I Disegni di Preck

Stelle, Strisce e...

PennRose street era un ricordo.

A dieci anni Bruce sfrecciava per quella strada in sella alla sua bicicletta. La velocità sfumava i contorni delle villette unifamiliari ordinate su entrambi i lati e l’asfalto sembrava correre all’infinito. I suoi vicini erano tutti colleghi di papà alla grande fabbrica della Ford.

Ma ora Bruce procedeva piano al volante della sua Aztek.

Il BlackBerry iniziò a vibrare sul cruscotto.

-Ciao Amore… sì, oggi concludo la vendita e domani torno… lo so, non posso mancare… va bene, ci sentiamo più tardi…

Lasciò cadere il telefono sul sedile del passeggero centrando in pieno la busta che conteneva la lettera. L’aveva ricevuta qualche giorno prima, il mittente riportava lo studio legale Foley & Mansfield e il contenuto era il vero motivo del suo ritorno in quella città dopo quindici anni.

Le disposizioni testamentarie lasciate da sua madre non menzionavano fortune nascoste ma una frase lo tormentava: “Caro Bruce, ho conservato i disegni che hai fatto di Preck, sono nel seminterrato”.

Svoltò a sinistra e imboccò Pennrose.

L’area urbana di Detroit, culla della classe media, è stata trasformata dalla crisi dell’industria automobilistica nella periferia di Baghdad” aveva letto in un articolo del Detroit News, ma la realtà era anche peggiore. Oltre il vetro scorrevano immagini che facevano a pugni con i ricordi adolescenti. Osservò quei ballatoi pericolanti, le scale crollate e le assi di compensato che parevano bende sugli occhi delle case. Più avanti notò le scritte minacciose dipinte con vernice spray che servivano per difendere il valore più sacro degli Stati Uniti: proprietà privata. Così privata e provata da dimostrare l’esiguità del sogno americano che sventola e svanisce.

Superata una siepe sbilenca accostò e il motore sussultò al pari del suo cuore.

La piccola casa su due piani con garage annesso era ancora lì. Durante il viaggio aveva persino sperato di ritrovarla in cenere o almeno crollata su se stessa, invece era in condizioni migliori di quelle di tutto il vicinato. La vernice bianca in alcuni punti aveva ceduto rivelando un giallo che lo riportò a quel pomeriggio d’estate.

Avvertì una fitta allo stomaco e i succhi gastrici risalire solleticando l’ugola. Trattenne un conato. Rimase a fissare il vialetto in silenzio stringendo il volante.

La gastrite cronica regalo della sua vita perfetta era ritornata prepotente grazie all’ansia generata da quel nome: “Preck”. Era così importante per sua madre e lui nemmeno lo ricordava.

Raccolse le chiavi della casa dal vano porta-oggetti, afferrò il borsone e scese.

Attraversò il misero giardino incolto e salì i tre gradini della veranda con cautela. Il legno resse a dispetto del grugnito che produsse sotto ai suoi piedi. Nell’attimo in cui infilò la chiave nella toppa fu investito da una vertigine. Subito corse al parapetto della veranda e vomitò. Una schiuma bianca, acida gli bruciò l’esofago.

Per un tempo indefinito rimase inerte, abbandonato, la schiena contro la parete della casa, accasciato a terra a fissare il vuoto.

Più tardi si mise in piedi e finalmente trovò il coraggio di varcare la soglia di casa. Il buio accompagnato da una densa polvere che brillava al sole di mezzogiorno lo investì facendolo tossire ma ugualmente si augurò di riuscire a sentire nell’aria stantia il profumo di casa.

Le scale per il secondo piano, che erano così solide quando correva su e giù con i suoi amici e mamma lo sgridava, adesso sembravano fragili, sul punto di spezzarsi come sua madre nel letto del Kindred Hospital. Il vecchio divano con la pelle rovinata dal tempo gli strappò una carezza, non era riuscito a resistere all’impulso di toccarlo ancora. Tutto sembrava come allora, solo che adesso sapeva di muffa.

Appena messo piede in cucina un rumore lo fece sobbalzare. Non fece in tempo a voltarsi, intravide appena e con la coda dell’occhio una figura minuta che lo colpì in testa. Prima di svenire ebbe l’impressione che ad aggredirlo fosse stato un personaggio della sua infanzia… com’è che si chiamava? …Pikachu.

Pikachu ha catturato Bruce?! E adesso?

  • un interrogatorio (38%)
    38
  • uno scontro (19%)
    19
  • un confronto (44%)
    44
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256 Commenti

  • Ciao Gabriele
    Nel tuo racconto mi è piaciuto soprattutto la tua capacità di creare e descrivere “l’atmosfera” esteriore e interiore ai personaggi. Si sa che la pagina scritta riesce al massimo ad essere bidimensionale; le immagini/velo che hai inserito nei vari episodi – del tipo onirico,flashback,riflessione,ricordo ecc hanno dato la tridimensionalità.
    A rileggerti

  • Ciao Gabriele, ho recuperato la tua storia e sono felicissimo di averlo fatto perché stramerita.
    Ero rimasto indietro di molti capitoli (a dire la verità non ricordo nemmeno dove ero arrivato esattamente) e ho preferito rileggerlo dall’inizio. Spulciando gli altri commenti ho notato che molti nell’esprimere il loro apprezzamento si sono soffermati sulla tua indubbia capacità di scrivere ‘tra le righe’, evocando suggestioni, insinuando dubbi, giocando sul non detto. Io invece resto aggrappato a quanto c’è ‘nelle righe’, a quelle descrizioni di efficacia fotografica che mentre ti leggo mi danno come la sensazione di essere seduto in un cinema vuoto, a guardare uno di quei film che ti tiene inchiodato alla poltrona anche mentre scorrono i titoli di coda. Complimenti davvero.

  • Bravo Gabriele, sul serio.
    Hai una scrittura onirica e visionaria che mi piace tantissimo.
    Riesci a creare l’atmsosfera di un sogno… o di un incubo, e in entrambi i casi tieni in mano la storia con sicurezza.
    Complimenti!
    Già sto pensando a cosa ci proporrai al prossimo giro.
    A presto!

