Onora la Tradizione
Nessuno lo usava più nella sua originale funzione di pozzo, era abbandonato a sé stesso e all’ignobile tempo che non ha riguardo per nulla: il tempo scorre, passa, sfugge; gli effetti di queste sue proprietà venivano segnati sul corpo del pozzo minuziosamente, quando il muschio, quando lo sbriciolamento portato dall’umidità, quando la cacca di un piccione irriverente.
Poi gli costruirono intorno delle pareti, fu inglobato nella struttura che si evolveva decennio dopo decennio. Alla fine rimase comunque solo, chiuso nello spiazzo di quella che poteva sembrare una cantina, ma che senza tini di legno adatto a contenere vino, era solo una stanza vuota, fredda e soprattutto buia.
Una cosa era rimasta inalterata nonostante tutto, generazione dopo generazione, ad ogni Luna Nuova una donna si recava al pozzo, apriva il coperchio e donava a quell’abisso tre cose ben precise: un pennuto sgozzato, un frammento di specchio ed una storia. Cosa si aspettassero di ottenere non era chiaro alla maggior parte di loro, ma così era e così doveva essere. Rito e tradizione.
Nella villa abitavano solo donne separate nelle mansioni dai colori dei propri abiti: neri per la pratica dell’Arte (magica), bianchi per lo studio dell’Arte; nessuna di loro aveva marito e se lo aveva avuto di certo non ne era rimasta traccia. Così per gioco iniziarono a chiamarsi tra loro “vedove”, a capo di queste c’era ancora un’altra donna: la Signora.
Quella notte toccò a Beatrice l’offerta. Scese tranquillamente le scale tenendo la gallina a testa in giù ben stretta sulle zampe con la mano destra, il frammento di specchio nell’altra mano, ed una storia ben chiusa nella testa e sigillata dentro le labbra. La luce proiettata dalla porta aperta a malapena sfiorava il perimetro a terra del pozzo, le macchie un tempo cremisi narravano tutte le vite concluse di una lunga serie di sacrifici, mentre dei frammenti di specchio non c’era nessuna traccia, buttati nel pozzo, non erano mai stati rivisti. Tre gradini, il passo felpato e il momento pratico che prevedeva l’apertura della bocca su quello scorcio di oscuro baratro acquitrinoso e stagnante.
«E’ Luna Nuova, di nuovo.» – gli si rivolgeva con familiarità come se il pozzo potesse comprenderla o addirittura risponderle. Aveva raccolto i lunghi capelli biondi per l’occasione, la veste bianca era semplice e priva di spalline, si stringeva intorno al petto con un nastro ben tirato, la stoffa lasciava scoperti i piedi nudi. Scostò la copertura del pozzo posando per pochi istanti il frammento di specchio, ma mai la gallina che continuava a fare chiasso, tagliando di netto il silenzio del luogo.
«Uno. Una vita.» – proseguì issando bene il volatile per mostrarlo all’apertura del pozzo, lo colpì con lo specchio dalla parte più appuntita, strategicamente scelta, poi se lo avvicinò alle labbra aprendogli con un morso disgustato la gola. Allontanò da sé quel sacrificio, lasciando che il sangue defluisse verso le profondità della bocca di pietra. Il candore dell’abito era intaccato, ma non la calma placida del viso di Beatrice, avezza ormai a quella serie di gesti.
I versi soffocati della gallina andavano via via affievolendosi ed infine, quando il sangue era ridotto ad un sottile e teso filo rosso, le mani allentarono la loro presa e gli artigli del volatile sfiorarono appena i suoi polpastrelli, scivolando con tutto il corpo verso l’oscura profondità.
«Due. L’imperitura illusione» – disse lasciando andare anche il frammento di specchio insozzato dal sangue, qualche piuma era rimasta attaccata, ma non era importante rimuoverla, tutto si sarebbe riunito lì sotto, lì dentro, tutto.
«Tre. L’eternità inizia con una storia. E alla fine, anch’essa finisce.» – annunciò, pronta a concludere le offerte con la parte più lunga e dolorosa. Una gallina era morta, ben poca cosa in confronto al ricordo di cui si sarebbe privata donandolo al pozzo. Succedeva così, nessuna delle vedove aveva potuto dare una spiegazione, ogni volta che la terza offerta veniva fatta, nessuna di loro riusciva a ricordare cosa avesse raccontato di fronte a quella piccola e antica struttura artificiale.
