Partenope è cchiù bella ‘e Venere

Otto agosto

Si è spenta serenamente la cara esistenza di Antonio Pernacuocolo, di anni ottantasei.

Sotto, più piccolo, ma in grassetto, si chiarisce: “detto Tonino ‘o musicante”. Scritto bene, curiosamente. Viene poi aggiunto che il triste annuncio è dato dai figli: Armando e Pasquale, dal fratello Ciro e dalla madre Antonietta.

La madre di Tonino, ‘onna ‘Ntunetta ‘a pacchiana. Donna di modo e di mondo, esempio storico di orgoglio ed esperienza. C’è chi parla ancora delle sue prestazioni leggendarie e avveniristiche. Puttana di fama eroica. Caratterizzata tutt’oggi da una sigaretta sottile costantemente incastrata in un lunghissimo bocchino, tipico degli anni cinquanta. Fumatrice devota, accanita bevitrice di rum, presumibilmente attiva sessualmente – o, almeno, non esistono motivi concreti per congetturare il contrario – e rinomata consumatrice di fritture miste. Oggi ha più rughe che capelli, ma conserva un fascino consumato ed elegante che, se dovessi chiudere gli occhi mentre ti parla, potresti avere una colpevolissima erezione. 

Sì, mi è capitato, ma non ne parleremo.

Il grappolo radunatosi propinquo a me mi delizia con perle degne di nota:

Lo stupito – “ma come? Ma io ieri l’ho visto, steve buono”.

Perché vedere vivo qualcuno poche ore prima implica che sia in buona salute e impedisce automaticamente il trapasso.

L’incredulo – “Gesù, ma bello e buono è successo?”

Nella mia città non è considerato corretto morire di morte improvvisa.

La pragmatica – “Uh, ma mo’ addo’ ‘o ‘ccatt’ ‘o pesce?”

Perché dove abito io è impossibile trovare altri mercanti di prodotti ittici. 

Mentre sputo il fumo di una Marlboro tentando di sputare fuori il senso di colpa – insensato e assurdo – di aver aggirato la bancarella di Tonino, mi distacco dall’agglomerato gemente trasferendo il cuoio delle mie scarpe sul marciapiede opposto. Continuo a far lavorare bocca e polmoni per tramutare in cenere e nuvole grigie la sigaretta e mi cerco un assestamento di fortuna dove basare il culo. Trovo ragionevole arrangiarmi sul cofano di una 127 serie unificata, fine produzione, di un verde audace e consunto, colore micidialmente in voga in quegli anni e che si riscopre abbinarsi perfettamente con l’arancio vivo delle macchie di ruggine accumulate negli angoli della carrozza. 

Dopo quella rissa al mercato, da ragazzino, – che già chiamarla rissa è cosa grossa, diciamo “pestaggio” – mi risvegliai su un letto del Monaldi. Al capezzale dello sgangherato giaciglio ci stava l’austerità decorosa e implacabile di mio padre, le orecchie tumefatte di mio zio Vincenzo, il personale medico e i pantaloni lunghi che avvolgevano le gambe accavallate e la timidezza mista al senso di colpa di un ragazzino spaventato e a disagio. Mi fu raccontato che fu lui a trovare aiuto, a rimanermi accanto tutto il tempo, a bagnarmi di lacrime la maglia, a custodire i pezzi del mio He-Man. 

Armando, di cuore immenso e dal buon odore. L’anima stropicciata da un mondo che non era preparato a capirlo. 

Armando, il figlio di Tonino ‘o musicante. Armando ‘o delicato. Armando ‘o ricchione.

Di una manciata di mesi più grande di me, ma minuto e gracile come uno stambecco. Le nostre esistenze si sono indissolubilmente scontrate in più occasioni e quasi tutte gli hanno alimentato un affetto reverenziale e dolcissimo nei miei confronti. Un sentimento sincero ed elegante, sottile, minuzioso, quasi colpevole. Pregno di gratitudine. 

Quando avevamo due dozzine d’anni io ero da poco tornato in patria, era una notte bluastra di un otto agosto, di un’estate secca, e mentre tornavo a casa, incattivito dall’ennesima donna che mi aveva stuprato il cuore, incappai in un emblematico esempio di cattiveria volgare, di quelli che talvolta la mia città sa offrire. Quattro balordi vestiti di lusso umiliavano in un vicolo un ragazzo vestito da donna. Il trucco sciolto, le calze strappate, una borsa laccata rossa rovesciata in terra.
Lo tenevano in ginocchio, gli sputavano addosso e gli chiedevano, urlando violentemente, una fellatio. 

Stupisce come, nella mente di certe persone, essere froci sia ignobile e sbagliato, ma farsi fare un pompino da un ricchione sia classificabile come un’esperienza esotica, che lascia comunque inattaccabile la propria eterosessualità.

“Nun so’ cazz’ ‘re tuoje, vattenne!”

Mi fu detto da uno dei quattro quando mi avvicinai. Era passato molto tempo, molto sangue, molte ossa rotte, e in quel momento non mi accorsi della similitudine con la storia del mercato del pesce.

Ma stavolta non parlò He-Man, non parlai io. Non parlò nemmeno la giustizia, perché forse quella era solo la situazione in cui la mia rabbia desiderava trovarsi.

