Dove eravamo rimasti?
Rosso com’è fuoco, nero com’è morte
3 ore prima
Sarà ch’io trovi sposa, o dolce puella di sinuoso aspetto;
o qualsiasi altra cosa, sicché possa portarmi giovamento!
Si ripeteva il cavaliere errante tutto gioioso e bello che a spasso portava il proprio fardello. Or proprio più avanti di un migliaio di passi, s’erge sull’ingente montuosa, alla cui somma con dei sassi, trovò un’atmosfera impetuosa.
In quell’area che sembrava essere la prova terrestre dell’inferno, Frank tutto contento, inciampò stoltamente sulla coda di un enorme dragone rosso. Alto sei uomini, lungo venticinque – coda inclusa, quasi l’avesse misurato, con tanta capacità da inventare il sistema metrico decimale secoli prima – occhi gialli, nebbiosi e, a rivestirlo per intero, un’impenetrabile armatura naturale fatta di scaglie dure almeno quanto l’arnese del valoroso malcapitato. Destatosi dal sonno, la figura maligna volge lo sguardo a quella meschina sagoma, proferendo
Stolto di un verme! Osi calpestare me, ultimo delle più antiche creature? Così stolto il tuo spirito tal’è quale la tua fetida zampa? Non sei degno di oltrepassare, ritorna alla cenere, ad essa appartieni!
Inutile spiegare la mutazione facciale di Frank al sentio di tali parole che, ora tutto tremante, farfuglia qualcosa come “Cercavo donzella, non volevo, scusami o eccellente creatura e bla bla bla”. Ma come tradizione giustamente vuol tramandare, si sà, ai draghi non dispiace un bel pasto umano bello e abbrustolito.
Fatto ormai preda, il cavaliere indietreggia, guadagnando terreno in una zona più regolare. L’aria si fa fredda. Un vortice elegantemente sottile risucchia l’ossigeno della zona, massificandosi dentro i polmoni della tremenda creatura. Risucchia quanto possibile dalle sue sproporzionate narici. Il cavaliere trema, con eleganza anche lui, ma trema. Il dragone si prepara a fare fuoco. Stop.
Il momento si arresta. Scambio di sguardi senza tempo tra i due. Da una parte il drago sta per materializzare un’enorme palla di fuoco; dall’altra il cavaliere lo guarda fare con aria incerta.
Via. Il cavaliere, in quello che potrebbe essere descritto come un millesimo di secondo, infila la mano destra nel fodero, ne estrae l’orrendo fardello; afferra la spada e mentre l’impugna colla destra, roteandola colla punta in basso, stringe il pomo colla sinistra, finendo col conficcare l’intera lama, fino all’elsa, nel terreno. Lungo questo fare il cavaliere assunse una posizione alquanto strana – chiamata “a pecorina” nel gergo degli agricoltori di paese – tale e favorevole a fagli emettere un piccolo, dolce, quanto mai grazioso peto – da far invidia anche agli sgargianti occhioni d’un lemure. Lì per lì, all’udire di tale vibrazione il dragone, un po imbarazzato, arrossì, ma nessuna aspettativa di grazia si librava nell’aria pel povero cavalier.
L’istante successivo il drago fece la sua mossa su quella sagoma umana, che ora s’era dimezzata pella posizione assunta. Un’enorme palla di fuoco infernale e catastrofica s’aprì dinnanzi al cavaliere. Questo, occhi chiusi e mano alla spada proferì qualcosa a bassa voce, mentre il fuoco si faceva strada per travolgerlo.
Avve dis to draghignos! Mor taccituis! El nomis de Ssolini temandus affaris nculum!
Pronunciate quelle parole, tutto cambiò. Dalla spada conficcata nel terreno uscirono ombre nere, esseri quasi dannati qual’erano le loro urla, che avvolsero il cavaliere in’una bolla di fumo denso, più denso assai delle fiamme del drago che divamparono contro il cavaliere e che tracciando un cerchio di fuoco attorno la sua figura. Non lo sfiorarono neanche. Ne uscì illeso. La palla di fuoco mandò in cenere tutta la vegetazione circostante. All’istante il cavaliere estrasse la spada; si leccò due dita della mano e riassestò quella ciocca di capelli, che per via della posizione assunta, gli cascò in fronte; balzò verso il drago e lanciò un fendente.
Il silenzio prese il sopravvento. Il drago ci restò bello e decapitato. Il cavaliere fiero ora volge lo sguardo al tramonto. Estrae un’occhio dalla testa della morta creatura e s’arresta poco avanti, prendendo posto a sedere s’un masso. Intaglia l’occhio e ne fa un ciondolo prima e una collana dopo, la infila al collo e resta immobile a riflettere sul da farsi.
Tutt’un tratto la lama comincia a vibrare, richiamando così la sua attenzione. Resta ancora qualche minuto prima di rimettersi al cammino.
Il cavaliere lascia il campo da battaglia e ora si volge verso il villaggio più vicino fino a quando s’imbatte in un crocevia e per qualche secondo vi si arresta.
Il crocevia porta a due strade opposte tra di loro:
- Il cavaliere se ne strafotte e va per altra via (0%)
- A sinistra, per la taverna (67%)
- A destra, per Cazzonia (33%)

23/11/2016 at 18:03
Hey ciao!
Concordo con December, mi piace come riesci a trasformare il testo in una vera e propria poesia!
io ho votato per la taverna….
voglio proprio vedere come continuerà!!
ci vediamo nel prossimo capitolo!
24/11/2016 at 22:40
Hey Richy, in effetti mi stupisco anch’io – a tratti.
Ci sto già lavorando.
19/11/2016 at 15:55
Salve! Che bello incontrare una storia dal gergo aulico e cavalleresco, unito a un pizzico di beffardo umorismo. 😉 mantieniti sulla scia medievale perché è bellissimo *-*
19/11/2016 at 16:21
Grazie December e certo che si manterrò lo stile cavalleresco, la mia storia vuol essere [SPOILER].
(Ps. non vi resta che aspettare ;))
(Ps. Ps. darò un’occhiatina anche alla tua di principessa).
15/11/2016 at 17:58
Ciao bel capitolo, io optato per la seconda opzione, vediamo come andrà avanti! Passa dalla mia principessa se ti va grazie mille, alla prossima!
15/11/2016 at 20:19
Grazie e complimenti per la tua principessa, molto interessante.
17/11/2016 at 12:19
Ciao grazie sei molto gentile ho messo un nuovo capitolo!
17/11/2016 at 12:20
Ciao sei molto gentile, ho messo un nuovo capitolo! Anche la tua storia è molto bella!