Sette punte

Dove eravamo rimasti?

Dire “trovata” parlando di Meg forse è esagerare, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. Dove andremo a finire? Brasile. Spiagge, foresta vergine e tradizioni misteriose. (60%)

L’antiquario

Fortaleza International Airport, Brasil.

 Viaggio distruttivo: sarebbe stato meglio imbarcarsi su una scatola da scarpe sballottata dalla corrente dell’Oceano. Siamo tutti sfasati dal cambio di fuso orario, dalla lunghezza del tragitto, dalle correnti d’aria, dallo spazio limitato tra i sedili… tranne James. Lui continua beato a parlare, sorseggiando la sua aranciata preferita che, non si sa come, ha trovato anche qui.  Ipotizzo abbia corrotto qualcuno per portarla nel bagaglio a mano.

Fa un caldo allucinante ed il via vai di turisti non aiuta a trovare la concentrazione necessaria a raggiungere l’uscita di questo inferno concentrico. Ovunque strutture tondeggianti, buone solo a ricordarti che hai sete ed un cono gelato ti farebbe comodo, ma sei in Brasile, baby.

Dopo una decina di minuti di tentativi a vuoto, guadagniamo la prima boccata d’aria aperta, gas di scarico a parte. Dall’altra parte della strada, un tizio ben piantato con troppi denti ci fa segno di raggiungerlo sul pulmino grigio ruggine che ha parcheggiato in doppia fila. Dalla descrizione che ci hanno dato è Bapthiste, il nostro contatto in città.

Non so perché, ma ho il dubbio che non sia un buon presagio. E siamo solo all’inizio.

– Heilà, cercate la mora rompicoglioni? L’hanno vista all’Antigüedad.

Di fronte ai nostri sguardi vuoti, l’uomo fa un altro cenno per indicarci di chiudere le portiere. Appena ci addentriamo nel traffico ricomincia a parlare.

– Un’attività di copertura dell’ADA in questa zona.

Bapthiste puzza di sudore e guida come un pazzo per le vie del centro. Sarà un miracolo se arriveremo vivi in albergo. È Henry il primo a riprendersi.

– Ada? Chi è questa Ada?

La nostra guida inchioda ad un incrocio, facendoci rotolare ancora di più lo stomaco tra le budella. Si gira a fissarci, uno per uno.

– Amigos dos Amigos, se comprendi quel che intendo. A Rio stanno ancora sparando per il territorio. Qui non ne hanno bisogno.

Segue qualche minuto di silenzio. Baphtiste si muove un po’ in ansia sul sedile prima di dirci, con un filo di voce:

– Non so perché volete indietro la mora, ma fossi in voi prenderei un altro aereo e tornerei da dove siete venuti.

*

– Sempre in orario, segñorita.

La porta si è appena chiusa e già Heitor è alle mie spalle. Il vecchio proprietario del negozio di antiquariato puzza di roba vecchia e sigarette, ma dicono sia il miglior contrabbandiere in zona.

Non mi servono armi, cocaina, tabacco o tutte le cianfrusaglie che fa entrare nello Stato all’insaputa delle autorità. Voglio qualcosa di molto più prezioso che riposa sullo scaffale, proprio alle spalle della cassa…

Ho avuto modo di incontrarlo due giorni addietro. Cercavo notizie sulle tradizioni dei popoli aborigeni dell’entroterra. Mi avevano sconsigliato questo negozio, pieno di ninnoli insignificanti e degno più del nome di ferrivecchi che di antiquariato. Ma sapete com’è, dirmi di non fare una cosa è un invito a nozze, per me.

– Así que, cosa sei venuta a chiedermi oggi?

Ah, sarà una lunga partita, temo. Per l’occasione indosso il migliore dei miei sorrisi imbecilli da turista sprovveduta e mi metto a vagare con aria estatica per il negozio, ingombro fino all’inverosimile.

– Segñor, l’altra volta ho visto un vaso così bello, lo aveva proprio qui, al posto della pianta sulla credenza…

Heitor mi sorride, un sorriso di denti gialli e smielato che stona terribilmente con lo sguardo indagatore.

– Segñorita, l’altra volta non c’era nessun vaso lì. Parli di questo qui, dall’altra parte.

