Tropico Balcanico

[Vodka torrenziale]

Una goccia di sudore, che si era formata tra i capelli, percorse il lato del suo viso. La sentì distintamente scivolare lungo la tempia, superare lo zigomo e infine fare capolino tra i peli della barba sfatta, all’angolo della bocca.
Maledisse quel pub, che frequentava da oltre un quarto di secolo, e le sue vecchie pale che roteavano pigramente, appese al soffitto. Non era ora di passare all’aria condizionata?
Chino sul bancone, le mani intrecciate intorno al bicchiere, fissava da ore una vecchia locandina bruciacchiata. Vecchia di vent’anni. Pubblicizzava, con grafica ingenua e colori sbiaditi, il gruppo che avrebbe dovuto suonare quella notte. La notte della granata. La notte in cui lui non c’era.
Immobile da ore – tranne che per il periodico sollevarsi del gomito che portava il bicchiere alle labbra – chi l’avesse osservato si sarebbe sorpreso dello scatto fulmineo della lingua, simile a quello di un ramarro, con il quale improvvisamente decise di eliminare la fastidiosa goccia di sudore che si era fermata tra i peli all’angolo della bocca.
«Un’altra.»
Il barista sapeva, per lunga consuetudine, a cosa quell’avventore si riferisse. Senza aprire bocca colmò ancora una volta il bicchiere. Vodka ghiacciata, ecco quello che voleva. In effetti, sembrava non desiderare altro.
Nemmeno il pensiero delle imminenti vacanze, alle quali era costretto dal suo ufficio, sembrava minimamente allettarlo. Anzi, possiamo affermare con sufficiente certezza che la sola idea di disporre di un po’ di tempo libero lo sprofondasse in una angoscia più opprimente del caldo tropicale di quell’estate balcanica. Ogni anno provava a sottrarsi a quello strazio. Una volta, quando ancora era capace di iniziativa, si era persino rivolto a un avvocato, sebbene già allora fosse convinto che gli azzeccagarbugli non potessero risolvere alcunché. Tanto meno i suoi incubi. Ché in fondo erano quelli il suo problema, non le vacanze. In effetti, a parte scucirgli un congruo onorario, il principe del foro non risolse nulla: irrinunciabilità del diritto alle ferie. Ecco il suo responso.
Una voce femminile, dall’accento forestiero, interruppe i suoi pensieri: «Cosa ci fa un bel moro come te tutto da solo? Non dirmi che non ti piacciono le ragazze.»
«Sparisci, sgualdrina» rispose facendo scivolare lungo il bancone, nella direzione dalla quale proveniva la voce, il tesserino da poliziotto che era solito usare come sottobicchiere.
Pensò che doveva essere nuova del posto, probabilmente kosovara. Ché lì tutti lo conoscevano, il Commissario Max Kolarov. Ed era anche cosa nota che si accompagnasse solo a brune statuarie, che cambiavano spesso nome. Mai, proprio mai, a una bionda.
Se avesse distolto lo sguardo dalla locandina, per rivolgerlo alla sua interlocutrice, il Commissario avrebbe potuto apprezzarne il corpo acerbo, coperto solo parzialmente da un mini abito luccicante di paillettes e sostenuto in maniera assai precaria dai vertiginosi tacchi a spillo delle scarpe trasparenti. Se avesse prestato orecchio ai rumori intorno a lui, invece che ripiombare immediatamente nei suoi pensieri, avrebbe potuto percepire distintamente la sua voce rivolgergli l’epiteto šupak. Stronzo.

Lo era, del resto, uno stronzo. Ma lo era sempre stato o lo era diventato? Se lo chiedeva piuttosto spesso, ma non arrivava mai a una risposta definitiva.
Ciò nondimeno, gli attributi più ricorrenti che venivano associati al suo nome erano “zoppo” e – in solo apparente (e beffarda) contraddizione con quest’ultima – “in gamba”: in realtà, l’una si riferiva a una sua evidente caratteristica fisica, ricordo dell’assedio, e l’altra alle sue indubbie capacità professionali. In effetti, non si ricordava, in città, un solo caso a lui affidato che fosse rimasto irrisolto.
Un’ultima definizione, quella che andava a completare la triade più in voga sul conto del Commissario Kolarov – “ubriacone” – crediamo non sia necessario, né elegante, riferirla.

