Campane a morto

Dove eravamo rimasti?

E ora, da dove ripartiamo? Dalla morte del Mosca (71%)

Funerale

La chiesa era gremita come il giorno del mio arrivo: evidentemente i funerali erano tra gli eventi mondani più amati a Morino. Dove stavano, durante il resto del giorno, tutte quelle persone? Ne erano persino rimaste in piedi, nonostante le sedie di plastica prese dall’oratorio.

Mi ero seduto sul fondo, un po’ perché mi sentivo un estraneo, un po’ perché era la zona migliore per raccogliere i pettegolezzi di qualche comare.

C’era un tarlo che non riuscivo a togliermi dalla testa.

La morte di Eugenio Fallaci diventava più naturale ogni minuto che passava: non c’erano sospettati, non c’era un movente, non c’era neppure una vera arma del delitto. C’era solo la paranoica convinzione dell’unica persona che da quella morte aveva guadagnato qualcosa. Anzi, molto di più di qualcosa.

Avevo per un attimo contemplato l’ipotesi d’accusare il marito di Angela, ma Smeralda aveva smontato la mia tesi in un nanosecondo: era via per lavoro da oltre un mese, come faceva spesso a quanto ne sapeva.

La situazione era al limite del paradosso.

E avrei potuto risolverla facilmente, ammettendo che non c’era nessun delitto.

Però quel tarlo, le parole di quel dannato indiano, mi ronzavano tra i pensieri… Tre volte suonerà la campana, tre fosse già pronte nel cimitero… La seconda era quella del Mosca.

Se anche la sua non era stata una morte naturale, forse risolvendo il suo delitto avrei trovato anche l’assasino di Eugenio. Ma visto il suo stato di salute, era difficile pensare che il suo passaggio a miglior vita fosse dovuto a una mano diversa da quella di Dio.

E le comari parevano confermarlo: «Nel sonno se n’è andato, come muoiono i giusti, povero Mosca» stava spiegando una massaia scarmigliata a un anziano alto e con un occhio solo.

«El l’ha truvà la Nina, vera?» chiese quello in dialetto stretto.

«Sì, era andata per la solita iniezione, povero Mosca.»

La Nina doveva essere la perpetua, la stessa cui avrei dovuto rivolgermi anch’io per l’antidolorifico che continuavo a rimandare. Evidentemente era l’infermiera di tutto il paese.

«Povera, tucca semper a lé…» ribatté l’uomo scuotendo la testa.

La massaia convermò annuendo: «Povero Mosca.»

Il prete alzò la voce mandando la benedizione di Nostro Signore sui presenti. La funzione era finita ma tutta Morino rimase in rispettosa attesa. Solo quando il feretro fu fuori dalle sacre mura, gli astanti si mossero.

Molti seguirono la processione verso il vicino cimitero. La mia gamba non mi permetteva di più, quindi rimasi all’ombra della chiesa, che svettava alle spalle della scena rintoccando note lugubri. Era una costruzione degli anni settanta, un vero insulto al buongusto, esempio di come fondendo l’architettura moderna a rimembranze rinascimentali si possa costruire un casermone stalinista con un campanile. Ma gli abitanti di Morino non ne sembravano offesi.

Zoppicai lento sino alla panchina davanti al Mestolo. Il locale era chiuso, Testaquadra era molto affezionato al Mosca e l’aveva accompagnato alla sua ultima dimora terrena. Del resto lo aveva fatto mezzo paese, tenere aperto avrebbe avuto poco senso.

«Bella cerimonia, vero?» mi chiese Leo sedendosi sull’altra panchina e accendendosi una sigaretta.

Lo imitai e annuii sbuffando fumo.

«Don Isaia ci sa fare, fa sempre il pienone in queste occasioni.»

«Solo in queste occasioni?» fare domande era diventata una deformazione professionale.

«No, direi che se la cava bene sempre, ma i funerali sono la sua specialità.»

«Non ti facevo così religioso…» commentai, senza voler esprimere nessun giudizio.

Ma anche se avessi voluto, Leo era del tutto indifferente: «Non lo sono più della maggioranza. Questo è un paese piccolo, valgono ancora regole dettate dall’usanza, dalle credenze popolari.»

