Spettatore
Agosto 1939. Ospedale “Colonnello D’Avanzo”, Foggia
Che cosa significa “essere normale”? Anche ora che la mia vita è in bilico, uno scomodo letto d’ospedale ad ospitare quelli che potrebbero essere gli ultimi istanti della mia breve esistenza, non posso fare altro che lasciarmi ossessionare da questo quesito. Non riesco in alcun modo a darmi pace. Essere. Normale. Due semplici parole che, messe insieme, sanno essere devastanti. Anche per me, che non credo nel concetto che vanno predicando per il mondo. Perché dico questo? Perché la normalità, per me, non esiste. È solo una delle tante etichette create dall’uomo per nascondersi da ciò che è realmente e per condannare ingiustamente chi, invece, trova il coraggio di non farlo. Sono e sarò sempre convinto del fatto che tutto è relativo e che il numero dei mondi è pari a quello delle persone che lo popolano, per il semplice fatto che ognuno lo vede a modo suo. C’è solo un problema: anche se non ricordo quasi niente, so benissimo che è proprio questo mio essere “diverso” – altro concetto che mi lascia perplesso – che mi ha portato a ritrovarmi disteso su questo letto, in fin di vita.
Ora, osservo il mio corpo quasi del tutto inerme da una posizione di rilievo. Mi guardo intorno, prima alla mia destra e, poi, alla mia sinistra e noto una serie di figure evanescenti proprio come me, anche loro intente a scrutare la mia parte umana. Ho come l’impressione di essere a teatro, in galleria, circondato da spettatori che, ognuno all’interno della propria cabina, sono intenti a scrutare attentamente il protagonista, in attesa di un suo movimento. Il pensiero mi provoca un sorriso del quale gli altri presenti paiono non accorgersi. Poi, ad un tratto, il rumore di una porta che si apre cattura la mia attenzione e il mio volto si fa di nuovo serio. Giro lo sguardo verso l’ingresso della stanza e vedo entrare un ragazzo che, di primo acchito, giudico all’incirca della mia età. Ho come l’impressione di conoscerlo, ma mal grado i miei sforzi non riesco a ricordare dove l’ho visto. Lo vedo procedere lentamente, lo sguardo fisso sul pavimento in un atteggiamento tipico di chi si sente troppo in colpa per guardare in faccia la vita, prendere una sedia e sedersi accanto a me. I suoi gesti sono lenti, attenti, come se avesse paura di far rumore e svegliarmi. A quel punto, tutti coloro che mi circondano abbandonano la stanza uno ad uno, dissolvendosi in un battito di ciglia e lasciandomi completamente solo. Nel frattempo, il ragazzo ha cominciato a parlare, sommessamente, tanto che devo avvicinarmi fino al mio letto per poter comprendere qualche parola. Ma per alcuni secondi, le sue frasi mi rimbalzano addosso senza sortire alcun effetto. Nei suoi occhi intravedo qualcosa di incredibilmente familiare e, subito dopo, mi ritrovo a fissare con uno sguardo da ebete i suoi capelli che ricordano il colore del miele. Non appena rinsavisco, ringrazio un ipotetico “Signore” per il fatto che lui non possa vedermi, quantomeno la mia parte spirituale. Cerco allora di ritrovare la concentrazione e mi dedico completamente a colui che sta conversando con la mia parte umana. La sua voce mi accarezza dolcemente e mi sembra di averla già sentita almeno un milione di volte, senza avermi mai stufato. Ad un certo punto, la sua mano destra si stacca dalla sua gamba per prendere la mia, appoggiata immobile sul copriletto diafano. D’istinto, mi guardo la mano. Anche se non sono più dentro al mio corpo, infatti, percepisco distintamente quella stretta, tanto forte quanto delicata. E l’energia che mi infonde è qualcosa di estremamente potente. Anche se per me è indubbiamente speciale, non ricordo ancora chi sia questa persona, ma mi rendo perfettamente conto del fatto che, prima di oggi, sia stata molto importante per me. E non sapendo cosa ne sarà di me spero solo, prima di andarmene, di riuscire a scoprire qualcosa in più su di lui.
Per quanto riguarda me, invece, mi chiamo Michele, ho 32 anni e ricordo solo una cosa. Prima di essere portato qui, mi trovato sull’isola di San Domino.