  • Ciao Gabriele,
    Preck, Maggie, Grace, leggendo i capitoli slegati mi erano sfuggite molte sfumature.
    Per questo ho riletto dal primo capitolo e ha tutto un altro sapore.
    Bruce bambino che si ritiene responsabile della morte di Maggie, Bruce che, grazie a Preck, la visita, lei che vorrebbe con sé i genitori ma rimane sola.
    Poi l’oblio.
    Per rimanere nell’ambito della fisica, Maggie e Grace non sono identiche, sono un sistema con le rispettive famiglie, queste sono coppie complementari. Chissà che nella valle non si sia ricostituita una famiglia con Maggie e i genitori dell’altra.
    Bruce affronta i suoi fantasmi e capisce infine che l’unico modo per salvare Grace è lasciarla andare. Decoerenza o collasso? A questo punto risponderei entanglement. Due vite unite, un uomo che le osserva entrambe e forse, così facendo, ne decide inconsapevolmente il destino.
    E chissà se così facendo non abbia determinato anche il destino di PennRose street.
    Il racconto mi è piaciuto molto, lo trovo affascinante, travalica le parole scritte, nel senso che ne genera altre, pensieri, suggestioni, dubbi. Insomma, ciò che un ottimo racconto dovrebbe fare, non credi?
    Complimenti, ancora una volta.
    Ciao, a presto

    • Ciao JAW,
      concordo in pieno, se ho suscitato delle riflessioni anche in un solo lettore, mi ripaga del tempo speso… grazie!
      Come ho scritto a Red, il finale, ma tutto il racconto, si presta a varie interpretazioni, non c’è né una giusta… e la cosa mi piace 🙂
      La filosofia di Preck si può riassumere nelle parole di Bill Hicks: “tutta la materia non è altro che energia condensata in una bassa vibrazione, facciamo tutti parte di una sola coscienza che ha esperienza di sé soggettivamente. La morte non esiste, la vita è solo un sogno e noi siamo l’immaginazione di noi stessi” più misticismo che scienza, o forse siamo in entanglement con l’intero universo 😉
      Grazie, ancora…

  • “Ho visto come può ridurti un sogno.[…] Gli incubi non ti tolgono la voglia di svegliarti.”
    Bruce è un uomo coraggioso, a volte è così tentante chiudere gli occhi e dimenticare la realtà definitivamente.
    Mi è piaciuto molto questo racconto, con la rinascita di Bruce e di PennRose Street.
    Sai che ci avevo pensato all’inizio del racconto ai tentativi, per il momento incoraggianti, di Detroit di trovare una nuova vita post-industriale? Un paio di anni fa ho dovuto scrivere un articolo di recensione turistica sulla città e mi erano piaciuti molto tutti i progetti, avviati e a venire, di riciclare e trasformare i siti industriali e residenziali abbandonati in siti turistici, musei, poli culturali. Davvero un’ottima scelta di ambientazione per una parabola di rinascita umana.
    Bravo, e quali che siano i livelli di coscienza percettiva con cui ti si legge, ma che te lo dico a fare? ^^

    • No, ma dillo pure, ahahah… grazie mille Marie! Sai quanto ti apprezzo come scrittrice e puoi immaginare quanto mi faccia piacere leggere i tuoi complimenti.
      Preck aveva convinto anche te con la sua realtà, se non ricordo male un tuo commento… o forse non ti ha ingannato, sei semplicemente ad un livello di coscienza percettiva superiore 😉

      “Sai che ci avevo pensato all’inizio” grazie anche per non aver spoilerato 🙂

  • wow, bel progetto hai trovato (link) ci vado a vivere anch’io a PennRose.
    Mi è piaciuta l’apertura di Bruce in auto che attraversa PennRose street con un nodo in gola e sembra che la veda come un incubo, un inganno in cui si va a cacciare e alla fine – qui e ora – eccolo Bruce che è cresciuto, cambiato, ha fatto le sue scelte e ha capito i suoi errori e ancora, di nuovo, percorre PennRose e stavolta la vede stupenda.

  • Accidenti… tutti a votare nessuna delle due 😉 io dico Bruce.
    Molto sensibile questo episodio, sono curiosa di capire come finisce questa storia. Immagino diverse possibilità, anche se in un certo senso hai dipanato ogni nube, ma so che qualcosa di non detto c’è ancora 😉
    Molto poetico, Gabry.

  • Il “soffio d’aria addensato dalla sincerità” mi ha fatto venire i brividi da quanto lo trovo bello.
    Non ricordo se lo sapevamo già da prima, ma questo tizio che dopo un lungo peregrinare (soprattutto metafisico, tra amnesie selettive, distrazioni, tuffi nel passato, sofferenza) torna dalla moglie a Ithaca mi ha fatto pensare: gira che ti rigira si finisce sempre a incappare nel buon vecchio Odisseo 🙂

    Molto bello, anche se non sono interamente d’accordo con Bruce sul fatto che per Grace uscire dalla valle sia la cosa migliore

    Bello, bello, bello

  • Ero indeciso tra Grace e nessuna delle due. Alla fine ho scelto nessuna delle due e suggerisco Preck. È l’unico pezzo che manca: direi di farlo ritornare in scena 😉

    Mi è piaciuto molto la comparsa di Cindy ( 🙂 ) però allo stesso tempo mi è dispiaciuto per Grace e Maggie ( 🙁 ).

    Spero che il finale mi sorprenda 😉

    Ciao 🙂

  • Nessuna delle due, spero.
    Mi manca ancora una tessera importante 🙂
    Bello, hai ricucito qualche altro filo, hai solcato il mare delle emozioni e dei sentimenti da navigatore esperto (questo lo so da New Pretoria in poi), ci stai offrendo una storia complessa e originale con un finale per il quale ti riservi qualcosa che non riesco a immaginare.
    Aspetto!
    Ciao

      • Oddio, decoerenza o collasso? Lo devi dire tu. Decoerenza sarebbe la risposta più logica, visto che abbiamo a che fare con sistemi macroscopici. Ma se il sistema in questione riguarda le ‘particelle’ Grace/Maggie, allora ci sta un collasso.
        Sì Gabriele, confermo: brancolo nel buio.
        Spero nessuna delle due perché voglio sentire ‘parlare’ Preck.
        Ciao!

  • Ciao Gabriele Zeta! (p.s. penso sempre la zeta nel nome sia sinonimo di buon auspicio 🙂 ) Sono nuovo di questa piattaforma. Mi accingo solo ora a leggere il capitolo di questo racconto, ahimè, un po’ troppo in ritardo. Mi piace molto come riesci a trasmettere le emozioni dall’ambientazione, sei ad un livello distante da me anni-luce!
    Voto il frastuono delle sirene…potrebbe essere divertente 😉
    Aspetto gli ultimi sviluppi di questa storia, nel frattempo auguro a te buon lavoro e buon futuro!
    Zaion.

