero originale, ti mette una gran curiosità e ogni capitolo per ora si è fermato al punto giusto, cioè dove il lettore si pone la fatidica domanda “e ora?”. Bravo.

    Domande mie, invece:

    – ma i regni di Sud e Ovest, si chiamano proprio “Regno del Sud” e “Regno dell’Ovest”? Come mai qui nessun nome?

    – ma a qualcuno è venuta in mente l’ipotesi che questi profughi potrebbero aver fatto il giro del regno ed essere spuntati da nord, e che quindi NON provengano effettivamente da nord? In fondo non hai parlato mai di “gole”, “strettoie”, “tunnel”, “valli” o passaggi obbligati.

    • Grazie per il commento approfondito, cerco di rispondere alle tue osservazioni:

      non credo che i personaggi siano già delineati, anche se si capisce qualcosa della loro personalità. Per i ruoli, senza dubbio sono un po’ stereoptipati, ma avevo bisogno di creare subito un gruppo di comando, in modo da poter affrontare la situazione.

      I nomi non sono di fantasia, ma derivano dalla tradizione Longobarda. Per gli abitanti degli altri regni mi ispirerò ad altre tradizioni di popoli più o meno antichi; tieni presente che sono uno storico di formazione, e vorrei dare un taglio il più possibile realista all’intera storia.

      I regni avranno un loro nome, ispirato in qualche modo a ciò che dovranno rappresentare. Al momento non li ho inseriti per evitare confusione. L’ipotesi che fai sulla provenienza dei profughi è la stessa della regina, staremo a vedere.

      Ciao!

      • Mmmm, effettivamente, rileggendo, la Regina dice qualcosa di simile… è vero. Accentuerei la cosa spiegando proprio la dinamica di tale possibilità, comunque!

        Per i nomi, allora ho sbagliato io: Cunipert e Rodulf mi sembravano proprio inventati, scusa l’ignoranza!

        Va bene, vediamo come prosegue. In ogni caso, è una bella storia davvero. 😉

  • Uno offrirà l’aiuto, l’altro no.

    Mi piace molto questa storia! Bello questo capitolo: pur nell’apparente sicurezza del Gran Consiglio, dove uomini si trovano seduti a parlare, si percepisce comunque il senso di inquietudine, di fretta e di possibile pericolo che deriva dalla situazione! 🙂

  • Ero indeciso tra un po’ di storia della città e del Mondo, ed ho scelto il Mondo, ma a quanto pare il Gran Consiglio va per la maggiore.

    Cambio di stile netto dal precedente e devo dire che mi piace. Lo stampo più storico che fantasy mi piace molto. Forse è un distopico, ma ancora non lo sappiamo. Ti seguo!

    • Ciao, grazie! Per quanto riguarda la tua domanda, non ho mai letto Martin ma ho visto Games of Throne. Questo racconto, che dovrebbe diventare un libro prima o poi, è un vecchio progetto a cui ho cominciato a lavorare tre o quattro anni fa, salvo interrompere dopo pochi capitoli.
      Poi, vedendo GOT mi sono reso conto che ci sono dei punti in comune. Diciamo che, in prospettiva, la mia idea sarebbe quella di evitare troppo sovrannaturale. Poi il primo capitolo voleva essere una trasposizione fantasy di una situazione attuale, però non so se si è capito.

  • Mi piace come scrivi. Hai uno stile maturo, sicuro. Non hai, come molti, la voglia di strafare, di mettere in campo, già dal primo episodio, di tutto e di più. Non hai la paura di non essere originale. Infatti (rubo le parole a un mio commentatore) in questo episodio non succede praticamente niente, ma è un niente che promette tanto.

  • Mi è piaciuto questo inizio, che per qualche aspetto mi ricorda memorabili racconti alla Buzzati. Trovo che sia scritto molto bene. Bravo.
    Per il seguito, propenderei per uno svolgimento meno violento e irrazionale. La seduzione del mistero, in fondo, dovrebbe spingere lo sparuto gruppo dei difensori a chiedersi chi siano e da dove vengano quegli strani individui. Aiutiamoli.

  • Mi ritengo crudele, ma non ho avuto nessuna esitazione sullo sterminio. In una situazione simile, dato che non c’era l’opzione di tornare indietro ed avvisare, a questo punto l’istinto mi ha spinta a credere che fosse molto più semplice eliminare il problema, con relative conseguenze X3

  • Un inizio interessante, ancora introduttivo ma che già mi sembra preannunciare un seguito interessante! Questa fila di uomini che arriva è inquietante. Ho faticato a votare: ero indeciso tra l’aiuto e lo sterminio, ma alla fine ho scelto quest’ultimo. Dalla reazione delle sentinelle, mi sembra questa la scelta, cioè il rifiutare ciò che scombina le credenze, le tradizioni, rifiutare ed eliminare, invece che comprendere.

    Sono comunque tra la minoranza…

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