ALASKA C-1

Anomalia

Contare.

Contare è il mio lavoro. Aggiungo segni su infiniti fogli bianchi. I numeri s’incasellano nei quadretti dei miei block notes come ghiande ordinate su una fila immaginaria. Uno dopo l’altro. Somme. Moltiplicazioni. A volte sottrazioni, ma sono rare. Di solito aumentano e quando arrivano alla mia scrivania è difficile che si registrino errori. Calcolo per sei ore al giorno, quattro la mattina, iniziando presto e due dopo la paura del pranzo. A volte sono sei ore molto lunghe, ma capitano anche giorni in cui le ore volano via e scivolano sotto gli infissi della grande finestra dello studio.

Conto da solo, da due anni ho un ufficio appartato, poco distante dal bagno e qualche porta dal grande studio del capo. Lo vedo raramente e ancor meno di frequente mi convoca personalmente per qualche nuova istruzione. Non ci sono aggiornamenti nel mio lavoro, si ripete uguale all’infinito. E’ sempre stato così, sin da quando ho cominciato. Ed è proprio fino all’infinito che conto. Ogni giorno, sei giorni su sette, per sei ore. Conto le ghiande che non smetteranno mai di infilarsi una dietro l’altra. E’ la mia vita, contare.

Conto i morti. E quelli non finiscono mai.

La causa della morte non ha molta importanza, ai fini del mio incasellare. E poi non sono molti i modi in cui muore la gente. Tolte le dipartite naturali s’intende, mi arrivano per lo più vittime di suicidi, stragi e guerre. Il mondo non è più un luogo così sicuro. Il mio lavoro è sempre stato improntato sulla razionalità, la logica, la ripetitività e mi andava benissimo così. Ero organizzato, così. Almeno finché non è successo, sei giorni fa. Tanto ci ho messo a svolgere controlli accurati e assicurarmene.

L’anomalia esisteva e l’avevo trovata per puro caso.

Convinto di essermi sbagliato ad immagazzinare i dati relativi ad una determinata area mi ero fermato un’ora in più, fuori orario. Succede di rado qui, ma a volte capita. E’ stato in seguito ai primi controlli che mi sono accorto dell’incongruenza. Non sono più riuscito a dormire da quel pomeriggio, continuavo a pensarci anche a casa. Negli ultimi giorni non ho lavorato ad altro, tralasciando i miei compiti primari. Ho una memoria ferrea, non ho difficoltà a ricordare numeri, cifre, calcoli. Mi è tornata utile quando ho visto l’anomalia nelle colonne di numeri. Erano troppi, semplicemente troppe voci in una zona ridotta e in un periodo di tempo altamente circoscritto.

I morti non sono mai troppi, dice un vecchio ironico detto che si sente ripetere nei corridoi da anni, ma in questo caso lo sono. La zona in questione è un lotto rurale in aperta campagna, poco fuori dalla città. Ormai oltre i confini cittadini sono in poche comunità a sopravvivere, per lo più ci siamo spostati nelle grandi megalopoli. L’anomalia era evidente, mi ha colpito come un pugno alla radice del naso. Conosco quella zona, antichi manieri, cascine di campagne, i pochi campi rimasti, stalle, allevamenti per lo più. Non era possibile che negli ultimi quattro mesi si fossero registrate 1222 morti. Impossibile, ma non secondo i miei calcoli e calcolare è il mio lavoro.

Non sbaglio mai.

Le cause? In percentuali di poco differenti: infarto, epatite e anemia. Nei documenti che arrivano di solito al mio ufficio non sono registrati i particolari e quindi non avevo modo di reperire altre informazioni. Ero bloccato. E’ stato l’incontro fortuito con un collega del Catasto a convincermi ad agire. In quell’occasione riuscì a carpire qualche informazione in più. Si tratta di una circoscrizione rurale, ancora inglobata all’interno dei confini più esterni della megalopoli di Anchorage. E’ un’area limitrofa, sottoposta al governo della città alfa, utile per le terre lavorate.

Il vecchio stato americano dell’Alaska non esiste più. Già da un secolo gli U.S.A. sono stati riorganizzati in quattro mega-aree, contenenti ognuno una megalopoli attorno a cui ruotano le maggiori attività produttive e le abitazioni. La nostra mega-area ha adottato il nome Alaska, inglobando altri stati che non esistono più. La terra circostante le megalopoli è per lo più disabitata o adibita per gli allevamenti animali. Lo stesso sistema ha ridotto tutti gli stati del mondo a vivere in aree isolate circondate dalla natura selvaggia. Le megalopoli di tutto il mondo la fanno da padroni, intorno orbitano solo poche case e muri di contenimento.

