Dove eravamo rimasti?
Giunge il girono
Giunge il fatidico giorno. Rivestita, sanata dalle ferite, tirata a lucido come una vacca destinata all’altare del sacrificio.
<<Una donna bella come te merita senz’altro un anello di diamante. Spero che quelle manette di diamante sintetico ti siano ugualmente gradite.>> si compiace Koltz nel credermi impotente, mentre mi conducono ai livelli inferiori della struttura.
<<Potrei liberarmi strappandomi un braccio a morsi, e fare lo stesso con il tuo.>> sibilo.
<<In tal caso, l’esperimento K-15 soffrirebbe di un irrimediabilie avvelenamento di piombo.>>
Koltz indica con la testa la piccola Adelia al nostro fianco, sotto mira da parte di uno dei sei squadristi spagnoli di questa nuova Geistmorgen ai suoi comandi.
Quando l’elevatore ci porta all’ultimo livello della base incavata nel vulcano, il tanfo di zolfo ci invade le narici, le nostre gole inaridiscono all’avvicinarsi della voragine che si spalanca ai nostri piedi.
<<La leggenda narra che nel vulcano di El pico Larrún riposi un mostruoso serpente a sette code>> prosegue sornione il professore <<Non penso che voi leggende abbiate bisogno di presentazioni.>>
Le crisi di rabbia che mi assalivano, un segnale di allarme sepolto nei meandri più oscuri del mio cervello.
Una delle Bestie Profonde che nelle Ere Antiche sfidarono il dio Xarathos mio creatore per il dominio del mondo, rimasta silente per milioni di anni e risvegliata dai deliri di onnipotenza di questi nazisti fuori tempo massimo.
Uno smisurato, osceno globo acquoso trattenuto da un carapace costellato di repellenti aculei, viscidi tentacoli, fessure simili a bocce che sputano falangi untuose e sinistri lamenti gutturali.
<<Le emissioni ioniche della Bestia Profonda vengono convogliate negli acculumatori e impiegate per alimentare la Wetterwarte. Con il tuo sacrificio sarò in grado di colpire con tempeste controllate i corrotti governi che arrestano il progresso della razza pura.
Credo che inizierò da Berlino. Le risparmierò l’onta della sottomissione alle impure potenze giudee e bolsceviche.>>
Uno dei soldati – un energumeno che spicca su tutti gli altri – mi colpisce in testa con un poderoso pugno a martello, mi solleva come un sacco di farina pronto a gettarmi in pasto al mostro.
Lo avverto a malapena, poco più di un subilo, ma il gigante lo sente bene, e si accascia con un pallino nero in mezzo alla fronte.
I nazi perdono belle fette della loro disciplina mentre scrutano ogni angolo della falange rocciosa in cerca del cecchino appostato, ma Stella d’Ottobre continua nel suo canto di morte.
Nonostante i polsi ammanettati dietro le spalle, ruoto del tutto le braccia scarificando l’integrità di ossa e muscoli, che escono dalle loro cavità. Un dolore d’inferno, ma agguanto il collo del professore con le manette, e neanche lui se la passa bene.
<<Koltz, tu sei davvero superiore a qualsiasi altro uomo.
Sei l’unico che verrà ucciso da me due volte.>>
Si batte con determinazione, non vanamente, mi ricaccia all’indietro e agguanta la piccola Adelia, puntandole la Mauser C96 sul musino spaventato.
<<Mia fulgida valchiria ariana, mia sposa sanguinaria.
Tu uccidi me, io uccido te, entrambi torniamo e il mondo trema sotto i nostri passi.>>
<<Tu vuoi me. Libera nostra figlia.>> mi ritrovo a dire.
<<Io posso generarne altre. Ma tu no. Resterai per sempre la macchina sanguinaria progettata dal dio Xarathos. Disumana, vuota, sola.>>
<<Almeno, ho qualcuno dietro di me.>> sorrido pur nel dolore <<Per la precisione, una cecchina russa che odia i nazi.>>
Mi tolgo dalla linea di tiro e Stella d’Ottobre fa la sua magia. Il crucco viene colpito alla spalla destra e barcolla verso il baratro, che imbocca con un urlo di terrore. Portandosi dietro la piccina.
Mi getto come un falco, tendo il braccio allo sproposito, una piccola manina agguanta quella che offro.
<<Mamma!>>
Cartilagini e muscoli che si sfaldano, non ce la farò a tirarla su.
<<Adelia, mi dispiace tanto. Sono una donna cattiva. Mi merito l’inferno, ma tu no.>>
<<No, mamma.>> mi risponde quel fagottino lacrimoso <<Tu sei una cattiva buona.>>
La sto per perdere. L’unica vita che abbia mai generato e non ucciso. Ma le braccia a reggerla diventano due, la sagoma bassa ed esile di Stella d’Ottobre si affianca alla mia, e la issiamo su.
<<Grazie. Sono in debito con te.>> riconosco.
<<Se vuoi sdebitarmi, resta ferma mentre ti sparo.
La mia missione sei ancora tu, ricordi? Se torno a Mosca senza trofei verrò degradata.>>
Non sono un’esperta di umorismo, ma credo di sapere quando qualcuno sta scherzando.
E non toglie il dito dal grilletto del Simonov AK-47.>>
<<Abbiamo ancora una base piena di nazisti, una centrale metereologica da far crollare e un mostro preistorico da seppelire, prima. Credi che ce la faremo?>>
<<Noi due insieme? Fai strada, tovarisch.>>
18/10/2016 at 17:48
Ciò che caratterizza principalmente i tuoi racconti sono i personaggi eroici, anche se non proprio buoni, a cui sai dar vita, portano avanti la storia e tutto il resto (trama, scenari, pathos, stile) li segue a ruota. Mi piacerebbe leggerti ancora, a presto.
23/09/2016 at 17:56
Be’ bella storia, bel mondo, complomenti Nickleby.
Scrivi bene, scorrevole, hai un sacco di idee. Potevo scoprirti prima, probabilmente, ma ti terrò presente appena torni. Ho dato un occhio anche al tuo sito. Un SEO, dunque. Che effetto fa dover spiegare a tutti in cosa consiste il tuo lavoro?
Ciao ciao
19/09/2016 at 11:20
Un finale veramente bello! A quando il seguito? Mica può terminare così, no? 😀
Mi è piaciuto molto questo racconto, specialmente per come Vendetta abbia mostrato un “lato umano” stando a contatto con la bambina. Complimenti! 🙂