I frammenti dell’Ombra

Dove eravamo rimasti?

Cosa stavano mostrando i frammenti degli specchi? L'indefinita forma cercava una propria identità, assumendo più aspetti, senza mai averne uno che Beatrice potesse carpire nei lineamenti. (70%)

Chiamami, madre

L’indefinita forma cercava una propria identità, assumendo più aspetti, senza mai averne uno che Beatrice potesse carpire nei lineamenti. Un momento era torbida oscurità allo stato puro, il momento dopo un particolare tratto fisionomico animava il dubbio che ci fosse più del buio melmoso prima trattenuto tra le dita.

Eccole ancora. Sembravano gengive scoperte da ogni possibilità di labbra umane e i denti…. Oh, i denti! Così disorganizzati in quelle gengive, che le stesse pareva potessero strapparsi se si fosse mossa una sola parola, in mezzo a quelle stalattiti presumibilmente ossee. O magari quelle erano davvero solo caverne, riflesse per chissà quale gioco di canali comunicanti con cavità sotterranee; parte dei misteri che la natura è solita offrire, mandando ai matti chiunque non sia predisposto alla scienza e al senso critico. Il cuore le soffriva in petto, dimenticare di respirare non sembrava razionalmente possibile, eppure stava accadendo. Il diaframma venne rilassato come la corda di un arco tirato troppo a lungo, il respiro che ne conseguì non venne disperso nell’aria, no. Seguì un eco a ritroso del respiro emesso poco prima da Beatrice, come un inspirare possente, afferrato per un colpo di fortuna da quella cosa nel frammento di specchio.

«Hhhhhhhss» – sibilante, di quel sibilo che i vecchi emettono poco prima di spirare, quando già il fiato si è fatto povero nelle loro gole, e la vita esile come la pelle sulle vene livide.

Beatrice a quel punto tremava. E agognava anche. Agognava a capire a cosa fossero dovuti tutti quei tributi nel tempo. Quella cosa sembrava faticare. E a farci attenzione, abbattendo il chiasso delle proprie risposte emotive sotto forma del tamburellare nelle orecchie, le sembrò di cogliere il rumore di acqua, uno sciabordare sordo.

«… Sono ancora qui» – tentennante Beatrice ripeté quella frase.

«Hhhssoi. Hhhssmo…» – tentativi – «Hhsssamo. NNngh..oi. Noi. Noi siamo. Hsshh. Noi. Sempre hhhiis. qui» – Silenzio.

Le domande si stavano ammucchiando nella mente di Beatrice. Nonostante quelle l’idea di “Betsie” le si insinuò con naturalezza, come se tutto sommato ci fosse ancora spazio per un altro pensiero. Uno importante. Così fu facile fare chiarezza su cosa chiedere, lo fece mentre la visione dal frammento sfuggiva, migrava in un altro senza essere più ciò che prima era.

Tic, Tic. Sgniiik.

Graffiava dall’interno dello specchio, non riusciva a capire se fosse una sorta di bastoncino, un dente o un artiglio, o ancora qualche oggetto che non avrebbe mai colto. Il rumore era significativo però, questo lo sapeva, della volontà di comunicare.

«Perché mi hai mostrato…» – la domanda prima chiarissima, ora incespicava e tornava indietro. Dovette sforzarsi ulteriormente. 

«Betsie chi è?» – al diavolo le frasi forbite che poteva aver elaborato in testa. Uscivano già marce.

Stavolta non fu volontario il respiro che dai polmoni, con forza, dovette emettere per avere la risposta desiderata. Piegò avanti il busto, strabuzzò gli occhi colta dalla sorpresa del fenomeno e la forma nel frammento fuggì nel successivo. Ancora quelle gengive. 

«Shh. Noh. Ah.» – … – «Hhs. Noi possiamo Hhh. ‘rtelo. ‘artelo. ‘dartelo. hhh.fff..» – … – «Se.»

Aveva il suono di un patteggiamento. Non era sciocca, aveva studiato per anni cosa succede quando qualcuno /qualcosa/ pone dei “Se”.  Un inganno a cui nessuno studioso di occulto che si rispetti avrebbe dovuto cedere. 

