Che fine ha fatto l’ingegner Scaglia?

Dove eravamo rimasti?

E Scaglia, che fine ha fatto? Klaus, il nonno e le confessioni di un portiere diviso tra vecchie gelosie e fanatiche chimere (71%)

E Scaglia, che fine ha fatto? Forse non è poi così importante

C’era una volta un ricco commerciante ebreo: il nonno di Klaus. Fu lui a crescerlo e a condividerne, come in tutte le bune storie, l’affetto incondizionato. Va da sé: quando un folle, tale Andrea Zurigo, ammazzò il nonno davanti agli occhi del nipote, quest’ultimo ne restò traumatizzato al punto da sviluppare, nel tempo, una personalità psicopatica associata a forti tratti ossessivo compulsivi.

E così, da bimbo affettuoso, Klaus si trasformò in assassino. Quando freddò la sua prima vittima con un colpo di pistola, provò un oscuro senso di euforia: un frammisto di piacere ribrezzo. Ogni volta che abbatteva una preda era un po’ come riportare in vita il suo vecchio. Poi uccidere divenne una droga.

   Se l’Opperaio non gli avesse messo i bastoni tra le ruote, Klaus si sarebbe trasferito all’estero per riprendere daccapo la sua opera di epurazione-espiazione.

Avrebbe dovuto soltanto decidere lo stato e farsi una lista dei capoluoghi.

   In quanto al portinaio di Villa Scaglia, nacque ermafrodita e visse un’infanzia all’insegna dell’umiliazione. Vendetta, in età adulta il suo orgoglio ferito la pretese, e così egli credette di trovare la risposta negli ideali del führer, incarnati in quel piccolo ometto svizzero dall’apparenza scialba e anodina. Ne divenne il seguace e forse anche l’amante, chi lo può sapere.

E Scaglia?

Una settimana prima che l’Opperaio si recasse a Gardone, l’ingegnere cominciò a tenere d’occhio il portinaio, insospettito dal suo comportamento anomalo e strampalato. Finì per sorprenderlo in un parchetto con Klaus; si nascose dietro a un albero e origliò. Non ci volle molto a scoprire i loro piani diabolici.

Una mattina si diresse a casa dello svizzero per raccogliere delle prove (un carillon ad esempio?) che lo incriminassero, ma ai portinai non sfugge mai nulla, infatti questi lo attese al varco: si nascose dietro al portone e al suo passaggio lo colpì con il manganello di sua madre, poi lo rinchiuse in cantina.

Vi ricordate del barbone? Credo di no, chi mai si ricorda del barbone.

Comunque, costui s’imbatté accidentalmente nel povero Scaglia, legato, imbavagliato e buttato su una specie di cuccia per cani. In realtà egli si era introdotto nel giardino della villa guadagnando le cantine per rubare del vino pregiato. Ma il custode era più furbo. Lo colse sul fatto.

   Confesserà quest’ultimo: «Magari per due soldi quel poco di buono avrebbe spifferato tutto alla polizia, dovevo sistemarlo, ma non prima di lasciarlo ubriacare con vino d’annata.»

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Il maggiordomo verrà bloccato a Dongo (vicino a Como), avrebbe voluto raggiungere la Svizzera, la terra natale di Klaus.

Scaglia arrestato qualche anno dopo per truffe economiche, la stessa fine faranno figlio e nipote.

Vi chiedere cosa c’entrino i tre Overath in tutta questa storia? Sono fatti dell’Opperaio. Giusto, e lui?

Non vi preoccupate, è ancora vivo e vegeto, così come Fiorenzo e Ottavio; hanno centodieci anni ma ne dimostrano trenta. Sono in perfetta forma e pronti a torturarvi ancora.

Infatti:

il Peppo in questo preciso momento si trova nel parco del Vittoriale, sta aspettando chi ha ridato lustro a quel luogo: Giordano Bruno Guerri. Insieme commenteranno i poemi di D’Annunzio. Poi il lirico tornerà da tutti i vari Scaglia e Scaiola di cui è pieno il mondo (anche lui è in connessione cosmica con i cognomi).

Però prima egli vuole dedicare, con tutto il cuore, una canzone alle donne che hanno partecipato a quest’avventura, protagoniste (una sola), lettrici e non. Gliel’ha composta il Vate negli ultimi anni di vita, dopo un incontro erotico-amoroso con la contessa Titti, che avrebbe potuto essere sua nipote, ma questa è un’altra storia.

