Lemures

Dove eravamo rimasti?

Cos'è accaduto nella cava? Che fine ha fatto Edison? Mi indirizzerete voi, in base al tipo di finale che vorreste leggere! Buon divertimento Finale dolce (60%)

La città bianca, come una colomba

«La differenza fra leggenda e realtà è sottile come un granello di sabbia» disse Abigail con lo sguardo basso, concentrata ad osservare i suoi piedi sprofondare nella rena fresca.

«Come, scusa?!» rispose Almásy, intento a godersi l’atmosfera creata dall’intensità del tramonto.

«È una frase che ripeteva spesso mio padre, nel periodo che abbiamo passato qui» il sorriso della donna si allargò leggermente al ricordo di quei momenti. Il conte ascoltava volentieri, catturato dalla bellezza della narratrice.

«Durante una delle sue tante esplorazioni fece visita ad un piccolo villaggio, dove ebbe l’opportunità di incontrare un Imam per un colloquio privato. Una conversazione che lui amava definire “illuminante”. E quando facevamo ritorno in Inghilterra, la utilizzava spesso per chiudere le sue conferenze».

«Dopo quello che ci è successo, direi che quell’Imam aveva pienamente ragione» rispose Almásy. Giunti davanti ad una piccola roccia vi ci sedettero accanto, utilizzandone un angolo come appoggio per le loro schiene. Volsero entrambi lo sguardo da dove erano arrivati. Potevano ancora vedere le loro auto – due puntini verdi persi nella vastità del deserto – e la Cava dei Nuotatori. Da quella posizione non era possibile determinarne la forma, annullando di fatto la sua unicità rispetto alle altre composizioni rocciose. 

«È esattamente come per noi essere umani» l’espressione perplessa di Abigail spinse Almásy a proseguire. «Da lontano, sembriamo tutti uguali. È quando riesci ad entrare nell’anima di qualcuno che scopri un mondo completamente diverso dal tuo». Lei, non rispose. Si limitò ad appoggiarsi sulla sua spalla sinistra, socchiudendo gli occhi per il contatto diretto con gli ultimi, lievi raggi di sole rimasti.

«Dov’è Edison?»  

Nel porre la domanda, dalla voce di Almásy non trasparì alcuna inflessione d’ira. Tutt’altro. Un velo di preoccupazione si era fatto strada sul suo viso. Fu come se si sentisse responsabile per ciò che era accaduto al compagno di spedizione.

«Molto probabilmente sei svenuto per l’eccesso di dolore causato dalla bruciatura sul collo» si introdusse Abigail. Istintivamente, il conte si portò la mano sulla ferita, ancora capace di fargli venire i brividi. «Dopo che Edison ti ha lasciato cadere a terra, il suo corpo ha continuato a fumare ancora per qualche secondo». Si fermò un istante, come a ripercorrere quei momenti con la mente per renderli poi vivi nelle sue parole. «Poi, è svenuto anche lui. Io sono immediatamente corsa a vedere come stavi, mentre Barrett e Nick si sono occupati di Edison». Si interruppe nuovamente. A quel punto, Almásy la scostò delicatamente dalla sua spalla e la guardò dritta negli occhi. I loro sguardi erano talmente intensi da dare l’impressione di essere uno dentro l’altro.

«Prima che uscissimo dalla grotta, è successa una cosa strana. Dal corpo di Edison si è improvvisamente sprigionata una luce accecante, un bagliore biancastro dal quale ha preso forma una bellissima colomba…per un attimo, ho come avuto l’impressione che mi guardasse e volesse dirmi qualcosa. Poi, è volata via».

«Hai detto una colomba?!» chiese Almásy con tono allarmato, alzandosi di scatto. Abigail lo guardò stranita, incapace di comprendere il perché di tale reazione. «Dov’è Edison?» la seconda domanda uscì ancora più turbata della prima.

