Viento ‘e Terra

Di ritorni, di scelte, di cambiamenti possibili e impossibili e di altre cose della vita...

1.

Non è un mestiere facile. E non lo è per tante ragioni diverse.

Lo stipendio è da fame e quasi nessuno ti riconosce meriti, a meno che non abbia avuto bisogno di te almeno una volta nella vita.

Non è una questione di coordinate.

Certo Napoli ha i suoi problemi, ma sono problemi in cui ci si può imbattere in qualunque grande metropoli.

Milano, Torino, Roma, non fa grande differenza.

E’ forse solo un po’ meno facile per chi decida di farlo nel luogo in cui è nato e cresciuto, tutto qua.

E questo perché quelli con cui hai a che fare tutti i santi giorni non sono estranei di cui poco o niente ti importa, ma persone con cui hai condiviso delle cose, persone che hanno fatto scelte diverse dalle tue e a cui hai voluto bene e forse ancora gliene vuoi.

E’ una questione di identità.

Per loro non sei lo sbirro senza passato da adulare o temere a seconda delle circostanze.

Per loro sei molto di più di questo, sei quello con cui giocavano a calcetto nel campo della parrocchia, quello su cui potevano contare quando c’era da fare a botte, quello delle pisciate in compagnia e delle prime sigarette che bruciavano in gola.

E’ per questo motivo che ti odiano: per ciò che eri un tempo e per ciò che sei diventato nonostante ciò che eri.

Ti considerano un infame, un traditore venduto allo Stato.

Faticano a capire i motivi per i quali non puoi più chiudere un occhio, fare finta di non vedere… come fanno tutti gli altri.

Gli altri, che si dimostrano sempre riconoscenti e apprezzano in egual misura consigli e regali più o meno disinteressati.

E che accettano volentieri un caffè o, perché no, un aperitivo, tanto che male c’è.

Quelli che scendono a compromessi, senza vergogna, perché tanto così va il mondo e non saranno certo loro a cambiarlo.

2.                                                   

Non mi pentirò mai di essere tornato.

Sono stato lontano per troppo tempo. Sì, lo ammetto, in principio l’idea mi spaventava. Niente resta com’era.

Anche se l’idea che tutto potrebbe tornare come una volta è il motore che mi ha spinto a fare la scelta che ho fatto.

C’è sempre speranza per chi si nutre di speranza.

E’ una cosa che Antonio ripete di continuo.

Nonostante non possa più camminare, nonostante fatichi a parlare, mangiare, deglutire.

Ha avuto il suo momento di gloria Antonio. Ne hanno parlato i giornali, le televisioni, sì, persino quelle straniere. Ma quando i riflettori si sono spenti è rimasto solo, solo con la sua nuova vita, fatta di barriere architettoniche e giornate scandite da pasticche da prendere a intervalli regolari.

Faceva il poliziotto anche lui Antonio. E ancora spera di poterlo tornare a fare.

Continua a sperarlo, nonostante i medici gli abbiano detto che non c’è nulla da fare.

E’ forte Antonio, più forte di quelli che gli sono vicini e che dovrebbero dargli forza.

All’inizio mi ero fatto fregare anch’io.

Lo trattavo con condiscendenza, gli dicevo piccole bugie innocenti.

Poi, col tempo, ho capito che non era questo che voleva. Non era questo che meritava.

E’ stato quello che è capitato ad Antonio a convincermi a tornare a casa dopo 12 anni.

A casa. Nella mia San Giovanni a Teduccio.

3.

L’ispettore Rosati passa sotto il nastro giallo, supera uno sciame di poliziotti in divisa e punta deciso nella mia direzione.

“Mimì i dati del richiedente li hai presi tu?”

Annuisco, sfilo il taccuino dal taschino, strappo il foglio e glielo consegno.

“Ho segnato tutto, anche se non ce n’era bisogno…”

“Rafele Fusco?” replica Rosati sorpreso. “E che ce faceva ccà? La vittima nun tene precedenti o sbaglio?”

“No, non aveva precedenti penali, ma nemmeno di polizia se è per quello…”

“Ci hai già parlato?”

“Cu Rafele? Sì, ma non mi ha detto molto: lo sai, con me non ci parla volentieri!”

