I giganti d’oro

La scoperta

Il boato svegliò tutti gli abitanti del quartiere. L’insolita sveglia fu data dal crollo della parete occidentale della Basilica di San Saturnino a Cagliari, durante le prime ore del mattino. Se non ci fosse stata la recinzione di sicurezza per i lavori di restauro, la parete avrebbe investito sicuramente la coppia che amoreggiava a poca distanza.

Un passante chiamò i carabinieri, che a loro volta chiamarono i pompieri e i responsabili del restauro. La facciata occidentale, parzialmente crollata, presentava la divisione in tre specchi. I due specchi laterali conservavano i portali, sormontati da semiarchi. Oltre la facciata si accedeva al piano di calpestio dello scomparso braccio ovest, oltre il quale si trovava l’attuale accesso alla chiesa. Il crollo aveva esposto alla vista un semiarco nascosto prima dalla giunzione del transetto con la parete adiacente.

Spuntò l’alba, i pompieri stavano mettendo in sicurezza la zona e l’archeologa responsabile del restauro Piera Loy, chiamata per l’urgenza, venne finalmente condotta all’interno della Basilica. Aveva solo sessant’anni, ma sembrava invecchiata di colpo. Appariva ingobbita e fragile. La Prof. Locomotiva, come la chiamavano i suoi allievi; quando si metteva un obbiettivo partiva proprio come un locomotore e non si fermava fino a quando non lo raggiungeva. Sessant’anni fino allora ben portati, sposata con un medico ricercatore, i suoi amici ammiravano la sua forza d’animo e il modo con cui affrontava le sfide. Fisico atletico, abbronzata per le molte ore passate in barca veleggiando con Roberto, suo marito.

Quando vide la devastazione, le salirono le lacrime agli occhi: il tratto in restauro, gli scavi, tutto da rifare! E come se non bastasse la distruzione di parte del sito, le si attribuivano delle responsabilità, come se fosse stata lei a far crollare tutto. L’ingegnere del comune la distolse dai quei pensieri e le indicò la voragine a metà del transetto. Inchinandosi vide solo due gradini, il resto spariva nel buio.

“Può procurarmi una lampada?” chiese all’ingegnere. “Certamente, arriva subito.”

Dopo pochi minuti si ritrovò a scendere quei gradini, curva, con le mani che tremavano e il cuore che batteva a mille per la fortuita scoperta. “Uno,due, tre, quattro, ecco, ora sembra che lo spazio mi permetta di stare eretta”. Emozionata come una bambina, ma determinata, in quel momento non avrebbe mai pensato che quell’evento fosse l’inizio dell’avventura più bella della sua vita.

“Ingegnere, il passaggio si allarga, può scendere.”

L’ingegner Pani scese pesantemente i gradini, con la sua mole e la sua altezza, era già un miracolo che riuscisse a entrare in quel poco spazio rivelatosi dopo il crollo. Arrivato alla fine dei gradini chiamò Piera: “Dottoressa?”

“Sono qui!”, rispose una voce da sotto terra. L’archeologa era scesa ancora di venti gradini, oltrepassando un finto muro a circa due metri dai primi: il muro era nascosto da una colonna rovesciata sopra la parete frontale. Lo spazio era angusto, puzzava di muffa e l’acqua gocciolava in piccole pozzanghere; l’umidità entrava nelle ossa e provocava brividi sgradevoli.

“Maledizione, qua mi trovano stecchito” pensò l’ingegnere.

Scese con prudenza gli altri scalini, resi scivolosi dall’umidità, e percorso l’ultimo tratto sgranò gli occhi di fronte allo spettacolo che le lampade rivelarono.

Uno spiazzo con rettangoli scavati e ricoperti da lastre di travertino, almeno così sembrava, una serie di tombe inviolate che terminavano in fondo alla grotta in una discarica d’inerti che arrivava da chissà dove.

Piera tremava per l’emozione, già immaginava tutto il lavoro di scavo e catalogazione, l’invidia dei colleghi e il lavoro sovrumano per impedire che la scoperta fosse messa a tacere. La lampada illuminava le tombe impolverate e il viso cereo dell’ingegnere.

