Cuore al buio

Dove eravamo rimasti?

Siamo alla conclusione dell'avventura di Michele: che finale volete per lui? Decide di tornare in Puglia, nella casa di famiglia (75%)

È l’ora di andare via…

Ho deciso e non torno indietro…

Mentre i miei occhi segnati dall’età si guardano intorno, la mia vita mi passa davanti come brevi atti di un’emozionante opera teatrale a tratti meravigliosa, a tratti dolorosa, ma comunque degna di essere stata vissuta in ogni suo singolo istante. Nonostante l’appartamento ormai spoglio e semivuoto, ad ogni suo angolo riesco ad associare un momento particolare della mia vita passata assieme a Vittorio e un sorriso naturale mi pervade inconsciamente. Poi, faccio sì che il mio cuore si impossessi della mente e mandi un bacio a tutto ciò che mi circonda. Così, dentro di me mi convinco che, d’ora in poi, questa casa sarà il custode infinito del nostro amore, di un sentimento semplice e genuino.

Prima di imbarcarmi, mi sfilo le scarpe e lascio che l’acqua si infranga sui miei piedi. È il mio modo per salutare San Domino e solo in quell’istante realizzò ciò che fino ad allora mi ero tenuto nascosto: non si tratta di un arrivederci, ma di un addio. Poi, una lacrima mi percorre il viso incanalandosi tra le rughe e cade, trasformandosi in goccia di mare. Trovo incredibile il fatto che qualsiasi decisione si prenda, per quanto positiva e giusta sia per noi, porterà comunque un minimo di sofferenza.

Non importa quanto corretta sia la scelta…in ogni caso, quella decisione comporta inevitabilmente la rinuncia ad altre milioni di possibilità.  

Questi pensieri fatalisti mi ricordano quanto io sia invecchiato. Resto a scrutare l’orizzonte fin quando riesco a distinguere, anche solo in modo sfocato, i lineamenti della mia isola; quanto sei bella, San Domino. E così, con la malinconia che mi stringe il cuore, decido di riposare un po’. Una volta giunti al porto di Termoli, una marea di ricordi si fa strada nella mia testa e per un breve istante ho l’impressione che il tempo si sia fermato all’estate del 1939. Le immagini che riaffiorano sono confuse, una serie di eventi ai quali non riesco a dare un ordine cronologico, ma le sensazioni che provo sono chiare: pericolo, paura, panico. Non appena sceso a terra, vengo colpito dalla grande folla di persone presenti e il mio naso viene invaso dall’odore dei tubi di scarico delle macchine, talmente intenso da provocarmi un leggero senso di nausea. Non ne avevo mai visto così tante, tutte insieme. Pian piano, mi dirigo verso una piazzola piena di auto gialle messe ordinatamente una dietro l’altra e quando le raggiungo, tre sono già uscite dal porto con i loro clienti a bordo. Lascio che il quarto tassista carichi le mie valige nel baule e mi faccio accompagnare alla stazione dei treni di Termoli.

Di quel breve viaggio ricordo praticamente tutto, trascorso interamente ad osservare il mondo attraverso il finestrino e cercare di memorizzare ogni singolo elemento del paesaggio, che correva in direzione opposta alla mia. Una volta arrivato a Foggia, la prima sensazione che ricordo di aver provato è un profondo spaesamento; è come se sull’isola il tempo avesse deciso di mettere una pausa sul suo inevitabile passaggio mentre qui, nella mia Foggia, cambiava tutto. È così che, senza accorgermene, sono diventato straniero nella mia stessa città. Anche il viale dove si trova casa mia è cambiato: il panificio si è trasformato in un bar con una sala biliardo sul retro e frequentato da persone poco raccomandabili, mentre il piccolo spaccio all’angolo è diventato un inutile negozio di cianfrusaglie tecnologiche come giradischi, casse e televisori. Tutto questo mi disorienta e quando arrivo davanti alla porta di casa esito qualche secondo prima di infilare la chiave nella toppa per il timore di non riuscire ad aprire. Quando entro, vengo accolto da un sottile pulviscolo di polvere che mi fa starnutire per tre volte di fila. Mi aggiro per l’appartamento osservando nei minimi particolari ogni singola stanza, con la speranza di provare almeno un po’ di familiarità ma, anche in questo caso, rimango deluso. Una delusione che sento crescere dentro di me, lenta ma inesorabile, che parte dai piedi fino ad arrivare alla mia testa e darmi un senso di stordimento. E proprio quando raggiungo camera mia, quella che è stata la culla della mia gioventù, le forze mi abbandonano improvvisamente e le mie ginocchia si piegano su sé stesse. In quell’istante realizzò che, per me, è l’ora di andare via. Sono due le immagini che trafiggono i miei occhi prima che il mio corpo abbandoni questo mondo: quella di me e Vittorio abbracciati, che vedo attraverso una piccola fotografia che tengo stretta nella mano destra e, in un’altra foto appoggiata sul comodino accanto al mio letto, quella di mia madre, felice, accanto ad un alto esponente del partito fascista. Nonostante questo, mi addormento definitivamente con un sorriso raggiante. Perché? Ora potrò riabbracciare l’uomo della mia vita e, allo stesso tempo, mia madre. Per le spiegazioni e i chiarimenti so che ci sarà tempo, destinato ormai ad una dimensione infinita e più equa di quella che sto lasciando.

