Dove eravamo rimasti?
In the hall of the Mountain King.
Mario Spasiano rientrò a casa. Non si aspettava di trovare ancora qualcuno, così, mentre gettava nella borsa dei vestiti alla rinfusa, urlò qualcosa alla ragazza nella camera da letto, che non aveva avuto ancora il buonsenso di andarsene. Non ricevette alcuna risposta. Spalancò la porta, con il bagaglio in braccio, e osservò il corpo di donna senza vita al centro del letto: i suoi occhi fissavano fermi un punto del soffitto, le braccia e la gambe aperte, il ventre squartato; qualcuno, con le sue budella, aveva scritto a grandi lettere il nome di Mario sui muri. Affisse alla parete, alcune fotografia mai viste prima, che lo ritraevano piccino fra i suoi genitori. Nella foto, figurava anche un uomo, alla sinistra di suo padre: rapato, di colore grigiastro, abbozzava una smorfia simile ad un sorriso.
“E’ stato lui, Mario. E’ stato Testuggine, a uccidere i tuoi genitori”.
Un uomo parlava alle spalle di Mario, tenendolo in stallo con una pistola dietro la schiena ed impedendogli la vista della faccia.
“Loro lo conoscevano, si fidavano di lui. In realtà, non è stato lui a salvarvi dalla povertà: vi ci ha gettato. Li costrinse a vendere solo per dimostrare a se stesso quanto fosse potente. Solo per provare la sua autorità.”
Mario continuava a farlo parlare, cercando di escogitare un piano di fuga più di fare caso alle parole che gli venivano dette e che erano tutte vere. Testuggine aveva pilotato tutto in dall’inizio, non voleva altro che nuova servitù; quello che nemmeno il nostro assassino sa è che voleva fare in modo che anche una persona di indole buona come Mario crescesse come un criminale, fino a diventarlo.
“Ti ha usato, Mario. Fin dal primo momento”
“Perchè mi stai dicendo queste cose?”. Era riuscito quasi a girarsi, ancora un poco e avrebbe potuto afferrare la pistola sotto la poltrona.
“Perchè voglio che tu muoia libero, così come ho fatto io”.
A queste parole, Mario si divincolò, rotolando sulla spalla e girandosi armato verso l’assassino. Sparò, ma i proiettili colpirono la parete. Nella stanza non c’era nessun altro, non più. Passarono pochi minuti, ma nel silenzio totale si dilatarono a sembrare ore. Poi, Mario sentì il ronzio di una mosca, posarsi sul ventre dilaniato della donna. Avvicinandosi per osservare più da vicino, si rese conto, levandosi in piedi, che i suoi abiti erano macchiati di sangue all’altezza del fianco sinistro. Era il suo sangue.
Mentre si sdraia di fianco al cadavere, le stringe la mano e pensa a quanto è fredda rispetto alla sua. Ci allontaniamo, mentre spira, occhi al cielo.
Siamo adesso nella camera oscura che Gèp ha allestito nel box sotto casa sua. Per fortuna, quando ha estratto un negativo dalla busta, l’ha infilato nella tasca e non al suo posto. Quando l’immagine comincia a formarsi sulla pellicola, non riesce a capire chi sia la famiglia raffigurata, ma riconosce molto bene chi sono gli altri personaggi: sono tutti membri del clan di Testuggine. A sinistra c’è anche il grande capo, sorridente: stringe in mano un libro dalla copertina gialla, il cui titolo è a malapena leggibile. Il nostro investigatore osserva bene le facce, ma non a tutte corrisponde un nome nella sua mente, così si srotola le maniche della camicia ed esce, in cerca di informazioni. Testuggine non è uno che si lascia fotografare spesso, quella foto doveva essere un quadretto molto familiare, ma i membri della sua banda sì, li poteva identificare chiunque. Vediamo Gèp rientrare allo Spoon, parlare col barista e poi subito uscire in strada. Stavolta non c’è nessuno a ricercarlo, ma sembra andare comunque di fretta: è ormai sera e ha un ultimo posto in cui andare. Torna alla biblioteca, dove il caposezione sta chiudendo la porta del suo ufficio, vuole controllare il computer della sig.ra Marini in cerca di altri indizi. Scorre velocemente il database dei volumi entrati ed usciti nell’ultima settimana, poi restringe il campo a tre giorni, infine compara i codici con quelli inviati via sms proprio al caposezione. Questi lo guarda impaziente, batte più volte il piede per terra sbuffando, ma a Gèp non importa, perchè il suo istinto l’ha portato sulla pista giusta.
“Qui c’è un codice che non corrisponde, un volume non presente nei vostri archivi. Avete altre entrate non documentate?”
“Qualche volta ci portano i libri che nessuno legge più, così noi li compariamo e poi li schediamo insieme agli altri”
“E vi hanno portato qualcosa, questa settimana”
“Ho visto la sig.ra Marini trafficare con un paio di manuali. Scacchi, presumo. Ah, e anche biologia ed entomologia”
“Che diavolo è?”
“Lo studio degli insetti, imbecille”.
Gèp afferra un bicchiere da whiskey e lo appoggia sulla foto. Guardando attraverso il fondo, scorge qualche lettera sulla copertina del libro misterioso, poi ripassa il bicchiere al caposezione, dicendogli: “ho bisogno di un drink”.
Fuori è calata la notte, nel buio risuonano le sirene della polizia. Sorseggiando, continua a chiedersi come ha fatto a cacciarsi in questa brutta situazione.
Cosa succederà a Gèp, ora che sa che il boss è legato alla morte della sig.ra Marini?