  • Una voce. Io ho bisogno di una voce. Non so i tuoi protagonisti di cosa abbiano bisogno, ma io ho bisogno di una voce 😀

    Ciao Gabriele.

    Dunque Maggie è morta nell’incidente, e invece no: perché Grace (=Maggie) è reale. Non ce la farò mai… Ma soprattutto, cosa ci facevano le schifezze sul pavimento della roulotte? Ormai sono andate bruciate… Chiamo i RIS, magari riescono ad analizzarne i resti.

    Alla prossima.

  • Mi sa che ho scelto voce rimescolando un po’ tutto, ma ben ti sta!!!! 😉
    Sinceramente qualcosa l’ho intuito, ma i dubbi sono tanti sopratutto su Preck e Grace e il vero motivo per cui Bruce li vede. Attendo con ansia la spiegazione del passato!!
    Per il resto bravo, ma oramai si sa!!! 🙂

  • Il frastuono delle sirene, così d’istinto senza una vera ragione! Molto bello anche questo capitolo, mi piace come descrivi le sensazioni dei personaggi (in alcuni momenti sembra di essere lì e percepire suoni, odori e immagini) bellissima l’immagine delle lacrime che cadono dal volto di Grace per finire sugli occhi di Preck (disegnato)! Complimenti! 🙂

  • Dopo l’incendio e il fumo mi è sorta spontanea la pioggia, che magari fa scorrere via anche le lacrime.
    Molto bello.
    Sarò controcorrente ma non esigo nessun eccesso di spiegazioni razionali. Spero solo che sul finale ci sia un po’ di sollievo. Per tutti.
    Bravo, Gabrié, come sempre

      • No non mi sono arresa e non dico che ho capito tutto e so esattamente il succo della storia, voglio solo dire che non sarò delusa nel caso le spiegazioni non fossero razionali. Se dovessimo scoprire che Preck è davvero uscito dai disegni di Bruce per lenire le sue sofferenze e quelle di Grace attraverso la magia o che so io, non avrei obiezioni. Come non avrei obiezioni a un fondo più razionale.
        Mi piacerà in ogni modo, nella vita sono molto cartesiana ma in narrativa sono aperta a tutto (o quasi).
        Ciao

  • Tamburellare della pioggia? Mi pare che ci stia bene.
    Molto bello anche questo capitolo, tu sei bravo e la storia è avvincente.
    Però devo confessarti che spero negli ultimi due capitoli per chiarirmi i dubbi. O almeno, un dubbio fondamentale: cosa è Preck. Sono uno di quelli che hanno bisogno della prova sperimentale, anche se fosse solo una mezza frase che faccia capire chiaramente come interpretare tutti gli indizi. Mannaggia, Preck mi rimane totalmente oscuro.
    Ok Bruce, ok Grace e Maggie e genitori ormai ben poco curabili. Però, caspita, voglio sapere qualcosa di più su questo strano tipo!
    Ciao, bravo e a presto

    • Tanto bravo non lo so, visto che non sono riuscito a far capire che la puzza della roulotte proveniva dalle schifezze sul pavimento e Grace era sdraiata tra due “veri” manichini…
      Preck è come un gravitone: sai che esiste ma non ne hai la prova 😀 , a parte la battuta, penso che la sua natura si possa intuire dal testo, le scene in cui compare hanno lo stesso narratore 😉
      Grazie per il supporto
      Ciao

      • No, aspetta, dei manichini l’avevo capito! Più che altro pensavo che la schifezza per terra fosse il… ehm… il ricordo di genitori non/manichini 😀 😀
        Ho un sacco di intuizioni su Preck… ma mi mancano conferme. Tra l’altro, sai quante intuizioni ho sui gravitoni. Probabilmente sbagliate! 😀

  • Ciao, ho recuperato tutti i capitoli! Che dire, davvero bello. Soprattutto mi piace il tuo modo di presentare avvenimenti e personaggi mostrando ciò che fanno e vedono e senza raccontare con la narrazione (i ricordi e le immagini evocate dalla mente di Bruce sono veramente una trovata geniale!). La narrazione è veramente scorrevole e avvincente, mi hai tenuta davvero incollata, anche se in qualche punto il lettore si sente confuso (ma so che è quello che vuoi! 😉 ) Bellissime le immagini e i paragoni. Complimenti e buon proseguimento!

  • Ho recuperato tutti gli episodi in una volta ed ho apprezzato molto la tua capacità di tenere sempre viva la tensione, in senso positivo. Mi costringi a seguirti per sapere come andrà a finire. La mia scelta non poteva che essere sul … Punto indefinito.
    Ciao

  • È cominciata con un incidente, finiamola allo stesso modo.
    Risolvi qualche mistero, annodi i fili, scrivi bene come al solito… ma Preck rimane ancora terribilmente nell’ombra. Il che forse me ne fa intuire la natura.
    Una sola cosettina: la frase ‘-E ti impegni a proteggermi’ l’ho dovuto rileggere perché all’inizio la applicavo a Bruce ‘as is’, come se lui dovesse auspicare che Maggie lo proteggesse. Questo perché dal dialogo appare come se Maggie gli voglia mettere le parole in bocca. Non so, io te lo scrivo, mi rendo conto che probabilmente è solo una mia interpretazione malata, ma sai, a me capita di scrivere cose che vengono completamente fraintese e questo mi spinge a studiare meglio i ‘meccanismi della comprensione’. Che tavanate che scrivo, eh?
    Ciao a presto e bravo

  • Non sapevo quale scegliere, poi visto lo stato emozionale di Bruce, me lo sono immaginata rannicchiato a terra a piangere.
    I contenuti del capitolo mi sono piaciuti, ,nessuno potrà lamentarsi che non sei stato esplicativo, stavolta. Però parecchi periodi mi sono sembrati laboriosi, troppo lunghi (già il paragrafo di apertura secondo me meritava di essere spezzato in due). Le frasi sono belle, ma mi sono sembrate spesso un po’ pesanti: troppo lunghe, troppi avverbi, troppi aggettivi. troppi gerundi. Magari è solo una mia impressione, i gusti sono gusti, ma l’ho letto due volte e le due volte mi sono trovata a spezzare o snellire dei periodi nella mia testa. Il che non toglie che l’ho letto due volte con piacere, ma senza “wow”. 🙂
    Non ti offendi, eh, lo sai che scrivo quello che penso.
    La “cerimonia” coll’imposizione delle mani a metà tra segno della croce e nomina a cavaliere è bellissima.
    Ciao e buona Befana dalla Befana!

