Misericordia

Lupi

Don Matteo alzò il calice: “Questo è il sangue di Cristo. La risposta arrivò lenta ed ovattata; dagli occhi socchiusi il parroco poteva vedere la sua misera e sguarnita parrocchia, poche ingobbite vecchiette, con il velo nero e larghi vestiti scuri, piccoli rosari di legno tra le dita tremanti. Il prete si era ormai arreso ed aveva accettato che il suo gregge sarebbe stato composto da quelle stanche pecore fino alla fine del suo sacerdozio. Gli anni scorrevano e lui assecondava quanto veniva, piuttosto deluso.

Più tardi, nei giardinetti dietro alla canonica, un ragazzo sedeva sul prato curato con la schiena poggiata ad un albero, mentre fumava rilassato. Il prete immaginò che avesse dormito fuori casa, visto com’era devastato il volto, tutto sciupato. Il ragazzo aspettava che il prete dicesse qualcosa, qualunque cosa, ma il buon uomo era abituato ad attendere con pazienza.

“Padre, dovrei confessarmi.”

“Va bene figliolo” fece eco lui, “hai preso il sacramento, immagino…”

“No, ma quale sacramento!” Un piccolo sghembo sorriso si disegnò sulle labbra del ragazzo, il prete non ci badò molto, attendendo pazientemente.

“Voi credete al Diavolo?” chiese il ragazzo, con tono di lieve sfida. 

Il prete allora si ridestò dall’intorpidimento: “Ragazzo, con chi pensi di parlare? Certo che ci credo!”

Il ragazzo buttò a terra il mozzicone della sigaretta, si alzò, lo schiacciò con la punta del piede, nervosamente, e si avvicinò al vecchio prete, prendendogli il mento tra dita: “Guarda nei miei occhi, vedi forse il Diavolo?” 

Un olezzo tremendo veniva dalla bocca del ragazzo e al prete fu chiaro che avesse vomitato, il disgustoso fetore si accompagnava malamente a quello del tabacco. Sorrise liberandosi dalla presa: “Figlio mio, quello che voi credete d’aver capito è… una metafora. Non esiste nessun giardino dell’Eden, nessuna mela, serpenti parlanti o magie. Le persone sono come delle pecorelle mansuete e timorate, ma sono pur sempre animali e vogliono vagare liberi per i prati. Allora, parla di un temibile lupo, e vedrai che le pecorelle torneranno tutte all’ovile. Probabilmente un Diavolo esiste, non lo nego… Ma tu non sei posseduto quanto io non sono un Angelo; semplicemente avrai avuto una notte brava.” E continuando a sorridere iniziò a incamminarsi verso casa.

Il ragazzo rimase bloccato per un attimo, la bocca socchiusa, la mano ancora protesa in avanti, dove un attimo prima c’era il prete. Fischiò. L’uomo si voltò lentamente. “E di quest’arma che mi dici? Non pensi sia posseduta?”

Don Matteo rimase un minuto a rifletterci, pensoso… “Perché dici questo, ragazzo? Un’arma è solo un oggetto, sono le mani del suo possessore a deciderne l’utilizzo. Io la porterei al signor Ariandi, è un trafficante d’arte, potresti tirarci su qualche soldino”

Suor Maria Gabriella era l’ultima di cinque figli di una povera famiglia delle Filippine; come tutti i fratelli ha sempre dovuto faticare per poter mangiare una misera ciotola di riso. Quando le sue coetanee rubacchiavano i tacchi delle madri per camminarci per il salone, Gabriella rubava la verdura dai carretti. Quando le madri sgridavano le sue coetanee per essersi pasticciate la faccia con i trucchi, la madre di Gabriella la rimproverava perché rubare è peccato. Quando le coetanee di Gabriella iniziavano a perdere la verginità sui sedili posteriori delle auto, Gabriella decideva di prendere i voti per fuggire dalla fame.

Suor Maria Gabriella era stata assegnata alla parrocchia del vecchio Don Matteo per aiutarlo, ma non si poteva dire che il loro fosse un rapporto aperto. La suora aveva appena compiuto ventun anni ed era sbocciata nel pieno della sua giovane bellezza. Era abbastanza alta e snella, i capelli rigorosamente tagliati corti, in quanto simbolo di vanità, erano nascosti sotto il velo scuro, ma gli enormi occhi color nocciola e le morbide labbra rimanevano comunque alla mercé di ogni sguardo. Le mani magre e flessuose erano la prova che avesse lavorato la terra, ma non presentavano calli, ed avevano un’elegante fragilità.

Vide il prete parlare con un giovane nei giardinetti.

Si incuriosì. 

Richiusa l’arma nell’astuccio, il ragazzo si girò per andarsene e quasi urtò la suora che silenziosamente gli era arrivata alle spalle.

“Ciao” mormorò timidamente lei, sbattendo le pesanti ciglia, imbarazzata.

“Ciao” rispose scontrosamente lui, infastidito dall’atteggiamento del prete… Chi si credeva d’essere quel vecchio balordo?

“E’ un po’ che ti osservo” prese coraggio la suora,” vorrei dirti che… è da tantissimo che mi piaci, e non penso di potermi trattenere più a lungo!” 

Poi, piegandosi su di lui (era più alta di un palmo) poggiò teneramente un bacio sulle sue labbra.

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