LOVE AFFAIRS

Dove eravamo rimasti?

Siamo ormai giunti al termine di questa storia, la quale si concluderà con: la citazione di un libro (40%)

“Planet Earth is blue and there’s nothing I can do...“

Ciao, quando stasera tornerai dall’aeroporto io non ci sarò, ho deciso di trascorrere qualche giorno lontano da tutto e da tutti. Ti prego di non cercarmi in questi giorni, chiamerò io i bambini, approffittane per stare con loro il più possibile, ne hanno bisogno.”

Questo è il laconico messaggio che ho inviato a Pietro il giorno in cui sono partita, se lui mi conosce bene e ho la presunzione di si, so che queste poche parole gli basteranno e capirà che la solitudine mi è necessaria per riflettere sul futuro del nostro matrimonio. La città mi ha accolto con la consueta moltitudine di persone, suoni, colori e odori e la controversa sensazione di trovarsi “a casa” in un luogo estraneo. Appena arrivata in albergo ho inviato una mail ad Andrea. La nostra relazione si è interrotta quando Pietro se ne è andato, ma abbiamo continuato a sentirci e a vederci regolarmente, tanto per lamentarci un po’ delle rispettive vicissitudini. Devo ammettere che se mi è rimasto qualche grammo di autostima lo devo a lui, alla sua calma, al suo innato ottimismo, alla sua capacità di vedere il bicchiere sempre mezzo pieno, quando io non vedevo alcun bicchiere, tranne quelli irriducibilmente vuoti dei due mojito appena scolati. Insieme abbiamo riso, abbiamo pianto e provato tutta una serie di emozioni che racchiuderò in quel piccolo angolo del cuore dedicato alle emergenze. Entrambi sappiamo che non avrebbe funzionato, non in questo momento, non a queste condizioni.

Nonostante la stagione il tempo è bello, le giornate sono fredde ma soleggiate e mi consentono di camminare in compagnia dei miei pensieri. Londra è il mio rifugio, le sue strade, le vetrine scintillanti, i mille rumori fanno da sfondo a queste giornate che oscillano tra dubbi, certezze e le innumerevoli domande a cui non trovo risposta.

 Pietro pensa che sia tutto relativamente semplice, ha sbagliato, lo ha ammesso, ha chiesto perdono, basterebbe ripartire da questo punto, da un nuovo inizio evitando di ripercorrere gli errori del passato.  Vorrei fosse così semplice ma dovremo inevitabilmente fare i conti con ciò che è successo e al contempo riabituarci a noi, con il rischio di ritrovarci al punto di partenza. I nostri bambini meritano una decisione ferma e decisa, hanno già sopportato le nostre scelte impulsive, hanno finto di credere a troppe bugie, ora dobbiamo loro decisioni chiare e definitive.

Esco dalla stazione della metropolitana dopo aver passato la mattina a saccheggiare i sette piani di  Hamley, con il risultato che ora devo destreggiarmi tra la folla carica di borse e pacchi ma sono certa che domani sera gli occhi scintillanti dei miei bambini alla vista dei regali mi ripagheranno di questo disagio. Sono le ultime ore di solitudine, domani tornerò a casa riponendo in valigia gli stessi interrogativi che avevo alla partenza. Forse dovrei prestare la dovuta attenzione ad eventuali “segni” o a velate illuminazioni che potrei scorgere sul mio cammino.

Mi ritrovo davanti all’ingresso di Regent’s Park quasi senza accorgermene. Seguo il suono di una chitarra e mi fermo vicino ad un gruppo di persone, un ragazzo sta suonando e cantando Space Oddity. Mi unisco agli spettatori e insieme a loro ripeto le parole di questo brano stupendo. La commozione è palpabile in questo  momento di doveroso e sentito tributo.

Mi allontano e mi avvio lungo i viali che delimitano i prati. Curiosamente mi ritrovo a pensare alle volte in cui io e Pietro siamo ritornati qui a Regent’s Park: trascorremmo ore a cercare la “nostra” panchina, litigando sulla sua ubicazione, quando in realtà nessuno dei due si ricordava quale fosse.

Ne individuo una libera e mi siedo occupando il resto dello spazio con le borse. Accendo l’e-reader, finirò di leggere “L’Amore ai tempi del Colera” nonostante conosca quasi a memoria quelle pagine. Lancio uno sguardo in direzione delle persone che camminano sul viale, il riverbero del sole mi impedisce di distinguerle in lontananza mentre si avvicinano. Continuo a leggere, poi mi distraggo di nuovo e rialzo lo sguardo e, sarà sicuramente a causa  del riflesso del sole, o della  trascurata miopia, o forse di queste maledette lacrime che mi stanno inondando gli occhi, ma riesco a malapena a riconoscere quella camminata, così familiare e unica in mezzo alle tante sconosciute. Riabbasso velocemente lo sguardo e ripeto le frasi conclusive del romanzo, perfette per suggellare questo momento.

“E fino a quando crede che possiamo continuare con questo andirivieni del cazzo?” gli domandò.

Florentino Ariza aveva la risposta pronta da cinquantatrè anni sette mesi e undici giorni, notti comprese.

“Per tutta la vita” disse (L’Amore ai Tempi del Colera – Gabriel Garcia Marquez)

 

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43 Commenti

  • ringrazio tutti coloro che hanno avuto la pazienza di seguirmi fino alla fine. E’ stata la mia prima esperienza su The Incipit, spero di avere abbastanza ispirazione per ripeterla, chissà, provo persino un pò di “nostalgia” per i personaggi del racconto.
    Speriamo di ritrovarci presto e GRAZIE A TUTTI!

  • Non ho parole per descrivere questo finale, aspetta forse ne ho trovata una… MERAVIGLIOSO! Per chi, come me, è un’inguaribile romantica e crede nell’amore, quello autentico, quello con la A maiuscola non può che adorare questo finale che sottolinea quanto, aldilà di tutto e tutti, l’amore vince sempre, sui tradimenti, sulla routine, sulle responsabilità, sulle incomprensioni e quant’altro. Basta crederci, ma, soprattutto, basta volerlo. Bellissima la citazione di Marquez.
    BRAVABRAVABRAVABRAVABRAVABRAVABRAVABRAVA!

    • Sono contenta, Anna, che ti sia arrivato questo messaggio, perchè è tutto ciò in cui credo anch’io e ho cercato di trasmetterlo alla mia maniera in questo racconto. Ti ringrazio per la pazienza che hai dimostrato nel seguirmi in questa mia prima esperienza, e per i complimenti che mi hai sempre riservato. A presto!

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