La storia di Michele parte da qui, da un letto d'ospedale. Ora?
- Futuro (0%)
- Proseguiamo la narrazione nel presente (17%)
- Passato (83%)

26/09/2018 at 21:23
Ciao Mattia.
Con colpevole ritardo leggo gli ultimi tre capitoli. Fatalità coincide con un salto narrativo di quarant’anni, è stata una lettura iperrealistica. Non ho avuto bisogno di rileggere. Un po’ mi è dispiaciuto il salto, però “il tempo presente” sono in realtà gli anni settanta, incredibile ma sembra sempre un passato remoto.
Grazie per aver condiviso questa storia. Mi dispiace che poi non hai più scritto nulla sulla piattaforma. Comunque sia, alla prossima.
21/03/2017 at 16:30
Bel finale. Non scontato e giustamente malinconico e toccante. Bravissimo.
21/03/2017 at 17:50
Grazie mago. Mi fa piacere, perché il mio obbiettivo è stato proprio quello di cercare di non cadere nella banalità
13/03/2017 at 00:47
Ciao Mattia,
Del tuo racconto mi ha particolarmente colpito modo in cui gestisci l’intreccio e lo stile diretto che usi, nnonché la cura nella caratterizzazione.
torna in Puglia
a presto,
Istinto
12/03/2017 at 14:58
Ciao Mattia
La vecchiaia accende ricordi antichi e lontani… 🙂
Torna in Puglia
12/03/2017 at 12:15
Torna in Puglia, ma… colpo di scena finale:
Stupiscimi 😀
27/02/2017 at 19:19
Ciao!
Bel capitolo e bellissima lettera. Bravo.
Anche se in minoranza, voto che attende in ospedale.
Alla prossima! 🙂
28/02/2017 at 13:22
Scelta interessante, TiaShe! Grazie del commento: a presto! 🙂
22/02/2017 at 21:44
E mentre si allontana….
(Stupiscimi 😉 )
Bel capitolo 😉
25/02/2017 at 13:08
Grazie Mago, ci proverò! 😀
07/02/2017 at 21:44
Bel racconto complimenti! Come mai non sei al primo posto se hai più incipoints?
25/02/2017 at 13:09
Ti ringrazio azzurra gentilissima, ma non credo di essere lo scrittore con più incipoints! Detto questo, per me la cosa più importante sono i vostri commenti 🙂
06/02/2017 at 00:13
Gli ospedali sono sempre ambienti delicati ed ovattati in cui muoversi. Tu lo sai facendo in un modo tuo… seguo curioso di vedere come ti giochi le ultime carte da qui al capitolo 10 😉
31/01/2017 at 12:39
Ciao!
Sono d’accordo con gli altri e voto Michele.
La fine di questo capitolo si ricollega all’incipit. Ora sappiamo cos’è successo a Michele e chi l’ha salvato e portato lì.
Bravo! Alla prossima! 😉
25/02/2017 at 13:10
Grazie TiaShe! Il seguito è arrivato: attendo un tuo commento 🙂 A presto!
23/01/2017 at 22:33
Mentre voto, vedo un plebiscito per Michele a cui mi sono, inconsapevolmente, unito.
Ciao Mattia.
Mi dispiace per il Tenente, cavoli. Ma spero che si salvino anche Vittorio e Michele.
Questa volta non ho altro da aggiungere, spero di non essere stato troppo superficiale, questa volta. Prendila come un “tutto bene!”
Alla prossima.
25/02/2017 at 13:11
Da un lettore attento e scrupoloso come te, il “tutto bene” fa molto piacere! 🙂 Alla prossima!
22/01/2017 at 09:14
Ritorniamo al “colore miele” dell’Incipit e sentiamo Michele.
Il capitolo scorre bene. Un po’ meno mi è piaciuto l’aggettivo “incarogniti” nella frase “improvviso suono di sirene e motori che si avvicinavano incarogniti (??) distolse la loro attenzione”.
ciaooo
25/02/2017 at 13:14
Grazie Maria! Capisco il tuo dubbio, ma proverò a motivarti la scelta. Ho utilizzato il termine incarognito per il suo suono: molto semplicemente, mi dava proprio l’idea di qualcosa di malvagio e che si incattivisce 🙂 Grazie per il continuo seguito, a presto!!
