Gli invisibili

Birba

 Le ombre della sera piano piano scendevano lungo le vie della città. Le vetrine dei negozi sembravano diventare sempre più luminose. Gli oggetti esposti ammiccavano i passanti frettolosi. Qualcuno si fermava con aria un po’ annoiata. Le ragazzine vocianti lanciavano gridolini di piacere davanti ai telefonini d’ultima generazione. Un ritmo esotico copriva i rumori delle auto ogni volta che la porta di un bar si apriva. Una coppia abbracciata camminava lentamente sotto i portici ignara di tutto ciò che la circondava. Alla fine dei portici, proprio ad angolo con la via che portava in centro, un venditore di caldarroste si scaldava sulle braci, attirando le persone con il profumo delle sue castagne.

– Quanto costano?- chiese Jimmy. 

Lui era un ragazzo, anzi non proprio. Oggigiorno  i trentenni li consideriamo dei ragazzi. Ma sono uomini. Si, lui aveva trent’anni compiuti da qualche mese. Il giorno del suo compleanno lo aveva trascorso camminando lungo il fiume. Gli piaceva quel posto. Camminava facendosi largo tra gli arbusti che coprivano la riva. L’odore fangoso dell’acqua gli arrivava alle narici dandogli una strana sensazione che andava dalla repulsione al piacere del contatto con la natura. Quel giorno era particolarmente triste. Quando la melanconia lo assaliva e capitava abbastanza spesso, gli piaceva assecondarla, immergersi e gustarla fino in fondo, quasi che potesse toccare il suo essere più profondo. Era andato via da casa da tre anni. Aveva sbattuto la porta e se n’era andato. Al diavolo tutti. Volevano fare di lui ciò che non era. Nessuno l’aveva mai capito. Neanche sua madre. A loro, i suoi genitori, importava solo “la sistemazione”. Forse per gente semplice e un po’ ignorante il fatto di avere un figlio laureato era un traguardo notevole. Il salto sociale che sognavano: un figlio avvocato. Sognavano per lui uffici lussuosi dove i prestigiosi clienti facevano la fila per le sue consulenze e loro con sguardo magnanimo potevano permettersi di dare una mano anche alla zia Pina che era rimasta vedova con uno straccio di pensione. Ma lui aveva in fondo al cuore un’inquietudine che non passava. I traguardi nello studio, nello sport e anche con le ragazze dopo qualche brivido di eccitazione lo lasciavano sempre più indifferente. Al diavolo anche loro.

Mentre camminava, si ricordò che quel giorno era il suo compleanno. Che strana mania quella di festeggiare un evento che neanche ti ricordi. Te l’hanno detto gli altri che sei nato in quel giorno. Potrebbe essere anche un altro per quel che ne sai. Comunque compiva trent’anni. Nessuna emozione, nessun brivido. Pura indifferenza. Sua madre gli diceva che appena nato era già una birba. Si, proprio così “una birba”.  Un rumore attirò la sua attenzione. Cos’era? Un fruscio o una voce? Il suono delle acque continuava la sua nenia e…si, ancora quel rumore, come di rami spezzati. I suoi sensi divennero sempre più attenti a percepire la più piccola anomalia. Tutto era così perfetto, solo quello strano suono indefinito. Si fermò per ascoltare meglio. Ecco ora si sentiva bene. Era come un respiro rumoroso. Una voce  flebile inarticolata. Piano piano si avvicinò al luogo dove gli sembrava provenissero i rumori. Rimase paralizzato nel vedere la scena che aveva di fronte. Un piccolo cane tutto insanguinato era riverso su un tappeto di foglie. Ma da dove veniva? Forse era stato investito. Qualcuno lo aveva abbandonato. Non sapeva cosa fare. Si guardò intorno ma non vide nessuno. Gli occhi del cane lo guardavano supplicanti e i guaiti si facevano preghiera. Senza pensarci due volte si tolse la maglietta e la bagnò nel fiume. Con delicatezza cercò di ripulire la bestiola. Dopo che il sangue fu eliminato vide  una profonda ferita nella coscia. Strappò con forza un lembo della maglia e l’avvolse stringendo. Prese l’animale e con delicatezza  lo tenne stretto al petto.

Jimmy abitava in una rientranza di un palazzo, tra due portoni. Doveva fare tutto il portico e in fondo a sinistra c’era l’edificio ricoperto di marmi grigio scuro. Aveva un sacco a pelo e un borsone pieno di indumenti. Per terra aveva messo un cartone. Dormiva li da qualche giorno. Finora nessuno gli aveva detto nulla. Ora aveva un ospite. Qualcuno di cui aver cura. Si sedette e cominciò a osservare il piccolo cane con cura. Era una femmina. Forse aveva fame. Tirò fuori il suo cappellino da basket e lo posizionò un po’ più in là. Cercò nel sacco qualcosa per cambiare la fasciatura.  -Grazie – disse a qualcuno sentendo il rumore delle monetine. Guardò, si, bastavano,poteva andare da Enzo e farsi dare qualcosa da mangiare a buon mercato. Adesso aveva una bocca da sfamare in più. Bella, era una bella cagnolina. Aveva lo sguardo vispo da birbante. Certo! Birba! Ecco,l’avrebbe chiamata così, come aveva fatto sua madre. Era il giorno del suo compleanno e Birba era proprio un bel regalo.

Entrò nel negozio di alimentari.

-ciao Enzo, ho solo un euro e cinquanta e siamo in due. Cosa mi dai?- disse sicuro di essere esaudito

Chi è Enzo? Come aiuterà Jimmy?

  • Enzo, vedendo Jimmy con un animale ferito chiama i vigili urbani (0%)
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  • Enzo comincia ad esser stanco di esser sfruttato da Jimmy (0%)
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  • Enzo gli offre un panino e una ciotola d'acqua per il cane (100%)
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