    • Non mi offendo, davvero… il pensiero libero e la critica sono promossi e incoraggiati dall’autore 😉
      “L’incendio aveva raggiunto due vecchie portiere che si reggevano tra loro come carte da gioco di un castello. Il fumo nero si addensava in una grande nube sopra la mia testa, offuscando l’immagine della luna.” Era così nella tua testa?
      A volte mi sembra che le frasi risultino troppo corte, specie se scrivo in prima persona, e preferisco legarle per dare più fluidità… ma forse esagero ottenendo l’effetto opposto.

      Buona Befana… o è meglio auguri? 🙂
      Grazie di esserci

      • Così, o anche
        “L’incendio aveva raggiunto due vecchie portiere che si reggevano tra loro come carte da gioco di un castello. Il fumo nero, addensato in una grande nube sopra la mia testa, offuscava l’immagine della luna.” Devo avere un problema coi gerundi 🙂
        Ciao

      • ” L’incendio aveva raggiunto due vecchie portiere che si reggevano tra loro come carte da gioco di un castello. Il fumo nero si addensava in una grande nube sopra la mia testa, offuscando l’immagine della luna.”

        In realtà l’immagine è distorta. Si dice castello di carte, non carte di un castello. E non vedo analogia tra le portiere divelte dalle fiamme e le carte che in genere vengono spazzate via quando si usa la metafora “castello di carte”.
        La seconda parte del periodo poi è ridondante, andava smaltita: una densa nube di fumo nero copriva la luna. (che è sopra la tua testa mi pare ovvio, la luna sotto non può trovarsi ;))

        • Le portiere sono appoggiate tra loro come le carte di un castello di carte(volevo evitare la ripetizione), traballanti… era una metafora (non riuscita) sulla precarietà che caratterizza il capitolo. Invece non sono d’accordo sulla nube, è sopra la testa di Bruce per sottolineare che l’ambiente non è saturo di fumo, se la nube avesse avvolto Bruce non avrebbe visto comunque la luna, ma la nuvola non sarebbe stata sopra la sua testa 😉
          Almeno queste erano le mie idee…

  • Ciao Gabriele.

    Congratulazioni per la copertina.

    Ho votato per “Bruce attacca Preck”.

    Io pensavo che Maggie fosse un personaggio “immaginario”, vale a dire dello stesso mondo di Preck. Invece pare che fosse dello stesso mondo di Bruce. Invece no, fa parte della “valle”…

    “La valle non esiste” mi ricorda una frase di Djumandji, quando lei adulta dice che ha passato ore dallo psicologo per farsi convincere che quel gioco non esiste! La vedo come una citazione, un tributo. Del resto era inevitabile. Non era scontato, ma forse inevitabile.

    Buon anno e a rileggerti presto.

  • Attacca Preck. Preck è l’espressione del suo malessere, lo specchio. Bruce non può che distruggerlo se vuole restare incolume. Ma dentro il dubbio rimane… chi è quella sciroccata? Mia sorella? O sto solo impazzendo?
    ( e i tempi verbali? optional? ;))
    Buone Feste, carissimo!!!

  • Senti mettiamoci d’accordo….smettila di confondermi le idee già precarie!!! 🙂 🙂
    Ma maggie non era la sorella? La macchina del padre dove va? e la madre tiene i disegni perchè ritrovi una sorella che ha già trovato con Preck? 🙂
    Devo dire che sono sempre più sorpresa, rimango interdetta ogni volta tra ciò che ho capito e ciò che avrei dovuto capire.
    Però Maggie è Grace…. 🙂
    Grande!!! 🙂
    Alla prossima.

  • Bravo Gabriele, bravo davvero.
    Ci sono tante cose in questo episodio… rabbia, rancore, paura, il ricordo di una felicità lontana… ogni emozione è ben miscelata alle altre grazie allo sfondo onirico che le unisce. Leggendo ho proprio avuto l’impressione d’essere dentro un sogno… mi è piaciuto tantissimo anche questo capitolo (a partire dal titolo, ottima scelta;-)).
    A presto!

  • Grace fugge con i disegni e Bruce la insegue.
    L’idea che la pazzia aiuti a sfuggire al dolore e ai sensi di colpa e che guarire dalla pazzia e integrarsi nella “vita normale” dia acidità di stomaco e spleen dell’anima mi piace un sacco. Che la pazzia ti aspetti là dov’era la tua casa, per aiutarti a guarire dalla normalità e dalla tristezza mi piace ancora di più. In ogni caso è quello che ho capito, e se la follia fosse la soluzione? e se la follia fosse la sola realtà che conta? e se la realtà “vera” fosse l’autentica follia?
    Credo di non aver mai letto nulla di simile prima e sono soggiogata, giuro; Che tutto poi si svolga nella cornice del cuore desolato della “Rust Belt” Americana mi sembra terribilmente adeguato. Un ennesimo bravo. Sì, nonostante sviste e refusi, li ho notati ma come diceva Hitchcock, se la storia del film regge e appassiona lo spettatore le sviste e le imperfezioni tecniche non contano perché nessuno ci presterà attenzione! 😉
    Ciao ciao

    • Hai usato una parola chiave: “guarire”, ma non compare nel capitolo… la follia (più reale della realtà) è causa o fonte del malessere nella “vita normale” di Bruce?
      Già solo aver suscitato queste tue riflessioni mi rende orgoglioso, se poi aggiungiamo: “Credo di non aver mai letto nulla di simile prima e sono soggiogata…”, che posso dire… sono sopraffatto 🙂 grazie mille!!

      P.s.
      “Sviste e refusi”… ok per i refusi, ma le sviste credo siano errori, non farti problemi ad indicarli… non mi offendo 😉
      Ancora grazie, Maré

  • Bruce attacca Preck, sta minacciando il faticoso equilibrio mentale che credeva di aver ritrovato.
    Capitolo difficile, più che complicato. Difficile scoprire questi demoni in Bruce, difficile immaginare che forse il fetore nella roulotte è proprio decomposizione di corpi.
    O forse sono morti da tanto, non c’è nessuno dentro, chissà.
    Maggie non era la sorella, chi era? Suo padre si infuria con Bruce perché la manda sola? Ma poi chi scappa con la macchina del padre di Bruce? Gli interrogativi sono tanti, sicuramente troveranno una risposta. Per il momento osservo sgomenta una storia che sembrava tranquilla trasformarsi in una sorta di horrror psicologico.