Il viso di Rosati assume un’espressione incarognita.

“Mimì, nun ce ne fotte proprio ‘e chello che penza Rafele Fusco: lui con noi o ce parla o ce parla. E, se non lo fa, ‘o facimmo passà nu brutto quarto d’ora. Convocalo in ufficio per domani: voglio che lo prendi a sommarie!”

Il tono di Rosati non ammette repliche.

Conosce benissimo me e conosce Raffaele. Sa che un tempo eravamo amici. E forse è su questo che conta. Ma sbaglia. Questa volta sbaglia di brutto.

Il Raffaele Fusco che conoscevo io non esiste più. Ora c’è soltanto Rafele ‘O Mericano, affiliato al Clan dei Pascale, precedenti per minacce, lesioni, spaccio, detenzione di armi da fuoco, estorsione, rapina.

Un delinquente fiero del proprio curriculum criminale, temuto anche fuori dal quartiere e ammantato di un’aura leggendaria, cucitagli addosso da novelli bardi neo-melodici, che ne hanno cantato le gesta, tutt’altro che eroiche, in brani che ancora spopolano tra i vicoli bui d’ ‘O Casale e i blocchi residenziali di cemento armato che si fronteggiano nel Bronx.

Un uomo di cui non so niente.

Lontano anni luce dal ragazzone timido e un po’ imbranato che non ne voleva sapere di giocare a pallone perché subito gli finiva il fiato.

E che soffriva in silenzio per l’indifferenza di Anna Cuomo, di cui era sempre stato segretamente innamorato.

E il giorno dopo?

  • Sentiamo il medico legale (che qualcosina sulla vittima avrà pure da dire) (27%)
    27
  • Interroghiamo l'unico (almeno per adesso) testimone (64%)
    64
  • Torniamo sulla scena del crimine per esaminarla alla luce del giorno (9%)
    9
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213 Commenti

  • Ogni volta che lascio un commento non replichi, che sia chilometrico o lapidario. Ogni tanto sarebbe carino anche solo un “grazie, ciao”; soprattutto quando sfogli tutti i commenti e ti accorgi che l’unica a cui non rispondi mai sono io…. spero nella tua prossima storia e in un interscambio. baci

    • No, dai, non mi fare così che lo sai che ci tengo al tuo parere… è che mi aspetto sempre che tu mi dica dove ho sbagliato e quando non succede non so che dire… io con i complimenti sono a disagio e almeno gli ultimi due commenti erano fatti di soli complimenti, non è una questione di chilometri o di lapidi… mettiamoci una pietra sopra… ma tu quando ricominci a scrivere su tI?

  • Ciao, Lou.
    Ho voluto rileggere da capo il tuo racconto prima di commentare.
    Adesso che l’ho fatto apprezzo ancora meglio l’eleganza degli incastri. Una scrittura precisa, elegante, ricca di immagini che ti rimangono dentro. La storia è bella e ben architettata, narrata con una sapienza e uno stile che mi piace e che trovo veramente efficace e maturo. Insomma, un po’ ti invidio 🙂
    Il resto sono sensazioni, osservazioni più o meno inutili e di sicuro relative e personali.
    Mi è rimasto impresso, il “mugolare” di Nunziello per il ginseng e di Rosati per una caramella e in entrambi i casi (soprattutto nel primo!) l’ho trovato inadatto. Gusti, appunto.
    La cosa più importante che vorrei dire sul tuo racconto è comunque un parere personalissimo e riguarda proprio la trama: ci sta che Mimì, tornato a casa, subisca la sfortunata coincidenza di indagare sulla morte della sua amica. Però, leggendo e rileggendo, mi sono accorto che sentivo la mancanza di qualcosa: mi è mancato completamente lo “stupore” di Mimì: muore l’amica, la uccide Ciro (su suggerimento del padre, dice lui. Anche qui: è evidente che Mimì non ci crede, perché in questo caso Rafele sarebbe complice o mancante o qualcosa di simile, questo aspetto non mi è chiarissimo) perché non riveli che Tonino è stato ferito da Ciro, immagino. Ok, succede tutto ciò è noi, che ascoltiamo i pensieri di Mimì, non abbiamo nessuna considerazione da parte sua: sul destino, le coincidenze, su quanto sia piccolo il mondo. Robe così, insomma. A me sarebbe piaciuto leggerlo. Be’, come vedi, è proprio una questione di gusti personali, ho voluto scrivertelo perché può essere uno spunto di riflessione e di che tu apprezzi gli spunti.
    Come ultima cosa, ho da scriverti solo una parola: bravissimo!
    Ciao, a presto!