Non ricordo quel che accadde, ma ricordo i referti medici e il fatto che nessuno di loro fu capace di defecare da solo per parecchi mesi.

Armando mi riconobbe subito, io no. L’avevo salvato di nuovo, e stavolta ero io a raccogliere i pezzi da terra e a prendermi cura di lui. 

Da allora, ogni anno, l’otto agosto, trovo un pacco fuori la porta di casa.
“Grazie” – dice il biglietto.

Cosa facciamo adesso?

  • Il protagonista parla di zio Vincenzo. (91%)
    91
  • Il protagonista racconta ancora di Armando. (0%)
    0
  • Il protagonista decide di recarsi a fare le condoglianze. (9%)
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191 Commenti

  • Il presente, perché le altre due opzioni mi sembrano troppo simili. E scusa per il 33-33-33 🙁
    Ciao, Mario.
    Hai uno stile che trovo affascinante, mi è molto piaciuto leggere questi nove capitoli anche se devo ammettere che mi manca un po’ un filo conduttore, o come dicono quelli che ne sanno un “conflitto da risolvere”, È il diario di una vita, intimistico, profondo, a tratti decisamente “filosofico”; molto bello e piacevole da leggere, ma confesso che gli episodi iniziali mi avevano fatto pensare a una storia molto diversa: ho adorato l’incipit, l’eroismo goffo del protagonista bambino, il suo riscatto nella rissa da adulto, lo zio che lo indirizza, la palestra. Mi dirai “Hai adorato tutto”, e forse è così; fatto sta che il nono capitolo è giunto molto prima di quanto mi aspettassi, col risultato che mi devo accontentare di una tela enorme occupata da sapienti pennellate che però lasciano solo intuire la bellezza del quadro finito. Perché solo questo, dal mio punto di vista, posso “rimproverarti”: il racconto finirà quando pareva appena iniziato.
    O forse questo vuole solo dire che mi piacerebbe leggerti ancora.
    Ciao, a presto, spero

      • Eccomi di nuovo. Ho letto “Attendendo”. Mi sembra giusto commentare qui perché la storia è la stessa. Nel bene e nel male potrei riscrivere lo stesso commento che ti ho già lasciato.
        Affascinante eccetera… Scrivi benissimo e io, dal basso della mia cialtroneria, mi devo limitare a constatarlo, a complimentarmi, magari a invidiarti un po’.
        Scrivi benissimo ed è tangibile il fatto che le parole, le immagini, ti vengono così, istintive, belle subito o quasi. È una delle cose che mi stupisce di più.
        Però a me manca qualcosa. È come se mi chiedessi, a ogni bella riga che leggo, “Ma se questo avesse una storia in mente, dove c@zzo arriverebbe?”. Perché a me una storia, lineare, involuta, a entropia invertita o come meglio credi, manca. Non mi accontento di una serie di tavole belle da vedere, quelli sono fumetti e io qui voglio leggere.
        Scusami ancora, vedo che hai molti lettori e a quasi tutti la storia è piacuta moltissimo, segno evidente che una storia c’è e quindi io sono un imb&cill& 😀 😀
        Però, non so, in “Attendendo” impieghi tre capitoli per far mangiare una pasterella al protagonista. Quindicimila bellissimi caratteri che mi sono piaciuti ma che mi fanno pensare che il respiro di ciò che scrivi sia quello del romanzo lungo. Dov’è la pianificazione? Dov’è la selezione dei dettagli cogenti per riuscire a stare nei cinquantamila caratteri?
        Non c’è. La mia impressione è che tu sia uno straordinario improvvisatore.
        La mia speranza è leggere qualcosa di più pensato.
        Oh, però è la mia speranza, eh? Te la scrivo solo perché, nonostante affermi il contrario, ho un’alta comsiderazione delle mie opinioni 😀 😀
        Scherzi a parte, posso solo aggiungere che mi hai impressionato.

        Ciao, a presto

        • Amico mio, hai ragione. Cioè, hai ragione su tutta la linea.

          Questa cosa l’ho iniziata per gioco, non sono uno scrittore, non mi ci impegno nemmeno, non ho un fine, non ho una sinossi, scrivo così, come mi viene. Ho a stento uno sputo di quadro generale.

          Vorrei saper scrivere senza bisogno di una storia, ma non lo so fare, non sono uno scrittore.

          Poi non è che la situazione aiuti, spesso non ho saputo interpretare la direzione che chi gioca avrebbe fatto prendere alla storia.

          Volevo solo che qualcuno partecipasse e non credevo nemmeno sarebbe stato qualcuno più di mia mamma. Non mi aspettavo niente e non ho mai creduto che potessi arrivare al nono capitolo del secondo racconto.

          È un gioco per me, lo faccio a tempo perso, ho scritto il nono capitolo dopo due anni perché stavo a casa a bere e fumare e non avevo sonno.

          Piacerebbe anche a me scrivere qualcosa di più pensato, ma lavoro, ho la mia vita.

          Grazie, comunque, davvero, per avermi dedicato il tuo tempo.