«Qual’è il tuo nome?» – avrebbe preso almeno le opportune precauzioni.

«hhhs.. nome fa cosa sa?» – echi, ritorni, confusione.

«Ho chiesto il tuo nome. Il… vostro? Nome.» – quella puntualizzazione ebbe il potere di gettarla di nuovo nello sconforto di non avere la situazione in mano.

«hhha. Cos’era prima? Creazione. La cosa più bella. Hhha.» – la sua, loro, voce sembrava andarsi a schiarire nell’esposizione in maniera più veloce di quanto avesse potuto ipotizzare in un primissimo momento. Ma la domanda appariva a Beatrice tanto enigmatica, quanto era la forma che non riusciva ancora a carpire.

«Dipende. Alcuni sostengono fosse… l’Eden.» – fu quanto di più immediato le venne in mente in tutta risposta. Poi.

Il pozzo borbottò come se lì sotto l’aria dovesse sfiatare senza trovare vie agili di uscita. Poi fu il risucchio profondo ed angoscioso della pietra e dell’aria, dell’acqua e della terra; il saluto degli elementi.  La mano al petto per lo spavento, lo sguardo fisso verso il pozzo. Quando tornò a cercare quei tratti disordinati nei frammenti, notò con disappunto che, durante il suo momento di distrazione, alcuni di essi erano stati avvicinati abbastanza da offrire alla sua vista un’area più ampia delle precedenti. 

«EDEN.» – la voce arrivò chiara stavolta, corposa e solida. Beatrice arretrò e frettolosamente si rimise in piedi. Osservava ora sotto di sé il riflesso deturpato del proprio volto, animato dalla melma nera, in cui due piccoli bagliori, davano traccia di un possibile sguardo nell’incertezza dei lineamenti, solo ricordati.

«Nome. Eden. mātā»

Il tempo si cristallizza in quella frase, cosa accadrà nella stanza?

  • Il pozzo iniziò a riversare fuori quella melma nera così velocemente che Beatrice, confusa, afferrò un frammento e scappò verso le scale... (67%)
    67
  • La Signora le andò incontro con aria severa. «Perché... te?», nel sotterraneo fu silenzio. Beatrice si sentì quasi fiera, la invidiava? Lei? (33%)
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  • Beatrice svenne, colpita dalle parole. Qualcosa si stava destando nella sua memoria. (0%)
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28 Commenti

  • Ciao Sicut,
    La cosa si fa sempre più intrigante. L’unica cosa che non ho capito, cioè ho capito ma ho dovuto rileggere, é:
    I passi di due persone, “madre”, eccola di nuovo Nadia, e non solo lei.
    Ma é solo una sciocchezza e io sono un po’ rinco…
    Mi pare di vederlo il salone, col pavimento lucido, che io avrei lasciato tutto nero a riflettere la volta dipinta… ma va bene anche con le striature bianche.
    Aspetto il prossimo allora, trasloco permettendo ?

    • Ciao Kez!
      il “madre” è il richiamare di nadia quando lei e asya arrivano alla sala, quindi rivolto a beatrice, sono le virgolette che dovevano essere quelle altre parentesi ;_;
      Oh grazie!
      Il marmo nero omogeneo non credo esista (ma magari sbaglio eh), onde non scrivere ciofeche mi sono andata a vedere i tipi di marmi ed il nero ha delle venature molto interessanti che restituiscono una drammaticità (secondo me) in armonia con gli specchi, in quanto le venature fanno pensare effettivamente a delle “incrinature” e… niente mi creo le scene visivamente in testa prima di scriverle, quindi sono ben contenta di sapere se riesco a comunicarle anche a chi legge! Grazie!
      (e sì spero di uscire viva da questo trasloco)…

  • Ciao Sicuro-Felem,
    Io dico che Nadia non troverà nessuno eccetto…
    Mi sono piaciute molto le similitudini usate per l
    Descrivere l’aspetto di Beatrice, il scivolare della melma sulle pareti che hai descritto come lacrime… mi piace la calma che si siede di fianco alla paura e la testa china sotto il peso dei pensieri. Ottimo capitolo! Il tuo stile sta prendendo forma, stai andando sempre meglio.
    Aspetto il prossimo.

