Dove eravamo rimasti?
Gelosia
Il mio umore altalenava dal furioso al malinconico, passai giornate intere con le mani ficcate nelle tasche, una sigaretta in bilico tra le labbra, masticando il mio risentimento.
Vi avevo rivisti tre o quattro volte, sempre insieme, sempre raggianti, quei sorrisi di Emma, rivolti a te e non a me, mi pugnalavano, l’anima rubando la mia naturale allegria.
Mio zio vedendomi sottotono mi chiese che avevo.
“È per una ragazza vero?” disse non ricevendo nessuna risposta.
Annuii e lui mi consigliò di mettermi in gioco e di mostrare il mio amore.
Ci rimuginai su e più assaporavo l’idea più mi sembrava splendida, in fondo il rivale eri tu, la sfida poteva risultare anche abbastanza semplice, il confronto impari, a mio favore.
Feci recapitare ad Emma quaranta rose rosse con un bigliettino con scritto solo: ‘perdonami’, senza firma.
La incrociai la domenica successiva, all’uscita dalla messa, non mi parlò, ma mi guardò negli occhi e mi sembrò di scorgere in quello sguardo un non so che di ammiccante.
Era la strada giusta e il sorriso tornò a fare capolino sulle mie labbra.
Poi m’imbattei in te, da solo, e fui sconvolto dal cambiamento avvenuto in quel breve lasso di tempo.
“Ciao!” la tua voce mi fece sobbalzare, mentre fumavo seduto su un masso, aspettando la corriera.
Tu risalivi dal fosso, un cesto di funghi galletti tra le mani e il volto accaldato. Subito qualcosa nel tuo sguardo mi sbatté in faccia il cambiamento:
Lo sguardo non era perso nel vuoto, era vivace e deciso, non guizzava dai piedi ai capelli, ma puntava dritto nei miei occhi.
“C-ciao” risposi, intimidito da quel ragazzotto che eri diventato senza che me ne accorgessi.
“Visto quanti ne ho scovati?” dicesti allegro. “Perché non vieni più da me? Ho costruito una locomotiva, va a vapore”
Ti fissavo sbalordito: quante parole per essere te. Mi hai sorriso come leggendomi nel pensiero:
“Vado dal dottor Marconi, mi spiega come riuscire a… com’è che dice lui? Uscire dal guscio, visto come riesco a parlare meglio?”
“Oh, sì, infatti” sussurrai.
In quel momento arrivò la corriera, presi le carte affidatemi da mio zio e salii. Ti salutai un po’ stordito, combattuto tra la gioia per il tuo miglioramento e la paura di un avversario più temibile, e ancora qualcos’altro ribolliva nella mia mente tormentata: eri il mio amico, nonostante tutto, nessuno ti voleva oltre me e questo rendeva la nostra amicizia speciale, rendeva me in qualche modo speciale. Ora se le tue stranezze fossero scomparse avresti avuto tanti altri amici ed io sarei stato solo… io, normalissimo e noiosissimo io!
Tentai il tutto per tutto il giorno dopo: cioccolatini e una lettera d’amore che mi aveva tenuto impegnato nella stesura per giorni e lunghissime notti, la mia giacca nuova, capelli sistemati di lato, bussai alla vostra porta.
Emma aprì, vidi un sorrisetto comparire sulle sue labbra per svanire subito dopo, sostituito da un’espressione imperscrutabile.
“Ciao, sei bellissima”
Lei arrossì lievemente. “Ciao”, la sua voce era poco più di un sussurro.
“Per te” consegnai i regali, lei li accettò senza fiatare, ma non si scostò per farmi entrare.
Mi sedetti sui gradini sperando che mi seguisse, lo fece rimanendo due gradini sopra il mio, sospirai di sollievo.
“Voglio bene a Luca e… a te, sono stato stupido e irresponsabile”
“Lo sono stata anch’io” mi sorprese lei. “Luca è una persona speciale, sta superando i suoi problemi e ho imparato a conoscere la sua straordinaria creatività ed intelligenza, deve imparare ad interagire meglio con le persone, ma ce la farà”
“Già” risposi cercando di pensare a come allontanarti dai nostri discorsi. “Andiamo al picnic con don Paolo domenica?” dissi d’un fiato, col cuore in gola.
In quel momento hai fatto capolino: “Salvatore!” hai quasi gridato, facendomi sobbalzare.
