Dove eravamo rimasti?
Responsabilità
Arrivammo sotto casa, ero riuscito a tenerla per mano per tutto il tragitto e la sensazione della sua pelle contro la mia mi inebriava impedendomi di formulare pensieri coerenti. Camminammo in silenzio, io nervoso, lei invece sembrava allegra, perfettamente a proprio agio.
“Eccoci arrivati” sussurrò davanti al bianco steccato.
“Ehm, già” risposi io, titubante a lasciar andare la sua mano. Dovevo sfruttare il momento, farmi avanti, provare a rubarle un bacio, ma i piedi erano incollati al marciapiede e gli occhi non volevano sollevarsi dalle nostre mani unite. Passò un minuto, lento e inesorabile, poi lei d’un tratto, come risvegliandosi proruppe:
“Luca è con i tuoi? Non l’ho visto per niente stasera, deve dormire da te no?”
“Oh, sì, ecco … lui … sì è con i miei” mentii cercando di riportare l’attenzione a noi due e al bacio che volevo disperatamente. Ma ormai l’incanto era spezzato, Luca, sempre tu ad interrompermi con la tua ingombrante presenza, anche quando non eri fisicamente presente:
“Allora vai, dovresti essere con lui, ci teneva così tanto”
“Oh, certo, allora io… vado, buonanotte” mi avvicinai in un ultimo patetico tentativo di baciarla, lei però si girò lievemente porgendomi la guancia.
‘Meglio di niente’ pensavo trascinando i piedi sul selciato, mentre la musica della festa tornava prepotente a farsi sentire.
La calca sembrava aumentata intorno alla pista, ma io non avevo certo voglia di ballare ancora, mi avvicinai per cercarti così da potermene andare a letto il prima possibile.
Le grida e gli spintoni intorno alla piazza mi colpirono improvvise, facendomi capire che qualcosa era successo. Spintonai un gruppetto di ragazzi, improvvisamente scosso da un tremendo presentimento.
Riuscii a farmi largo tra la folla, calpestai qualcosa, buttai a terra lo sguardo, seccato, mi pietrificai: era una tua scarpa. Una vecchia immagine di te tra la polvere estiva mi colpì dritta allo stomaco, in un attimo seppi che era successo ancora e ancora io me l’ero svignata mollandoti lì.
Due uomini ti avevano issato su una panchina. Tu, immobile ma cosciente, spostavi lo sguardo terrorizzato da un volto all’altro. Lo sapevo che cercavi me, diedi qualche altra gomitata e ti raggiunsi, mortificato:
“Andiamo a casa Luca” ti dissi solamente. Tu mi accogliesti con un sorriso, senza dire nulla.
Hai infilato la scarpa e mi hai seguito zoppicando, reggendoti il fazzoletto sul naso grondante.
“È stato Carrisi e quella sua banda di teppisti vero?”
Dissi arrabbiato con me stesso e con quegli ignobili cretini.
“Sì”
“E tu non ti sei difeso?”
“No” rispondesti semplicemente.
“Insomma Luca, devi difenderti, potevi dare qualche pugno anche tu no? Lo farai la prossima volta? Ti insegnerò qualche mossa”
Cercai di essere positivo, nascondendo il mio pungente senso di disagio.
Il mattino dopo camminavo a testa bassa nel riaccompagnarti a casa, temevo la reazione dei tuoi genitori e soprattutto quella di Emma, speravo non si preoccupasse troppo, non eri un bello spettacolo per gli occhi.
Suonammo al campanello, mentre sbirciavo il tuo occhio nero e il labbro gonfio, come il naso, ancora incrostato di sangue.
Emma venne ad aprire, nonostante le mie preghiere che non fosse in casa, decisamente non era il mio giorno fortunato.
“Oh santo Dio! Che è successo? Che gli hai fatto?”
“No, io, lui … l’hanno picchiato”
Lei sbarrò gli occhi turbata e impaurita, poi capì:
“L’hai lasciato solo, per accompagnarmi!” gridò, era furiosa.
Abbassai il capo senza rispondere.
Lei si avvicinò, mi puntò gli occhi scuri dritti nei miei e mi schiaffeggiò. Non pensavo ad una reazione così dura: insomma non ero mica il tuo baby sitter!
“Che razza di essere spregevole sei?” continuò ringhiandomi contro. “Vieni dentro Luca” disse, e senza aggiungere altro, ti fece entrare richiudendomi l’uscio in faccia.
