Un cane nero
—La terapia sta andando bene Sebastian.
Il paziente non batté ciglio.
— Dobbiamo iniziare a ridurre il dosaggio — fece il dottor Dorn.
— Ricordi cosa ti dissi all’inizio? La depressione…
— La depressione si cura in volo — interruppe il paziente, senza distogliere lo sguardo da terra e con le mani ancora sotto il mento.
Con quella tuta celeste e i pochi capelli bianchi, Sebastian era la versione contemporanea dell’Uomo anziano nel dispiacere di Van Gogh.
— Prima si decolla, poi si arriva in quota e ci si resta fino all’atterraggio. Quindi s’inizia con una lenta discesa per tornare a terra — concluse il moderno anziano.
Le capacità mnesiche non erano alterate. Dorn aveva fatto bene a curare l’ansia con l’Alpidem. Chissà che da quel paziente non venisse fuori un caso di letteratura. Era tanto che il medico non pubblicava. La fama di miglior terapeuta della regione lo aveva relegato in ambulatorio. O forse era stata la sua idea di medico. Aveva giurato solennemente di “perseguire come scopi esclusivi la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo”. La salute dei pazienti veniva prima di tutto, Università e pubblicazioni incluse.
— Perfetto — esclamò Dorn — Restiamo ancora con la Fluoxetina, però scendiamo a 20 mg. Ok?
Nessuna risposta. Il medico si girò verso il monitor del suo computer. Ci mise un istante a ruotarlo verso il paziente.
— Tu sei Sebastian Fitti, il giornalista che ha sgominato uno dei più grandi casi di corruzione giudiziaria degli ultimi anni — Dorn indicò una foto sullo schermo — Tu sei un eroe!
— L’eroe che ha fatto uccidere sua moglie — sussurrò il paziente, fissando le mattonelle, cercando un appiglio nel vuoto che vedeva intorno a sé.
— Non puoi tormentarti. L’ospedale oggi non ci sarebbe se tu non avessi scoperto che fine avessero fatto i fondi. Hai salvato migliaia di vite e migliaia ne salverai ancora. L’omicidio di Elisa è stato un orribile misfatto. Ma non è colpa tua.
Sebastian non reagì. Il rallentamento psicomotorio non era stato risolto. Dorn si chiese se fosse il caso di riportare il dosaggio del Prozac a livelli più alti. Non si fidava, però, di quella pillola della felicità e voleva evitare una possibile sindrome d’attivazione.
Le note dell’Inno alla gioia risuonarono nella stanza. La scelta della suoneria del telefono di Dorn non era casuale. Trovarsi in ambulatorio e ascoltare la cavalcata delle Valchirie non sarebbe stato troppo adeguato.
Dorn si scusò e rispose.
— Il rettore Sto finendo una visita, appena concludo arrivo.
Per Sebastian quella telefonata non aveva cambiato nulla. O se lo avesse fatto, non lo mostrava certamente con la sua schiena curva e le gambe attaccate ai piedi della sedia.
— Non m’interessa che cosa vuole, io vengo appena finisco, arrivederci — tagliò corto Dorn.
La salute dei pazienti prima di tutto.
— Dottore — fece Sebastian, stupendo il medico — Può andare, abbiamo finito. Mi dica solo a quando il prossimo appuntamento.
— Quando preferisci? Hai già programmi nel prossimo periodo?
Dorn cercò di far parlare il suo paziente ma non ebbe successo.
— No. Mi dica il giorno della prossima visita.
Una grande vittoria passa da tante piccole sconfitte, pensò Dorn. Decise che da quella visita il paziente non avrebbe tratto alcun ulteriore giovamento. La sua coscienza gli imponeva di terminare, per non rischiare di peggiorare le cose. Si limitò quindi a consultare l’agenda e a comunicare la data del prossimo controllo.
Sebastian si alzò dalla sedia.
— Va bene. Arrivederci dottor Dorn — fece il paziente, porgendo la mano al medico.
