I giganti d’oro

Dove eravamo rimasti?

Il mistero si infittisce, cosa succederà? Piera sarà oggetto di ritorsioni per aver scoperto qualcosa che doveva rimanere segreto. (50%)

Contrapposizioni

Due sciamani, i detentori del sapere universale: Tziu Ladreddu il custode del tempo e Melkart, lo spirito della terra.

“Tziu Ladreddu, i “semplici” sono sulla via, la scopriranno presto”

“Non preoccuparti Melkart, è avvenuto perché è scritto, i saggi sono al sicuro, tu rientra tra gli umani, e fai in modo che tutto si svolga senza intoppi. Sarà l’inizio della consapevolezza per i “semplici”. Ora va”

“Adiosu (arivederci) Tziu Ladreddu”

 All’università di Cagliari:

L’eccitazione era palpabile, la tavoletta poggiata in un panno di mussola, dava bella mostra di se nella scrivania del rettore. Piera non stava più nella pelle, un volume grande quanto una valigia sottobraccio e il viso arrossato  accompagnavano una situazione ben più emozionante di quanto si aspettasse un’ora prima.

Il rettore, un personaggio dall’aria burbera e arcigna spostava lo sguardo da Piera alla tavoletta e scuoteva la testa come un “cagnolino no no” .

“Dott. Puxeddu dica qualcosa…” Fece Piera, impaziente di sentire cosa ne sarebbe stato della sua scoperta.

“Dottoressa, lei non doveva fare ricerche senza il mio nullaosta, lo sa? Sa che potrebbe perdere il lavoro sul sito per questo? E forse anche la cattedra?” Il viso di Piera diventò di tutti i colori e si affrettò a rispondere:

“Non ho fatto ricerche, è che…”

“Non voglio sentire pretesti. Questa tavoletta andrà al museo, ma prima passerà un po’ di tempo in restauro, arrivederci Dottoressa!”

Con le braccia al livello del terreno e il morale ancora più sotto, Piera raggiunse i compagni d’avventura nella scalinata fronte l’ateneo. Li guardo e sollevò le spalle, come a dire niente tavoletta, ne scavi né altro!

 “Com’è andata?…ha…”

“Zitto Matthew, ho un diavolo per capello”

Diana che aveva capito la situazione, aveva un sorriso stampato in faccia che fece innervosire ancora di più Piera. Stava per sbottare quando Diana rivelò il pensiero che le provocava il buonumore:

“Ho la fotografia della tavoletta” disse candidamente. 

A casa di Diana, radunati intorno al tavolo del soggiorno, con una gigantografia della tavoletta in scisto sotto gli occhi, i tre amici cercavano di tradurre i caratteri incisi in quella che loro credevano fosse la lingua scritta del popolo sumero.

“Qua c’è bisogno di un esperto. La scrittura cuneiforme fu inventata dai Sumeri in Mesopotamia nel III millennio A.C. Una lingua che genealogicamente non è imparentata né con quelle semitiche, né con quelle indoeuropee.

Il cuneiforme fu adottato dai Babilonesi, popolazione semitica, che si servì di questo sistema di scrittura fino al primo millennio a.C., con una serie di adattamenti e semplificazioni, fino alla scrittura semi alfabetica cuneiforme dell´impero persiano. Quindi, che ci fa una tavoletta con la scrittura sumera dentro una tomba precristiana?”

 Piera espresse i suoi pensieri ad alta voce.

“Diana, conosci qualcuno che studia questa lingua e potrebbe tradurre? Tu sei sempre in giro per il mondo per partecipare ai congressi”. Chiese Matthew.

Diana portò lo sguardo verso l’alto, non voleva chiamare Paolo, aveva avuto una discussione accesa l’ultima volta che si erano visti. Aveva promesso a se stessa di non avere più nulla a che fare con lui. L’aveva combinata grossa. Non gli perdonava di averle soffiato il lavoro alla rivista “Archeo”. Aveva scelto giornalismo come indirizzo, ma voleva conoscere anche l’archeologia, Piera Loy, sua zia , l’aveva iniziata alle gioie delle antichità sarde. E ora, all’età di 26 anni si ritrovava a mandare curriculum a tutti i giornali come reporter d’assalto per i misteri archeologici. Aveva avuto la possibilità di lavorare per Archeo, una rivista autorevole, ma Paolo, chissà come, le aveva soffiato il lavoro. Le aveva detto che lui aveva una marcia in più, e cioè la laurea in archeologia e un’altra in lingue antiche, non solo il biennio come lei, quindi le aveva consigliato di riprendere gli studi e laurearsi in archeologia.