Peccato che adesso il Peppo abbia qualche problema di memoria e non si ricordi il testo, magari più avanti, l’importante è il pensiero.

Non so se tu riesca a concepire come in questi 77 anni, che potrebbero essere due soli giorni senza fine, non abbia mai smesso di pensarti, mi sono sentita io vecchia e superflua. Sei tu la mia primavere, il mio primo ed ultimo respiro.

Lettera di Gioia per Ottavio, spedita dall’America non si sa quando, giunta forse mai o a riposo in qualche baule pieno zeppo di cianfrusaglie d’epoca.

Ah, non ve l’ho detto? Ottavio riuscì a liberare la bella straniera dalle grinfie dei fasci, la tenne nascosta per un po’ e le confessò il suo amore. I due vissero un’intensa storia d’amore, ma alla fine della guerra lei dovette tornare in America, non chiedetemi perché in quanto Ottavio non ama parlarne.

E Fiorenzo? Tuttora scapolo, agiato e rilassato, vive nella sua benamata Gardone che non lascerebbe nemmeno di fronte a un’improbabile ricomparsa di Klaus.

Improbabile hai detto?

Klaus, scontò parte della pena al manicomio criminale, per svanire nel nulla. A Gardone, da un po’ di tempo a questa parte, vive un esattore delle tasse in pensione, un tal Scontrino, viene dalla Svizzera.

Le vie del signore sono infinite.

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203 Commenti

  • Ciao alessandra,
    Commento con ritardo il tuo bel racconto.
    Ho apprezzato tantissimo lo stile molto ricercato e il tentativo – riuscito – di renderlo un racconto coerente con l’epoca che descriveva, quale poteva scriverlo uno scrittore dell’epoca. Mi piacciono i personaggi e le pennellate umoristiche con cui li hai caratterizzati, mi è quasi simpatico pure Klaus, orribile ometto che come tutti gli orribili ometti si rivela plasmato da un contesto sfavorevole. Manicomio criminale, più che galera. Detto questo, l’impressione è che la storia sia molto costretta, che i 50mila caratteri siano veramente pochi per tutto quello che potresti raccontare. Mi sbaglio? C’è una versione lunga?
    A presto, ci becchiamo al prossimo racconto!

  • mi è piaciuta la caratterizzazione dei personaggi e l’ambientazione dei luoghi ben descritta anche nei dettagli. Interessante è stata anche l’evoluzione del romanzo, iniziato con una narrazione nello stile della commedia a tratti esilarante tingendosi poi di tonalità noir. Gli ultimi capitoli poi sono entrati gradatamente nel mistero del giallo con la presenza sempre più evidente del serial killer psicopatico che emerge dal personaggio Klaus. Un personaggio apparentemente molto controllato e rigido nel sostenere la morale e le norme dell’epoca, ma che poi svela in modo sempre più evidente la parte ombra e traumatizzata di sé. L’altro sé che elude il suo controllo ossessivo esprimendo il personale modo di auto risarcimento degli arcaici torti subiti. Ciò attraverso le perversioni ideologiche e omicide tipiche dello psicopatico. Il finale lascia intravvedere un prequel della storia?
    Brava alessandra1

  • Oddio, speriamo che in qualche caso le vie finiscano!
    Bel finale, ho avuto l’impressione di una carrellata che si allontana piano dai protagonisti che sfumano sullo sfondo.
    Storia molto originale e superbamente curata sul piano linguistico, anch’io come altri ho avuto l’impressione che sul finale patisse un po’ dei limiti di caratteri. Del resto: è possibile il contrario?
    Brava e ti aspetto alla prossima, sono proprio curiosa. Scommetterei che cambierai tutto, epoca, genere eccetera. Sbaglio?
    lucrash ti chiede se sei stata tentata di non scrivere più qui. Onestamente spero di no, per entrambi, credo che ci sia bisogno di ‘penne’ come le vostre per rendere sempre più interessante questa piattaforma.
    Ciao Ciao

  • Complimenti vivissimi per questo racconto originale e fantasioso!!!…Credo tu abbia potenzialitá enormi…non..mollare ps. Spero di sentire ancora parlare dell’Opperaiio & company Ciao….a presto!

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