La seconda madre di mio figlio

capitolo UNO

Mi aggiro impaziente per il corridoio di un ospedale, le voci degli altri pazienti costretti a sostare nella sala d’attesa mi arrivano ovattate all’orecchio.

Sento il freddo prendermi, da sotto la pelle, tanto che scaldarmi ritmicamente con le braccia non basta.

Mia moglie è in sala parto da un po’, eppure il tempo sembra essersi dilungato a tal punto da sembrarmi eterno.

Pensano sia semplice, pensano aspettare ore qui fuori, preso dall’ansia sia una cosa di poco conto. I medici, gli infermieri ti oltrepassano, difficilmente ti degnano di uno sguardo, una parola, al più quello che vedi riflesso nei loro occhi lo chiameresti compassione. E ti senti dannatamente stupido.

Le porte si aprono per l’ennesima volta, il ginecologo sembra avere l’aria affranta, ma in realtà ci faccio poco caso, mi precipito nella sua direzione per avere notizie, spiegazioni, qualsiasi cosa insomma. In qualità di padre avrei dovuto assistere al parto, non essere sbattuto fuori con la forza da alcuni assistenti sanitari.

Non risponde.

Mollo la presa del suo camice, mi precipito accanto a mia moglie con foga, accecato dal terrore, la vedo inerme su un lettino, le stanno coprendo il volto con un lenzuolo bianco, tutto qui dentro mi fa pensare alla morte.

Ad essere onesti c’è poco da pensare. Vengo scaraventato fuori per la seconda volta, lasciato ai miei dubbi e alle lacrime che ormai mi rigano le gote.

Così, in un attimo di silenzio, di pura o immaginaria lucidità lo sento, lo sento piangere

Mi sveglio di soprassalto, il sudore m’imperla la fronte, una morsa mi serra la gola.

La luna, beffarda, filtra attraverso le sbarre dietro le quali sono rinchiuso.

Mi copro il volto con le mani come a voler trovare in esse conforto, un momento prima di schifarle, di schifare le mie mani da assassino.

Non mi riconosco, tento invano di sfuggirmi.

Urlo e a niente serve, mi lasceranno marcire qui dentro, attanagliato dal rimorso.

E’ un attimo, una torcia attraversa la fenditura di una porta aperta abbagliandomi, ponendo fine al mio lamento.

Qualcuno viene scaraventato dentro, con la stessa gentilezza che fu riservata a me anni fa.

La porta si richiude.

E’ da molto che non ho compagnia e la cosa quasi mi irrita, lo sconosciuto deve essersene accorto, sarà per questo che si affretta a rintanarsi nel primo angolo che gli capita di scorgere.

Gli avranno raccontato grandi cose sul mio passato, o forse sta pensando che non posso essere che un pazzo: detenuto o meno un uomo sano di mente non si lascerebbe andare all’isteria nel pieno della notte.

Lamenti soffusi attirano la mia attenzione, mi precipito a stringere il fagotto delle mie vesti tra le braccia.

Il nuovo arrivato mi guarda di sottecchi, forse allibito, forse scioccato. Deve aver raccattato della carta lercia o scroccato a qualcheduno quando era ancora fuori per fare qualche tiro con quella schifezza che si rigira tra le mani.

“Cazzo hai da guardare?” gli intimo.

Poi mi giro verso la finestra.

“Coraggio bambino mio, è ora di dormire”

Sogno o realtà, da dove preferite cominciare?

  • Parliamo dello sconosciuto che ha invaso, involontariamente, i suoi spazi (6%)
    6
  • Dalla vita che ha preceduto il carcere (71%)
    71
  • Dal piccolo (24%)
    24
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106 Commenti

    • Ciao Caterina, devo ammettere che il tuo commento è stata una delle poche gioie di questa giornata. Sono lusingata per ciò che hai detto. Spero di riprendere, questo mese sono stata impegnata tra esami e pensieri vari, il blocco poi sta sempre lì dietro l’angolo. Fortuna avere voi che mi sostenete, spero di esserne all’altezza! ?

  • Ciao! Altri hanno già fatto notare che non è facile ricongiungere il primo capitolo con questo flashback e personalmente la cosa non mi dispiace, è sempre bello quando pezzi apparentemente scollegati si ricompongono. L’horror poi è un genere con così tante sfaccettature che può sempre riservare belle sorprese… A tal proposito io vado controcorrente e penso che Adrian potrebbe fare il galantuomo e lasciare che sorella e collega si distraggano un po’, accollandosi il bambino. Il che, in qualche maniera, potrebbe riportarci al genere della storia 😀

  • Usciamo a cena: fratello e sorella possono rilassarsi un po’ invece di intristirsi sul passato e lui approcciare la bella.
    La storia sembra intrigante, non so come conti ricollegare queste vicende londinesi al primo capitolo, ho una mia idea, ma forse è totalmente sballata 🙂
    E tanto di cappello per la sfida di riprendere in mano qualcosa di scritto e abbandonato anni fa. Bentornata!

    • Ciao Maan, grazie per l’apprezzamento e per il “bentornata”. Come dicevi riprendere è stato arduo, ma anche molto stimolante!
      Mi diverte notare che anche tu hai colto nella cena l’occasione di avvicinare Alma.
      Come ricollegare il tutto? Bella domanda, mi piacerebbe sapere della tua ipotesi, io… Bo, ho una mezza idea, ma mi lascio anche guidare dalle vostre scelte, al momento sto ancora cavalcando il flashback.
      Spero vorrai continuare a leggere, io conto di leggere presto anche il tuo racconto. A presto!

  • Uscire tutti a cena, so che non è la cosa più romantica, ma del resto questo è un horror 😀
    Ciao, Fra.
    Una storia scorrevole e intima, l’atmosfera è quieta, ma, a giudicare dal genere scelto, non durerà ancora per molto 😉
    Chi è questa Alma? Non credo alle coincidenze, l’incontro al bar non è stato casuale! Cosa vuole da lui? Perché vuole ucciderlo? 😀
    Curioso di leggere il seguito 🙂

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