Rimase stordita per qualche istante cercando di ricostruire quanto fatto fino a quel momento, ma la sua memoria si fermava alla formula rituale che apriva la via alla terza offerta. Sospirò affranta nella consapevolezza di non poter risolvere, certo non su due piedi, quel mistero. Raccolse le idee e si tese con tutto il corpo per tornare a ricoprire il pozzo come di consueto. Ebbe un’esitazione, un “colpo” di sesto senso, potremmo dire. Assottigliò lo sguardo verso il buio totale, non poteva aver scorto nulla, quel buio era davvero totale. Ignorando il sapore ferroso del sangue sulle labbra, diede seguito al suo istinto gettando la propria voce in quello spazio sottostante.
«Sono ancora qui.» – quasi volesse rassicurare il pozzo, o qualunque cosa ospitasse. Beatrice era in tensione con il corpo e con tutti i suoi sensi.
Cosa stava succedendo ora, che in passato non era ancora mai accaduto?
- Beatrice fissò quel buio talmente a lungo, che i suoi occhi erano diventati quella stessa oscurità. E in essa vide qualcosa. (64%)
- All'interno del pozzo qualcosa raccolse il frutto delle loro offerte ed un suono, flebile eco contro le pareti, formò delle parole... (29%)
- La Signora, desiderosa di scoprire la verità sull'amnesia delle vedove una volta per tutte, era celata nel punto più buio del sotterraneo. (7%)

14/10/2017 at 21:02
Nadia, Nadia, vediamo come vive la situazione Nadia… 🙂
12/10/2017 at 16:01
Mhhh, dunque, io andrei con La Signora.
Mi piace questo capitolo. È… grottescamente in tinta 😀
12/10/2017 at 17:42
ci piace il nero
ahaha grazie !
11/10/2017 at 09:06
Ciao Sicut,
La cosa si fa sempre più intrigante. L’unica cosa che non ho capito, cioè ho capito ma ho dovuto rileggere, é:
I passi di due persone, “madre”, eccola di nuovo Nadia, e non solo lei.
Ma é solo una sciocchezza e io sono un po’ rinco…
Mi pare di vederlo il salone, col pavimento lucido, che io avrei lasciato tutto nero a riflettere la volta dipinta… ma va bene anche con le striature bianche.
Aspetto il prossimo allora, trasloco permettendo ?
11/10/2017 at 09:36
Ciao Kez!
il “madre” è il richiamare di nadia quando lei e asya arrivano alla sala, quindi rivolto a beatrice, sono le virgolette che dovevano essere quelle altre parentesi ;_;
Oh grazie!
Il marmo nero omogeneo non credo esista (ma magari sbaglio eh), onde non scrivere ciofeche mi sono andata a vedere i tipi di marmi ed il nero ha delle venature molto interessanti che restituiscono una drammaticità (secondo me) in armonia con gli specchi, in quanto le venature fanno pensare effettivamente a delle “incrinature” e… niente mi creo le scene visivamente in testa prima di scriverle, quindi sono ben contenta di sapere se riesco a comunicarle anche a chi legge! Grazie!
(e sì spero di uscire viva da questo trasloco)…
03/10/2017 at 10:41
Un po’ di pazienza e torno T_T (e torna anche Beatrice)
Che traslocando (sigh) non ho tempo materiale per il pc/scrittura!
20/09/2017 at 13:11
Scusa,
Sicut. Maledetto correttore!
21/09/2017 at 21:54
Ahah non ti preoccupare, sono infamissimi mezzi questi cellulari!
Grazie di nuovo delle considerazioni, grazie mille! Spero di non tradire le aspettative.
20/09/2017 at 13:10
Ciao Sicuro-Felem,
Io dico che Nadia non troverà nessuno eccetto…
Mi sono piaciute molto le similitudini usate per l
Descrivere l’aspetto di Beatrice, il scivolare della melma sulle pareti che hai descritto come lacrime… mi piace la calma che si siede di fianco alla paura e la testa china sotto il peso dei pensieri. Ottimo capitolo! Il tuo stile sta prendendo forma, stai andando sempre meglio.
Aspetto il prossimo.
18/09/2017 at 18:32
“Il pozzo iniziò a riversare fuori quella melma nera così velocemente che Beatrice, confusa, afferrò un frammento e scappò verso le scale”
Stavolta ho dovuto pensarci un po’, ma alla fine ha vinto questa opzione per me.
Attendo con curiosità il prossimo episodio!
18/09/2017 at 16:06
Bel capitolo!
ciao Sicut-Felem.
Mi piacciono le descrizioni, mi piacciono le frasi tipo:Il cuore le soffriva in petto (molto evocativa); ancora: di quel sibilo che i vecchi emettono poco prima di spirare, quando già il fiato si è fatto povero nelle loro gole, e la vita esile come la pelle sulle vene livide.
Saper raccontar con pochi tratti efficaci è un’arte. Brava, aspetto prossimo episodio. Io ho votato la melma, perché fa molto horror e porta scompiglio!