Uscito dall’ambulatorio, si sentì sollevato. Quella stanza dalle pareti bianche con affissi poster e info grafiche di ogni possibile psicofarmaco non era un bel posto. Perché un professore universitario come Dorn visitasse lì, era un mistero. Di certo non si fa volere un gran bene dagli accademici, pensò, ricordando la telefonata del medico.
Giunto in strada si avviò verso la fermata dell’autobus. Respirò l’aria cittadina convinto che se non si fosse suicidato a breve, sarebbe comunque morto per l’inquinamento metropolitano. Almeno così avrebbe avuto un funerale in Chiesa come tutti.
Si sedette sulla panchina aspettando il 49. Affianco a lui, un ragazzo sulla trentina teneva al guinzaglio un enorme Terranova nero. Era vero o era un’altra allucinazione? La depressione dopotutto è un grosso cane nero. Un cane nero che adesso gli annusava le caviglie.
— Bob, a cuccia — fece il padrone del cane — Lo scusi, è ancora un cucciolo.
Alla faccia del cucciolo! pensò Sebastian, guardando quell’ammasso di pelo. Non disse nulla di tutto ciò, fece solo un cenno al ragazzo.
— Perché non viene a giocarci insieme qualche volta? Bob la trova simpatico — propose il tizio.
Arrivò un bus, il 48.
— Ora devo scappare. Se vuole passare del tempo con noi, ci trova qui — disse il ragazzo, porgendo un biglietto a Sebastian.
— Così avremo anche modo di parlare di com’è davvero morta sua moglie Elisa.
Sebastian rimase immobile mentre il ragazzo dal grosso cane nero spariva sul bus.
Sebastian decide di
- Parlare dell'accaduto con il dottor Dorn (53%)
- Ignorare il ragazzo (0%)
- Andare dal ragazzo (47%)

17/04/2016 at 17:00
Peccato che questo racconto non sia stato continuato… :/
08/10/2017 at 21:34
Ciao. Ho ripreso in mano l’account di The Incipit e ho buttato giù qualche idea per il racconto. Probabilmente continuerà a breve.
16/05/2015 at 17:14
Data la situazione, il minimo è parlarne al dottore, visto che non sappiamo nemmeno se questo ragazzo con il cane sia vero o no. Scorrevole, ma pieno di misteri… Valuteremo.
13/05/2015 at 17:30
Molto bello questo incipit,
molto interessante l’allucinazione del cane nero e anche la figura del dottore.
Voto per tornare da lui e ti seguo.
a presto,
22/02/2015 at 22:30
E chi è questo ragazzo? Come fa a conoscerlo? Deve assolutamente andare dal ragazzo e poi … si vedrà ! 😉
07/02/2015 at 00:22
Già di per se la figura di Van Gogh è affascinante,questo si riflette sul paziente. Incuriosisce anche la morte della moglie. Perchè non andare dal ragazzo!
03/02/2015 at 09:10
Incipit interessante e proprio ben scritto, bravo! ti seguo! secondo me la terzo opzione è la piu adatta
29/01/2015 at 13:05
Scritto benissimo, dialogo sagace e mai noioso. Mi è piaciuto molto e ti seguo, sono davvero curiosa e penso che Sebastian vorrebbe parlarne con il dottore prima di decidere come muoversi.
Bravo!
28/01/2015 at 14:25
Interessante. Non mi riferisco solo allo stile, che peraltro è fluido e leggibile (ti consiglierei solo di porre una maggiore attenzione nei dialoghi,specie nell’interpunzione che usi, perché non sempre è immedito capire chi è che sta parlando), ma penso anche alla trama. Il primo capitolo lascia ogni opzione aperta. Io mi aggancio al dubbio che ha Sebastian sul fatto che il cane nero possa essere un’allucinazione: se anche la frase finale del ragazzo fosse frutto di allucinazione? Se fossi in Sebastian me lo chiederei e, piuttosto che parlarne a Dorn (che non avrebbe elementi per affermare con certezza che si tratti di un’allucinazione), andrei dal ragazzo e aspetterei che fosse lui a parlare.