«Non ti seguo.»

«Perché vieni dalla città. Qui si dice: “Finché porti la cassa sulle spalle dalla chiesa ci esci dritto”.»

Continuavo a non capire il suo ragiomento e di conseguenza pensavo ad alta voce: «Quindi il Mosca sarebbe morto perché non è andato al funerale di Eugenio Fallaci?»

«No, il Mosca è morto perché aveva già un piede nella fossa» dichiarò sicuro alzandosi «ma, com’è vero che era malato da almeno cinque anni, è anche vero che è morto solo ora, che in chiesa io non lo si vedeva da un pezzo» e si alzò, con lo sguardo di chi ha risolto il caso.

Io, invece, tra morti naturali accusate d’omicidio, sciamani indiani in vespa e fannulloni timorati delle superstizioni divine, non sapevo più dove sbattere la testa.

Solo una cosa era certa: a Morino, spesso, suonavano le campane a morto.

Le tinte di questo giallo si stanno pian piano sbiadendo. Cosa farà allora il capitano Cattaneo?

  • Continuerà a seguire la pista del Mosca. (50%)
    50
  • Si farà fare questa benedetta iniezione. (50%)
    50
  • Parlerà con Angela e abbandonerà il caso. (0%)
    0
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71 Commenti

  • Il tuo racconto mi sembra si stia trasformando in un bel giallo all’italiana, per giunta scritto come Dio comanda. Mi piace molto il tuo protagonista – uomo tutto d’un pezzo ma che non si prende troppo sul serio – e il suo modo di procedere nell’indagine, che ha ritmo senza essere affrettata. Il personaggio che per ora non mi ha convinto molto è Nube che corre: mi pare che stoni un po’ in questa ambientazione, che sia un tantino forzato. Detto questo, non vedo l’ora di continuare a leggerti e di scoprire quali sorprese ha in serbo il tuo racconto!

  • Torchiamo lo speziale, se non è lui il diretto responsabile comunque deve per forza di cose sapere qualcosa.
    E poi, seguire il pellerossa rifaldo in vespino mi sembra impossibile, con una gamba acciaccata e dolorante.
    La perpetua? Nah, al massimo ci torniamo domani per l’iniezione.

    Giò

  • Inconfutabilmente un prete.
    Chi meglio di un sacerdote di paese, a parte il segreto della confessione, conosce vita, morte e miracoli dei propri fedeli?
    Più che altro, vediamo se il nostro detective riuscirà a investigare con calma. Per farlo, dovrebbe però smetterla di fissare negli occhi la giovane ereditiera 🙂

  • Ma che bell’inizio particolare!
    Forse ho intravisto il tuo nome in giro tra i commenti ma questo primo capitolo mi ha attirato….
    Nube che corre mi fa sorridere e pensare che in ogni paese c’è la pecora nera, quello strano che tutti conoscono eheheh
    Ti seguo!

  • Ciao Michel,
    bentornato!
    Sono felice di poter finalmente giocare con te, dato che ho potuto finora solo leggerti e vederti anche in un video – devo essere sincera – 😉 , noi ci siamo anche scritti varie volte, ma ora sono qui con un Fake, per cui non posso presentarmi, sorry. Non gioco più col mio nome. Detto questo e chiusa questa inutile parentesi, ti rinnovo la stima letteraria, sei davvero fantastico. E non è un complimento, anche se il termine è ridicolo 🙂
    Seguo.

    Troppo bella per dire no.

  • Innanzitutto sono felice di poterti rileggere (dai tempi delle 10 regole…)

    Che incipit! A quanto pare il giallo ultimamente va di moda, da ‘ste parti. Bene, tra una Nuvola che corre (in vespa… :-D) e un martini di troppo, voglio sentire subito la Bella cos’ha da chiedere.

    Ti seguo, ma era inutile specificarlo…

  • Ciao a tutti!
    Faccio ritorno su THe iNCIPIT con un genere che non ho mai affrontato: un giallo classico .
    Ma voglio mettervi in guardia: la soluzione del mistero è già stata scritta.
    Sarete (o forse dovrei dire “saremo”) così bravi da scoprirla, oppure la storia avrà un diverso finale?

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