Tra musica e eternità

Musica e libertà

Nessuno di noi nasce realmente libero. Non è prerogativa umana decidere dove e in quali condizioni venire al mondo e, poi, crescere. Chiamatela fortuna, chiamatelo caso o, addirittura, progetto divino. Qualsiasi concetto sceglierete, la sostanza rimarrà intatta. La libertà non è per tutti e, spesso, non è nemmeno gratis. Ma c’è chi, nonostante la strada per raggiungerla sia piena di buche, burroni e pericolose curve a gomito, non solo trova il modo di conquistarla, ma anche di portarla dentro di se e non lasciarla più andare.

Questa, è la storia di Hosho, nato 15 anni fa a Dhuluma, un piccolo villaggio a pochi chilometri dalla grande città.

Ma prima di cominciare, permettetemi ancora una paio di precisazioni. Ogni riferimento a fatti e/o persone realmente esistite – o esistenti – sarà del tutto casuale. Una casualità che, molto probabilmente, renderà la vicenda più realistica del previsto. E tale veridicità – per questo mi scuso fin dall’inizio – sfuggirà inesorabilmente dalle mani di quest’umile narratore che niente sarà, per l’intera vicenda, se non un semplice e oggettivo intermediario. Fatte tali premesse, non mi resta quindi che eclissarmi, al totale servizio della storia e del suo protagonista e augurarvi una buona lettura.

Cominciamo.

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Nonostante sia nel pieno della sua adolescenza, la sensibilità di Hosho va ben oltre quella dei suoi coetanei. A Dhuluma si conoscono tutti, ma il regime totalitario che da anni perdura nell’intera regione ha instaurato un clima di terrore che non permette a nessuno di andare oltre il mero rapporto di facciata. Diffidare di tutto e tutti, pesare le proprie parole e non ficcare il naso nelle questione altrui.

A Dhuluma, il concetto di amicizia non è ammesso.

La capanna dove vivono Hosho e la sua famiglia si mimetizza perfettamente in mezzo a tutte le altre, costituite da una struttura portante in mattoni e un tetto di fango e paglia. A renderla unica, un piccolo particolare. Appeso alla porta d’ingresso si trova un sonaglio fatto di zucca e canna d’India, posizionato al centro non solo in veste di campanello, ma anche di porta fortuna verso l’intero nucleo familiare. Quel primitivo strumento musicale, infatti, porta lo stesso nome del ragazzo.

«Il sui pianto è fastidioso come il suono ripetuto e graffiante di un sonaglio – aveva detto il padre al suo primo incontro con il figlio appena venuto alla vita – Lo chiameremo Hosho!». Ancora oggi, l’uomo ama raccontare quella storia ogni qualvolta se ne presenti l’occasione. Uno dei pochi momenti in cui Hosho vede il padre abbandonarsi ad un sorriso spontaneo, quasi liberatorio. A parere del ragazzo, infatti, il suo atteggiamento apparentemente austero non è altro che la conseguenza dell’importanza del suo ruolo politico che, di fatto, gli impedisce la totale espressione di se stesso. Ma Hosho è diverso. Lui non sacrificherà mai la propria libertà, i propri valori morali, in nome di un ideale nel quale non riesce a specchiarsi.

Da circa un anno, l’importanza istituzionale rappresentata dal padre ha permesso a tutta la famiglia di giovare di un minimo di modernità, un neo tecnologico impresso nella più totale ruralità. Un computer portatile, vecchio di cinque anni ma ben funzionante, occupa ora una buona parte della minuscola stanza da letto di Hosho, posizionato sopra un tavolino in legno, anche quello parte del pacchetto regalo recapitato alla famiglia da parte di un diplomatico affine al regime. Data l’arretratezza della rete internet, però, lo strumento può essere utilizzato una sola volta al giorno, il momento della giornata preferito da Hosho. La sera. Le giornate a Dhuluma trascorrono infatti lente, sciape, come una tela monocromatica incapace di creare sfumature. Il pensiero del ritorno a casa occupa la mente di Hosho per tutto il giorno, e ad ogni minuto lasciato al passato la sua felicità aumenta in maniera incontrollabile.