    Ciao, bravo e a presto

    • Maggie non è la sorella per evitare l’effetto: “Sono tuo padre, Luke” 🙂 e per evidenziare la profondità del legame tra lei e Bruce anche se non sono parenti.
      “Suo padre si infuria con Bruce perché la manda sola?” questa è la parte forse più debole, con la frase di Preck “amavi come una sorella” volevo sottolineare che c’era una certa familiarità tra i due e verosimilmente anche con i genitori di Bruce… che non vogliono che vada da sola con le chiavi dell’auto nel parcheggio, troppo distante dal bosco… è ancora una bambina.
      La svolta, che sarà poco horror (forse solo un pochino dark 😉 ), è un modo per ricollegarmi alla parabola di Detroit 🙂
      Grazie del supporto

  • Ciao Gabriele,
    Già la bellissima frase del titolo mi pone davanti alla mia immensa ignoranza, e sì che credevo di conoscerlo un po’ Dick.
    Il capitolo mi affascina. Confesso che non mi aspettavo una svolta simile, pensavo fosse una storia – come dire? – meno dark. Però mi piace, come tutte le narrazioni in cui è in gioco l’autocoscienza, la realtà come percezione personale, la follia.
    Bravo.
    Ad essere onesti mi sto chiedendo il perché della prima persona nell’ultima parte del capitolo: la canonica terza, poi la seconda per il ricordo, infine la prima. Immagino che voglia far convergere la narrazione proprio ‘dentro la mente’ di Bruce, forse è un modo per dirci ‘ok, da qui in poi, siamo Bruce, qualunque cosa racconti considerate il suo trauma e l’accenno ai problemi psichiatrici’. Però non mi convince del tutto. La storia, invece, mi convince sempre di più.

    Ciao a presto

    • Ciao JAW, mi aspettavo questa obiezione sul flashback, che in terza persona sarebbe rimasto identico, a differenza dell’ultima scena… 😉 che è in prima persona per lo stesso motivo per il quale lo sono i ricordi(?) nei precedenti capitoli, una prima persona “innescata” dal ricordo traumatico, così traumatico da riviverlo con distacco (una delle ragioni per cui ho voluto usare la seconda nel flashback).
      Ci sono quattro “livelli” come ho scritto ad Anna e ogni narratore corrisponde ad uno di essi, mentre i tempi verbali indicano “il tempo” dell’azione nella linea cronologica del racconto… più convincente così? Una struttura inutilmente complessa, non era questa l’idea iniziale 🙂
      Grazie per i complimenti!

      P.s.
      La trilogia di Valis non l’ho letta, mi è capitata la citazione sotto agli occhi e mi è sembrata perfetta, anche la mia ignoranza è immensa 🙂

  • Un materasso lercio… come Marezia anch’io ho l’impressione che i genitori di Grace siano morti, ma se le visioni del passato si confondono sempre più spesso con la realtà di Bruce e se l’albero sussurra solo ciò che lui vuole sentire… la chiave di tutto non resta che Preck.
    “fuggita in massa dalla città con un esodo che non aveva nulla di biblico” molto bella.

  • Voto materasso..
    Rispondo al commento precedente, su cosa credo di aver capito.
    Non so perchè, ma credo che Grace e Maggie siano due facce della stessa medaglia, e che per sdoppiarle sia successo qualcosa con sto Preck e Bruce, che il secondo non ricorda forse perchè è lui stesso prima…. Prima di cosa non chiedermelo non posso mica sapere tutto io!!!! 🙂
    Per il resto, la bravura indubbia, lo stile interessante, l’idea originale…adesso basta con i complimenti e andiamo avanti!! 🙂

  • Io tra le mosche, la puzza e il materasso lercio, che ho naturalmente scelto tra le opzioni, mi immagino i genitori parecchio dead, il che aumenterebbe i dubbi sullo stato di salute mentale di Grace.
    Ma magari estrapolo male e non ho capito nulla.
    Per quanto riguarda la parte ricordonirica sono completamente in alto mare ma mi incuriosisce un sacco. Sempre bellissime e scritte egregiamente le tue storie.

    Ciao Ciao

    P.S. io non sarei così sicura che l’esodo dalla società industriale non abbia nulla di biblico, ma sarebbe un vasto soggetto da dibattere e la frase è molto bella.

    • “Sempre bellissime e scritte egregiamente le tue storie.”
      Ti ringrazio… forse non proprio sempre sempre…
      Sul “biblico” hai ragione, si potrebbe discutere ampiamente, io pensavo a “non grandioso” perché non c’è una terra promessa, anzi la stanno abbandonando, però è vero che in termini di numeri può essere definito “grandioso”… ma non mi sono posto il problema perché la frase piaceva molto anche a me 🙂

  • Nastro azzurro.
    Chiarito qualche punto non so, se ti riferisci al fatto che hai specificato che sono visioni oniriche, be’ non lo hai chiarito: a mio parere si capiva già prima. Aggiungi dettagli intriganti. Genitori onirici, genitori reali (?), non è ancora dato sapere se ancora vivi. Disegni da proteggere perché se qualcuno li ruba… boh, saranno tipo i tatuaggi tribali taumaturgici. Lo scopriremo.
    Ciao ciao.

  • Ciao Red.
    Urca… Non è che i genitori di Grace sono diversamente vivi? Tra puzza e mosche mi hai fatto pensare a questo. Preck aveva fatto qualcosa per la mamma di Maggie, e ora Grace lo sta aspettando per i propri genitori.
    Insomma qualcosa trapela ma non si chiarisce proprio tutto.
    Voto per entrambi
    A rileggerti.

  • Nastro azzurro!
    Perché ho l’impressione che Grace e Maggie siano “in qualche modo” legate?
    Ok, sto per dire una cosa cattiva, ma i genitori di Grace non esistano… od almeno non esistano come pensa lei… poi magari mi sbaglio…

    La cosa che continua a passare dal sogno alla realtà, è preoccupante (per lui, perché a me questo tipo di narrazione piace 😛 ).

    Ciao 🙂

  • Ciao Gabriele,
    Ti confesso che essendo arrivato un po’ tardi non voglio turbare gli equilibri dei voti, questo mi ha fatto propendere per Packard.
    Conosciamo meglio la strana porcamon e non pare essere una tipa fortunata.
    Ho notato che ripeti per ben quattro volte la parola ‘polvere’, la cosa mi ha incuriosito. Evidentemente ti immaginavi un ambiente decisamente ‘polveroso’.
    Bravo come sempre.

    Ciao a presto

  • Alla Packard, perfetta per uno squat e talmente simbolica di Detroit.
    Il capitolo mi è piaciuto, continua a dare nuovi spunti nuovi interrogativi. Certo che Bruce altro che amici e realtà immaginari si era costruito, un mondo proprio!