“Accidenti, e ora? Qua ci scappa il finimondo, ma si rende conto, dottoressa, che siamo a due passi dal cimitero di Nostra Signora di Bonaria?…”

“Ingegner Pani, la prego, non metta paletti, prima dobbiamo avvisare l’università, poi sarà necessario richiedere una campagna di scavi.”

“Dottoressa Loy? Ingegner Pani? Dove siete, dovete firmare per l’intervento!”

 Il richiamo del capo dei pompieri interruppe il dialogo…

“Ora risaliamo, e, ingegnere, non faccia parola con i pompieri di ciò che abbiamo trovato!”

“Ma…”

“Per favore, la prego…”

Risalirono i gradini e si ritrovarono in superficie, dove li attendeva il comandante dei vigili del fuoco: “Signori la zona è in sicurezza, almeno per il momento, l’ingegnere sa bene cosa fare ora. Chiamateci per la verifica”. “Arrivederci, comandante” dissero, quasi all’unisono. “Che cosa deve fare ingegnere? Che verifica?”

 “In questi casi devo allertare una squadra, mettere transenne e tappare le voragini”

 “Non vorrà nascondere tutto?”

“Devo, mi dispiace, poi i vigili del fuoco torneranno per i sigilli.”

“No, la prego, è un tesoro inestimabile, una scoperta eccezionale, non può, non deve…”

Piera riuscirà a intraprendere la campagna di scavi?

  • Piera corre in sovrintendenza e convince il suo superiore a intraprendere la campagna di scavi. (0%)
    0
  • L'ingegnere fa rapporto impedendo a Piera di continuare. (25%)
    25
  • L'ingegnere tace e Piera continua di nascosto gli scavi. (75%)
    75
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31 Commenti

  • Ciao Anna,
    Arrivo tardi ma mi sono rimesso in pari.
    Sento mooolto vicino a me il tuo racconto. Tra l’altro col mio hanno almeno una cosa in comune: tu citi Melkart, e Melqart è il nome della nave che trasporta i miei scalcinati astronauti. Melkart o Mlqrt o letto al contrario Eracle, Ercole. E fatti non fummo a viver come bruti… e sappiamo tutti e due che oltre le Colonne d’Ercole il nostro eroe non trovò l’Atlantico, ma costeggiò a destra, verso il Sinis e quel grande golfo, dove… ma non divaghiamo 🙂
    Narrazione avvincente che mostra che non è necessario chiamarsi Jack o Peter o Indiana o qualunque altro nome esterofilo per essere i protagonisti di un archeo-fantasy con tutti i crismi. Penso, come te, che la tua storia meriterebbe di avere un pubblico più vasto.
    Hai chiesto consiglio su come fare. Posso darti il mio parere: per farti conoscere devi conoscere gli altri, quindi leggi più che puoi in questa piattaforma, commenta quello che ti piace o che veramente non ti piace, segui ciò che ti colpisce. Insomma, suscita curiosità: molti di quelli a cui scriverai un commento verranno a trovarti, leggeranno la tua storia, qualcuno di loro la troverà sicuramente interessante, altri ne leggeranno mezzo capitolo e magari solo per cortesia ti faranno un commento anche lusinghiero. Comunque, avrai ottenuto un po’ di pubblicità. Certo, ci vuole tempo e ci sono anche scorciatoie più veloci come la promozione. Vedi tu. Per il momento ti suggerirei di non completare la storia prima di aver provato ad aumentare il bacino di lettori. Io comunque ti seguo.

    A si biri!
    Ah, voto che is piccioccus iscoberrinti cancu’a cosa de incredibili!

  • I Giganti… sono curiosa di sapere chi sono e che ruolo avranno nella vicenda. Piera mi sembra una tipa che sa il fatto suo ed è a capo di un team tosto, i Giganti avranno filo da torcere 🙂
    Bel capitolo, sai dare la giusta attenzione a tutti i personaggi, senza tralasciare storia e ambientazione. BRAVA!

  • Confesso che so quasi niente del “mondo dell’archeologia” (ho letto sulla scoperta della tomba di Tutankamon, da Carter), posso solo immaginare che un bravo archeologo deve essere intuitivo per credere che “c’è qualcosa d’importante” anche prima di trovarla. E quando succede che arriva l’intuizione, viene preso da una specie di febbre euforica.
    Scoperchiamo questo vaso…
    ciao
    🙂

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