    • Ciao Jaw.
      Intanto mi scuso, nonostante la buona volontà non sono riuscito nemmeno stavolta a pubblicare con regolarità.
      Considero preziose le tue critiche e mi diverte il tuo modo di declinarle, per un eccesso di buona educazione presumo, in mille altri modi; le chiami osservazioni, sensazioni riflessioni, spunti, pareri… quasi come se temessi di offendermi: ecco, io non mi offendo! Anzi, la ragione per cui scrivo su questa piattaforma (e probabilmente continuerò a farlo) sono proprio quelle ‘critiche’ .
      Ad ogni nuovo episodio spero sempre di trovarne di nuove.
      E tu sei tra quelli che difficilmente mi delude :).
      Nel merito:
      1) Vero, verissimo, troppi mugolii, di almeno uno se ne può certamente fare a meno.;
      2) Avrei voluto dire di più circa le ragioni del delitto ma ho dovuto fare delle scelte per questioni di spazio. Ammetto che è stato, in parte, anche un modo per valutare l’efficacia delle semine e quanto gli indizi e gli incastri fossero in grado di suggerire al lettore la soluzione senza esplicitarla;
      3) Anche qui, in parte, è una questione di spazi. Sai quanto mi piace dare voce ai pensieri dei miei personaggi, e ci sarebbero state benissimo riflessioni sul destino e le coincidenze e tutta quella roba lì, il punto è che l’intreccio era abbastanza complesso e per svilupparlo al meglio ho dovuto sacrificare parecchie cose. Però manca, hai assolutamente ragione. In effetti a rileggerlo sembra una coperta di lana Merinos infilata in uno di quei sacchetti sotto-vuoto, quelli a cui si toglie l’aria aspirandola con la Folletto (sì, d’accordo il paragone fa proprio pena è solo che l’altro giorno abbiamo fatto il ‘cambio di stagione’ e mi è venuta così).
      Ecco, forse avrebbe bisogno di più respiro.
      Ancora mille volte grazie.
      Per tutto il resto, quando vuoi, anche via mail.
      Ciao.

  • Perfetto, Lou.
    Un finale che chiude il cerchio del mistero e dei rimpianti di Mimì.
    Non ho nulla da dire se non che sei uno dei pochi, se non il solo, su questo sito e molti altri, che potrebbe davvero definirsi scrittore, e non lo fa. Di cose piacevoli se ne leggono diverse, ma scritte così bene, nella forma, nella struttura, nei contenuti, nel talento di raccontare e di lasciare immaginare, delineare personaggi e situazioni che si possono vedere, a cui si crede, in cui ci si può identificare, sempre senza perdere il filo di una trama che non si perde ma si snoda fino alla fine, mi pare ci siano solo i tuoi racconti.
    Bravo, che ti devo dire di più? Spero di rileggerti presto, o tardi, quando vuoi 🙂

    • E a un commento così come si risponde?
      Guarda, ti confesso una cosa: anche se dico sempre il contrario e chiedo sempre a chi decide di seguirmi di fare uno sforzo e di dirmi soprattutto quello che non gli piace… e, beh, ecco, un cuore c’è l’ho pure io e a certe parole proprio non riesco a restare indifferente.
      No, non mi considero uno scrittore, ma sogno di diventarlo ed è come se le tue parole mi avessero avvicinato un po’ di più a quel sogno…
      Adesso però torno coi piedi per terra e ti abbraccio: grazie dal più profondo del cuore Befana!
      Quando vuoi, se hai bisogno o anche solo per un saluto: Lou1978@virgilio.it

  • Consentimi, in questo ultimo capitolo, un atto personale di presunzione. Io leggo tanto e leggo di tutto fin da piccolo. Negli anni ho imparato a distinguere, nelle pagine che leggo, il mestiere dell’autore, quanta tecnica e quanto talento lo supportano. Tutti gli autori di successo nascono dal talento, poi crescono nella tecnica supportati dagli editor e dall’intero apparato dell’editoria. Molti purtroppo finiscono col diventare dei mestieranti seriali.
    Tu hai un grande talento, riesci a creare magicamente un ponte tra la tua sensibilità e il lettore e hai l’umiltà di non sentirti uno scrittore. Si sente. Hai tutta la mia stima.

