Una valigia rossa a pois

Ruggine e polvere

La polvere vela il pavimento in cotto, opacizza le mura, si accumula sulle grate, sulla lanterna che pende dal basso soffitto. E’ un androne ricavato da un vecchio garage, con ringhiere in ferro battuto, ormai arrugginite, che danno sulla strada.  Qua e là, dei vasi pieni di erbacce secche. Al centro della parete di fondo sono addossate due valigie.

Mario cammina incerto, vuoi per l’età, vuoi per l’emozione. Si avvicina alle valigie. Si china, allunga la mano nodosa e anziana e ne sfiora una. Osserva il solco che le sue dita hanno lasciato nella polvere. Strofina meglio, la valigia è marrone. Fa lo stesso con l’altra, scoprendo una fantasia rossa a pois. Mario ha un sussulto, si strofina gli occhi con entrambe le mani. Un ricordo si fa così vivo che lo lascia senza fiato. Comincia a sudare, gli manca l’aria. Cerca di restare immobile, con le mani sugli occhi tenta di allontanare quel ricordo, di regolarizzare il respiro. Suo malgrado la memoria, sempre più difettosa negli ultimi anni, in questo caso è vivida e precisa.

Quel mattino di tanti anni prima, Agata e Mario si preparavano al loro viaggio di nozze.

“Di certo non la perderai!” disse lui, indicando una valigia rossa a pois aperta sul letto.

“Smettila di prendermi in giro, la mia valigia è scicchissima!” si difese lei.

“Scicchissima…”, ripetè lui, facendole il verso.

Poi piombarono sul letto e sui vestiti pronti da riporre nelle valigie, aggrovigliati come le luci di Natale quando le riprendi dallo scatolone, e risero, e intinsero le risa nei baci.

Mario riapre gli occhi, osserva la valigia marrone. Di nuovo il ricordo si fa strada prepotente nei suoi pensieri.

Agata e Mario erano nell’androne; il pavimento in cotto risplendeva, le mura erano di un bel bianco acceso, le ringhiere nere lucide. Tutto il perimetro dell’androne era decorato da vasi pieni di fiori, e di spezie per cucinare.

“Hai preso tutto?” domandò Agata, insinuante.

“Credo… Credo di sì!” rispose Mario.

“Tesoro… Quando saremo nel bel mezzo dell’oceano, non sarà semplice tornare indietro a riprendere quello che hai dimenticato!” insistette Agata.

Mario si fermò a fare mente locale.  Agata lo attese paziente. Alzò lo sguardo verso di lei, fingendo di sentirsi colpevole. 

“Il costume…” le sussurrò dispiaciuto, continuando la messinscena.

Agata scosse la testa e rise di gusto, quindi gli fece cenno di andare a prenderlo.

Pochi minuti dopo Mario tornò nell’androne, brandiva con aria trionfante degli occhiali da vista femminili. Agata si fece seria.

“E questi, Miss Memoria?!” 

Agata non rispose, colpita nell’orgoglio.

Mario la prese tra le braccia e la baciò. Avevano trent’anni.

Mario piange. Si sorprende nel sentire le guance bagnate. Si china lentamente verso le valigie. Prende quella rossa a pois, perde l’equilibrio sentendone il peso. Lo circonda una nuvola di polvere. Quando la polvere si dirada, Mario guarda fuori con lo sguardo appannato dalle lacrime e ricorda ancora. 

Mario accarezzò Agata, quindi prese entrambe le valigie e si avvicinò al cancello, appoggiò le valigie a terra per poter cercare nelle sue tasche le chiavi di casa. Agata, sorridendo, gli mostrò le chiavi sotto il vaso del basilico. 

Mario, sornione, le prese ed aprì il cancello. 

Improvvisamente, si bloccò.

“Cos’altro hai dimenticato?” gli chiese Agata, un po’ spazientita.

Mario non rispose.

Agata insistette: “Mario, perderemo la nave, cosa c’è ancora, si può sapere?”

Mario iniziò a tremare, sempre più forte. Agata perse completamente la pazienza.

“Adesso basta scherzare! Fai la persona seria ogni tanto, caspita!” gridò.

Mario si accasciò a terra. Forse stavolta non stava scherzando. 

“Amore, cosa ti prende? Non ti senti bene?”

Mario alzò lo sguardo verso di lei.

“Io n-non posso…” le disse.

“Cosa significa che non puoi? Fammi sentire se hai la febbre” gli disse, avvicinandogli le labbra alla fronte. Mario cominciò ad ansimare.

“Sei freschissimo. Io davvero non capisco, Mario…”

“Non ce la faccio. Non posso uscire.” insistette Mario, con un filo di voce.

Agata lo osservava, turbata. 

Mario fa un respiro profondissimo. Posa la mano sull’acciaio freddo del cancello. Avverte sul palmo le striature che la ruggine ha scolpito nel metallo. Guarda in basso, c’è un vaso. Lo solleva ed afferra una chiave. Le mani gli tremano, la distanza che lo separa dalla serratura gli pare infinita. Finalmente, sente la chiave entrare nella toppa. Ha un tremore diffuso per tutto il corpo. Prende la valigia rossa e, vinto un istante di incertezza, esce.

“Ora dobbiamo solo scegliere una destinazione…” sussurra Mario. Sembra che si stia rivolgendo a qualcuno, ma guarda verso la valigia a pois. 

Come volete che inizi il viaggio di Mario?

  • Prima vogliamo sapere qualcosa in più su di lui e il suo passato (55%)
    55
  • Su un treno (9%)
    9
  • A bordo di una nave (36%)
    36
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16 Commenti

  • ciao, non sono d’accordo… quel qualcosa in più su Mario e sul suo passato sarebbe meglio che venisse fuori un po’ alla volta. Penso possa essere proprio questo il motore della storia’ oltre che ovviamente il viaggio – voterei proprio la nave, per lasciare aperta ogni svolta. Buon proseguimento

  • Ciao amica, come sempre il tuo scritto è unico e coinvolgente. Ti fa entrare dentro la trama, desiderare di appropriarsi della storia per poterla ricamare dei tuoi pensieri che sarebbero quelli del personaggio scelto per l’immedesimazione. Per questo primo capitolo ho scelto la terza opzione poiché, secondo il mio parere, c’è bisogno di sapere prima come è andato a finire il viaggio di allora. Sei grande amica, aspetto il prossimo!

  • Ciao omonima! 😉 Bentornata!
    Felice di leggerti in una nuova storia…!
    Incipit come tuo solito egregio, sensibile e che pone molte domande. Curiosa di saperne di più sul passato di Mario – che tuttavia seguiterei a centellinarci in flashback – andrei sulla nave. In fondo dovevano partire in nave,no? Dico da giovani, prima che lui si bloccasse sul cancello, parlavano di Oceano….
    Seguo!

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