    Però se avevo trovato il capitolo precedente davvero perfetto nelle sue dimensioni oniriche e reali, qua trovo che a volte le immagini, o piuttosto i periodi che le esprimono sono un po’ pesanti.
    Ad esempio in apertura la polvere secondo me avrebbe dovuto lasciargli in bocca il sapore della nostalgia, senza qualificativi. Il sapore della nostalgia dice già tutto da solo.
    Idem per il paragrafo delle lacrime di Grace: è carino ma secondo me i troppi qualificativi appesantiscono il tutto. Annerite o sudicie, le guance, ma tutta la perifrasi mi sembra troppo. Già gli occhi sono gonfi e nocciola. Tutti questi attributi mi sembrano eccessivi. O se proprio vuoi tenerli, almeno elimina “che parevano”, basta un come, o anche senza.

    Oddio, questo è solo a mio personalissimo gusto, ma le immagini mi sembravano ridondanti rispetto al tuo solito.
    In compenso le cianfrusaglie che gli raccontavano tutte le storie tranne quella voluta, e il fatto di sapere che non è più in PennRose Street dall’odore: semplicemente magnifico!

    Ciao, e scusa se mi sono permessa di riscrivere delle frasi tue, che ci vuoi fare, mi immedesimo nel racconto 🙂

    • Ciao Maré, che dici… era meglio aspettare un altro mese? 🙂
      La sovraggetivazione(?) è un erroraccio hai ragione… per il resto hai sottolineato gli stessi paragrafi di Moneta… e sono contento, erano le parti che non convincevano anche me, sono tutti elementi aggiunti dopo perché trovavo il capitolo troppo corto…
      “scusa se mi sono permessa di riscrivere delle frasi tue”… scherzi vero? Non solo hai il mio permesso ma ti invito a farlo più spesso… 🙂

  • Michigan Central?
    Ormai ho votato, probabilmente basandomi sull’aspetto da homeless di Grace.
    Bello.
    Devo ancora decidere se mi piace la frase di apertura, perché ho trovato un po’ artificioso associare la nostalgia al ‘gusto amaro’. Ma del resto può essere un’associazione a posteriori, il gusto e l’olfatto sono così: quando Bruce proverà nuovamente quel gusto verrà catapultato dentro quel ricordo.
    La frase ‘… annerite dal sudiciume striature pallide, che…’ mi pare leggermente pesante. L’immagine è bella, certamente, ma forse si poteva rendere con due periodi piuttosto che con uno solo.
    La storia mi incuriosisce sempre più.

    Ciao ciao

    • Ciao Moneta,
      con la nostalgia amara volevo sottolineare lo sconforto di Bruce, che non solo non trova i disegni ma non può nemmeno indugiare nei ricordi… ma non è molto riuscita.
      La frase sul sudiciume andava accorciata togliendo la similitudine con i fiumi, ma richiamava il deserto e si collegava all’albero… e alla Parigi-Dakar sulla copertina di Car Magazine 🙂

      P.s.
      Bell’eufemismo “leggermente pesante” sei stata gentile… 🙂

        • Ah ah, tranquillo, avevo capito alla prima ma non ci sarebbe stato problema comunque.
          Sinceramente non penso di essere stata particolarmente gentile, perché ciò che ti ho scritto è una cosa molto relativa: a molti, anche a me, in determinati contesti piacciono anche i periodi complessi o addirittura un po’ contorti. Sarà masochismo, non so. Ho apprezzato tantissimo un commento che mi è stato fatto da un’altra parte, sotto un racconto decisamente pesante. Dopo avermi indicato punto per punto le cose che secondo il ‘critico’ si potevano alleggerire (peraltro mi trovava d’accordo), ha tenuto a scrivermi ‘È grave quanto ti ho scritto? No, si parla di stile, quindi di gusti.’
          Pareri, insomma, gusti opinabili. Se non fosse così, Eco non avrebbe venduto una copia del Cimitero di Praga. E io sono sicura che almeno una copia l’abbia venduta perché io l’ho comprata. Leggerla è un altro discorso 😀 😀
          E comunque Eco mi piace molto!

          Ciao ciao

  • la storia va avanti, ma le domande sono insolute, potrei dire di avere delle idee, ma mi piace restare attaccata a ciò che leggo per percepire la verità dell’autore.
    Maggie e Grace sono personaggi ambigui, ben descritti, stanno pilotando la storia.
    Voto fabbrica, ha qualcosa di più…
    Alla prossima.

  • Questo capitolo non chiarisce un tubo e fa venire più domande che risposte… Grace continua a piacermi, Maggie pure ed il sogno che fa ad occhi aperti mi lascia sempre più perplesso. Ho l’impressione che rimarrò a bocca aperta quando svelerai le carte.

    Dalle immagini voto Lee Plaza Hotel 🙂

    Ciao 🙂

  • Vuoi la verità, non ci capisco nulla!!!
    Ma non fraintere, non in senso negativo, non una critica al tuo stile o alla tua storia, una constatazione di essere davanti alla lettura di qualcosa di strano, surreale, onirico, un oggetto che continuamente muta forma spiazzandoti…prima pichaciu, poi il sogno, la bambina e la favola…e poi? 🙂
    Esterrefatta dall’originalità

  • Ciao Gabriele.
    Secondo me l’ambientazione è perfetta. Il contrasto tra Detroit decadente e il mondo da favola è centrato. Adesso sono curioso di scoprire chi sono Maggie e Grace. Stranamente non nutro particolare simpatia per Preck.
    Pregi e difetti che ho notato te li hanno già segnalati, quindi non sto a ripetere.
    Ho votato per la busta gialla.
    A rileggerti.

  • Willie Peyote, eh?
    E adesso che ti ho dimostrato che conosco… come fare ricerche su google 🙂 parliamo del capitolo. Ho qualche difficoltà a tradurre preck, invece, quello che trovo non è lusinghiero. Strano perché me lo immagino come un vecchietto gentile. Mi piace molto il sogno e aumenta il mistero. Il contrasto tra il luogo da favola della visione e l’ingombrante realtà decadente è molto interessante. Se dovessi ragionare in base ai falsi ricordi che Bruce è cosciente di avere, direi che il sogno non è finito.
    Scatola di cartone
    Ciao ciao

  • Una scatola di cartone… fra le tre è l’unica, a mio avviso, che faccia pensare alla scena evocata da Bruce, un mondo “immaginario” (o dimenticato) a cui può dar vita solo un bambino, una scatola di cartone può diventare qualsiasi cosa… basta solo un po’ di fantasia.
    La storia è nel genere avventura, ma ci sono indizi, specie in questo episodio, che fanno pensare ad una trama di tutt’altra natura: “occhi a forma di ghianda; bocca priva di labbra; senza di lui questo posto stupendo non esisterebbe”. Sembra che questo Preck provenga da un altro pianeta o semplicemente dall’infanzia perduta di Bruce.
    Che fine ha fatto Pikachu? Tornerà? Se non altro per svelare il mistero che si cela dietro il kigurumi… Grace o Maggie?
    Un altro splendido assaggio della tua penna creativa, grazie.