Non vidi te né lei per due settimane, ogni volta che passavo i tuoi mi liquidavano dicendo che non eravate in casa.
L’estate avanzava e io mi sentivo solo e cupo, come mai prima.
Poi un pomeriggio vi vidi, due figure sedute sulla panchina di marmo davanti alla chiesa. In mano un gelato, sulla bocca un sorriso sereno, i capi vicini, chini a leggere un libro. Mi avvicinai di lato, fino a raggiungervi alle spalle. Iniziai a sentire la voce di lei, che leggeva senza tentennamenti, come chi è abituato e a proprio agio con i libri.
Il petto mi s’infiammò di gelosia: volevo essere io lì a leccare quel gelato ascoltando lei che leggeva per me, solo per me.
Scappai via, mi sembra di ricordare lacrime scendere sulle guance ancora imberbi, ma potrebbe essere frutto della rielaborazione dei miei ricordi, o della vecchiaia, non saprei, ma ero affranto, come mai prima di allora e lo fui a lungo, prima che la vita tirasse la palla al centro rimettendola in gioco, a modo suo.
Salvatore si rode di gelosia....
- Cercherà in ogni modo di riconquistare Emma, a scapito ancora una volta di Luca (47%)
- Affronterà Luca incolpandolo di avergli rubato la ragazza (6%)
- continuerà a vederli insieme,fraintendendo o amplificando ogni loro comportamento (47%)

14/12/2014 at 23:23
Ho pianto nel finale *^*
è decisamente il più bel racconto che ho letto sul sito *^*
15/12/2014 at 17:26
che complimentone! mille grazie Uga, ne sono onorata!
09/12/2014 at 19:00
E’ stata un sorpresa scoprire che tutto quello raccontato da Salvatore in realtà era Pietro a leggerlo. Bravissima! Per il modo in cui hai saputo riannodare i fili in questo episodio finale. E per il modo in cui hai saputo raccontare i vari sentimenti che hanno attraversato i tuoi personaggi.
15/12/2014 at 17:28
ohhh, finalmente qualcuno se ne è accorto! ihhihihi grazie mille Danica! 🙂
09/12/2014 at 16:40
Bellissimo, Francesca. Commovente, autentico e davvero bello! Una storia preziosa. Unica cosa che posso dire è che mi sarebbe piaciuto sentire la voce di Salvatore anche 18 anni dopo, fino alla fine. Ma anche così hai saputo sorprendere! 🙂
15/12/2014 at 17:29
sì, ero indecisa in effetti, ma ho voluto dare parola a colui che direttamente ha pagato le conseguenze di tutta la faccenda 😉
08/12/2014 at 16:25
Finale bellissimo e toccante 🙂 touchè: tutte le mie previsioni sono andate a farsi friggere. Complimenti Francesca, ma non correre troppo. Sei già al lavoro con un’altra storia?! Ma come fai? Non pregusti neanche un po’ questo finale…
08/12/2014 at 19:07
hai ragione,corro troppo, ma sono impulsiva, soprattutto nello scrivere, mi sono svegliata con quell’altra idea che aveva popolato il mio sonno e l’ho buttata giù, complice il giorno di festa e il lunedì di riposo non previsto 🙂 felice che il finale ti sia piaciuto 🙂
08/12/2014 at 13:43
Ricordi quando ti scrissi sul decimo episodio di Bivio, una storia che avevo seguito con estremo interesse, che non mi avevi convinta? Avevi scritto tre finali, lo trovavo dispersivo. Stavolta sono qui per complimentarmi con te. La storia non ha mai perso colpo, è rimasta coerente, ha trasmesso emozioni contrastanti senza mai stancare: dalla rabbia, alla tristezza, dal sentimento di rivalsa alla tenerezza. E la tua chiusa, stavolta, è credibile, struggente, equilibrata. Ma da te me lo aspetto. Bellissimo racconto.
Al prossimo. Ti aspetto.
08/12/2014 at 13:49
grazie, non sai quanto mi faccia piacere questo tuo commento, perché col mio solito problema di ‘taglia e cuci’ per rientrare nei 5000 caratteri e lo sbalzo necessario e dato dalla parità dai 18 ai 50 anni, avevo paura di non esser riuscita a chiudere in bellezza. Grazie ancora per avermi seguito fin qui 🙂