La zona in questione è proprio una di queste, una vallata oltre le montagne Chugach, attraversata da un fiume freddo, in cui le terre sono adoperate per il pascolo dei caribù. Ci vivono circa trenta unità famigliari, molte delle quali imparentate alla lontana. Ascoltando le sue parole mi sono reso conto che l’anomalia era reale e nascondeva qualcosa di grave, non avevo dubbi. Con il passare dei giorni ho iniziato a portarmi i documenti a casa per poterli studiare, volevo capire.

Per farlo, però, devo forzatamente raggiungere la zona denominata “ALASKA C-1”.

Anchorage, 6 marzo 2170

Ishmael Goren

Ishmael raggiunge la vallata ai piedi dei monti Chugach. Cascine, manieri e steccati all'orizzonte. Cosa succede il primo giorno?

  • Trova una casa disabitata (29%)
    29
  • Raccoglie la testimonianza di un pastore (24%)
    24
  • Assiste a un funerale (47%)
    47
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241 Commenti

  • Chiusa fantastica. Davvero bella. Hai un modo di scrivere molto pulito, essenziale direi. Diversamente da qualcuno non amo troppo gli spiegoni, rischiano di rallentare la storia e annoiare il lettore (l’elaborazione di alcuni dettagli credo vada lasciata ai lettori, trovo sia un modo di renderli partecipi). Ecco perché ho apprezzato il fatto che alcune domande siano state lasciate (volutamente?) senza risposta… La fuga credo fosse la sola via possibile per un uomo come Ishmael, se ne avessi fatto un eroe, un prode liberatore degli opppressi, avresti tradito l’indole e il carattere del personaggio, e, in un certo senso, avresti tradito anche i tuoi lettori e la fiducia che ripongono in te. Bravissima!

  • Bel finale! L’idea della fuga mi è piaciuta. 🙂
    Solo un dubbio, all’inizio Ishmael sembra temere il mare poi si scopre che è arrivato fino in Francia. Questo vuol dire che ha superato la sua paura e quindi è scappato in Europa? Oppure lui si trovava già in Europa?
    Ciò non toglie che il tuo è stato veramente un bel racconto. Sono io che mi sono “persa per strada”. 😀

    • Ciao Danica. In realtà hai ragione tu. Non è scontato. Visto che lui abitava in un paese creato ad hoc per un esperimento avrebbe potuto essere situato dovunque e non necessariamente nel vero stato americano d’Alaska, come io ho dato per scontato. Grazie per la precisazione 🙂
      Ad ogni modo è scappato fino alla Francia.

  • Ciao,
    in questo finale mi piace l’evoluzione del protagonista da grigio burocrate a persona in grado di apprezzare pienamente la bellezza naturale del mare.
    Avrei apprezzato anche qualche dettaglio aggiuntivo per spiegare la natura e lo svolgimento dell’esperimento (come è stato possibile far credere a così tante persone di trovarsi in una epoca del futuro? Quanti di quelli della megalopoli lo sapevano e quanti no? Se lo scopo era testare le armi biologiche perché creare una società stile Grande Fratello?) ma mi rendo conto che i vincoli di caratteri non permettono massima liberà. Comunque è stata una bella esperienza di lettura, a presto!

    • Ciao Ilario.
      Sì purtroppo i limiti sono sempre serrati, come ben sai.
      Ma posso riempire qualche vuoto delle tue curiosità qui :).
      Le persone che vivono ad Alaska non sono in un’epoca del futuro diversa dagli altri, l’anno è per tutti il 2170. Il mondo è (Più o meno) esattamente come il nostro del 2016, ma Stati Uniti e Cina hanno voluto creare una sorta di villaggio a sé. Un esperimento di società, che poi risultato sterile è servito per testare malattie ad esempio. Quelli che vivono ad Anchorage sono nati li e hanno sempre studiato, a scuola ecc, che tutto il mondo verso il 2070 circa si è scomposto, creando delle grandi zone civilizzate contornate da foreste, mare, deserti ecc. Ma in realtà sono loro soltanto che sono chiusi dentro un enorme muro di contenimento. Chi lo sa? Il ministro, pochi agenti dei servizi segreti interni. Spero di aver,seppur brevemente, risposto alle tue curiosità. Grazie come sempre per la presenza e l’attenzione 🙂