  • Cambia poco ma… una scatola in cartone, và…
    L’immagine della coda bionda che mi viene incontro è ancora stampata nella mia mente, ottima evocazione, bravo.
    (nel presente invece hai usato tre diversi tempi verbali)
    La storia marcia bene, il mistero s’infittisce, le visioni di Bruce sono una chicca… 😉

  • Una scatola di cartone.
    Gabriele, mi hai impressionato, complimenti.
    Nella parte ‘onirica’ ho immaginato il maestro tartaruga di Kung Fu Panda, poi gli hai messo giacca e cravatta e allora non so proprio. E la bambina? Vestito bianco e cinta blu, Alice? No, lei è vestita al contrario, almeno la versione disneyana. Però è lampante l’ambientazione favolistica, delicata. Adesso non so proprio dove andrà a parare la tua storia e sono ancora più curioso.

    Ciao a presto

  • La scatola di cartone.
    Non mi viene altra espressione che : che meraviglia! Come scrivi bene, Gabri, le immagini prendono vita, le parole sono semplici eppure perfette e ricche. Sorrisi, emozioni, realtà, irrealtà. Mi è piaciuto così tanto che sarei quasi disposta ad aspettare ogni volta così a lungo per leggere una pagina di questo livello. Ma siccome so che scrivi benissimo anche quando pubblichi più di frequente… 😉
    tanto lo sai che se fondano il tuo fan club sarò tra i primi firmatari.
    Ciao

  • Per la serie “volemose bbbbene” voto per l’abbraccio.

    Gabriele, ti rinnovo i miei complimenti per come riesci a rendere vivide e convincenti le ambientazioni. L’intreccio di commedia e mistero rendono il racconto molto affascinante! Prima di leggere il seguito pensavo davvero che sarebbero spuntati fuori i Pokemon per qualche improvviso paradosso temporale!

    Continuerò a leggerti con piacere 🙂

  • Ciao Gabriele. Bravissimo. Indubbiamente sei tra gli autori più capaci del sito. Talmente bravo che i pochissimi errori che commetti risaltano come diamanti su un fazzoletto di velluto blu. Confesso che ho un pregiudizio piuttosto radicato sugli autori Italiani che scrivono di luoghi che non conoscono e di cui (non è il tuo caso) hanno un’idea approssimativa, vagamente riconducibile a tutta una serie di cliché cinematografico/televisivi… Ecco perché l’efficacia delle immagini che evochi è per me doppiamente sorprendente. Non dovrei crederti quando scrivi di Detroit e di villette unifamiliari e di un tizio di nome Bruce che torna alla natia dimora… E invece ti credo! Credo ad ogni singola parola, persino quando infili nella storia una mezza matta vestita da Pikachiu! Questo per me è talento! Bravo. Seguo.

  • Abbraccia Bruce…
    Torno a leggerti e trovo un racconto pieno di interessanti idee, pikachu, lo stress test e la gastrite. Siamo solo alla seconda puntata, ma Bruce non ci ha detto molto di lui, se non che ha lasciato Detroit per qualcosa di meglio, che tra le righe non sembra aver trovato.
    Entusiasta, bravo, se non ti dispiace rimango fino alla fine.
    Avanti, alla prossima

  • Abbraccia Bruce, mi piace troppo il suono di questa opzione.
    Ciao Gabriele,
    Ma chi è ‘sto Bruce, che pure pikachu ne ha sentito parlare?
    Capitolo, a mio avviso, perfetto. Bella la descrizione del risveglio, belli i dialoghi.
    Noto il titolo del capitolo, penso che ne troveremo altri con la stesso filo conduttore, sbaglio? Bella idea.
    Ciao ciao

  • Originale l’idea del personaggio vestito da Pikachu…avevo pensato piuttosto a un oggetto, un pupazzo magari con la forma del Pokemon caduto da chissà dove. Bravo, ci hai anche detto qualcosa in più sul passato del protagonista, ma senza limitarti a narrare, lo hai fatto tramite il suo flusso di pensieri, parlando prima della cucina e poi della scuola. Il capitolo non ha interruzioni e la lettura risulta assolutamente fluida. Scrivi benissimo, non c’è una parola che sia di troppo. Lo abbraccia, “Preck” era la risposta giusta. Complimenti!

  • Ha passato il test: lo abbraccia!
    Bellissimo capitolo, questa lotta di Bruce con i propri ricordi la si vive quasi fisicamente anche noi lettori. E Pikatchu col taser è una genialata: potere tuonofulmine.
    Un piccolo aneddoto personale: il tuo link mi ha fatto morire dal ridere: la dodicenne migliore amica di mia figlia, quando passa la notte da noi, dorme con quel coso addosso: Me la sono immaginata in quella cucina interrogando il tuo protagonista!

    Molto bello il risveglio olfattivo.
    Bravobravo

  • Fugge. E’ spiazzata. Deve riflettere. Forse poi torna 😉 Ma abbracciarlo, diosanto, mica è un redivivo che torna dalla mamma dopo la guerra, manco la conosce questa! ahahahah
    Comunque hai fatto bene a soffermarti sulla cucina – anche se Napo, grande intenditore, qui sotto non lo ha colto – poiché la casa, l’ambiente della casa, la cucina, sono tematici e non casuali.
    Bravissimo.

  • Bravo, bravo, bravo.
    Bellissimo incipit dell’episodio, poi – a mio avviso – hai indugiato un po’ troppo su piastrelle e cucina ad angolo. Però poi hai recuperato alla grande. Che dire? Eri a un passo dalla perfezione.
    Bella la scansione dei dialoghi, bella l’atmosfera che sei riuscito a creare attraverso il ricordo d’infanzia, magistrale il finale con quel Preck bisbigliato e la suggestione sul respiro che si fa arioso (e porta un lettore come me a votare per l’abbraccio).

  • Pikachu usa tuonoshock! Non ha nessun effetto!