  • “Il pozzo iniziò a riversare fuori quella melma nera così velocemente che Beatrice, confusa, afferrò un frammento e scappò verso le scale”

    Stavolta ho dovuto pensarci un po’, ma alla fine ha vinto questa opzione per me.
    Attendo con curiosità il prossimo episodio!

  • Bel capitolo!
    ciao Sicut-Felem.
    Mi piacciono le descrizioni, mi piacciono le frasi tipo:Il cuore le soffriva in petto (molto evocativa); ancora: di quel sibilo che i vecchi emettono poco prima di spirare, quando già il fiato si è fatto povero nelle loro gole, e la vita esile come la pelle sulle vene livide.
    Saper raccontar con pochi tratti efficaci è un’arte. Brava, aspetto prossimo episodio. Io ho votato la melma, perché fa molto horror e porta scompiglio!

  • Sicut, ci stai facendo scivolare sempre più nell’oscurità.
    Un’oscurità densa di mistero in cui le uniche certezze sono rappresentate da un’ambientazione decisamente affascinante. Curioso di sapere cosa succederà.

  • Bello dark questo capitolo. Mi è piaciuto molto (come le tue opere che ho sbirciato dalla tua bio). Purtroppo credo di averti portato in parità votando:
    Il volto di Betsie guardava imperioso verso Beatrice, rimproverandola per ciò che aveva dimenticato…
    Però mi piaceva molto come opzione.
    “Beatrice si sentiva pervasa da una tristezza che la sua mente stentava a riconoscere come propria…” molto bella anche questa, brava 😀

    • Grazie mille (Laney, Federica, Keziarica, Karasujin ecc…) innanzitutto.
      In realtà anche le situazioni di parità (mentre scrivo qualcuno ha cambiato di nuovo la “percentuale scelte”) mi ispirano, in parte perché fai contenti più lettori e in parte perché sono situazioni interessanti!
      Mi scuso dei refusi, me ne sono accorta solo a rilettura post-invio 🙁
      (tipo: cercò di volarsi -> voltarsi!!), sigh.

  • Ho votato questa: “L’indefinita forma cercava una propria identità, assumendo più aspetti, senza mai averne uno che Beatrice potesse carpire nei lineamenti.”

    È un racconto misterioso, intrigante, hai fatto trasparire bene la tensione e confusione di Beatrice. Lo seguo con piacere.
    Attendo il prossimo episodio… Chissà che ne sarà di Bea 😉

  • Sono indeciso tra “la creatura (chiamiamola così, per il momento) che parla dal pozzo” e “Beatrice che fissa il vuoto (il quale poi inizia a fissare di rimando 😀 XD) e vede qualcosa”.

    E se tu facessi una via di mezzo tra queste due opzioni?

  • Svelare tutto subito no, sono d’accordo anch’io, però la tempistica dipende anche da quanto e come pensi di sviluppare la storia in se. Bello il modo in cui dai informazioni mostrando senza spiegare più del necessario.

  • Ciao, bella idea quella del ricordo donato che non si può riavere indietro. Diceva Nietzsche che se si guarda troppo nell’abisso, quello alla fine guarderà dentro di te, è una frase che mi piace molto per questo scelgo Beatrice che fissa nel buio. Vediamo se davvero l’abisso guarderà Beatrice…
    A presto.

    • E’ tutto nuovo e molto magico qui! Mi sono buttata per gioco su consiglio di un’amica e spero di intrattenere con piacere chi passi per di qui, per cui ti ringrazio moltissimo della considerazione e della speranza sulla scelta (e sì, è una frase che ho nel cuore fin dall’infanzia, sono cose che ti “costruiscono”). Sono curiosa di vedere quale scelta prevarrà.
      A presto!

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