  • Ho perso un paio di capitoli dovuti alla lontananza dalla piattaforma, ma non potevo non leggere il finale del racconto della mia amica, ed eccomi qui. Grande finale (ATTENZIONE Spoiler per chi legge) imprevedibile. Una Megalopoli che in realtà non esiste, è stato tutto un grande esperimento. Oltre alle tua bravura nello scrivere, sempre ineccepibile, hai concluso con un ottimo colpo di scena degno di un film. Davvero brava amica mia 😉

  • Ho avuto modo di leggere tutto d’un fiato il racconto, stanotte. Devo dire che presenti delle doti narrative eccellenti. La vicenda in se é addirittura banale, ma come ha detti qualcuno sei riuscita a costruire un ritmo e una tensione di lettura così forte e fin dal primo capitolo, che anche parlare di numeri risulta avvincente.
    Non mi sono preso la briga di controllare se le informazioni di natura tecnico-scientifica fossero vere. Di sicuro insospettisce l’iniziativa, del tutto autonoma, di questo funzionario; ha lasciato in me una sorta di vuoto. Non sono sicuro però che si tratti di qualcosa di negativo.
    Il tema distopico è sempre attraente e parlare di virus aumenta la tensione. C’è qualcosa di 1984, qualcosa di Io sono Leggenda, qualcosa di Resident Evil, ma nel complesso non ci sono mai riferimenti espliciti.
    In conclusione, uno dei pochi racconti veramente meritevoli d’interesse e di complimenti.
    Ho votato per Il Piano. Ci vedrei bene una fuga capeggiata dal protagonista e un finale aperto, ma queste sono MIE voglie.
    Complimenti

  • Questo episodio è decisamente angosciante per via del senso di insicurezza che attanaglia i personaggi durante le vaccinazioni (confesso che immaginavo che gli astronauti avrebbero somministrato loro qualche morbo che li avrebbe eliminati subito ^_^).
    Bel colpo di scena, anche se sarei curioso nell’ultimo episodio di scoprire esattamente come è stato congegnato l’inganno (sarà una specie di Truman Show ma a livello nazionale)? Voto per un salto di 6 mesi, a presto!

  • Pre epilogo dai risvolti sorprendenti e, almeno per quanto mi riguarda, assolutamente inaspettati. Non c’entra nulla ma mi ha ricordato The Truman Show… Solo che qui non si tratta di mettere su uno spettacolo televisivo ma di testare virus e persone, calandoli in una società distopica, costruita su misura… Cosa accadrà a questo punto? Credo che solo tu possa dircelo… Magari lasciando che ce lo racconti il mare…

  • Mare, mare mare.
    Anche questa storia avvincente volge al termine. Bella la rivelazione della dottoressa. Sono curiosa di sapere che fine faranno gli abitanti dello stato Alaska.

    P.S. Ho letto di recente un romanzo distopico che si chiama Legend di Marie Lu che somiglia molto alla tua storia. Quest’ultima mi piace di più, però!

  • Questa storia degli esperimenti e della “reclusione” all’interno di un’area recintata mi ricorda molto la trilogia di libri di “Divergent”.

    Ora vediamo come Ishmael (almeno penso Ishmael) si sarà riadattato alla vita “vera” o come avrà sopportato il peso della verità all’interno di Alaska C-1

  • Io avrei detto fucile. Perché è impossibile che, chiunque essi siano, non abbiano un minimo di armi con sé. La loro comparsa mi ha fatto pensare ha un gruppo di ribelli che rappresentano il vecchio ordine. 🙂 Quindi un minimo di difesa ci vuole.
    Non mi è chiara la domanda “Nell’ottavo episodio al parola chiave è…” visto che il prossimo episodio sarà il nono.
    Comunque bello anche questo episodio. 😉

  • Bello svolgimento! Prima avevo votato per Health department, pensando nel mio subconscio che Ishmael potesse trovare una sorta di alleato, magari mi sbagliavo. Sono curioso di vedere cosa succederà, per il momento voto fucile, per dare un po’ di azione alla storia, di cui comunque non ne è priva! Bel nome Ishmael.