Nell’indicare il lato opposto della stanza fa un piccolo inchino, poi mi precede in direzione di un orribile contenitore degli anni quaranta massimo, di metallo. L’inchino è servito tanto per controllare se, sotto la gonna corta, ho qualcosa di potenzialmente pericoloso. Siamo in Brasile, signori, Fortaleza non è Rio, ma se hai occhio puoi vedere maree di gente con le armi anche qui. Posso capirlo.

Mi spiace solo che Heitor abbia controllato il posto sbagliato.

– Mira, segñorita, questo lo hanno trovato nella casa di da Costa e Silva! È raro, un pezzo de storia!

Ed io sono la Regina Elisabetta.

Passiamo così la successiva mezz’ora: io mi esalto sempre di più per mille nuovi oggetti, lui continua a propormene di nuovi. Passiamo anche davanti al mio obiettivo, ma mostro poco interesse. Arriviamo ad un accordo sul prezzo di due orride statue di ceramica raffiguranti un uomo ed una donna giusto in tempo per sentire uno strano cicaleccio in strada.

Il vecchio ha appena il tempo di rendersi conto di cosa stia succedendo che uno sciame di mocciosi cenciosi gli ha invaso il negozio, correndo e ruzzolando ovunque e causandogli un eccesso di rabbia. Io sono semplicemente pietrificata. Quando riesce a liberarsi di loro è paonazzo, ringhia del chiedermi di pagarlo e mi butta fuori in malo modo.  

Qualche strada più avanti, un bimbo sorridente mi si avvicina e allunga un involto. Viene ricompensato con una manciata di dollari americani ed io posso tornare spensierata al mio nuovo hotel.

Vediamo come movimentare ancora di più questa storia... cosa contiene l'involto rubato all'antiquario?

  • Il modellino di un vascello spagnolo (17%)
    17
  • Un vecchio libro dalle pagine scolorite (50%)
    50
  • Un pugnale intarsiato con misteriosi simboli (33%)
    33
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26 Commenti

  • Megan è proprio una tipa tosta! 😀 Considerando che la sua furbizia è una qualità assodata.

    Ho votato per un vecchio libro, il fascino delle pagine scolorite è innegabile.

    Sto apprezzando molto anche la descrizione del luogo, che va oltre la mera descrizione dei paesaggi, sfociando in una dimensione ambientale e culturale (mi regali l’idea del caos, del dubbio di avere di fronte gente armata, e di una strana allegria che aleggia per la città).
    Al prossimo episodio!

    • “Sei in Brasile, baby!” 😉
      Sono contentissima che tu riesca a leggere tra le righe tutto questo, significa che ho finalmente capito come far funzionare le parole combinandole tra loro ed è un grande complimento… mi sento onorata!
      Al prossimo, spero di non deludere le aspettative

  • Bentrovata Giulia. Si cambia genere dunque? Mi piace l’idea di calare Meg in un contesto diverso da quello metropolitano. Bella anche l’idea di presentare subito ‘la squadra’, molto eterogenea (ma saranno abbastanza.in gamba?). Meg mi sembra li abbia già messi seriamente in difficoltà con la trovata dei biglietti aerei. Ho votato per le Hawaii un po’ perché mi piace la location da paradiso perduto e un po’ perché mi è saltato all’occhio il riferimento al Margarita (a proposito onorato di averti ispirato, il Bloody Mary ci stava proprio bene)… E sempre a proposito di cocktail, il margarita è un cocktail messicano (benché sono sicuro che venga servito anche nei peggior bar di Honolulu). Esistono anche cocktail hawaiani, naturalmente, solo che il più famoso di essi è analcolico, adatto magari giusto a VJ…

    • Sì, cambio di genere, si spera con risultato positivo!
      Non so se saranno abbastanza in gamba, dipenderà tutto da come si evolve la storia… Ma ovviamente, tifiamo tutti per Meg (io compresa 😉 )
      Se ci fai caso, le citazioni ai vostri commenti sono molteplici: il cocktail, il mare, l’inizio della storia al tavolino di un bar, Firenzi lì attorno… mettere insieme tutto è stata la parte più divertente!

      E il Margarita era uno stratagemma… lode a te e a Danio che avete notato immediatamente il calzino spaiato! (e anche questa è una citazione, vediamo chi la coglierà!)
      Alla prossima, collega

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