  • Ciao Mario, chi si rivede.
    Seguo te e per cui mi è arrivata notifica in mail e ho letto questo tuo pregevole episodio, tuttavia non mi piace chi arriva dopo anni e spodesta chi meritava il podio perché stava giocando leale. Per cui non voto.
    Ci vediamo tra due anni per il finale.

    • Sai che la cazziata me l’aspettavo più da Napo che da te?
      Che cosa ho fatto di sleale? Stanotte non avevo sonno e avendo la sinossi in testa da sempre, mi son detto “perché non scrivere?” e l’ho fatto.

      Pensa che avevo scritto il capitolo pensando fosse l’ultimo, ero convinto fossi al nono episodio già, invece poi ho riscritto tutto per doppiare le battute. E fortunatamente, perché erano decisamente poche cinquemila per chiudere.

      Quindi l’ultimo capitolo c’è già e forse c’è pure il primo del terzo “tomo”.

      Non me ne volere, dai, scusami, lo sai che vi voglio bene anche se sparisco un po’ ogni tanto.

    • Come ho detto ad Ale, no, il capitolo finale è già scritto e pure buona parte dei capitoli del terzo “tomo”, non passeranno altri due anni. 😀

      Sono felice di leggerti e sono felicissimo dei tuoi complimenti, mi aspettavo una cazziata da te dopo che è passato tutto ‘sto tempo.

      Do il tempo a qualcuno di votare, poi continuiamo a giocare.

      Per sfizio: sopravvivere al lutto, chi credi sia morto?

  • Avevo letto il precedente episodio, ma non ho commentato e votato perché mi è sembrato buttato lì senza attenzione, non mi è piaciuto. Invece con questo recuperi ampiamente, tornando alla prosa poetica e simpatica che ti distingue – dagli angoli di quelle strade sbuca il romanticismo di un uomo sensibile che, nei capitoli finali, forse riuscirà a vedere Ciro che scrive il nome del suo amore per intero. Forse troverà quel che cerca.
    Concordo con Napo per il fatto che hai usato alcune parole ricercate e ormai in disuso – ma passano inosservate.
    Futuro.

  • Col futuro sarei curiosa di vedere cosa ci dici…
    episodio superbo… lo so, è davvero poco da dire, ma è tutto quello che riesco a dire… perchè il resto sarebbero complimenti e aggettivi a iosa, perciò facciamo “superbo” e chiudiamola qui.
    😉

      • A leggerti … e a rileggerti, un anno dopo. Ho riletto questo episodio… e mi sono chiesta che fine ha fatto Ciro Ninja Maradona? L’ha poi finita la scritta? Hai poi scoperto il nome integrale della tipa che ama ANCORA tanto da farne un’opera muraria? Mario, per tutti i santi apocrifi, ma in che pianeta scrivi ora? Che io ti vengo a leggere lì, anzi faccio come Ciro: ti vengo a leggere ANCHE lì, se mi dici dove, perchè come te ce ne stanno talmente … nessuno…

  • È un pezzo, sì, che non ci si vede, ma basta leggere due tue righe e subito è come se non ci avessi mai lasciati. Ci riporti in un attimo in quella tua magica dimensione di osservatore acuto e sensibile di un mondo che solo a te sembra svelarsi nella sua poesia.
    Il registro lessicale, nella prima parte, è più elevato del solito e a tratti mi è sembrato forzatamente ricercato (Mario, “pertinentemente” nun se pò senti’…), ma sei sempre un grande e il talento riemerge comunque.
    Restiamo nel presente (speriamo).

    • Napo, la mia vita attuale è come quelle scatole dove tieni i cavi di anni di smanettamento informatico. È un groviglio di intrecci e tempi mancati.

      Lavoro così tanto che Aleksej Stachanov mi ha chiamato e s’è lamentato che non mi piglio mai ‘na pausa.

      E mi dispiace, perché questo confronto con te, con voi, mi piace tanto. Ma io non scrivo per lavoro, scrivo perché mi rilassa e per rilassarmi mi serve tempo.

      Quindi, prima di tutto, scusami se so’ sparito, sappi che ti ho pensato tanto. 😀

      Per la faccenda dei termini desueti, lo so, avevo pensato di cambiare, ma so’ saltati fuori così e mi piace che sia tu a dirmi che non vanno bene. 😀

  • Avvoca’ che piacere ritrovarla! 😉 La rassicurante presenza di Adele in questo capitolo, il calore del suo corpo, la capacità di “acchiappare” quel bambino viziato, ci danno quel po’ di forza che ci serve per sentire ancora la pioggia. Il presente.
    Fantastico come sempre.

  • Beh, un grande artista è colui che non molla. senza scuse addotte tipo: lavoro, impegni e similari. Tu sembri aver mollato questo racconto ( due mesi almeno?), per cui niente “bravo scrittore”, evidentemente erano solo sfoghi occasionali.
    provocazione?
    mah.