    • Ancora una volta grazie, per la fiducia, i preziosi consigli, le osservazioni.
      Davvero non so che dire.
      Ogni volta ce la metto tutta, ma sono perfettamente consapevole di avere ancora tanta strada da fare.
      Di mestieranti seriali ce ne sono tanti in giro, ma non è a loro che guardo, guardo ad altro, solo che questo altro è per me ancora un miraggio lontano e tremulo.
      Però la direzione che ho preso ormai è quella.
      Ora c’è solo da vedere se avrà la meglio il deserto o la mia volontà di farcela, che pure quella va a fasi alterne.
      Avere la fiducia di persone come te Napo è di certo un fortissimo stimolo a provarci.
      Vedremo.
      Grazie ancora dal più profondo del cuore.

      • Bel finale: degno di tutto il resto.
        Io non avrei ceduto alla tentazione del colpo di scena con la morte di Ciro e avrei spiegato meglio la situazione che lo ha spinto a uccidere Maria.
        Ma sono sempre e soltanto opinioni mie, per ciò che valgono.
        Scrivere qui è impegnativo: devi dedicarci tempo e pubblicare con cadenza regolare, per rispetto del lettore. Ultimamente tempo ne ho pochino. Comunque scrivo ancora, ho pure avuto una piccolissima soddisfazione ultimamente.

  • Un ricordo perché spero che ci spieghi della pistola e dell’attentato a Tonino, che ancora resta misteriosa.
    Lou, ma sai che credevo di averlo già commentato, questo capitolo? L’ho letto appena ricevuta la notifica, ho detto ripasso poi e non l’ho fatto. Principi di demenza senile?
    Molto bello, soprattutto il pezzo in cui Tonino parla del mondo ideale di Mimì e del suo volere vedere le cose solo in accordo al suo modo di pensarle.
    Mi chiedo come Rafele abbia saputo della colpevolezza del figlio: glielo ha detto lui o qualcun altro gli ha fatto la soffiata?
    Al gran finale

    • Ciao Ilaria.
      L’eccellenza è un punto di arrivo. Io sono per strada.
      Quello che posso dirti è che li scrivo e li riscrivo decine di volte, nel tentativo di calibrarli sui personaggi e sullo stato d’animo che immagino dovrebbero avere nel momento in cui parlano. Insomma sono una di quelle cose che sembrano facili (e devono sembrarlo) ma non lo sono affatto.
      Ti aspetto al decimo.

  • Una suggestione, ne vado matto.
    Ciao, Lou.
    Ma vedi che commentare ogni capitolo non ha senso? O almeno, io lo faccio nel modo sbagliato! Adesso è chiaro il motivo delle riflessioni di Rafele e conoscendoti un po’ avrei potuto immaginare che non poteva essere un dettaglio messo lì a caso 🙂
    Il capitolo mi è piaciuto molto, il cerchio si chiude (forse) e sono curioso di scoprire quanto vorrai farci sapere del movente… chissà perché ho l’impressione che qualcosa rimarrà in ombra…
    Ciao, bravissimo, a presto

  • Altro bel capitolo, complimenti. Anche se fai passare del tempo tra un capitolo e l’altro, mantieni sempre una perfetta coerenza di stile e di caratterizzazione dei personaggi.
    Incomprensibile che non ti abbiamo dato la copertina…
    Voto per il ricordo perché sui ricordi vai forte: sei lucidamente struggente.

    • Grazie mille Napo, per questo e per il commento precedente (ho provato a risponderti due volte ma, per motivi a me oscuri, le risposte sono finite sotto il commento di cap.).
      Non mi strappo i capelli per la copertina.
      Sono sufficientemente gratificato dai commenti.
      E dico sul serio.
      Mi interrogo, piuttosto, sulla fuga dei lettori puri dal sito e su quanto si potrebbe/dovrebbe fare per favorirne il ritorno. Idee?