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74 Commenti

  • Ciao Mattia.

    Con colpevole ritardo leggo gli ultimi tre capitoli. Fatalità coincide con un salto narrativo di quarant’anni, è stata una lettura iperrealistica. Non ho avuto bisogno di rileggere. Un po’ mi è dispiaciuto il salto, però “il tempo presente” sono in realtà gli anni settanta, incredibile ma sembra sempre un passato remoto.

    Grazie per aver condiviso questa storia. Mi dispiace che poi non hai più scritto nulla sulla piattaforma. Comunque sia, alla prossima.

  • Mentre voto, vedo un plebiscito per Michele a cui mi sono, inconsapevolmente, unito.

    Ciao Mattia.

    Mi dispiace per il Tenente, cavoli. Ma spero che si salvino anche Vittorio e Michele.

    Questa volta non ho altro da aggiungere, spero di non essere stato troppo superficiale, questa volta. Prendila come un “tutto bene!”

    Alla prossima.

    • Grazie Maria! Capisco il tuo dubbio, ma proverò a motivarti la scelta. Ho utilizzato il termine incarognito per il suo suono: molto semplicemente, mi dava proprio l’idea di qualcosa di malvagio e che si incattivisce 🙂 Grazie per il continuo seguito, a presto!!

  • Ciao Mattia.

    Ho scelto “proseguiamo da qui” ma mi sono già pentito; probabilmente ha più senso cercare di capire come mai a Termoli sono stati bersagliati dalla pistola della guardia. Purtroppo non si può più cambiare idea.

    Segnalo:
    ologramma: non userei questa parola; il narratore è onniscente, ma dovrebbe essere contemporaneo ai fatti oppure appena successivo; di sicuro non può conoscere questa parola;
    un urgenza: manca l’apostrofo
    acconsentì e li aiuto: manca l’accento sulla o.

    Sei riuscito a inserire la tua capacità di descrivere un quadro in un capitolo dove l’azione è predominante. Quindi bravo!

    Buon anno e attendo il prossimo capitolo.

    • Buongiorno Achillu! A parte le sviste di battitura, curiosa la questione “ologramma”. Ti ringrazio perché stuzzichi sempre la mia curiosità e, infatti, mi sono documentato e ho scoperto che la parola è entrata nel lessico comune negli anni ’60. Detto ciò, devo però dissentire sulla questione del suo utilizzo: anche se all’apparenza anacronistico, infatti, non credo sia un errore raccontare una storia avvalendosi dell’evoluzione della lingua per sottolineare e descrivere meglio alcuni elementi. Detto ciò, ti ringrazio ancora una volta per i continui stimoli e ti auguro buon anno…in leggero ritardo 😛

  • Ciao Mattia.
    Fa impressione il “muro di parole”: un unico capoverso introduttivo che prende più di metà dell’episodio; i muri di parole andrebbero evitati perché tendono a spaventare il lettore, bisognerebbe spezzare in più capoversi. È un consiglio che ho letto spesso e ti riporto. Non è sbagliato, però io (a gusto mio) avrei spezzato.
    Ho notato “il Tenente spuntò da infondo al corridoio”, diversi errori in una sola frase: “infondo” è voce del verbo “infondere”; probabilmente intendi “in fondo”, ma non si può scrivere “da in fondo”. Per esempio si può dire “il Tenente spuntò dal fondo del corridoio”.
    A parte queste inezie, che ci vuol più tempo a scriverle che a notarle, ci hai regalato un episodio di raccordo; l’unica azione è il poliziotto che va a prendere il tenente. Tutto il resto sono le tue descrizioni che ci portano sull’isola, di notte, a godere del paesaggio. Vediamo quale intoppo arriverà. Io ho votato “a Termoli”.
    A rileggerti.

    • Rieccoci. Grazie per il suggerimento sul “muro di parole”. Condivido in pieno e sfrutterò il consiglio già dal prossimo episodio. Per quanto riguarda l’errore “in fondo/infondo”, ovviamente si è trattato di una svista 😛 Grazie comunque, ancora una volta, per avermi letto. Al prossimo episodio!

  • Ciao Mattia.
    Con un aiuto di sicuro; ho scelto interno all’isola. Complimenti per la scelta dell’argomento, penso che sia poco conosciuto e sono convinto che hai fatto bene a sceglierlo. Ogni tanto ti scappa qualche refuso, non sono stato lì a segnarmeli tutti. Concordo con chi dice che riesci a dare delle belle descrizioni.
    Ti seguo. A rileggerti.