  • Rimango fedele al mio precedente voto:
    Che Adele sia..
    Riguardo al capitolo, mi è piaciuto come venga presentata la madre e questo suo lato negativo. Sono curioso però di sentirne parlare ancora… quasi quasi avrei votato per continuare a sentire su di lei, ma attenderò, il discorso potrà ritornare su lei
    A presto,

  • Cosa dire mi unisco al coro di voci e agli elogi. La grandezza di una quercia non è dovuta dalla mole ma alla resistenza al tempo che passa, e all’accogliere così tanta vita. Peccato non sono riuscita a continuare la storia 🙁

  • il caso ha voluto che incrociassi il tuo primo racconto proprio in una sala d’attesa, un’attesa che pareva non finire mai ma che mi ha permesso di leggere tutti e 9 i capitoli allora pubblicati; poi, come accade spesso con le storie che mi sono piaciute, lascio l’ultimo capitolo per un momento speciale, in cui posso dedicarmi alla lettura in santa pace, tanto lo so che sta lì… ma tu non perdi tempo e nel frattempo hai pubblicato altri 6 capitoli in questo nuovo racconto
    i complimenti di chi mi ha preceduto sono più che meritati, dire che scrivi bene secondo me è semplicemente riduttivo
    ogni scrittore ha un punto di forza, e tu ne hai uno raro: tu sai descrivere; non sprechi parole ma scegli ad una ad una quelle necessarie con un risultato sorprendente; ad es. la descrizione che hai fatto delle sensazioni che prova un fumatore e delle sue nevrosi: descrizione fantastica, perfetta, tanto che per un attimo la mia mano ha battuto istintivamente sul taschino alla ricerca di un pacchetto che da tempo non esiste più
    però una cosa non te la perdono: la cicca gettata in mare!
    accetta i suggerimenti di alessandra e napo, non aspettare

    • Sono felicissimo che tu abbia letto prima Attendendo.
      Io, davvero, come ho detto spesso, ho troppo rispetto per la scrittura per pensa’ di scrivere bene, ma so’ sempre felice che quel che scrivo venga letto con piacere.

      La qualità descrittiva penso venga dal fatto che io di mestiere disegno, nel caso specifico del pacchetto di sigarette: sono un fumatore.

      Ti ringrazio molto per il tempo che hai dedicato a quel che scrivo e per i complimenti.

  • Scrivi bene!
    “Sentimento… quasi colpevole” “ad un’alzata di culo e sei o sette passi” “Tony Stark, John Wayne, Jack Murdoch” “occupa… cabina telefonica” “manco la cioccolata… vita” “profumano di anice bruciato” “L’orologio non scatta… pure a te” “ci tenevo il cuore dentro [ i guantoni]” “una Marlboro di ricordi” mi sono piaciute tanto, e fatico a trovare cose che mi piacciano tanto. “Zio Vincenzo… come fate voi” mi sembra veramente degna di un film di Tarantino. Il personaggio di Zio Vincenzo in effetti mi sembra ispirato a Mr. Wolf di Pulp Fiction.

    La parte… esistenzialista? sugli universitari e quella sulle tragedie (“Non bisogna sprecare le proprie tragedie”) mi sono sembrate molto in linea con Fight Club. Lo stile mi sembra anche su per giù quello (per quanto mi sia piaciuto di più il tuo racconto).

    Mi interesserebbe molto sapere su che genere ti sei formato e quali sono i tuoi autori (o pensatori…) preferiti e se ti ispiri a un particolare scrittore.

    Naturalmente seguo! Ciao.

    • Allo’, Vaitra. Prima di tutto: Grazie.

      Ma grazie per il tempo, per la minuzia e l’attenzione dedicata a segnare ‘ste cose che hai segnato.

      Come chiedo ai nuovi: hai letto la storia precedente? È collegata a questa, potrebbe piacerti se t’è piaciuta questa qua.

      Fait Clab non l’ho letto, Palahniuk non è decisamente uno dei miei preferiti, ovviamente ho visto il film, gli occhi del me adulto lo vedono come un film molto meno geniale di quello che mi poté sembrare all’epoca.

      Non mi sono formato su nessun genere, io scrivo più che altro per fumetti o per la pubblicità, ma scrivo per passione, non ho una vera e propria formazione.

      Dunque, i miei autori preferiti… vediamo: Calvino, Saramago, Márquez, Bulgakov e De Luca tra i “classici”. Mi piacciono Lansdale, Moorcock, Chandler, Bunker e pure Lilin tra i “meno noti”. Ellis, Ennis, Moore, Gaiman, Morrison – per citarne alcuni – tra gli scrittori di fumetti. Poi mi piacciono Abrams, Tarantino, Shane Black, Whedon, Ritchie, Kaufman e Scorsese per quanto riguarda il cinema.

      E tanti altri che mo’ mi sfuggono.

      Però più o meno è questo: vedo un botto di serie, leggo fumetti da sempre e mi piace leggere i libri buoni. Non ho una formazione, so’ solo uno a cui piace sta’ tanto tempo sul divano o sul letto.

      Ispirarmi a qualcuno? No, cioè, certo: vorrei scrivere come Calvino, ma non è che io abbia tutto ‘sto talento per poter sperare d’arrivare alla sua altezza.

      Grazie ancora per il tuo tempo.

  • Adele.
    L’epicità della frase con cui hai chiuso l’episodio la può comprendere fino in fondo solo chi ce l’ha avuta una madre così.
    La copertina è bellissima e di sicuro è cosa più unica che rara che gli autori abbiano le capacità per riuscire a disegnarsene una, una coi controcazzi, da soli. Sbaglierò, ma se quello è il protagonista del racconto come credo, ti somiglia, Mave.

