Campane a morto

Dove eravamo rimasti?

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Incontri (seconda parte)

«La signora Nina, immagino» esordii impacciato.

«E lei deve essere il poliziotto» ribatté lei, riprendendo le sue faccende.

Mi sentivo in soggezione, come se fossi stato nudo davanti a quella vecchia, come se avesse potuto vedermi dentro. Non mi riuscì altro che un lieve cenno d’assenso.

«Cosa posso fare per lei?»

Deglutii con forza: «Un’iniezione, un antidolorifico.»

«Va bene. La facciamo subito?»

«Devo passare a prendere la siringa» poi aspettai, come se dovesse dirmi di non averne bisogno.

«Allora vada, l’aspetto poi in canonica.»

Continuò le pulizie ignorando la mia presenza, ma io non riuscivo ad andarmene. Lei non voleva ancora che me ne andassi.

«L’ho vista ieri, al funerale. Conosceva il Mosca?»

«Ci ho fatto un paio di partite a carte, nulla più, però m’era sembrato un brav’uomo.»

Si voltò e mi sorrise. Le mancavano diversi denti, ma quelli che le restavano erano ancora tutti veri. «Si vede che è un buon Cristiano» anche i suoi occhi sorrisero e finalmente mi sentii libero di pensare.

«Eravamo in tanti in chiesa…» dissi per minimizzare quello che per lei era evidentemente un complimento.

«Tanti, vero, ma ben pochi Cristiani. Quelli di qui sono dei miscredenti! Lo dico sempre a Don Valerio, ma lui è debole, permissivo» il tono della sua voce non era cambiato, ma c’era rabbia nei suoi movimenti. Era una perpetua vecchia maniera, di quelle che si occupano di tutto, dalla polvere nel confessionale a quella sulle coscienze dei peccatori. Era lei l’informatore che stavo cercando.

«Don Isaia però mi sembra di altra pasta, mi è piaciuto ieri» commentai cercando di guadagnare la sua fiducia.

«Sì, vero. Ma purtroppo sta qui solo due mesi.»

«Avrei voluto sentirlo anche al funerale di Eugenio Fallaci, ma sono arrivato tardi» volevo portarla sull’argomento che m’interessava.

«Vero, si sta facendo tardi» replicò lei, per ricordarmi chi stesse controllando l’interrogatorio.

Mi sentii come un bambino sorpreso con le dita nella marmellata: «Sì, giusto, vado a prendere la siringa e torno.»

«Sarò di là in canonica.»

Zoppicai verso la navata della chiesa in compagnia di un vago senso di colpa. Era stata quella donna, il suo modo di parlare, il suo sguardo, mettevano a disagio. C’era la forza di una fede estrema a muovere ogni suo gesto, una fede che in me era da tempo sbiadita.

Neppure da lei avrei ottenuto informazioni utili, non sarei stato in grado di ottenerle.

Arrivai dal farmacista e presi la siringa, convinto a farmi fare l’iniezione e nulla più. Non aveva senso fare altre domande, non aveva senso indagare oltre. Non c’era alcun motivo per indagare.

C’era solo la morte, e quella non la si può arrestare.

«Va da Nina?»

«Come?» Il farmacista aveva disturbato le mie conclusioni.

«La perpetua. Va da lei per l’iniezione?»

«Sì» risposi nel dubbio che volesse proporsi come alternativa.

«Allora le porti queste, Don Isaia le apetta da un po’»

Presi la busta, annuii e me ne andai, come sempre senza un saluto da parte dell’uomo in camice.

Fuori, sulla strada, un falso pellerosa a cavallo della sua vespa stava fissando il ponte dopo la curva.

«Augh, Nube che corre» gli feci il verso alzando la mano.

«Ancora qui, straniero?»

«Non dovrei?» mi sentii quasi in dovere di sfidarlo.

«No, se sai cogliere i buoni consigli.»

Stava per mettere in moto, ma stavolta lo fermai infilandogli la stampella nella ruota: «Basta con questi giochetti. Mi dici di scappare, ma poi mi dai degli indizi per farmi indagare. Cosa dovrei scoprire? E se tu già sai, perché non hai denunciato chi di dovere ai colleghi?»

Lui sembrò disorientato. Io ero esasperato.

«Cosa sai, dannazione, cosa?» urlai prendendolo per il bavero della giacca di pelle.

Lui balbettò: «So che la gente muore, ma non voglio vedere come, non voglio capire perché. Non voglio morire anch’io. Ma tu sei straniero, tu puoi vedere, tu puoi capire.»