Mi hai convinto: ti seguo.
29/01/2015 at 15:54
Grazie dei consigli, li apprezzo.
23/01/2015 at 20:48
Caro Eugenio,
la mia idea di trama nasce da un cane nero Terranova, ma è sviluppata diversamente… I cani nel mio racconto sono la depressione nel luogo lavoro. Sono i mobber e i mobbizzati.
Nel mio capitolo 6 verso la fine c’è la rivelazione di questo, assimilare il cane alla depressione.
Ti riporto la parte.
Altri due cani confermarono che era pesante varcare il cancello della scuola e incontrarsi ogni giorno senza una via d’uscita e nella totale solitudine.
Venne il turno di Terranova.
– Ora che sono diventata cane posso dirvi che questo cane è sempre stato con me, prima era piccolo, poi mano a mano è cresciuto,è diventato un cane nero enorme che mi porto dietro. Lui è la depressione. E’ il dolore che mi porto dentro quando vengo a lavorare, qui, con voi. Vi ho conosciute tutte in questi anni, so chi siete, vi stimo. Non sopporto la relazione tra di noi. Non voglio la vostra amicizia, gli amici sono fuori, noi siamo colleghe. Ogni nostro dissapore, invidia o gelosia si riflette sul nostro lavoro. Abbaiare e rimproverare per ogni sciocchezza è insopportabile e chiedo a tutte di smetterla. Soprattutto perché lavoriamo per “loro” e non dobbiamo mai dimenticarlo. –
Veniamo al tuo incipit, bellissimo. Si vede che sei un professionista e mi è piaciuto moltissimo. Hai curato l’incipit in una maniera straordinaria tanto da sembrare con questo esordio qualcuno che già ha pubblicato. La foto del profilo e la spiegazione di trama, sono sorprendenti. A lungo mi sono chiesta, come sviluppare quel video inglese che circola su youtube per renderlo in quello che stavo vivendo. Ora tu, me lo hai riproposto in un giallo. Ti ringrazio di questo. Ho già cliccato segui storia e segui autore, nel come funziona troverai tutte le risposte, non correre con gli episodi…L’andamento lento è consigliabile. Ho messo l’incipit il 28 agosto e sono al capitolo 8 a gennaio, non seguire il mio esempio, ci sono ragioni che mi hanno fatto agire così, perché scrivo quello che accade davanti ai miei occhi.
Il mio racconto al contrario è nato con una piccola idea vendicativa, di qualcosa che stava accadendo davvero nel luogo di lavoro. Non conoscevo TI, ma volevo che le persone si rendessero conto di dove eravamo arrivati, perché qualcuna di noi si era già querelata e non era servito a niente. Le ingiurie continuavano. I comportamenti da bossing pure.
Stanca di tutto questo ho voluto denunciare, l’ennesima lite avvenuta in bar….Ho scritto l’incipit di fretta e senza neanche correggerlo l’ho spedito, successivamente ho mandato la mail a tutti i dipendenti della scuola. Non ho avuto nessuna risposta. Il giorno 3 settembre, sono stata invitata dalla mia D.S. a leggere l’incipit al collegio docenti. Non essendo una vigliacca e una lecchina l’ho fatto. Poi sono arrivate le minacce. Ma ho trovato la forza di continuare e andare avanti, perché i camorristi dicono che il silenzio è d’oro, mentre per me il silenzio è dolo. Ora ci hanno fatto pure una canzone.
La piattaforma è meravigliosa troverai un sacco di storie bellissime. Ti consiglio Shimpu, Enana, Libera di amare, molto spesso la piattaforma funziona per voto di scambio, purtroppo è cosi, alcune volte sembra che le persone non ti leggano affatto, poi trovi qualche commento costruttivo o distruttivo.