05/01/2017 at 10:03
Ciao Mattia.
Ho scelto “proseguiamo da qui” ma mi sono già pentito; probabilmente ha più senso cercare di capire come mai a Termoli sono stati bersagliati dalla pistola della guardia. Purtroppo non si può più cambiare idea.
Segnalo:
ologramma: non userei questa parola; il narratore è onniscente, ma dovrebbe essere contemporaneo ai fatti oppure appena successivo; di sicuro non può conoscere questa parola;
un urgenza: manca l’apostrofo
acconsentì e li aiuto: manca l’accento sulla o.
Sei riuscito a inserire la tua capacità di descrivere un quadro in un capitolo dove l’azione è predominante. Quindi bravo!
Buon anno e attendo il prossimo capitolo.
20/01/2017 at 08:24
Buongiorno Achillu! A parte le sviste di battitura, curiosa la questione “ologramma”. Ti ringrazio perché stuzzichi sempre la mia curiosità e, infatti, mi sono documentato e ho scoperto che la parola è entrata nel lessico comune negli anni ’60. Detto ciò, devo però dissentire sulla questione del suo utilizzo: anche se all’apparenza anacronistico, infatti, non credo sia un errore raccontare una storia avvalendosi dell’evoluzione della lingua per sottolineare e descrivere meglio alcuni elementi. Detto ciò, ti ringrazio ancora una volta per i continui stimoli e ti auguro buon anno…in leggero ritardo 😛
30/12/2016 at 00:40
Ciao Mattia!
Voto “proseguiamo da qui”. Sono giunti finalmente all’ospedale, restiamo lì e vediamo cosa succede.
Hai caratterizzato molto bene Vittorio, mi piace. Bravo.
A presto! ^_^
20/01/2017 at 08:18
Gentilissima Tia! Ora, staremo a vedere 😉
28/12/2016 at 12:58
Hai descritto bene azioni, ambientazioni e stati d’animo.
Torniamo al porto…
Ciaooooo
20/01/2017 at 08:18
Ti ringrazio Maria! Tra poco, un po’ in ritardo, arriva il settimo 😀
16/12/2016 at 14:10
Ciao Mattia!
Voto “una volta giunti a Termoli”.
Gli ingranaggi della storia cominciano a muoversi. Vittorio è stato coraggioso e sta rischiando molto per la salvare la vita di Michele.
Bravo come sempre, le tue descrizioni mi lasciano sempre a bocca aperta.
A presto!
15/12/2016 at 16:28
Scorrevole, nonostante la “densità” della prima parte.
La sostanza c’è.
voto “Un imprevisto… ” fa sempre comodo 🙂
ciaooo
15/12/2016 at 16:46
Grazie Maria. Contento per il fatto che tu l’abbia trovato scorrevole ma si, forse avrei dovuto spezzare un po’ di più 🙂 Ciao, alla prossima!
15/12/2016 at 10:36
Ciao Mattia.
Fa impressione il “muro di parole”: un unico capoverso introduttivo che prende più di metà dell’episodio; i muri di parole andrebbero evitati perché tendono a spaventare il lettore, bisognerebbe spezzare in più capoversi. È un consiglio che ho letto spesso e ti riporto. Non è sbagliato, però io (a gusto mio) avrei spezzato.
Ho notato “il Tenente spuntò da infondo al corridoio”, diversi errori in una sola frase: “infondo” è voce del verbo “infondere”; probabilmente intendi “in fondo”, ma non si può scrivere “da in fondo”. Per esempio si può dire “il Tenente spuntò dal fondo del corridoio”.
A parte queste inezie, che ci vuol più tempo a scriverle che a notarle, ci hai regalato un episodio di raccordo; l’unica azione è il poliziotto che va a prendere il tenente. Tutto il resto sono le tue descrizioni che ci portano sull’isola, di notte, a godere del paesaggio. Vediamo quale intoppo arriverà. Io ho votato “a Termoli”.
A rileggerti.
15/12/2016 at 16:44
Rieccoci. Grazie per il suggerimento sul “muro di parole”. Condivido in pieno e sfrutterò il consiglio già dal prossimo episodio. Per quanto riguarda l’errore “in fondo/infondo”, ovviamente si è trattato di una svista 😛 Grazie comunque, ancora una volta, per avermi letto. Al prossimo episodio!