  • Dalle opzioni posso dedurre che, probabilmente, qualcuno morirà. E’ anche vero che non implicano obbligatoriamente la morte di una o più persone.
    Detto questo, non so quale opzione votare, perché tutt’e tre mi fanno pensare ad un, chiamiamolo così, ad un omicidio di massa (non mi viene altro modo per definirlo, anche se ci sarà sicuramente) e non so come vuoi sviluppare la storia.

    Mi sono accorto di una cosa: nella domanda hai scritto: “Nell’OTTAVO episodio la parola chiave sarà:”
    Solo che il prossimo episodio èil numero 9. 🙂

    Anche io, nel corso del mio 1° episodio, ho commesso un errore di qusto tipo: avevo scritto “dicembre” anziché “settembre” (errore che poi ho chiesto di correggere).

  • Ho letto la storia. Molto bella e soprattutto, devo dirlo, molto ma molto ben scritta. Si vede che ci sai fare! Mi piace molto anche la storia stessa, molto intrigante questa cosa degli insetti. Quello che ha fatto Padre Cairne è stato assurdo, veramente, sono rimasto intontito nel leggere che si era tolto la vita. Molto bello.

  • Fantastico!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Sei un genio!
    Direi mezzi corazzati con piccole scritte, quasi impossibili da identificare… così il mistero s’infittisce e la cosa si fa complicata… ma tu saprai risolverla come al solito…

  • Anche io propenderei per gli elicotteri del ministero… L’intervento dei militari per una quarantena mi sembrerebbe un po’ tardivo e l’health department non mi entusiasma granché. Episodio ben scritto (ma non avevo molti dubbi al riguardo). Le rivelazioni di Padre Craine chiariscono parecchi punti… Il senso di smarrimento provato dal prete quando scopre quanto infondate fossero le rassicurazioni del suo ospite circa i test del ministero è ben resa. Brava.

  • Anche a me incuriosisce molto la confessione di padre Craine.
    Cosa sa? Come ne è venuto a conoscenza? E’ coinvolto? E se sì che ruolo ha o ha avuto? Anche questo episodio molto ben scritto. I tuoi men in black funzionano. E il tuo protagonista anche: non è un eroe da telefilm, fa sempre scelte sensate (sa di essere tenuto d’occhio e aspetta il momento opportuno per muoversi), pensa prima di agire,
    è accorto (come lo sarebbe una persona comune coinvolta in una storia più grande di sé) ma egualmente curioso. Questi aspetti rendono più semplice l’immedesimazione e fanno vivere al lettore la storia con maggiore partecipazione. Brava.

  • Credo che a questo punto qualcuno debba confessare ciò che sa…
    Ottimi i dialoghi tra i “i brutti ceffi travestiti da gentiluomini” e il povero Ishmael, in poche battute hai ricreato la giusta tensione. Mi è molto piaciuta l’espressione “… dovunque fosse quel lì”, hai saputo mostrare molto bene l’angoscia provata dall’impiegato, compresa la gamba tremolante, brava.
    Ciao Sere, al prossimo episodio.

  • Vorrei ascoltare la confessione di Padre Craine. E ti faccio i complimenti – come sempre – per questo episodio davvero efficace. L’uomo fa un passo avanti e lui si siede d’istinto. Cammina con la neve. Resta in casa. Infine è convinto di aver capito tutto. Molto, molto ben scritto.

  • È sempre interessante vedere come dietro i tuoi racconti ci sia uno studio (conoscenza) dell’argomento: “questo è un esemplare di tarlo asiatico o cerambice dalle lunghe antenne se preferisce. Assolutamente innocuo, è un coleottero che ama passare il tempo sulle cortecce degli alberi, la betulla sopra tutti”… etc. Brava come sempre.

  • Mmm, la faccenda si fa inquietante, sembra proprio che il nostro zelante burocrate abbia fatto le domande sbagliate nel posto sbagliato…
    Complimenti per l’approccio scientifico che rende credibile la minaccia probabilmente passata dagli insetti, sono curioso di scoprire cosa si comprenderà dall’incontro con gli uomini in abito scuro (in una stanza buia?).

  • Bel capitolo.

    Devo fare solo un paio di precisazioni tecniche (che non sono legate con la trama/narrazione):
    – “macchie sulla corazza” il termine esatto è “elitre”, ovvero il primo paio di ali (il paio più vicino alla testa, per intenderci) con la stessa consistenza dell’esoscheletro;
    – “ama passare il tempo sulle cortecce degli alberi”, qui avresti dovuto scrivere “all’interno del legno”, tranne nel caso tu ti stessi riferendo agli adulti.