  • Basta con la boxe 😉 Adele.

    Credevo ti piacesse tua madre… leggendo che i suoi occhi erano capaci di bucare le nuvole, lì per lì l’ho interpretata come una cosa positiva… ma hai concluso nel più turpiloquiale dei modi, nel riferirti a lei. …. Certo, è solo un personaggio, non una persona… però… colpisce che tu l’abbia definita così… almeno, colpisce me …. 😉

    Al prossimo episodio, Dicembre… giusto? ehehehehe

    • Mi ha stupito, in verità, che Adele non avesse “vinto” lo scontro precedente.
      Come spiegavo, la mamma è un personaggio controverso, è sostanzialmente ‘na stronza e – chiaramente – il protagonista vive il problema dell’abbandono da parte sua.

      Il prossimo episodio sarà appena la mia vita mi darà modo di scrivere ancora. Non so’ mai stato così lento come ‘sta volta, c’ho troppe cose da fa’.

      Grazie sempre, Ale.

  • “io li stavo prendendo a schiaffi e non lo capivo” dimostra la profonda sensibilità di un bambino cresciuto da un padre integro e giusto in un ambiente dove la povertà forma gli animi, le rinunce creano ostacoli ai percorsi esistenziali e la vergogna si trasforma in invidia che sfocia nella violenza.
    D’altro canto, ci presenti la glaciale figura di una madre che col suo imperturbabile disinteresse sembra tirare la coscienza del figlio verso l’egoismo e l’indifferenza.
    Splendido come hai descritto questa donna, e mostrato chiaramente la presa di coscienza (e il conseguente percorso di vita) di quello che poi diverrà il narratore adulto.
    Ho scritto troppo 🙂 questo racconto fa pensare ed è facile immedesimarsi nel protagonista. Genio 😉

    Nicola.

    • Grazie, G.
      Le tue analisi quasi mi fanno pensa’ di aver scritto qualcosa di buono.
      La madre doveva essere l’elemento di “disturbo” del quadro, doveva essere l’altro piatto della bilancia e mi piace molto che sia così.

      Credo nei personaggi fatti di contraddizioni e influenze e sono felice che il risultato sia quello di immedesimarsi nel protagonista.

      Grazie sempre che mi leggi, grazie per tutto il supporto. Grazie che ci sei.

  • Sono felice di essere la prima a commentare!
    La copertina è meritatissima e acquisisce maggior valore per il basso numero di incipoint, visto che sei ancora al 5° episodio.
    Poi, beh, la firma dice tutto.
    Complimenti Mave, grazie per tutta sta meraviglia.

  • Mario, mi è scesa una lacrima quando è apparso il quinto capitolo, ho refreshato pensando fosse un miraggio.Facendo finta di essere seri, io vorrei sapere della madre di costui. Il padre fa le sue apparizioni, zio vincenzo we love you, adele addirittura, ma la mamma di sto ninno che mort a fatt??? I cavalieri dello zodiaco sono fighissimi, io lo volevo lo zainetto loro, ma mia mamma si ostinava a dire che ero una femmina, che sfiga!!

  • Ciao Mario! Ho letto tutta la storia, la adoro. Non l’ho mai commentata fin’ora, quindi ne approfitto per farti i complimenti anche per i capitoli precedenti.
    Lasciatelo dire: quello che fai è incredibile, perché chi ci vive lo sa: Napoli è una città anche piena di merda. Tu invece ci mostri continuamente la sua bellezza nascosta, quel tipo di bellezza che hanno le cose grandi e che per questo fanno paura. Viene voglia di non smettere più di leggere di tutta l’arte che si nasconde nei vicoli, tra la gente, anche tra le persone più minacciose, anche tra le persone più temibili. Ci metti sotto gli occhi un’umanità che sa di vero e sa di arte.
    Detto questo, lo so che te l’hanno già detto in tanti, tanti che ci capiscono anche più di me, ma te lo voglio dire lo stesso anche io: penso che dovresti ai tuoi personaggi, a questa finestra sul mondo che ci spalanchi sotto gli occhi, tutto lo spazio che merita. Penso che dovresti prenderti uno spazio molto più vasto di quello di una storia su TI e che dovresti prendertelo tutto.

    Enniente, tutto qui. Complimenti, sul serio. Meraviglia.

    • Amy Uic, ti ringrazio molto.
      Sono estremamente felice che tu mi abbia fatto questo commento e sono felicissimo che tu abbia letto tutto.

      Lo sai, Napoli è la città più bella del mondo, nessuna cosa bella è mai perfetta.

      Lo spazio? I personaggi? Ami Uic, ma io ti ringrazio, ma come ho spiegato spesso: io ho troppo rispetto per la scrittura per provare a fare lo scrittore.

      Questo non significa che non potrei prova’ a fa’ un libro. Magari ci provo, lo fa Fabio Volo, non lo posso fa’ io?

      Grazie mille, di Quore.

  • Adele.