«È assieme a Barrett e Nick. Quando l’abbiamo portato fuori dalla grotta ha ripreso i sensi, ma era esausto. L’abbiamo fatto sdraiare nel retro di una Jeep e si è addormentato pochi minuti dopo»

«Per caso ha detto qualcosa, prima di addormentarsi?» il petto di Almásy si muoveva in maniera vistosa e irregolare e mostrava la repentina accelerazione della sua respirazione.

«Ciao László». Il conte riconobbe subito quella voce ma, allo stesso tempo, vi notò qualcosa di diverso. Rispetto all’ultima volta, la sua tonalità si era abbassata di almeno una nota, diventando più grave e profonda. E poi, era la prima volta che un componente della spedizione lo chiamava per nome.

«Ciao, Edison. Sono felice di rivederti»

Il topografo si avvicino ai due compagni camminando lentamente. Non appena si trovarono uno di fronte all’altro, il conte notò che anche Edison era a piedi nudi. Un sorriso di complicità percorse la piccola distanza che li divideva. Poi, Edison la infranse e una dolce folata di vento trafisse l’intero paesaggio. Il loro abbraccio ebbe la forza di smuovere anche la soave austerità di Madre Natura. Sciolta la stretta, i tre tornarono al punto di partenza. Dove tutto aveva avuto inizio.

In mezzo al deserto giace l’oasi dei piccoli uccelli,

una città bianca, bianca come una colomba.

«Da che parte è volata la colomba» domandò Almásy. Con sguardo sorridente, Edison gli indicò la via.

Ora, una consapevolezza attraversava le menti dei quattro esploratori. Non solo il mito dell’oasi sperduta era stato spezzato per lasciar spazio a qualcosa di concreto, ma loro ne sarebbero stati i diretti testimoni. I grandi eletti, scelti come parte integrante di un volere superiore.   

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53 Commenti

    • Ti ringrazio Serena! 😀 Sinceramente, quando l’ho cominciata mi aspettavo tutto tranne che prendesse questa piega. E’ stata una sorpresa molto piacevole…e questo, lo devo soprattutto a voi che mi avete seguito e indirizzato impeccabilmente! Alla prossima 🙂

  • Il punto di vista della rapita si è già intuito in questo episodio e nell’ultima scena – comunque già una visione del suo punto vista trattandosi di una narrazione in terza persona limitata – per cui troverei interessante ( ma la platea mi smentisce) il punto di vista del rapitore. Certo svelerebbe i suoi piani rendendo tutto meno incredibile, ma servirebbe a comprendere il nodo della questione in modo più introspettivo. Spero non salterai all’uso della prima persona, non sarebbe un bel salto. Usa il punto di vista in terza limitata… Oppure fai come vuoi, mi piace in ogni caso e molto, il tuo modo di raccontare. 😉

  • Un racconto storico non è mai facile da gestire perché, a differenza degli altri generi, ha bisogno di quel quid in più per essere credibile. Per questo motivo, nonostante il tuo incipit fosse veramente molto bello, ti ho tenuto d’occhio per un po’ prima di commentare. E devo dire che fin qui, non mi hai deluso. La tua storia è costruita molto bene, è intrigante e apprezzo abbastanza il tuo stile di scrittura – stai un po’ più attento alla punteggiatura e cerca di usare meno gerundi, piuttosto, se riesci, accorcia i periodi. Per il resto, bravo, ti seguo!

    • Be che dire…trovarsi un commento come questo non può che spingermi ancora di più a buttarmi a capofitto in questo fantastico mondo che è la scrittura…grazie per i complimenti e, soprattutto, per le critiche costruttive, delle quali faro enorme tesoro!

  • ” Esiste un mondo dove l’asfalto si arrende all’imponenza della sabbia” … un attacco davvero valido. Un incipit interessante. Letto fin qui volentieri. Se l’attacco – sopracitato – fosse tematico, avresti rispettato in tutto e per tutto la costruzione narrativa di una buona struttura e quindi di una buona scrittura; spero si rivelerà tale. Seguo per scoprirlo. 😉

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