    Ho scritto queste due precisazioni (che, ripeto, non tolgono alcunché alla qualità, tantomeno alla trama) perché ho fatto agraria alle superiori e so di cosa parlo.

    Non prenderla come un insulto o che, siccome non pretendo che tutti abbiano le mie stesse conoscenze in ambito entomologico e/o di piante, così come io non ho le tue stesse conoscenze in non so quale altro ambito.

    P.s.: apertura con una stanza buia e rumore metallico.

  • Daje con queste autopsie… brava, ottima descrizione, rende bene l’idea della sala di dissezione. Voto il Museo, tornare alla Megalopoli forse ha senso, non gli direbbero niente di più dell’autopsia appena fatta. Alla prossima.

  • Avrei votato volentieri tutte e tre le opzioni, ma trovandoti ancora al 4° capitolo credo che due di queste si possano lasciare ai successivi; dunque ho votato che interroghi più persone possibili, poiché la credo la prima reazione plausibile in quetso contesto. Ma è certamente necessario che visiti il Museo e, in caso di mancata risoluzione, che porti il dito al Ministero.
    Complimenti anche per questo capitolo Serena, davvero brava.

  • Come sempre la cura dei dettagli nei tuoi racconti è ottima. Chiamare una renna con il suo nome meno comune, cioè caribù, è una scelta di classe e… e non è una scelta a caso anche la renna in sè come portatrice di qualcosa… bho, è un presentimento. Voto autopsia per andare a fondo in generale. Bye Bye

  • Beh, vista la location, un barattolo di vetro pieno di qualcosa d’importante, Serena. Amica di penna, sei davvero brava. L’uomo dei morti è una metafora e un appellativo che insieme fanno epoca, fanno arte, fanno di te una grande autrice.

  • Come sempre… sei troppo forte. Riesci tutte le volte “farmi” vedere il racconto, come in un film. Questo misto avventura/Fantascienza è davvero azzeccato. Voterei Memory card, però mi sembra prevedibile e tu non lo sei prevedibile, Polaroid potrebbe essere buona come idea… magari le morti hanno “un inizio” nel passato… si, voto Polaroid. Alla prossima amica mia 😉

  • Scelta difficile… Direi memory card… Dunque informazioni, dati, numeri… Mettiamolo a suo agio, dopo una giornatina come quella che ha appena vissuto credo che se lo meriti. Serena scrivi davvero benissimo. Sei riuscita a trascinarmi dentro la storia… Brava davvero. Non so se leggi gialli ma ti andrebbe di passare da me, sarei curioso di conoscere il tuo parere sul mio racconto.

  • Plot davvero molto interessante. Mi incuriosisce il fatto che tu abbia scelto il genere avventura per un racconto distopico che, solitamente, si colloca nella fantascienza. Molto buona la parte descrittiva. La tua idea di futuro regge e il tuo protagonista pure, un antieroe, fobico sociale, che si trova alle prese con una strana anomalia che lo costringe a mettere fuori il naso dall’ufficetto nel quale è relegato, da sempre. Mi piace anche la scelta della
    Megalopoli, avresti potuto rifilarci l’ennesima New York o Londra o Parigi e invece hai scelto Anchorage, Alaska. Brava davvero. Seguo.

    • Ciao Lou, piacere di averti tra noi.
      In realtà ho scelto avventura perché credo che la storia, per come ce l’ho in mente, possa rientrare senza problema in generi diversi e io e la fantascienza non ci capiamo molto a vicenda :). Così ho optato per qualcosa di più generico.
      Grazie per i complimenti, sono contenta che tanti dettagli ti abbiano convinto e che la storia ti piaccia.
      Mi piacciono le ambientazioni particolari. 🙂

  • Ho provocato parità votando la testimonianza di un pastore, ma ero indecisa col funerale.
    Mi piace….mi ricorda un film di cui non ricordo il titolo, ambientato in Alaska, in cui i morti riprendono vita tra i ghiacci 🙂 Lo so, non c’entra niente, ma l’ambientazione è quella.
    Sempre molto dettagliata, complimenti Serena. Ti seguo.