    Sono sicura che tu potresti andare avanti a descrizioni all’infinito. Potresti essere sincero e creativo come un pittore per ogni personaggio che metti in scena, sempre con nuove idee, dettagli incredibili e vividi al contempo. Tuttavia è un’arma a doppio taglio che non ti perdono, stavolta. Mettere in scena un personaggio dopo l’altro complica le cose, affolla la mente, confonde le idee. Dove vuole andare a parare il protagonista? Lo riconosco solo quando – al termine di una sequela di bersagli interessanti che ci elenca uno alla volta e di seguito – si trova sulla strada con lo zaino in spalla… ma questo protagonista che ci racconta di sé, qui, in questa storia a puntate, dove sta andando? Non affollare di immagini ben illustrate, se queste ci dicono poco di lui e molto di altri che probabilmente non interessano al succo della questione. Colorano, per carità, colorano di molto, ma non vedo sbocchi, non vedo una finestra… vignette bellissime, senza didascalie? Magari mi sbaglio… è domenica sera…
    Sembra che tu abbia più chiara l’essenza della tua Napoli sommersa e sfacciata, che quella di Mario, altrettanto sommerso ma per niente sfacciato…
    😉

    • Alessandra, lo sapevo mentre battevo le lettere che tu e Napo non avreste apprezzato il ritmo di questo episodio. 😀

      Lo so, è errato, è lento, è noioso ed è pretenzioso pure, ma mi pareva poco corretto nei confronti delle mie dita fermare quei dipinti e ho preferito lasciar andare i ritratti e infilarci dentro pezzi di cose.

      Pezzi che tendono sempre a collegarsi ad altro, che io poi provo sempre a complicarmi la strada per vedere se so arrivare lo stesso a destinazione.

      Non ti sbagli, non è per la domenica sera: è proprio una noia ‘sto capitolo.

      Grazie sempre che mi leggi, grazie per il modo in cui sai notare certe cose.

  • Gaetano, che poi alla fine ti fa scoppiare a ridere (…), è un pretesto per crescere. Belle le descrizioni dei ragazzi in palestra, dettagliate e intense, ragazzi che alla fine rappresentano la paura di vivere divenuta coraggio. Per non dire “maturità”, che è ‘na parola noiosa 🙂
    Il finale mi piace molto. Splendido Mave.

    Madre.

    • Giorgia, guarda: ti scrivo giusto ora che ho finito da poco di leggere l’ultimo episodio di Preziosissimo Sangue. Sono felice che ti siano piaciute le descrizioni, in verità, mentre le scrivevo, ero conscio che fossero un po’ noiose, ma io poi è proprio nelle cose noiose che ci “nascondo” i dettagli.

      Maturità è decisamente ‘na parola noiosa, molto meglio “evoluzione”!

      Grazie mille, Gio’, grazie che mi segui, grazie che scrivi cose così belle.

  • Ti devo solo dire una parola: PAZZESCO.
    Sotto consiglio di qualcuno sono venuta qui e ho letto tutto in ordine, partendo da Attendendo fino a qui e nemmeno i commenti c’ho lasciato perché volevo vedere se anche gli altri erano rimasti stregati come me. Come ho scritto sotto, tu Napoli non l’hai mai nominata, è vero, ma diamine se sei stato bravo a farci capire che la città di cui parli era proprio lei!
    D’altra parte, se proprio vogliamo essere precisi, nel titolo di questo racconto la nomini 😉 Anche se con suo “nome d’arte”.
    Il protagonista lo amo, ho letto sotto che Alessandra ti ha già detto che il suo atteggiamento somiglia tantissimo a quello del protagonista di un certo film e quel film ha vinto l’oscar 😉
    Non vedo l’ora di leggerne ancora, spero proprio che l’attesa non dovrà essere troppa. 😀

    • Ciao, Mia.
      Allo’, analizziamo ad uno ad uno i punti:

      “Sotto consiglio di qualcuno”, chi? Vogliamo sapere!

      No, non l’ho nominata per vezzo, come con il protagonista. Ma era uno sfizio, niente di più.

      Il protagonista, pure a me mi piace, assai, ma ‘sta cosa del film non me la ricordo. L’aveva della Alessandra? Che film? Di chi parliamo? Chi siamo? Dio esiste? Perché i barbieri sono chiusi il lunedì?

      Però, a ‘sto punto, preferisco quelli che mi dicono che il protagonista somiglia a me, non voglio giocare personaggi già usati.

      Grazie, Mia. Grazie di Quore.

      P.S.
      Il tempo che ci vorrà? Di solito sono veloce, vedrò di scrivere qualcosa a breve. Sicuramente prima di due anni. Ma sicuro proprio.

      • Non ho detto che il tuo personaggio somiglia a un altro (Geppe de “La grande bellezza” per essere precisi), ho detto che si somiglia il loro atteggiamento. Quel fare da divo, i suoi gesti calcolati, il suo apparire, in modo alquanto irritante, sicuro di sé oltre l’inverosimile quando invece innumerevoli dubbi lo corrodono dall’interno. L’atteggiamento è simile, il personaggio, poi, è del tutto differente e non gli somiglia affatto. -non ho la dote della sintesi, spiacente!-
        P.S. Trix, di gran lunga lettrice più assidua di me sul sito, mi ha praticamente portata qui di peso ehehe

  • Ha ragione zio Vincenzo: Napoli è una città da affrontare, non da vivere. Una città corale che non ammette distinguo, che ti può cambiare ma che non puoi cambiare. Per questo le ho voltato le spalle anni fa, senza grandi rimpianti. Tu la interpreti benissimo e ne fai sempre la protagonista dei tui scritti, dove i vari personaggi – anche minori – sono tasselli di un mosaico che, se lo guardi nel suo insieme, ti restituisce l’immagine di Napoli.
    Non c’è una virgola fuori posto, ma che te lo dico a fare…
    Ragazzi.