  • Ciao Mattia! 🙂
    Abbiamo scoperto qualcosa in più su questo poliziotto. Dalla tua descrizione emerge un ragazzo bravo, affaticato dal peso di “quell’armatura” che porta, ma anche spaventato. Nonostante la paura, alla fine decide di fare la cosa giusta e di tornare da Michele. Per salvarlo gli servirà un aiuto, magari un medico/infermiere presente sull’isola.
    Entrambi i personaggi sono in trappola: uno sull’isola, l’altro nella divisa che porta. Chissà se insieme riusciranno a riscoprire un po’ di libertà?
    Stai costruendo molto bene la storia, bravo! A presto! ^__^

  • Un ferito, che si voleva morto, ha bisogno di cure e di un medico o di qualcuno in grado di estrarre la pallottola, senza dare troppo nell’occhio.
    Ho la sensazione che questo capitolo non aggiunge molto alla storia, o meglio, non la fa andare un granché avanti, mi è piaciuto meno degli altri.
    Al prossimo
    Ciaooo

    • Mi spiace, Maria, che ti sia piaciuto meno degli altri, ma ci può stare 🙂 Anche se, a tuo parere, questo capitolo non aggiunge niente alla storia, credo sia comunque importante per il seguito: diciamo che è un capitolo di transizione, che prepara il terreno per il seguito della narrazione! Vedremo se riuscirò a riconquistare subito la tua attenzione. Al prossimo episodio!

  • Ciao Mattia
    È la prima volta che ti leggo e devo dire che, fin qui, il tuo racconto mi piace.
    I quesiti sul “normale” e “sul “diverso” sono molto attuali in un mondo di gente sempre più clonata, anche se esistono da sempre. I pregiudizi aiutano la gente a difendersi dall’ignoto e dalle proprie paure.
    Voto poliziotto ( dai capelli color miele?).
    Al prossimo 🙂

  • Ciao! 🙂
    Bene, cominciamo a scoprire qualcosa sul passato di Michele.
    Hai mostrato perfettamente le scene, soprattutto il pezzo con la mamma. Devo confessarti che mi si è stretto il cuore quando si sono guardati negli occhi.
    Anche i luoghi e i paesaggi sono descritti perfettamente. Avevo quasi l’impressione di trovarmi lì, sull’Isola, ad ammirare l’Adriatico. Si percepisce un senso di libertà e di prigionia nello stesso tempo. Bravissimo!
    Per il prossimo episodio voto “incontro”.
    A presto! ^_^

  • Ciao Mattia 🙂
    Sono contenta di leggerti di nuovo. Il tema che proponi m’interessa molto.
    Ho cercato informazioni sull’isola di San Domino e ho letto cosa quel luogo ha rappresentato negli ultimi anni del regime fascista, perciò sono ancora più curiosa di scoprire come strutturerai il tuo racconto.
    Anche la storia che voglio pubblicare parla dell’amore tra ragazzi (si svilupperà in un altro contesto e rientrerà in un altro genere) e sono d’accordo con questo pensiero:
    “Perché la normalità, per me, non esiste. È solo una delle tante etichette create dall’uomo per nascondersi da ciò che è realmente e per condannare ingiustamente chi, invece, trova il coraggio di non farlo.”
    Voto il passato.
    Alla prossima!

    • Ben ritrovata TiaShe! Sono altrettanto contento di riaverti tra i miei lettori e mi fa anche piacere che ti sia venuta la voglia di informarti sull’Isola di San Domino, speravo qualcuno lo facesse 😀 Lieto anche che tu condivida il pensiero sulla normalità e, a questo punto, sono molto curioso di leggere la tua, di storia. Al prossimo episodio!!

  • Passato. Vediamo di conoscere un po’ meglio il protagonista. L’incipit è davvero interessante e ben scritto, promette di evolversi in un bel racconto. Complimenti anche per il genere, ci sono pochi racconti storici e penso sia estremamente difficile mantenere la precisione storica senza tuttavia annoiare i lettori. Hai inserito anche molte frasi d’effetto…buon proseguimento, bravo!

    • Be, Mick, direi che con te si tratta ufficialmente di una vittoria schiacciante e, quindi, vada per il passato. Contento del fatto che tu abbia apprezzato incipit e genere, cercherò di mantenere alto il tuo interesse fino alla fine. Al prossimo episodio e grazie per la presenza 😀

  • Passato…
    Cimentarsi nel genere “storico” non è un’impresa facile, la tua storia inoltre è ambientata in un periodo particolarmente difficile da affrontare da un punto di vista letterario, scrivere qualcosa che non sia stato già detto o farlo puntando su uno stile particolare. Incipit e titolo sono molto accattivanti e lasciano presagire un riscontro interessante, pertanto seguo.
    A presto.

  • Ciao…e buon inizio! Per ora molto interessante e scritto bene. E’ un racconto storico, quindi via col passato! Bravo! Mi è piaciuta tantissimo la frase sui mondi “il numero dei mondi è pari a quello delle persone che lo popolano, per il semplice fatto che ognuno lo vede a modo suo”…verissimo! 🙂

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