    • Ciao Gabriele, piacere.
      Ho inteso come unità famigliare ( o familiare), senza seguire nessun criterio in particolare se non la mia immaginazione, un gruppo che condivide la stessa parentela stretta e che raggruppa più generazioni insieme. Diciamo dalle venti persone in su. Questa è, per adesso, una delle informazioni che ha Ishmael sulla zona.

  • Buonasera, Serena. Ho letto il tuo blog, le tue storie, ho letto Il Cestaio, un lavoro davvero certosino e un’ambientazione meravigliosa, un protagonista intrigante e pieno di segreti e una storia notevole. Brava. E’ vero – leggo nei commenti sotto questa tua ammissione – che sei un po’ troppo particolareggiata nelle descrizioni a volte, ma devo dire che riesci ad appassionare velocemente il lettore. In questo caso, infatti, l’anomalia mi interessa più d’ogni cosa. Sto scrivendo un romanzo proprio su un’anomalia, sono curiosa di conoscere la tua, poi magari – ma in separata sede e se ne avrai desiderio – ti confesserò la mia….
    Vedo poi che utilizzi sempre ambientazioni singolari e questo è caratterizzante fin da subito.
    Finisco inaspettatamente in maggioranza votando: funerale. E seguo curiosa.

  • Finalmente, Finalmente, FINALMENTE una storia che so già mi piacerà! Come faccio a saperlo? Perchè vado matto per l’avventura, l’azione, il thriller e questo Alaska sembra avere tutto. La descrizione dello “strano tipo” è fenomenale, conta, conta, conta… si, si, devo assolutamente da seguirti (detta alla romana). Ah… brava come sempre amica mia e voto “la casa disabitat” che spero ci porterà a situazioni movimentate! 🙂

  • Ciao, bentornata, non vedevo l’ora di leggere qualcosa di tuo!
    L’inizio è avvincente, il tono del grigio burocrate del futuro distopico che conta le persone come cifre lascia presupporre una sua evoluzione caratteriale quando scoprirà cosa accade nella misteriosa Alaska C-1.
    La descrizione della sua psicologia attraverso la monotonia del compito è convincente, nei prossimi episodi vorrei qualche dettaglio in più su questo strano mondo.
    Voto per un segreto avvincente nella casa abbandonata! ^_^

    • Ciao caro collega 🙂 in effetti ti aspettavo.
      Ci ho messo parecchio a tornare perché ultimamente sono stata parecchio stravolta da eventi privati di vario genere, che è anche il motivo per cui non sono riuscita a star dietro alla tua nuova storia, ahimè.
      Sono contenta che l’incipit ti piaccia e stuzzichi, è quello che speravo 🙂 Scoprirete molto di più ad ogni step, questo è sicuro!

  • Ciao Serena!!! Come stai? Che si dice tra le stelle d’inchiostro?

    Ho letto con attenzione questo incipit, credo come saprai gestire in modo professionale un plot che appare fin da subito complesso e intrigante. Tuttavia ti rimprovero la ridondanza con cui hai descritto Ishmael e il modo a tratti prolisso di mostrarci la location. Con una breve revisione sarebbe stato un incipit ottimo, ma è bastato a convincermi che saprai tenermi incollata al video anche stavolta. Sono felice che tu sia tornata 😉

    Parliamo col pastore…

    • Ciao cara! Stavo giusto pensando se mi stavo perdendo la tua ultima fatica, ma vedo di no.. meglio così, perché voglio seguirti dal primo capitolo!
      Sono contenta che, nonostante tutto, ti abbia fatto piacere essere dei nostri. 🙂
      In realtà è Ishmael stesso che racconta la storia e che la narrerà per tutti gli episodi, come una specie di diario mentale e materiale. Dici che ho detto troppo di lui e ho dato troppe informazioni sul luogo? Volevo darvi un’idea molto chiara della situazione per iniziare con le giuste informazioni, forse ho peccato di particolarismo… sai che è un mio difetto, difficile da aggiustare a quanto pare! 😛

  • Ciao Serena, ho votato “raccoglie la testimonianza di un pastore” dal momento che Ishmael è un contabile e, non essendo Gil Grissom di CSI, penso che da una casa disabitata non caverebbe neanche un ragno dal muro. Quanto al funerale, è poco rispettoso nei confronti del defunto informarsi su cosa l’abbia ucciso mentre il parroco celebra la funzione.
    Sai scrivere molto bene, ti seguo con interesse.

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