    • Tu qua ci hai vissuto, è importante per me sapere che confermi tutto questo e che non sono l’unico a vivermela così. Sei sempre molto gentile con me e quando faccio una cazzata me lo dici, quindi suppongo che ‘sto capitolo sia uscito bene e basta e ne sono felice.

      Grazie, amico mio.

      P.S.
      Hai notato che dal primo capitolo di Attendendo a qui non ho mai, mai nominato NAPOLI?

  • Napoli nel sangue, e tu nel sangue di Napoli.
    Zio Enzo che si allontana per insegnarti a vivere da solo, i ragazzi con gli sguardi duri di chi sa arrangiarsi da sé, la polvere delle strade accaldate di una città affascinante in cui aprire gli occhi la mattina significa iniziare a vivere la meraviglia.
    In questo episodio la paura veste un guanto di cuoio spellato, teso a sollevarti da terra per mostrarti che non c’è pericolo se non dentro te.
    I ragazzi sicuramente.

    Vieniti a sveglia’ qua.

  • Ora parlerei dei ragazzi,
    capitolo come al solito da appluasi, partendo dalla mattina napoletana, arrivando ai “giganti preoccupati” e passando per il “suono del dolore e puzza di fatica”
    Mi associo alla richiesta di un libro colle pagine proprio 🙂

  • Qualcuno che conosci bene ha detto che “l’anima dell’uomo ha toccato spesso il fondo”.
    E allora si attende un Santo, un morto, un Dio per rialzarsi e andare avanti. Ma può capitare che quell’anima, stesa a terra e schiacciata, riapra gli occhi. La meraviglia riaccende i sentimenti. Si diventa uomini nuovi.
    Questo fa, appunto, l’incanto della bellezza, il delirio delle emozioni. E’ l’anima stessa che risorge.

    Sto sul faro Mave, e temo mi abbiano levato le scale per riscendere di sotto.
    Incantata.

  • Ho deciso che non ci sta niente da dire: sei uno che ha un gran talento. Di certo è per questo che qui ti si filano in pochi, li metti in soggezione. Molto meglio – per gli altri – seguire le star dei social, gli autoproclamati scrittori, quelli che si fanno un blog letterario tutto loro e poi vengono qui e scrivono minchiate.
    Solo una cosa: tu non hai bisogno di fare citazioni, tendi a farne troppe e questo infastidisce ancora di più gli invidiosi.
    Boxe.

    • Napo, ma che ti devo dire? Cioè, io mi aspetto che mi smonti, che mi critichi, che mi sfasci!

      E tu mi dici che non ci sta niente da dire? 😀

      Ma poi, dai, soggezione io? Io sono l’uomo più tranquillo del mondo! Semplicemente, non piace a tutti quel che scrivo, oppure, non mi leggono. Lo sai che io non sono il tipo che si mette in mostra.

      Vero il fatto delle citazioni, c’hai ragione. Quello viene dal fatto che io non penso di poter dire qualcosa meglio di qualcuno che l’ha detta già meglio di me.

      Come l’ho detta male ‘st’ultima frase! Abbe’, si capisce però.

      Però, Napo, amico mio, ma quale invidia?

      Grazie, grazie sempre. Grazie in modo vero, non quei “grazie” che si masticano quando uno ti apre l’ascensore.

      Grazie.

  • Boxe.
    Anche se pure Adele….
    La tua descrizione dell’odore di rosticceria e quella degli adolescenti che ondeggiano, si baciano, si invidiano come niente… è la stessa che mi capita di osservare in giro. L’ho annusata e percepita così come me l’hai mostrata. Che fottuto genio, sei!

    Ma il seguente brano:

    Le sue mani di pietra, nate per le carezze, capaci di uccidere, mi afferrarono il viso con una dolcezza incondizionata e incontrollabile, quasi sofferta. Si assicurò che i miei occhi e i suoi si scontrassero come un sacco e un pugno:
    “Non bisogna sprecare le proprie tragedie”.
    La sua barba mi baciò la guancia, come si baciano i figli o i sigari, poi mi lasciò la solitudine che mi serviva per piangere. Quei guantoni li tengo ancora e profumano ancora di anice bruciato.

    è quanto di più poetico e autentico abbia letto da tempo immemorabile.

    • Genio? Ho serissime difficoltà a ricordare la tabellina del nove.

      Quel pezzo che ti piace, che – lo ammetto – m’ha fatto bagna’ gli occhi pure a me, penso sia venuto da quel genere di guizzi che capitano una volta nella vita. Sai, come quelli che prendono ‘na botta in testa e si svegliano che sanno parlare il Tedesco.

      Che po’, ma perché sempre il tedesco?