- Gèp va direttamente a cercare Testuggine per chiedere spiegazioni. I due si conoscono bene. (100%)
- Gèp cerca Damiano per un aiuto (e per chiedergli delle foto rubate). (0%)
- Gèp abbandona l'indagine, poichè il rischio di venir ucciso dalla Famiglia è troppo grande. (0%)

30/03/2016 at 22:52
Recuperato. Pieno di spunti, c’è un sacco di roba, ce n’è per un romanzo. E c’è anche la velocita, uno stile dinamico e poliedrico direi. Sei un fiume di idee.
Damiano spara per primo. Vai.
31/03/2016 at 16:24
Troppi spunti e poco spazio 😛 ma grazie ugualmente . Chissà che questo racconto non possa essere una sorta di “pilota” per qualcosa di futuro.
Ultimo episodio, questo, a mio parere, drammatico ma troppo sbrigativo.
25/03/2016 at 09:52
Damiano spara per primo… e che il destino si compia!
Effettivamente era una storia che forse meritava più di dieci capitoli, perché sembra davvero ricca di avvenimenti e sottotrame. Purtroppo a volte bisogna fare scelte stilistiche che troncano molte di esse, il limite dei caratteri è terribile.. lo so!
25/03/2016 at 12:28
Grazie sempre per la gentilezza, Serena
13/03/2016 at 20:47
Ciao gianluca,
Sono qui da poco e leggo adesso.
Vedo che gli ultimi commenti sono di più di un mese fa quindi è probabile che questa storia sia in pausa di riflessione.
Dico la mia, da umile lettore.
È interessante sia l’idea che l’ambientazione, In generale trovo intrigante l’atmosfera.
Però… Però il mio personalissimo parere è che ci sia troppa roba, e dai l’impressione che la roba che eviti di scrivere sia anche di più. Non riesco a focalizzare personaggi e situazioni, sono arrivato all’ottavo capitolo senza capire cosa sia successo esattamente. Troppe voci, troppi personaggi. Non considerarmi un presuntuoso, un rompiscatole o un attaccabrighe, se ho deciso di commentare è perché mi sembra che la storia, avrebbe del potenziale se solo pensassi anche al fatto che il lettore deve capire anche senza essere nella tua testa. Oh, poi ovviamente fai la tara del fatto che io sono un po’ tardo…. 🙂
Ah: Gep cerca Testuggine
25/03/2016 at 00:38
Grazie per il tuo commento. Hai ragione su moltissime cose. La verità è che non pianifico mai troppo la trama dei racconti su questa piattaforma, per avere più libertà – a discapito, spesso, della chiarezza.
C’è tanto che non ho modo di dire e questo interessa e confonde allo stesso tempo.
Dopo un mese ho avuto tempo e voglia di scrivere.
La settimana prossima finisco. Questo racconto è stato un bell’esperimento. Grazie ancora per l’interessamento!
01/02/2016 at 17:29
Un incontro faccia a faccia è quello che ci vuole!
01/02/2016 at 20:14
Si, ma fra chi?
18/01/2016 at 11:20
Vuole la busta! Ma cosa c’è dentro!?
20/01/2016 at 02:10
C’è qualche indizio nascosto in bella mostra. Il problema è chi è l’assassino.
11/01/2016 at 10:13
Ciao! Arrivata un pelo in ritardo, ma pur sempre qui e mi fermo di sicuro :).
Le scelte erano tutte interessanti (perché tu hai una notevole capacità di trasformismo di oggetti, personaggi e situazioni) ma ho votato per un altro omicidio. Vedremo chi sarà lo sfortunato.
Ho letto, come sai, i capitoli tutti insieme e in questo caso (non mi succede mai) ho provato un certo gusto nel farlo perché si recepisce meglio la tua capacità di raccontare. Sei davvero bravo e usi una tecnica interessante, che è quella del narratore onnisciente. Chi racconta, tu, o chi per te, sa più di quel che racconta al lettore e credo non sia facile gestire una voce narrante del genere. Io sono abituata al narratore che racconta una storia di cui non sa già la fine. Forse in questo caso la fine non la sai neanche tu, ma ci fai capire di nascondere diversi segreti su questi personaggi così particolari.
Hai davvero una scrittura interessante e la maneggi molto bene. Ti seguo, neanche a dirlo 🙂
11/01/2016 at 12:08
I tuoi non sono complimenti, mi stai praticamente incitando! Grazie grazie e ancora grazie per aver speso gratuitamente queste belle parole
11/01/2016 at 19:51
Sincere. 🙂 Come dici tu sono gratuite ( e ci mancherebbe!) quindi perché mentire? Al tuo prossimo episodio!
07/01/2016 at 13:18
A questa storia servono più scazzottate insensate. Sono molto curioso di vedere dove potrà portare: di solito le decisioni avventate portano un sacco di belle avventure.
07/01/2016 at 14:33
Ben detto 😉
16/07/2014 at 17:51
Mi sono accorto in ritardo del ritorno di questo scrittore e di questa storia… e già mi piace! Lì, esattamente dove ci eravamo lasciati, sei tornato per dirci quelle cose che sono rimaste in sospeso. Mi piace molto questa prima persona plurale, è sicuramente un modo diverso di generare il punto di vista… rinnovo i miei complimenti.
E scelgo di seguire lo sciame… per vedere dove va. E cosa fa!
16/07/2014 at 21:40
Con una partenza così, non posso che cercare di accontentarti!
12/07/2014 at 12:52
Anche io: Una giovane donna 🙂
20/06/2014 at 22:59
Una giovane donna misteriosa, magari… ^_^