    Ehm… Bellissimo incipit, Gabriele! L’evento narrativo del conato spezza il ritmo quel tanto necessario a dare l’impressione di realismo, cosa davvero difficile da ottenere in un incipit. Bravo! E poi l’ambientazione sembra molto promettente, anche Pikachu a parte 😉 Mi riferisco a quella ambientazione di ambienti umili e malconci, che ben caratterizza anche il tono generale della narrazione, un po’ come le ambientazioni quasi sempre squallide di Philip K. Dick.

  • Mannaggia a me, dovevo votare interrogatorio, mi faceva spanciare l’idea di pikatchu che interroga Bruce, invece ho inutilmente votato uno scontro.
    Eccomi qua, sono tornata a scroccare alla mensa della tua fantasia. Incipit molto interessante e affascinante, pieno di chicche suggestive. Io mi porto una bacinella di popcorn e mi accomodo qui.
    Ciao ciao

  • Eccoti! Buonasera e bentornato.
    Interessante il tuo incipit 🙂 Naturalmente seguo.
    Dev’essere periodo di ricordi. In questi giorni ho più o meno involontariamente trovato tracce del passato… ed ecco che con questo racconto rivivo un po’ la sensazione di tornare tra luoghi ormai lontani.
    Buona scrittura!

  • “…se i miei pensieri prendessero forma eclisserebbero il sole, così li lascio nascosti ma poi diventano mostri, e se li scrivo esorcizzo ma poi diventano i vostri…”

    ma è tua, questa frase? che meraviglia.

    Interrogatorio. Seguo. Complimenti.
    ( troppo sintetica? ma lo ai che ti adoro…)

  • Potenza dell’incipit: “PennRose street era un ricordo”, punto e a capo. Ho cliccato subito su segui la storia…
    Ancora un’ambientazione americana, passi pure ma che non diventi un vizio, mi raccomando. Capisco da alcuni particolari che siamo in un recente passato: crisi dell’industria automobilistica a Detroit, ma ancora BlackBerry in auge (ora è in crisi, anzi sparito, anche quello).
    Cos’altro dire, dopo solo un episodio? Vai avanti così, mantenendo la coerenza, connotando sempre più un tuo stile personale e documentandoti per rendere realistico il contesto.
    Quanto all’opzione, mi sono fatto l’idea che la “figura minuta” non conosca Bruce e lo consideri una minaccia, altrimenti non lo colpirebbe così forte in testa da farlo svenire. Quindi: interrogatorio.

  • Un confronto…
    Ma come Pikachu???? Se ti leggessero i miei figli… ti annienterebbero con l’attacco tuono-fulmine 😀
    Come quelli precedenti, anche questo incipit mi ha rapita, catapultata a Detroit insieme a Bruce, tra quelle strade così fatiscenti da credere di essere a Baghdad, ho visto un filmato in tv sulla Detroit di oggi e il tuo racconto me lo ha ricordato: ogni parola, una scena. La tua scrittura è capace di evocare scenari e stati d’animo esattamente come le fotografie o le immagini di un film, in altre parole sei… uno scrittore.
    P.s.: complimenti per Redemption e la bellissima copertina.

  • Con la primissima frase mi avevi già catturato, ma solo andando avanti a leggere ho capito fino a che punto sei bravo. Mi piacerebbe tanto saper scrivere come te, le immagini che hai evocato e le parole che hai scelto per farlo mi hanno lasciato senza parole. Voto per lo scontro. 🙂

  • “Così privata e provata da dimostrare l’esiguità del sogno americano che sventola e svanisce”: anche solo per questa frase trovo che il tuo incipit sarebbe da applausi, se poi ci aggiungi che il resto non è davvero niente male neanche lui: scenografia, la cintura industriale arrugginita e desolata degli Usa, i ricordi di infanzia, un trauma del passato, una memoria infantile sepolta nei meandri della psiche adulta, hai tutta la mia attenzione. Ti seguo. Ancora.

  • MI ha incuriosito il tuo incipit, ho intravisto (correggimi se sbaglio) anche qua e là pillole di amaro sarcasmo.
    Alcune frasi mi hanno colpito:
    le assi di compensato che parevano bende sugli occhi delle case.
    le scritte minacciose dipinte con vernice spray che servivano per difendere il valore più sacro degli Stati Uniti: proprietà privata… privata e provata
    La gastrite cronica regalo della sua vita perfetta (???) era ritornata prepotente…
    vediamo dove ci vuoi portare.
    intanto ho votato confronto
    ciao

  • Ecco un’altra storia! Come incipit posso solo dire che mi è piaciuto tantissimo, ho apprezzato lo stile di scrittura e la descrizione dell’ambiente attraverso gli occhi e i ricordi di Bruce. Tutto è decaduto e consumato dal passare del tempo, come il protagonista stesso, che è malato. Tra l’altro il tipo di malattia che hai scelto mi sembra molto significativo, oltre a essere causato da problemi di origine psicologica, è simbolo di disgusto e rifiuto della realtà. Inoltre, hai descritto molto bene il suo malessere, il lettore riesce a immedesimarsi nel protagonista e a provare le stesse sensazioni. Meraviglioso il gioco di parole “privata e provata” e l’idea del sogno americano che sventola come una bandiera per poi svanire. Infine, ho apprezzato la descrizione del decadimento della casa in parallelo a quello della madre, come se Bruce associasse nella sua mente le due figure.
    Ho votato per il confronto e seguo la storia! Tantissimi complimenti!

  • Un interrogatorio.
    Bentornato.
    Un racconto dietro l’altro dai l’impressione di rendere sempre più accurato l’ambiente. Sei partito dalla sf, in cii di fatto l’ambiente lo inventi tu. È difficile ma ti permette di bypassare problemi di documentazione, realtà storiche e sociali (so di cosa parlo! 😉 )
    Sei poi passato a un horror sui generis, ambientato in una piccola realtà, contestualizzando con folklore indiano. Ora affronti la grande città e la crisi industriale.
    Per il momento, ha il fascino dei tuoi incipit. Aspetto il resto.
    Ciao a presto

    • Ciao JAW!!
      Avevo un’idea per un racconto e Detroit con il suo fallimento mi è sembrata lo sfondo ideale… oltre ad essere di per sé un caso che mi ha sempre affascinato.
      Hai fatto un’analisi perfetta, per questo racconto mi sono documentato molto di più che per i precedenti e se l’ambiente risulta più accurato ne sono felice.
      Grazie di esserci anche in questa nuova avventura… sarà probabilmente sui generis anche questa 😉

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