Saul

Dove eravamo rimasti?

Grazie a tutti voi, e ora il gran finale. Yeah! (100%)

Il principio era il vuoto. Parte 2

I segni antichi, anche se fiochi, sono la prima luce che tocchi quel luogo da un tempo precedente al tempo stesso.

Saul avanza lungo una strada lunga secoli, i mostri che si accalcano sul bordo del sentiero senza potersi avvicinare di più. La percorre tutta e alla fine compare una luce. È una porta.

Si avvicina e ogni cosa prende ad ardere. Il mondo brucia, ma è un rogo che non porta luce attorno a sé, solo un calore insopportabile, un morso incandescente sugli occhi e su ogni centimetro della cosa che un tempo è stata Saul.

In mezzo al fuoco c’è qualcuno. Saul sente il male. L’essere lo emana. Ne è insieme la radice e la fonte e il terrore ora è totale, tutta il male che l’uomo ha mai concepito è incarnato nel signore del fuoco che ha di fronte. Per ogni secondo che perdura il contatto visivo l’anima di Saul si sgretola. Se si fermerà, non rimarrà niente. Perciò avanza verso di lui.

L’essere gli va incontro, spalanca le fauci, allarga le braccia per dissolverlo in una stretta torrida, ma il Sigillo dell’Uomo brilla di nuovo.

Neanche lui può toccarlo. C’è qualcosa che Saul deve chiedere, il motivo per cui è lì.

«Di che colore sono gli occhi di Dio?»

L’essere lo guarda, negli occhi un odio inconcepibile. Il Sigillo dell’Uomo lo piega al suo volere.

Risponde, e la sua voce ha il suono ardente dei millenni che si accartocciano uno sull’altro.

Saul raggiunge la porta e si volta per gettare un’ultima occhiata al mondo del buio.

Tra le fiamme l’essere lo indica, una promessa.

Saul apre la porta.

*

«Saul» la voce di Edna era dolce, ma dal suo timbro, così come dai suoi occhi, trapelava l’urgenza.

«Era tutto programmato» mormorò lui, mentre la cenere che era stata un’orchidea gli cadeva tra le dita.

«Sì. Ora però dobbiamo andare, sta crollando tutto».

“Buongiorno signor Aller” aveva detto l’essere senza nome che lo aveva accolto. E poi, parlandogli da un luogo inimmaginabile oltre il muro del caos: “Di che colore sono gli occhi di Dio?”

Lui conosceva la risposta e gli era stato concesso di entrare. Ma l’inganno si era insinuato come un piccolo ago nei sogni delle bestie, destandole dal sonno.

Il cielo risuonò di gemiti abissali. Nello sfilacciarsi del cielo, Saul intravide immensità in subbuglio.

«La porta, Saul, per l’amore di Dio».

Corsero verso il rettangolo luminoso. L’obiettivo di una vita, anzi, di molte vite ignare.

Una porta aperta.

“Nel Luogo delle Idee tutto è possibile, Saul”.

“L’uomo è artefice del suo destino, Saul”.

“Diventa artefice del destino, Saul”.

Afferrò Edna un istante prima che varcasse la soglia.

«Fermati. È quello che vogliono».

Lei quasi perse l’equilibrio.

«Cosa?»

«Ci hanno fatto tutto questo per arrivare qui».

Edna si guardò intorno, mentre il mondo si disfaceva. Alle sue spalle, i palazzi crollavano nel vuoto ed era come se non fossero mai esistiti. Il caos divorava ogni traccia di ordine.

«Non abbiamo scelta» gridò. «Non voglio che mi prendano!»

La testa di Saul era un motore a pieno regime. Frammenti da esistenze lontane si combinavano e portavano nuova comprensione.

«L’altra porta».

Edna lo fissò.

«Quale? Saul, ti prego».

«Deve essere qui vicino. Lui non si sarebbe mai allontanato…»

Edna cercò di divincolarsi, Saul la trattenne. Lo graffiò, una crepa attraversò l’aria in verticale, davanti ai loro occhi.

“Le strutture cedono. I segreti vengono rivelati”.

E quando una parete si disgregò, emerse la seconda porta.

Era lì, a pochi passi dalla prima. Luminosa anche questa, ma azzurra. Viva. Per la prima volta da millenni, Saul sentì il vento sulla pelle.

«Vai!» ruggì, scagliando Edna verso la tempesta.

La donna volò nel blu e la sua ultima immagine fu la mano tesa verso di lui e la muta richiesta dei grandi occhi spalancati.

Saul fece un passo verso la porta del secondo mondo. Fu investito da un’onda di suoni, odori, sapori. Il contraccolpo sui suoi sensi atrofizzati fu doloroso. Un magnifico dolore e Saul si fermò sulla soglia.

Poi si voltò.

Tornò indietro ed entrò nella luce bianca.

