Dove eravamo rimasti?
sessualità orientale
Nella sala d’ingresso del museo la confusione era maggiore che fuori. C’erano due lunghe file vocianti: una stazionava davanti alla biglietteria, l’altra scorreva verso l’uscita in direzione opposta. Un gruppo di ragazzini faceva capannello davanti alla gigantografia di un pene, tra lazzi e oscenità. Poco oltre alcuni turisti esaminavano divertiti le cartoline del museo su una bacheca girabile. Ovunque il clima era goliardico ed eccitato. Melita però non condivideva questo stato d’animo. Se ne stava in fila con il mento inchiodato al petto. era a disagio: come si sarebbe comportata trovandosi fianco a fianco con Carlos di fronte a tutti quegli oggetti sessuali, espliciti e volgari? E se lui si fosse accorto della sua inesperienza con ciò che attiene la sfera sessuale, cosa avrebbe detto? Questi pensieri la tormentavano e intanto non poteva fa a meno di lanciare ogni tanto una lunga occhiata in direzione di Carlos. Sin da quando l’aveva incontrato la prima volta era rimasta colpita dal suo modo di fare, senza riuscire a capire cosa davvero l’affascinasse. Quel pomeriggio finalmente l’aveva capito. Carlos aveva una bellissima bocca, vitale e voluttuosa, e un sorriso splendente, dalla bianchezza quasi surreale, che per qualche strano motivo esibiva con ritrosia. Rimase qualche istante a fissarlo, come nell’attesa il sorriso comparisse all’improvviso sul suo volto. Poi la voce della receptionist la distolse dai suoi pensieri.
“Prego?” Prima che se ne rendesse conto era giunto il loro turno. “tre biglietti, per favore”, rispose Carlos “e anche la guida” cinguettò Tania “e anche la guida” aggiunse Carlos traducendo in spagnolo la richiesta. “Purtroppo abbiamo finito gli auricolari.. però aspettate” s’alzò e scomparve dietro una porta laterale. Poco dopo tornò: “okay, un nostro collega è disposto ad accompagnarvi, vi attende al piano di sopra”. Pagarono e s’avviarono lungo la scala che conduceva alle installazioni. Tania ancheggiando come fosse sul tappeto rosso, Melita standosene in disparte. Giunti in cima si trovarono di fronte ad una grande scultura. Melita sentì materializzarsi i timori di prima. All’interno di una teca di vetro erano raffigurati due amanti avvinghiati in una posizione per così dire anomala, tale cioè che la testa dell’uomo fosse tuffata nel sesso della donna e viceversa. “Ahaha Ma cos’è sta roba?” proruppe Tania ridanciana. “E’ la posizione s- s- sessantanove, dalla quale trae origine il logo del nostro museo”. Tutti e tre si girarono nella direzione da cui la voce era provenuta. Appoggiato alla parete, le mani incrociate in gesto d’attesa stava un omaccione. Aveva circa quarant’anni e qualcosa di flaccido e dinoccolato nell’aspetto. “B- b- buongiorno”, disse destandosi, “sono Alberto, la vostra guida”. Melita non poté far a meno di pensare che con quel difetto di pronuncia si fosse scelto il lavoro sbagliato. Strinse a ciascuno la mano, poi aggiunse: “se avrete la compiacenza di seguirmi vi illustrerò le p- p- principali opere della nostra collezione. Intanto ditemi: da dove volete cominciare?” Tania rispose: “dalla sessualità orientale. Benissimo signorina”. S’incamminò lasciando che i tre lo seguissero, cominciando a spiegare. “Come forse sapete la sessualità nei paesi asiatici è qualcosa di intimo e introverso, profondamente diversa da come la intendiamo noi. Si basa sulla convinzione che il piacere possa derivare dalle pratiche mentali oltre che fisiche”. Giunsero in un ampio salone, pitturato ovunque di bianco, fitto di quadri di tutte le dimensioni. Proprio su uno di questi s’appuntò l’attenzione della guida. “Guardate qui, per esempio”. Un uomo, sdraiato supino era al culmine della eccitazione sessuale, mentre una geisha, inginocchiata di fianco a lui, allargava le braccia in un gesto di stupore ipocrita, quasi volesse dire: “chi avrà mai provocato questa erezione”. Colpiva l’espressione dell’uomo, tra l’estatico e il sofferente. Tania aveva già perso interesse per la spiegazione. “Scusi ma cos’è quello”. “Dove cara? Ah laggiù? Quello è un p- p- pene gigante”. “Wow Dai Carlos andiamo a farci un selfie” disse trascinandosi dietro il ragazzo recalcitrante. Alberto si fece più d’accosto a Melita. “Che ne p- p- pensa signorina?” “Di cosa?” “dell’immagine” Melita esaminò attentamente la scena cercando di trovare qualcosa di sensato da dire. “Beh” farfugliò, “sembra che lui sia quasi preoccupato da quella donna”. “Mmm non è esatto, se osserva più attentamente noterà un filamento lattiginoso sul ventre dell’uomo. Segno che lui è già venuto”; e qui indicò con esattezza il punto a cui si riferiva “in realtà è soddisfatto, ma è stato un orgasmo.. come dire…, sofferto, negato, agognato, tipico della manualità lingam” “non ne ho mai sentito parlare..” replicò Melita sempre più imbarazzata. “Eppure è una pratica eseguita anche sulle d-d-d-donne”, ora la guida era vicinissima. Melita avvertì un contatto con qualcosa di vibrante. poi la mano di quell’uomo s’introdusse sotto la sua giacca.
come reagisce Melita?
- ma come si permette? (31%)
- cinquina (19%)
- ci sta (50%)

03/07/2017 at 16:50
Ciao, il tuo racconto mi piace, è interessante e si lascia leggere davvero bene!
Complimenti!
30/06/2017 at 20:18
ho votato la cinquina per movimentare la storia. attendo un erotismo più audace.
14/03/2017 at 22:42
Questo Carlos ispira … ma perché dovrebbe essere un erotico ?
Sì, carino e … si fa leggere! 🙂 Ma sinceramente a parte questa sorta di vibratore mediaevale, nulla mi suggerisce un erotico 🙂
Comunque ti seguo dai.
29/01/2017 at 20:58
Ho votato per una foto. Mi chiedo perché nessuno segua questa storia. Non è niente male. Se ti piace l’horror passa dalle mie parti.
20/12/2016 at 23:18
Ciao, ho letto il tuo capitolo. Scritto molto bene. Anche la storia, da quello che trapela dalla trama e dal primo capitolo, promette bene. Anch’io ho scritto il mio primo racconto, anch’esso genere eros, su questo sito. Ho pubblicato due capitoli per ora essendo nuova anche io e sto sperimentando pure io con una prima storia per la prima volta. Buon proseguimento
21/12/2016 at 13:29
Grazie! Spero di andar avanti bene con quello che ho in mente