Stanza d’Hotel

21b

Marvin è seduto sul bordo del letto, la fronte sudata, la camicia aperta e la cerniera dei pantaloni slacciata.

È nella camera 21b, la parte ovest della precedente e più sontuosa camera 21, quella che si lasciava a famiglie facoltose e che ora presenta la stessa vecchia tappezzeria degli anni sessanta.

La moquette gli permetterebbe di stare a piedi scalzi, ma ha il terrore che vi si annidino insetti dal morso facile, quindi indossa ancora le scarpe.

Nella 21a non sembra venirci mai nessuno, e questo Marvin lo sa perché è cliente fisso del Bell’Hotel: una volta era arrivato in città a tarda sera e l’azienda gli aveva prenotato una camera nell’albergo più vicino alla sede principale, dove lo attendeva una riunione il mattino dopo.

Aveva poi lasciato la stanza alle dieci del mattino seguente, firmando il libro dei registri e salutando il direttore educatamente, cercando di non mostrarsi frettoloso.

Gli avevano chiesto però come si fosse trovato e pensando si trattasse di un evento unico, decise di non criticare il materasso sfibrato, le molle rigide, la vasca da bagno traballante e il water incassato in un angolo sprovvisto di tavoletta, perché al posto di essa era possibile calare una bacinella con tanto di rubinetto che fungeva da bidet. Rispose stando lontano dalla bugia e dalla verità, come un perfetto equilibrista: mi è sembrato di tornare indietro nel tempo. E poi sorrise.

In questi casi è sempre il sorriso a fare la differenza: in un posto sciatto come quello, al quale avrebbe volentieri tolto anche le ultime due stelle, tornare indietro nel tempo implicava un ritorno brusco nel medioevo, dove i porci erano forse più puliti del re. Sorridendo, però, la frase assumeva un’atmosfera di ricordo che molto spesso si paga fior di soldi perché venga realizzata.

Dopo quella fatidica prima volta, ne seguirono altre: a quanto pareva il Bell’Hotel, nome ironicamente subdolo, risultava essere l’unico disponibile o il meno caro per l’azienda, e Marvin vi passò molti dei suoi giorni in trasferta. Ebbe la fortuna di vedersi assegnata sempre la stessa stanza, e la cosa gli ricordava le vacanze di quando era ragazzo verso la costa Toscana. Stesso angolo di terra, stesso albergo, stessa camera, dove però le tubature non cigolavano e il parquet veniva lucidato a dovere. Al Bell’Hotel, però, non era sicuro di cosa potesse esserci sotto tutto quel pelo beige, e spesso si era chiesto se fosse sempre stato di quel colore. Le fotografie non lo aiutavano nella ricostruzione, però, perché appese lungo i corridoio vi erano solo stampe in bianco e nero.

Marvin si alzò per prendere da bere dal frigo bar: l’unica cosa positiva di quel posto, ora che era un cliente fedele, stava nel fatto di poter avere il frigo bar sempre fornito e senza che sborsasse un centesimo. Certo non era l’azienda a pagargli le sue scorte di liquore o birra, ma l’occhiolino del direttore a fine soggiorno.

«Vuoi qualcosa?» chiese rivolto ad Angela.

«Bevo quello che bevi tu».

Che tipo è Marvin?

  • Un uomo sulla quarantina, divorziato e con dei debiti (0%)
    0
  • Un uomo sulla trentina, semplicemente scontento della routine (0%)
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  • Un uomo sposato, sulla quarantina, con l'amante (Angela) (100%)
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