*

I barriti, il disordine, l’ordine.

Tutto è sparito.

Nella stanza il silenzio è assoluto. Lo zero termico, gli atomi che smettono di vibrare, la quiete di un cristallo che ha raggiunto la stabilità.

La luce impedisce di vedere. Lo acceca, ma non fa male: è più come se il candore sia un liquido e lui vi sia immerso, rende tutto confuso, sfocato.

Laggiù, e potrebbe distare un metro o diecimila chilometri, una creatura nuda.

Esile. Vecchia, vecchissima. Fragile.

Saul potrebbe allungare una mano e spezzarla.

Saul è l’artefice.

La creatura sembra guardarlo, in attesa.

Poi Saul volta le spalle ed esce dalla stanza.

*

Tiene gli occhi chiusi.

Corre verso il vento e salta.

*

Salta.

*

Cade nel buio.

Prova a rialzarsi e non riesce.

Inizia a dimenticare.

Dimentica ogni cosa.

Aspetta.

*

La donna ha un nome, si chiama Edna.

Allunga le mani e l’infermiera le consegna il suo bambino.

Il piccolo smette di piangere quando viene stretto nel calore.

L’uomo con il camice si congratula con lei.

Sa già come chiamare il piccolo?

Lei ci pensa su.

Da qualche parte arriva la risposta.

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115 Commenti

  • Ciao, Omega.
    Ho avuto la notifica del nono ma mi sono deciso a leggere solo ricevendo la notifica del decimo in rapida successione.
    Scritto molto bene, ma il fatto che lo dica io di certo non ti impressiona particolarmente.
    Ho apprezzato la dissertazione filosofica del nono, interessante la conclusione, per quanto qualche dubbio mi rimanga. Saul è l’artefice che replica sé stesso da millenni reincarnandosi nelle nuove vite? Più che altro, forse, è un’istanza dell’artefice che si replica e acquisisce consapevolezza, un infinito replicarsi della cosmogonia descritta nel nono. Forse non ho capito nulla, ma penso che l’ermetismo non ti dispiaccia affatto. Non ho riletto gli altri otto capitoli, per cui non sono sicuro dell’impressione che provo: l’impressione è di una mancanza dì unitarietà dell’opera, partita verso una direzione e terminata in tutt’altra lasciando molti punti aperti. Il mio dubbio è che questo fosse in realtà voluto fin dall’inizio.
    Ciao, sei un grande, ma non so se ti rileggerò ancora, se mantieni questi ritmi. Al massimo farò come con il bellissimo ‘Enana’, leggerò tutto insieme, una volta che pubblichi il decimo.
    P.S.: Ho usato questo nick anche se avevo giurato di non farlo più, ma vista la tua lunga assenza e visto che mi sono presentato a te come Moneta, mi sembra giusto usarlo per l’ultima volta. L’altro mio nick, se mai leggerai questo commento e ammesso che ti interessi, è JAW. Lui scrive di fantascienza.

  • L’altra porta, se tutto sta venendo giù, hanno bisogno di uno sbocco.
    Belle atmosfere e ben descritte, come altri trovo un po’ scoraggiante dover attendere così tanto tra un episodio e l’altro, ma pazienza, quando arriva il nuovo è sempre un piacere leggerti. Inizio a capire il senso dell’evoluzione dell’atmosfera, da qualcosa di evanescente e indistinto va via via concretizzandosi con la presa di coscienza dei protagonisti, quasi come il risveglio da un sogno ma al contrario. Sempre che sia così, perché fino a questo momento avevo interpretato la fumosità iniziale come un’indeterminazione della trama, in attesa che il lettore le desse una direzione precisa.
    Ciao ciao a presto, tenendo conto ovviamente che il tempo è relativo al singolo osservatore e che il tuo pare un po’ dilatato 😀 😀

  • In principio era il vuoto….
    già, come quello lasciato dalle tue lunghe assenze. Ma non c’è niente da fare con te, non passi, non giochi con le altre storie, non leggi nessuno, rispondi a babbo morto, ma alla fine ti si perdona sempre tutto… forse perchè sei intelligente, forse perchè scrivi in modo convincente e stilisticamente encomiabile. Però… quando ci si trova in un sito di gioco interattivo si dovrebbe interagire,…. o no?
    vabbè, tanto ti si perdona tutto a te! 😉
    baci baci 😉

    • Hai ragione da vendere, naturalmente.
      Ogni volta mi dico che è il momento di andare a curiosare anche io nella testa degli altri e ogni volta finisce che chiudo il sito e lo riapro quando mi viene l’idea per il capitolo successivo.
      Probabilmente deriva dal fatto che, più che un gioco, questo posto mi sembra un prato in cui piantare un’idea e vederla crescere.
      Ora però faccio un salto dalle tue parti, a presto!

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