«Ma anch’io posso morire.»

«Non qui…»

Si liberò con uno strattone e se ne andò a piedi.

Mi allontanai anch’io, zoppicando verso la piazza.

La gamba e la testa mi facevano sempre più male, e per quest’ultima non sarebbe bastato un antidolorifico. Cosa significava che non sarei potuto morire lì? Certo che potevo, mi poteva investire un camion, poteva scoppiarmi il cervello, colpirmi un meteorite. Potevo morire lì come chiunque altro.

Ma cosa ci sarebbe stato di diverso tra la mia morte e quella dell’indiano? O tra me e il Mosca?

«Renato.»

Quella voce cancellò la mia trance investigativa.

Angela.

«Volevo chiederti…»

«Tuo padre sapeva di te e Testaquadra?» glielo sparai addosso a bruciapelo, come un vecchio amante tradito.

Lei probabilmente arrossì, ma non la vidi, avevo già nascosto la mia vergogna nella busta del farmacista.

«Non lo so, forse sospettava, ma Michele non c’entra, te lo posso assicurare. Anzi…» Fece una pausa per trovare il coraggio, io avevo ancora gli occhi dentro il sacchetto, sopra una scatola di medicinali «…forse ho esagerato, forse dopotutto mio padre ha avuto semplicemente un infarto.»

«E me lo dici proprio ora che ho trovato il suo assassino?»

Ebbene sì, Cattaneo ha trovato il suo assassino. E voi? Secondo voi dov'è l'assassino?

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71 Commenti

  • Il tuo racconto mi sembra si stia trasformando in un bel giallo all’italiana, per giunta scritto come Dio comanda. Mi piace molto il tuo protagonista – uomo tutto d’un pezzo ma che non si prende troppo sul serio – e il suo modo di procedere nell’indagine, che ha ritmo senza essere affrettata. Il personaggio che per ora non mi ha convinto molto è Nube che corre: mi pare che stoni un po’ in questa ambientazione, che sia un tantino forzato. Detto questo, non vedo l’ora di continuare a leggerti e di scoprire quali sorprese ha in serbo il tuo racconto!

  • Torchiamo lo speziale, se non è lui il diretto responsabile comunque deve per forza di cose sapere qualcosa.
    E poi, seguire il pellerossa rifaldo in vespino mi sembra impossibile, con una gamba acciaccata e dolorante.
    La perpetua? Nah, al massimo ci torniamo domani per l’iniezione.

    Giò

  • Inconfutabilmente un prete.
    Chi meglio di un sacerdote di paese, a parte il segreto della confessione, conosce vita, morte e miracoli dei propri fedeli?
    Più che altro, vediamo se il nostro detective riuscirà a investigare con calma. Per farlo, dovrebbe però smetterla di fissare negli occhi la giovane ereditiera 🙂

  • Ma che bell’inizio particolare!
    Forse ho intravisto il tuo nome in giro tra i commenti ma questo primo capitolo mi ha attirato….
    Nube che corre mi fa sorridere e pensare che in ogni paese c’è la pecora nera, quello strano che tutti conoscono eheheh
    Ti seguo!

  • Ciao Michel,
    bentornato!
    Sono felice di poter finalmente giocare con te, dato che ho potuto finora solo leggerti e vederti anche in un video – devo essere sincera – 😉 , noi ci siamo anche scritti varie volte, ma ora sono qui con un Fake, per cui non posso presentarmi, sorry. Non gioco più col mio nome. Detto questo e chiusa questa inutile parentesi, ti rinnovo la stima letteraria, sei davvero fantastico. E non è un complimento, anche se il termine è ridicolo 🙂
    Seguo.

    Troppo bella per dire no.

  • Innanzitutto sono felice di poterti rileggere (dai tempi delle 10 regole…)

    Che incipit! A quanto pare il giallo ultimamente va di moda, da ‘ste parti. Bene, tra una Nuvola che corre (in vespa… :-D) e un martini di troppo, voglio sentire subito la Bella cos’ha da chiedere.

    Ti seguo, ma era inutile specificarlo…

  • Ciao a tutti!
    Faccio ritorno su THe iNCIPIT con un genere che non ho mai affrontato: un giallo classico .
    Ma voglio mettervi in guardia: la soluzione del mistero è già stata scritta.
    Sarete (o forse dovrei dire “saremo”) così bravi da scoprirla, oppure la storia avrà un diverso finale?

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