  • L’arma del delitto.
    La chiusa è bellissima con la spiegazione del perché le crede, se fosse una menzogna ne avrebbe inventata una che preservasse il suo orgoglio. Molto umano, vero.
    Il capitolo mi è piaciuto molto ma ho trovato i dettagli di contorno un po’ troppo presenti, sia nell’inizio con Anna che quelli intorno al caffè e della partita di calcio. So che servono a rendere più naturale e spezzare un po’ un capitolo fatto di dialoghi ma li ho trovati davvero un po’ troppi, fino a dare un’impressione leggermente artificiosa. ma sempre molto piacevole da leggere, ci mancherebbe. 🙂

  • Bravo Lou, ci hai regalato un altro capitolo magistrale. Bellissima la scelta di cadenzare il dialogo tra Mimì e Rosati al ritmo della macchinetta del caffè: meccanicismo nella preparazione del caffè alternato al meccanicismo della conversazione tra i due. Anche nella seconda parte hai riproposto ottimamente questo alternarsi tra la conversazione tra Mimì e Rafele e la partita di pallone, dove la passione e la “pancia” sul campo e dietro la rete rimbalzano come in un gioco di specchi.
    Chapeau.

  • Il pestaggio di Nunziello è uno dei pezzi del puzzle che, mi pare, fatica a incastrarsi.
    Ciao Lou.
    Ma com’è che Rosati non beve il caffè? 😀
    Ho trovato questo capitolo meno fluente di altri, la parte del caffè alla macchinetta mi è parsa procedere un po’ a scatti (spettacolare la mia proprietà linguistica, eh? 😀 ), quasi la lenta autopsia di un atto tutto sommato molto semplice. Così come ho trovato un po’ buttata lì la frase di Rafele sul destino del figlio: capisco che tu voglia caratterizzare anche in questo modo il personaggio, ma suona un po’ retorico e fuori contesto. Io penso che tu volessi alludere al carattere teatrale di Rafele, che si rappresenta in un modo a cui lui stesso vorrebbe credere. Ci sta tutto, anzi, è efficacissimo. Il problema è mio: come lettore preferisco avere più elementi per “prendere posizione”, per essere certo di aver capito cosa mi si vuole comunicare. Perché te lo scrivo? Perché la cosa mi ha fatto riflettere, mi spinge a chiedermi: quando è necessaria una parolina in più di “tell” che dia la chiave giusta di lettura dello “show”? 😀
    E quanti sono i lettori pigri come o più di me? 😀

    Ciao, a presto

    • Ciao Jaw.
      Non sono un purista dello show, quelle paroline in più di tell – probabilmente necessarie – sono state sacrificate nel taglio a cui mi sono visto costretto dopo essermi accorto di aver ecceduto di quasi 2000 caratteri il limite dei 5000 – colpa mia, mi ero fatto prendere la mano -.
      Forse avrei potuto/dovuto sacrificare altro, ma ero arrivato a un punto in cui non ci capivo più una cippa.
      Sul resto trovi una mezza risposta nell’episodio appena pubblicato.

  • Sentire Anna.
    Scusa, Lou. Mi sto confondendo con questi siti. Torno qui e mi ricordo che i capitoli persi non si possono votare più. Wattpad mi sta confondendo la testa. La tua storia mi piace moltissimo, ma anche la tua scrittura, da sempre, lo sai.

  • Boh, a questo punto penso che non possa fare a meno di sentire Anna.
    Ciao, Lou. È sempre un piacere leggerti, dialoghi, atmosfere… la dannata panchina, così fastidiosa che mi sembrava di averla sotto le ch1appe 😀
    Mi ha colpito il passaggio in cui ci fai sapere che Tonino confonde amore e pena. Per lui mossi da ragioni egualmente detestabili… oddio non so se ho mai letto una cosa più desolante, trasmette profonda disperazione.
    Ciao, bravissimo, a presto.