Sostiene il barista del Sarajevska Pivara che il Commissario Kolarov, quella notte, uscì dal locale intorno all’una, barcollando – un po’ per l’ingente quantità di alcol ingerita e un po’ perché quella era la sua andatura abituale, a causa della zoppìa – verso la grande porta a vetri.
Sappiamo poi che, come d’abitudine, il Commissario si diresse verso la Miljacka e passeggiò sul lungofiume per smaltire la sbornia, fumando una Gauloise via l’altra, e fissando le acque nere del fiume in cui sembrava non si riflettessero le stelle.
Sappiamo infine che mentre passeggiava – e certo contro la sua volontà – fu costretto a smettere di pensare ai fatti propri e rivolgere la parola a qualcun altro.

Cosa accadde al Commissario Kolarov:

  • Incontrò sul ponte Goat una donna che conosceva bene e alla quale non poteva negare la sua attenzione. (58%)
    58
  • Fu costretto ad intervenire, poiché si trovò testimone di un crimine mentre attraversava il ponte Vijecnica. (12%)
    12
  • Rispose al cellulare, che squillò inopportunamente mentre attraversava il ponte Latino. (30%)
    30
Loading ... Loading ...
Categorie

Lascia un commento

530 Commenti

  • Ciao Locullo. Il racconto c’è e questo va bene.
    Ma nella narrazione vi sono da correggere varie cose. Troppa narrazione generica. Tempi verbali inutili e verbi sbagliati. Avverbi che non servono. Narrazione non esatta. E altro.
    Qualche esempio. La goccia di sudore iniziale non si sa da che punto preciso si forma. Non si sa su quale lato del viso scende. La goccia non “percorre” il viso, ma “scende” sul viso. Poi “la sentí distintamente” è inutile, basta “la sentí”.
    Nel resto del racconto vi sono altri errori di narrazione che devono essere corretti per rendere più piacevole la lettura. Avverbi che non servono, troppa verbosità e troppa narrazione generica e non specifica, errore questo molto pesante.
    Voglio dire che puoi dare di meglio, e rendere la tua narrazione corretta e piacevole.
    Ti saluto.

    • Che bello avere qualcuno che sollecita la storia a continuare e i suoi personaggi a ridestarsi, per il solo piacere di farlo!

      (In realtà sono occupato a congedare la versione finalmente definitiva di Surviving Sarajevo: mi spiaceva abbandonare il buon Fabio Boksic in una storia che gli stava ancora un po’ strettina. Quanto a Max, a Sarajevo si dice giaccia riverso al bancone del Pivara, il suo tesserino da poliziotto ben saldo sotto il bicchiere di vodka: confido che presto la Kapic, reduce dalle vacanze all’isola di Brac, vada a recuperarlo).

  • Letta solo ora la conclusione. Tornata oggi da un’esperienza da dimenticare. Spero di poterti leggere ancora. Non so se serva dire che il finale mi è piaciuto moltissimo e che il tuo stile mi convince sempre, sì, potrebbe essere superfluo dirlo. Soprattutto considerando che appena ho acceso il computer dopo una settimana la tua storia è la prima cosa che ho letto. Non svanire. Grazie per avermi regalato una storia stimolante da ricordare.

  • Non credo esistano uomini di fronte ai quali Kolarov abbasserebbe lo sguardo.
    Con le donne, però, è un altro discorso.
    Alla fine, perdono tutti. Forza Commissario, ci sono altre tre stagioni per affrontare i fantasmi del passato.
    E’ un dispiacere lasciarti per un po’ di tempo; mi consola il fatto che, fino al prossimo racconto, la Kapic veglierà sulla tua voglia di metterti nei guai.

