Il Lago
Mia madre teneva in casa venti pappagalli della specie bronze-winged e li aveva addestrati a fare tutto. Le portavano gli zuccherini spiritati al brandy che lei teneva in vasetti di vetro su un vassoio d’argento. Le giravano le pagine del giornale, leggeva solo il The Times di Shreveport come per generazioni aveva fatto la sua famiglia, dalla fondazione del giornale nel 1871. Il Tribune di New Orleans non le interessava, ciò che accadeva nella grande città era troppo lontano da lei, dal lago. Le passavano la matita quando decideva di fare il cruciverba nella rubrica passatempi del quotidiano, ce n’era uno particolarmente interessato che si metteva sempre sulla sua spalla quando iniziava a scrivere. La matita frusciava sulla carta producendo un suono ovattato e strascicato, che forse lo tranquillizzava.
Non ricordo il suo nome, sono troppi e tutti uguali per me, ma lei li chiamava uno ad uno e loro sembravano capirla.
Aveva insegnato loro anche ad aprirle i sacchetti di biscotti d’avena e fragola che mangiava in continuazione, si portavano la confezione al becco aiutandosi con la zampa e poi ne strappavano un angolo. A portarle i suoi orecchini preferiti prima di uscire, le rare volte che lasciava la veranda, erano due gocce di turchese comprate nell’unico viaggio della sua vita, in Messico quando si era sposata con papà trent’anni prima.
Una sera mi confidò che a volte, per divertirsi, li nascondeva per casa e poi chiedeva a uno di loro di portarglieli, pare che riuscissero sempre a scovarli anche nei posti più impensati. Come facessero non lo so, ma li vidi con i miei occhi.
Avevano imparato a mangiare da due grandi ciotole per cani su una tovaglietta in cucina e a sporcare solo fuori casa, passando per la porta della veranda che lei lasciava sempre socchiusa. Dormivano dentro una grande voliera senza porta, aveva voluto sistemarla nel corridoio al piano di sotto.
Quando mi telefonò un mese fa chiedendomi di andare a stare da lei al lago non riuscivo a capire a cosa avrei potuto servirle io, visto che facevano tutto loro. Ma mi convinse e così lasciai temporaneamente l’appartamento a New Orleans, il mio fidanzato e due settimane dopo mi trasferii.
Avevo sistemato le mie borse nella vecchia stanza di mio zio, la cosa più preziosa che mi ero portata erano le bozze della storia che stavo scrivendo, matite, acquarelli e tutto l’occorrente per i disegni. L’editore mi aveva pagato un anticipo abbastanza generoso e potevo permettermi di dedicarmi al nuovo libro senza affanno, la storia l’avevo già in mente ed ero partita dalle illustrazioni. I bambini le adorano.
Da New Orleans, Shreveport distava 522 km e ci misi quasi metà giornata con la mia vecchia ford. Arrivata in città dovetti guidare ancora per un’ora prima di arrivare alla mia destinazione: Caddo Lake. Una zona umida, il lago misurava 103 km quadrati, raggiungeva la profondità di 49 metri e una parte varcava il confine statale finendo in Texas.
La casa era vicino alla strada provinciale, bastava scendere la radura con pochi alberi e si arrivava in riva al lago. Isolotti sparsi si innalzavano oltre il pelo dell’acqua, qualche fusto magro con poca chioma rada, cipressi, cespugli e uccelli acquatici a perdita d’occhio.
Due piani, una veranda sul retro, la casa più vicina si trovava su un’altra sponda e ci voleva almeno mezz’ora a piedi per raggiungerla. Una stazione dei ranger distava venti chilometri verso Shreveport.
Mia madre passava le sue giornate nel salotto e infatti i mobili erano rimasti quelli di una volta, quando ci abitavano i suoi nonni. Credenze di legno scuro, massicce e sempre uguali nella mia memoria, neanche i soprammobili erano cambiati, né i centrini né i quadri. Tutto immutato, mi faceva venire i brividi, ma mia madre adorava quella stanza, forse perchè la faceva tornare a tempi più felici. Si sedeva su una poltroncina verde gelatina dallo schienale alto, robusta e dall’imbottitura dura, coperta da un grande centrino rosso di cui non ricordo più la provenienza.
Era primo pomeriggio quando scesi di sotto.
«Mamma» in salotto non c’era, misi la testa fuori dalla zanzariera «Mamma».
La chiamai altre due volte e non ottenni risposta, un vago senso di pericolo mi attanagliò il petto e corsi verso la cucina.
Lanciai un grido quando un pappagallo uscì dalla stanza volandomi incontro, abbassai la testa per un pelo e lui ciangottò qualche parola senza senso. Mi appoggiai al muro per lo spavento e mi accorsi che in casa regnava il silenzio, il battito non diminuiva.
«Eccomi tesoro» mia madre sbucò dalla cucina facendomi sobbalzare.
«Accidenti, mi hai spaventato».
«Vieni».
Entrai in cucina e vidi che aveva preparato del pane tostato, i pappagalli erano appoggiati dappertutto intorno a lei.
«Vorrei parlarti del perchè ti ho chiesto di venire qui».
Aveva un tono di voce strano, preoccupato e, mi sembrò, anche spaventato. Mi sedetti al tavolo e annuii.
«Vedi, in questa casa c-».
DRIIN. Il campanello.
Nella quiete della stanza risuonò come uno sparo, sobbalzai.
Chi ha suonato al campanello?
- Un bambino con un cane (44%)
- Uno degli abitanti dell'altra casa sul lago (32%)
- Un ranger (24%)

28/11/2014 at 15:56
Geniale, il colpo di scena finale è magistrale. Hai dosato i colpi di scena in tutto il racconto, alternando momenti psicologici a momenti di orrore puro. Se era davvero un esperimento è riuscito alla grande, ma io non avevo dubbi dopo Vetro.