A te, non ho da fare nessuno dei due. Ti do il benvenuto nella piattaforma. Ti auguro di passare dei bei momenti di lettura e scrittura.
Scusami se ho invaso il tuo spazio, non me ne volere, ma avendo lasciato un commento da e non potendoti rispondere li perché chi non mi vota mi legge e sono in 400 a leggermi per trovarmi in fallo e farmi nera, specialmente in pubblico.
Ma io, sono quel cane Terranova e sono allo stesso tempo una educatrice e non ho paura.
Un grande abbraccio. Lucia
23/01/2015 at 18:36
Ciao. 🙂 Va dal ragazzo. La storia si preannuncia interessante. Ti seguo.
23/01/2015 at 16:05
Sebbene l’idea di parlarne subito al dottore sia una buona idea , io opto per l’incontro diretto con il misterioso ragazzo 😉
25/01/2015 at 18:28
Opzione poco votata. Grazie per la lettura.
23/01/2015 at 14:17
Incipit interessante, poche informazioni ma ben delineate! Ti seguo!!
25/01/2015 at 18:28
Grazie della lettura.
23/01/2015 at 14:12
confesso di esser passata attirata dalla foto profilo particolare, non mi sono affatto pentita. prima di tutto ti dico che si vede che fai il medico, dal modo approfondito in cui descrivi il dialogo tra paziente e terapista, dai dosaggi al modo spicciolo di parlare. sembra tutto molto vero. Sai descrivere in modo molto coinvolgente pur usando un tono distaccato, proprio come piace a me. Mi è piaciuto il passaggio in cui vede il cane e semplicemente si domanda se sia vero o no. Secco, diretto, senza fronzoli hai riportato il pensiero che arriva dritto al punto. ora ti seguo con estrema curiosità e non vedo l’ora di leggere un altro capitolo.
23/01/2015 at 22:22
Grazie per la lettura. Felice che lo “stile” ti sia piaciuto. Cerco di replicare quello che altri grandi maestri della penna hanno già mostrato.
23/01/2015 at 14:03
Cavolo…hai messo insieme Van Gogh,Beethoven e la psiche umana…il tutto arricchito da dialoghi (cosa per me essenziale in un racconto)… mi piace! Secondo me deve parlare col dottore…
23/01/2015 at 22:20
Grazie per la lettura. I due “van” piacciono molto anche a me. La psiche, invece, è un tormento.
23/01/2015 at 12:36
Sarebbe giusto che Sebastian parlasse del cane nero col Dott Dorn, ma non lo farà: ci andrà da solo.
Mi piace molto la metafora del cane nero. Ti seguo.
23/01/2015 at 22:17
Grazie per la lettura. La metafora del cane nero piace anche a me, tanto che l’ho presa in prestito da un video meraviglioso https://www.youtube.com/watch?v=wAWREUX8mYs
23/01/2015 at 12:25
Bene. Ho votato per il dottore perché la mia prima impressione è che Sebastian non sia ancora pronto per affrontare tutto da solo. 🙂 Poi, ovviamente, posso sbagliarmi. 😀
23/01/2015 at 22:13
Grazie per la lettura.
23/01/2015 at 12:12
Ciao Eugenio. Benvenuto su TI. La figura del dottore è molto ben delineata, quella di Sebastian invece (e giustamente) non è ancora del tutto tratteggiata.
Con le opzioni sono sinceramente in difficoltà. Forse, un filino meglio sarebbe andare a parlare col dottore. 😀
Alla prossima
23/01/2015 at 22:13
Ciao Pinkerella (mi tocca chiamarti così). Grazie del benvenuto e della lettura.
23/01/2015 at 12:07
Penso che il dottore sia la figura meglio riuscita del racconto, quindi voto per andare a parlare con il nostro dottore stranamente premuroso verso i pazienti.
E’ scorrevole ed il lessico è specifico, mi è piaciuto.
Aspetto il prossimo capitolo.
23/01/2015 at 22:12
Felice che ti sia piaciuto, grazie per la lettura.