      Grazie, non so se è così poetico come dici, ma grazie un milione e mezzo, che se non fosse per cose del genere io non scriverei.

  • Proseguirei con Zio Vincenzo, perché mi ha affascinata, perché mi ha ricordato il mio caro nonno e perché credo che tu ci debba spiegare il motivo per cui ti ha convocato.
    Grazie al tuo racconto ora so cos’è il màndala e il manicheismo 🙂
    Alcuni passaggi sono molto belli, come quello relativo alla seduzione delle inglesine e la descrizione dello zio.
    Davvero bravo, ti seguo.

  • Recuperati i primi due capitoli.
    Inizio a leggere il primo capitolo,
    rientro nella tua scrittura, nel tuo stile, nel tuo mondo.
    Mi lascio trasportare nei ricordi del protagonista, passando dalla madre al figlio di Tonino. Lo seguo e mi appoggio con lui sul cofano dell’auto.
    Arrivo a fine capitolo, noto piacevolmente che ha vinto zio Vincenzo, inizio il secondo.
    E il secondo finisce troppo presto, lo divoro, e non posso far altro che votare zio Vincenzo.

    Questo è quello che mi succede quando ti leggo, fenomenale come sempre
    A presto,

  • Vado avanti con zio Vincenzo, lo hai caratterizzato troppo bene per perderlo di vista adesso, e poi ti ha convocato… sentiamo cosa vuole da te.

    Se sapessi scrivere come te, anche solo al 25%, oggi sarei famosa. Io scrivo dalle sei alle dodici ore al giorno – non tutti i giorni e anche perché è il mio lavoro – e non mi avvicino a te neanche di un chilometro.

    Meravigliosa, inarrivabile:
    “Mi zio occupa nel mondo lo stesso spazio di una cabina telefonica, tiene due mani che so’ due trattori e un cuore che potrebbe contenere un ring regolamentare. E lo fa. Perché quello zio tiene prima di ogni cosa: “boxa”. Poi aggiusta le cose, poi le macchine, poi parla di Marx e della rivoluzione. Mentre ride, cita Dostoevskij e fuma Toscani all’anice. ”

    al sesto passo già conosci la password… la città ti esplode alle spalle, …

    hai acquistato il biglietto del treno? Poche ore di viaggio fino a Milano. La Mondadori sta in provincia di MI: a Segrate. Vai a bussà! Stanno già a preparà il caffè e hanno ordinato marmo di travertino per la statua… muoviti!

    • Alessandra,
      tu sei più brava di me, sai scrivere. E lo sappiamo tutti e due!

      Io scrivo da sei mesi. Un’ora al giorno se va bene e la struttura narrativa e la consapevolezza che hai tu io non l’avrò mai.

      Hai evidenziato le parti che piacciono a me, poi, penso si sia capito, io voglio bene a zio Vincenzo. Ma io proprio.

      Il biglietto? Vado a farmi dire di darmi all’ippica?

  • Non è che puoi campare di rendita. A me piace come scrivi, ma se qualcosa mi piace di meno lo dico. Stavolta l’inizio del capitolo non mi ha preso. Intanto perché la prima frase mi ha lasciato con una domanda irrisolta: che collezione? di He-Man? Tu, che scrivi un racconto per volta, sai a cosa ti riferisci e nel dare continuità al racconto immagini che il lettore capisca. Un doppio errore: qui i lettori non leggono un racconto per volta, ne leggono sempre più d’uno in ordine di pubblicazione, perciò su TI ogni capitolo è buona norma che sia quanto più chiuso su se stesso, self-explaining. Se il lettore deve tornare indietro al capitolo (o ai capitoli precedenti), stai certo che prima o poi si stanca di leggerti. In conclusione: la prima frase è inutile. Anche tutta la manfrina della ricerca del posacenere manca del riferimento di partenza. Se parli all’inizio del regalo riposto sulla mensola, il lettore è portato a pensare che l’azione parta da casa, ma poi scopre che non è così: effetto “disorientamento” fino all’incontro con le ragazze.
    Poi recuperi con zio Vincenzo. E io voto per rimanere con zio Vincenzo.

    • In verità io ti stavo attendendo.
      Manco mi andava di chiudere la storia precedente senza il tuo commento, poi però le idee hanno cominciato a fare l’effetto imbuto e ho dovuto buttare giù qualcosa.

      No, ho letto te e, come ho scritto, mi piace un sacco.

      Comunque è bellissimo il modo in cui chi mi legge effettua le scelte, io ho a malapena accennato a zio Vincenzo, ma sentivo forte la voglia di parlarne e voi lo avete per forza percepito.

  • Mi sono fiondato subito su questo nuovo racconto. Nello stesso giorno siete tornati su TI tu e Alessandra: troppa grazia.
    Mi piace molto. Non aggiungo altro, altrimenti cominci con quella litania di ringraziamenti.
    Anzi no, una cosa l’aggiungo: Alessandra mi aveva quasi convinto a tornare su TI con una nuova storia, ma a questo punto ci rinuncio. Voglio fare solo il lettore dei miei autori preferiti, altrimenti sembra che mi voglia mettere in competizione.
    Passiamo a zio Vincenzo intanto.

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