Io non farei il seguito, partirei per una nuova avventura. Daresti altre due pennellate su un quadro finito? Poi fai tu, se hai una bella idea puoi proseguirlo, ma io lo lascerei così, con la maledizione che ancora vige e i ragazzi salvi (più o meno) 🙂
30/11/2014 at 00:01
Io, di mio, non concepisco troppe i ritorni di storia…. del resto il seguito è sempre peggio del primo film! O quasi 🙂 Ma mi fa molto piacere che molti lettori l’abbiano suggerito, significa che la storia piaceva e i personaggi erano credibili, che è la cosa più importante ai fini del racconto. 🙂
Grazie che mi hai spronato a scriverlo :), merito tuo sul serio, mi hai convinto mesi fa a iniziare questo esperimento :).
Aspetto il nostro a quattro mani, volentierissimo!
28/11/2014 at 00:20
Meno male che è intervenuto Orson a salvare la situazione. Ha avuto fortuna. 🙂 Complimenti! E’ stata un storia horror veramente bella! Specialmente nel modo in cui hai saputo raccontarla. In effetti la frase finale si presta a un bel seguito. Aspetto di vedere cosa farai dopo le feste. Allora alla prossima. E ancora complimenti!
28/11/2014 at 13:04
Grazie mille Danica, sono contenta di averti appassionato, anche se solo per qualche settimana. E’ la vera soddisfazione! 🙂 A presto!
26/11/2014 at 20:14
Concordo con Francesco 🙂 l’ultima frase fa accapponare la pelle. Brava, non mi aspettavo il salto temporale, né quel finale ma combacia tutto perfettamente 🙂
26/11/2014 at 20:43
Graazie Thommy! Anche io tra un po’ mi aspetto il tuo finale da brivido (giallo)…. sono curiosa!
26/11/2014 at 21:16
Mi sa che hai tanto da aspettare…
26/11/2014 at 18:00
La frase finale è come un brivido lungo la schiena!
Mi dispiace aver saltato l’ultima votazione, ma avrei votato anche io per libertà. Un horror che mi è piaciuto, raffinato, attento e non scontato! Sempre brava, Serena. A rileggerti presto! 🙂
26/11/2014 at 20:42
Grazie mille francesco 🙂 mi ritroverai presto! Felice che ti sia piaicuto!
26/11/2014 at 13:55
Sono distratta da mille casini, mi ricordo all’ultimo – solo dopo aver aver aperto la pagina – che questo è l’episodio finale. E come raramente mi accade, soffro. Quando una narratrice è così empatica è difficile rinunciare a lei. Dispiaciuta con tutto il cuore che questa storia sia finita. Consapevole però che tornerai, perché altrimenti ti vengo a cercare.
L’episodio finale è perfettamente simmetrico agli accadimenti e ai punti di svolta che ci hanno condotto fin qui; e la cornice del salto temporale in avanti è trovata professionale e giusta. Ci hai regalato una sospensione con l’immagine lascata aperta di Tessa che si volta e recita la battuta finale a sua madre, – battuta aperta – e noi ci aspettiamo e immaginiamo di rimando l’espressione che può aver fatto la mamma come avessimo palleggiato con te, che sei un’ottima giocatrice e un’abile narratrice. Ti aspetto nella tua prossima storia, Serena.
26/11/2014 at 20:39
Di nuovo grazie Alessandra!
Ho visto che molti di voi mi hanno suggerito un seguito a questo storia, non è una cosa che mi è congeniale ma chissà…del resto siete voi che decidete, sempre ed è questo il bello :).
Ti rinnovo i ringraziamenti per tutti i complimenti che mi hai fatto, non preoccuparti, non dovrai cercarmi lontano… mi piace molto la dinamica di questo sito e l’iterazione che si crea con voi lettori, non ci rinuncio!
25/11/2014 at 23:02
Ultimo capitolo tenue e sommesso come la litania di una vecchia nonna, come la madre di Orson.
Hai navigato leggera tra i diversi stilemi dell’horror (gli animali sensibili, il bimbo sensitivo, la luce che si spegne, i rumori, gli spiriti i morti che parlano e che chiamano – come la madre), capace di regalare almeno tre colpi di scena compreso quello del finale che ha un retrogusto di ironia
Hai anche regalato odori, raro in un racconto, aspri e soffocanti.
Come direbbe una vecchio cantante melodico :”Serena, torna: sta casa aspetta a tte!”
25/11/2014 at 23:22
Accolgo ben volentieri l’incitamento e ho intenzione di tornare dopo le feste natalizia, se con un seguito o una nuova storia…chi lo sa!
Grazie per avermi seguito dal principio 🙂 e dei commenti sempre generosi e belli da leggere, che non guasta!
25/11/2014 at 21:16
Qualche indizio lascia pensare a un seguito, anche perché credo che il limite di battute ti abbia costretta a contenere lo sviluppo della storia.
In ogni caso, è stato un bel racconto.
Brava Serena.
25/11/2014 at 22:18
Assolutamente si, il limite mi sta sempre stretto!
Grazie Massimiliano, chissà che non siate riusciti a convincermi!
25/11/2014 at 20:22
Triste. Complimenti per questo finale a dir poco originale. Grazie alla prossima lettura. Un bacio
25/11/2014 at 22:17
Grazie Lucia 🙂
25/11/2014 at 20:17
Povera Tessa… un finale amaro ma appropriato.
E’ stata una bella esperienza leggerti, pensi che produrrai qualche spin off o sequel di questa storia?
25/11/2014 at 22:16
Vedo che sei il terzo che me lo chiede/consiglia…. magari ci penserò seriamente! 😛 Grazie!