18/09/2017 at 10:17
Voto per la signora gelosa. Ci dev’essere un motivo per cui il rituale è così metodico e regolare, e di certo i grandi capi lo sanno…
17/09/2017 at 16:02
Sicut, ci stai facendo scivolare sempre più nell’oscurità.
Un’oscurità densa di mistero in cui le uniche certezze sono rappresentate da un’ambientazione decisamente affascinante. Curioso di sapere cosa succederà.
14/09/2017 at 22:13
Mi ha spiazzata questo secondo capitolo, mi aspettavo tutt’altro, ma è decisamente affascinante.
Voto per l’entità in cerca di identità, fa anche rima ?
10/09/2017 at 18:11
Bello dark questo capitolo. Mi è piaciuto molto (come le tue opere che ho sbirciato dalla tua bio). Purtroppo credo di averti portato in parità votando:
Il volto di Betsie guardava imperioso verso Beatrice, rimproverandola per ciò che aveva dimenticato…
Però mi piaceva molto come opzione.
“Beatrice si sentiva pervasa da una tristezza che la sua mente stentava a riconoscere come propria…” molto bella anche questa, brava 😀
11/09/2017 at 15:56
Grazie mille (Laney, Federica, Keziarica, Karasujin ecc…) innanzitutto.
In realtà anche le situazioni di parità (mentre scrivo qualcuno ha cambiato di nuovo la “percentuale scelte”) mi ispirano, in parte perché fai contenti più lettori e in parte perché sono situazioni interessanti!
Mi scuso dei refusi, me ne sono accorta solo a rilettura post-invio 🙁
(tipo: cercò di volarsi -> voltarsi!!), sigh.
10/09/2017 at 12:26
Ho votato questa: “L’indefinita forma cercava una propria identità, assumendo più aspetti, senza mai averne uno che Beatrice potesse carpire nei lineamenti.”
È un racconto misterioso, intrigante, hai fatto trasparire bene la tensione e confusione di Beatrice. Lo seguo con piacere.
Attendo il prossimo episodio… Chissà che ne sarà di Bea 😉
10/09/2017 at 08:45
Rieccoci, ciao.
io scelgo il volto di Betsie che guarda Beatrice, anche perché si accorda meglio con il titolo di questo capitolo. Mi piacciono i viaggi nel tempo, seppure mentali.
aspetto prossimo capitolo.
08/09/2017 at 14:07
Sono indeciso tra “la creatura (chiamiamola così, per il momento) che parla dal pozzo” e “Beatrice che fissa il vuoto (il quale poi inizia a fissare di rimando 😀 XD) e vede qualcosa”.
E se tu facessi una via di mezzo tra queste due opzioni?
08/09/2017 at 15:05
E un po’ come quando devo scegliere tra il tiramisù e il sorbetto al cocco. No ok quella è una decisione ben più ardua, ma ti ringrazio del parere sul ->”dai mix insalata e via!” eheheh! <3
si fa quel che si può (e votano)!
07/09/2017 at 23:20
Svelare tutto subito no, sono d’accordo anch’io, però la tempistica dipende anche da quanto e come pensi di sviluppare la storia in se. Bello il modo in cui dai informazioni mostrando senza spiegare più del necessario.
07/09/2017 at 18:07
Fissò il buio così a lungo che…
Un inizio davvero di atmosfera, bello molto! 🙂
07/09/2017 at 18:41
troppo gentile 🙂 grazie mille!
07/09/2017 at 10:23
Senza dubbio questa: Beatrice vede qualcosa nel buio.
Un buon incipit intrigante e misterioso, un preludio ad una buona storia. Ne sono certa!! 🙂
07/09/2017 at 10:02
Io non farei vedere troppo subito. Lei forse vede qualcosa ma giocherei ancora un po’ sull’ambiguità.
07/09/2017 at 10:31
Grazie Paul, cercherò di fare attenzione
07/09/2017 at 08:25
Ciao, bella idea quella del ricordo donato che non si può riavere indietro. Diceva Nietzsche che se si guarda troppo nell’abisso, quello alla fine guarderà dentro di te, è una frase che mi piace molto per questo scelgo Beatrice che fissa nel buio. Vediamo se davvero l’abisso guarderà Beatrice…
A presto.
07/09/2017 at 09:40
E’ tutto nuovo e molto magico qui! Mi sono buttata per gioco su consiglio di un’amica e spero di intrattenere con piacere chi passi per di qui, per cui ti ringrazio moltissimo della considerazione e della speranza sulla scelta (e sì, è una frase che ho nel cuore fin dall’infanzia, sono cose che ti “costruiscono”). Sono curiosa di vedere quale scelta prevarrà.
A presto!