Ti guardai imbronciato sederti così vicino a lei e nel farlo poggiavi la tua mano sulla sua spalla, con confidenza. Mi sentii avvampare invidiando quel contatto con la pelle liscia e candida che spuntava dal vestitino dalle spalline sottili. Ne ero certo, la amavi anche tu, ti conoscevo abbastanza da riconoscere quello sguardo di adorazione, quello sguardo che di solito era destinato a me.
Come un perfetto idiota mi alzai mugugnando un saluto, vidi i vostri sguardi allibiti, ero io lo strano ora, ero io quello che non sapeva sostenere le situazioni, il confronto con le persone.
“Cazzo!” sbottai scalciando un povero gatto che aveva sfortunatamente incrociato la mia strada, facendolo volare dall’altra parte del marciapiede con un sonoro miagolio.
Le mani ficcate nelle tasche, mi accesi l’ennesima sigaretta, con la voglia cocente di spaccarti quel bel viso sorridente.
Siamo arrivati al culmine della storia, l’irreparabile sta per accadere, vi lascerò scegliere il punto di vista dal quale ‘vedere’ i fatti
- Rimaniamo con Salvatore, ormai ci siamo affezionati al suo punto di vista (67%)
- Punto di vista esterno e distaccato: il ritaglio di un giornale conservato da Salvatore (22%)
- Emma tramite le pagine del suo vecchio diario (11%)

14/12/2014 at 23:23
Ho pianto nel finale *^*
è decisamente il più bel racconto che ho letto sul sito *^*
15/12/2014 at 17:26
che complimentone! mille grazie Uga, ne sono onorata!
09/12/2014 at 19:00
E’ stata un sorpresa scoprire che tutto quello raccontato da Salvatore in realtà era Pietro a leggerlo. Bravissima! Per il modo in cui hai saputo riannodare i fili in questo episodio finale. E per il modo in cui hai saputo raccontare i vari sentimenti che hanno attraversato i tuoi personaggi.
15/12/2014 at 17:28
ohhh, finalmente qualcuno se ne è accorto! ihhihihi grazie mille Danica! 🙂
09/12/2014 at 16:40
Bellissimo, Francesca. Commovente, autentico e davvero bello! Una storia preziosa. Unica cosa che posso dire è che mi sarebbe piaciuto sentire la voce di Salvatore anche 18 anni dopo, fino alla fine. Ma anche così hai saputo sorprendere! 🙂
15/12/2014 at 17:29
sì, ero indecisa in effetti, ma ho voluto dare parola a colui che direttamente ha pagato le conseguenze di tutta la faccenda 😉
08/12/2014 at 16:25
Finale bellissimo e toccante 🙂 touchè: tutte le mie previsioni sono andate a farsi friggere. Complimenti Francesca, ma non correre troppo. Sei già al lavoro con un’altra storia?! Ma come fai? Non pregusti neanche un po’ questo finale…
08/12/2014 at 19:07
hai ragione,corro troppo, ma sono impulsiva, soprattutto nello scrivere, mi sono svegliata con quell’altra idea che aveva popolato il mio sonno e l’ho buttata giù, complice il giorno di festa e il lunedì di riposo non previsto 🙂 felice che il finale ti sia piaciuto 🙂
08/12/2014 at 13:43
Ricordi quando ti scrissi sul decimo episodio di Bivio, una storia che avevo seguito con estremo interesse, che non mi avevi convinta? Avevi scritto tre finali, lo trovavo dispersivo. Stavolta sono qui per complimentarmi con te. La storia non ha mai perso colpo, è rimasta coerente, ha trasmesso emozioni contrastanti senza mai stancare: dalla rabbia, alla tristezza, dal sentimento di rivalsa alla tenerezza. E la tua chiusa, stavolta, è credibile, struggente, equilibrata. Ma da te me lo aspetto. Bellissimo racconto.
Al prossimo. Ti aspetto.
08/12/2014 at 13:49
grazie, non sai quanto mi faccia piacere questo tuo commento, perché col mio solito problema di ‘taglia e cuci’ per rientrare nei 5000 caratteri e lo sbalzo necessario e dato dalla parità dai 18 ai 50 anni, avevo paura di non esser riuscita a chiudere in bellezza. Grazie ancora per avermi seguito fin qui 🙂