“Per quale motivo?”, vi chiederete voi. Quale segreto si nasconde dietro un semplice dispositivo elettronico, capace di rendere la vita di un adolescente migliore di quello che la realtà in cui è stato arbitrariamente catapultato gli offre?

La musica.

Ogni sera, Hosho naviga su Youtube alla ricerca di un artista, una canzone, una melodia in grado di distoglierlo pienamente dai problemi che incombono sulla sua terra.

Ogni sera, Hosho si abbandona alla musica, trascinato da strumenti e voci di ogni genere in mondi lontani e migliori dal suo.

Ogni sera, Hosho chiude gli occhi e comincia a viaggiare dove solo lui può, una canzone a fare da colonna sonora e un film creato interamente dalla sua immaginazione, di cui detiene il titolo di unico regista.  

Quale sarà la colonna sonora del primo "viaggio" di Hosho? A voi la scelta dell'artista.

  • Queen (56%)
    56
  • Led Zeppelin (22%)
    22
  • Michael Jackson (22%)
    22
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122 Commenti

  • Mi sono perso proprio in dirittura d’arrivo.
    Leggo solo ora la conclusione.
    Hai mantenuto la vena profondamente poetica, hai scritto un racconto certamente particolare, quasi un’opera multimediale. Molto profondo il finale, mi ha costretto a riflettere sull’universalità della musica, più diretta e coinvolgente delle arti figurative, ad esempio. Ma per distinguermi un po’ dal coro unanime di elogi che pure meriti, vorrei infine farti un piccolo appunto/domanda: come mai hai scelto il genere fantascienza? In fin dei conti capisco che il tuo Hosho ha in un certo senso un potere ‘cosmico’, però mi pare un po’ poco per definire questo un racconto di fantascienza. Tra l’altro penso che il genere l’abbia penalizzato un po’, probabilmente avresti avuto più visibilità scegliendo avventura o forse anche fantasy. Te lo scrivo perché da lobotomizzato, ho passato i primi 5 capitoli ad aspettare che ci fosse una ‘svolta’ che ci catapultasse in un mondo futuro. Beh, mi dirai giustamente che è proprio quello che ha fatto Hosho.
    Ok, ora ho capito!
    Ciao e bravo

    • Caro Jaw,

      parto col dirti che sono contento di leggere un tuo commento anche per il finale della storia. Nel suo corso, infatti, ho imparato ad apprezzare il tuo modo di analizzare le storie che leggi e non ti nascondo che il tuo, è stato uno dei commenti che aspettando con più “ansia”. Nel ringraziarti quindi per i tuoi complimenti, assolutamente di valore, risponderò al tuo appunto/domanda con la stessa sincerità che ti contraddistingue. Onestamente, quando sono partito con questa storia non avrei mai immaginato che si sviluppasse e che si concludesse in questo modo. La scelta del genere “fantascienza” è stata dovuta al fatto che l’unica certezza che avevo per questo racconto era, proprio come dicevi tu, quella di catapultare tutti (Hosho, i terrestri e voi lettori…ma si dai, anche me!!) in un mondo futuro, nuovo. Detto ciò, col senno di poi sono d’accordo con te sul fatto che forse “avventura” sarebbe stato il più azzeccato, ma al momento dell’incipit mi sono fatto guidare dall’istinto, essendo indeciso su quale scegliere. Sono dell’idea infatti che, forse, l’unico modo per non “sbagliare, sia scegliere il genere di un racconto/romanzo solo una volta terminato, perché sai sempre da dove parti ma mai dove ti porta! Detto questo, grazie davvero di cuore per il tuo seguito ed ogni tuo commento. Ci ritroviamo presto, spero, con un nuovo racconto.

    • La scrittura, per me, è una fantastica droga, perciò non smetterò mai. Se poi i riscontri sono questi, non posso fare altro che nutrirmi voracemente delle vostre parole e continuare a produrre parole e pensieri! Ti ringrazio molto, Danio. Alla prossima!

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