“ Si lo conosco, ma non mi va di contattarlo”

“ E’ una persona di cui ci possiamo fidare?”

“Sì ma è odioso, anche se è il migliore nel campo”.

Matthew non poté fare a meno di commentare la spiegazione di Diana: “ Anch’io sono odioso, ma mi vuoi bene lo stesso! Fai uno sforzo, ti prego, chiamalo”

Diana gli mostrò un ringhio degno di un pitbull, e si chiuse in un silenzio ostinato.

“ Zia, a questo punto, lascia stare, per il capriccio della nostra “socia”, non possiamo andare avanti. Io non conosco nessuno e tu non puoi chiedere di nessuno, sempre che non voglia rischiare il lavoro.”

Diana si girò di scatto dicendo: “ Ok, va bene, ma ti do il numero di telefono e lo chiami tu. Siamo d’accordo?”

Paola tirò un sospiro di sollievo vedendo che i ragazzi avevano raggiunto un accordo senza litigare. Annotò il numero del cellulare su un foglietto, salutò i nipoti e si diresse verso casa a pochi passi dalla Basilica di Bonaria.  Nel frattempo chiamò Roberto, suo marito. Gli raccontò in breve l’accaduto e del dialogo avuto con il rettore a proposito della scoperta. 

Tra divieti e capricci la storia prende una piega misteriosa arriveranno altri ostacoli?

  • Riusciranno a trovare il bandolo della matassa. (0%)
    0
  • Un'organizzazione segreta cercherà di impedire con la violenza le ricerche. (60%)
    60
  • Entrano in gioco forze superiori. (40%)
    40
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31 Commenti

  • Ciao Anna,
    Arrivo tardi ma mi sono rimesso in pari.
    Sento mooolto vicino a me il tuo racconto. Tra l’altro col mio hanno almeno una cosa in comune: tu citi Melkart, e Melqart è il nome della nave che trasporta i miei scalcinati astronauti. Melkart o Mlqrt o letto al contrario Eracle, Ercole. E fatti non fummo a viver come bruti… e sappiamo tutti e due che oltre le Colonne d’Ercole il nostro eroe non trovò l’Atlantico, ma costeggiò a destra, verso il Sinis e quel grande golfo, dove… ma non divaghiamo 🙂
    Narrazione avvincente che mostra che non è necessario chiamarsi Jack o Peter o Indiana o qualunque altro nome esterofilo per essere i protagonisti di un archeo-fantasy con tutti i crismi. Penso, come te, che la tua storia meriterebbe di avere un pubblico più vasto.
    Hai chiesto consiglio su come fare. Posso darti il mio parere: per farti conoscere devi conoscere gli altri, quindi leggi più che puoi in questa piattaforma, commenta quello che ti piace o che veramente non ti piace, segui ciò che ti colpisce. Insomma, suscita curiosità: molti di quelli a cui scriverai un commento verranno a trovarti, leggeranno la tua storia, qualcuno di loro la troverà sicuramente interessante, altri ne leggeranno mezzo capitolo e magari solo per cortesia ti faranno un commento anche lusinghiero. Comunque, avrai ottenuto un po’ di pubblicità. Certo, ci vuole tempo e ci sono anche scorciatoie più veloci come la promozione. Vedi tu. Per il momento ti suggerirei di non completare la storia prima di aver provato ad aumentare il bacino di lettori. Io comunque ti seguo.

    A si biri!
    Ah, voto che is piccioccus iscoberrinti cancu’a cosa de incredibili!

  • I Giganti… sono curiosa di sapere chi sono e che ruolo avranno nella vicenda. Piera mi sembra una tipa che sa il fatto suo ed è a capo di un team tosto, i Giganti avranno filo da torcere 🙂
    Bel capitolo, sai dare la giusta attenzione a tutti i personaggi, senza tralasciare storia e ambientazione. BRAVA!

  • Confesso che so quasi niente del “mondo dell’archeologia” (ho letto sulla scoperta della tomba di Tutankamon, da Carter), posso solo immaginare che un bravo archeologo deve essere intuitivo per credere che “c’è qualcosa d’importante” anche prima di trovarla. E quando succede che arriva l’intuizione, viene preso da una specie di febbre euforica.
    Scoperchiamo questo vaso…
    ciao
    🙂

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