  • Cercherò di essere sintetico…
    Mi hanno entusiasmato le sequenze, i ritmi, le atmosfere… congeniali al plot e alle situazioni.
    Un po’ meno alcune scelte stilistiche e linguistiche (alcuni termini ingenui e qualche frase un po’ stucchevole..).
    Da gran divoratore di pagine, mi fa piacere dirtelo, sai catturare l’attenzione e portare avanti il lettore
    sull’onda delle parole…ma non adagiarti sugli
    allori…hihi.
    (ppeccato solo non poterti leggere

  • Arrivo un po’ in ritardo a commentare, ma tanto, ormai, non c’è più la fretta di dover votare. Che dire, locullo? E’ stato un vero e proprio piacere seguirti. Come dicono in tanti, hai davvero uno stile piacevole, scorrevole: anche se descrivi qualcosa di insignificante, sai renderlo interessante!
    Il colpo di scena finale, poi, è inaspettato, ma, al tempo stesso, molto efficace! La confessione, così cruda e disperata mi ha tenuto gli occhi incollati allo schermo. E Max, col suo mal di testa, quasi come se non potesse accettare tutto questo, è un altro particolare da non sottovalutare. Bravo, davvero. Attendo le prossime stagioni.
    Ah, il particolare del DNA, ovviamente, è un’ottima conclusione! 🙂

  • scusa ho letto solo ora la risposta al mio commento, mi perdo sempre le repliche perché non ci sono le notifiche! in ogni caso scrivo un nuovo commento così evito che anche questo rimanga indietro. Bè sicuramente è uno dei migliori, la sua storia è la più giocata, ma al di la di quello anche la trama mi piace molto.
    Certo ma, se ho chiesto anche a te, vuol dire che anche di te penso lo stesso.. non trovi?

  • Tu hai un dono,Locullo.
    Non è solo che scrivi benissimo,non è solo che hai un grande talento è che tu trascini il tuo lettore dentro la storia.Ero lì rannicchiata e non potevo farne a meno.
    Mi emoziona quello che scrivi. Mi emozionano le storie che scegli di raccontare, Amo i tuoi personaggi.
    Aspetto con impazienza le altre stagioni .
    ….vado a cliccare “segui l’autore” dagli altri racconti.

  • Lo avevo scritto che ci avrebbe stupito e non mi limito al colpo di scena. Locullo, semplicemente ti ringrazio, per questa storia e per il suo finale. Nelle pieghe del sarcasmo di Max e delle sue indagini riaffiora prepotente il dolore del passato, la ferita dell’ex Jugoslavia – dove “il retrogusto pulp” è maledettamente storia – che non si lenisce e il racconto, sapientemente scritto, assume un respiro superiore di un noir già gustoso di per sè e torna la tensione formale di Surviving Sarajevo a cui è legato sin dall’inizio. Ciao Locullo

  • Non trovo parole adeguate o migliori di quelle già espresse da Giovanni e Francesca e allo stesso tempo non vorrei essere banale, insomma oltre a dirti che questo episodio è pazzesco non so che aggiungere. Spero di rileggere presto qualcosa di tuo, in pratica dovresti evitare di addurre la scusa delle ferie 😉 a presto dunque

  • Solo tu saresti riuscito a risolvere questo intreccio in un solo capitolo da 5000 battute.
    Le tue invenzioni provocano emozioni che mi spezzano il fiato, come un pugno allo stomaco. Leggerti mi fa male.
    Credo che dovrei smettere, ma smetterò dopo questa… disse l’alcolista stappando la bottiglia.

  • Questo sito usa i cookies per migliorare l'esperienza utente. Cliccando su Accetto acconsenti all'utilizzo di cookie tecnici e obbligatori e all'invio di statistiche anonime sull'uso del sito maggiori informazioni

    Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

    Chiudi