    • Sì, è piuttosto triste. Ma anche molto frequente nelle persone che vivono questo genere di disagio. Non so se sono riuscito a far passare il messaggio ma io quel genere di panchina lo detesto proprio.
      Una panchina dovrebbe essere progettata per essere comoda, accogliente, il luogo ideale per leggere un giornale, chiacchierare con gli amici, assistere al teatro all’aperto della vita, contemplare un paesaggio, abbandonarsi ai ricordi… e invece no, invece ti arriva l’architetto di design giapponese che però ha studiato a Nuova York e sa quello che fa e perché no lo fa e ti piazza questi monumenti allo stress sotto casa… echecacchio!!!

  • Visto che l’hai tirata in ballo, Anna.
    Bello, belli i dettagli, la panchina, i ricordi, i lividi. Forse avresti potuto lasciare meno espressi, più accennati, le riflessioni, i dubbi, le esitazioni. E forse, oltre ai balbettamenti, avresti potuto rendere più esitante l’elocuzione di Tonino, ma poi il rischio era cadere nella caricatura, quindi forse hai avuto ragione.
    Ma non sarà la moglie gelosa che ha prima reso invalido il marito e poi ucciso la (presunta) amante? No, non dirmi niente, supputo da sola 🙂
    Ciao
    P.S. Però il titolo… sembra uscito dai vecchi film della Wertmuller 😉

  • Ciao Lou, finalmente ” si turnat ra cheste part”
    Buon capitolo anche questo! Come sempre, descrizioni molto dettagliate.
    L’unica cosa che posso dirti è di non farci aspettare più così a lungo, pubblica almeno una volta a settimana…
    Ciao, e ” stamm buon”

    P.S: Perdona il dialetto di un metà tedesco e metà napoletano.

  • Ciao Lou!
    Bellissimo capitolo, complimenti! Le descrizioni sono un qualcosa di straordinario: sei riuscito persino a descrivere il vapore che saliva dalla tazza di ginseng…
    Concordo con Maria , nel dire che il sogno sembra quasi un ricordo.
    Ma lo facciamo parlare o no sto Rafele? Ahahhah

  • Ciao Lou
    Io direi che sarebbe meglio preparare un piano.
    C’è troppa carne al fuoco e ora si sta delineando una pista…..
    Molto bello questo capitolo e le descrizioni temporali, sono davvero impeccabili, salti dalla realtà al pensiero infine al sogno in una maniera, come dire…., delicata, bravo.
    Sono d’accordo con Maria per il fatto del sogno, descritto meravigliosamente per carità, ma per essere tale effettivamente sarebbe dovuto essere un po’ confuso.
    Mi è sembrato più un ricordo nitido.
    Ciao Lou! A presto ☺
    Ilaria.

  • Un altro capitolo che se ne scende come una tazzina di caffè. Questa storia mi piace proprio. Una specifica: non abusi a livello di dialoghi, terminologia etc della componente “paesana” , dialettale… riuscendo cmq a dare quelle sfumature del quadro… e questa è bravura. 🙂

  • Bravo Lou.
    Secondo me, quando non sei pressato dal plot giallo, dai il tuo meglio. In fondo il giallo è solo un pretesto per scavare nei ricordi del gruppo dei coprotagonisti. Ricordi che hanno il sapore di un sogno e sogni che rievocano ricordi.
    Per Mimì è ormai tempo di preparare un piano.

  • Ciao Lou
    Capitolo ben scritto, molto scorrevole come al solito.
    Un solo piccolo appunto: la stragrande maggioranza dei sogni contiene alcuni (pochi) elementi precisi e molti confusi, spezzati, mescolati…Secondo me, la scena che descrivi è troppo chiara, non rispecchia la struttura normale di un sogno.
    Facciamo parlare Rafele, perché se ce l’hai proposto nell’episodio precedente, un motivo ci sarà 🙂

  • È vero, come hanno commentato altri qui sotto, che in questo capitolo hai ribadito cose che sapevamo già: l’infedeltà di Maria, il migliore amico e l”altro”, la lettera misteriosa, però il capitolo serve a chiarire il dilemma di Mimì, tra dovere professionale e desiderio di giustizia personale e, immagino, le sue scelte successive.
    Io l’avrei mandato da Rafele ma al momento sono in minoranza.
    Le tue immagini sono sempre molto belle, ma ho un dubbio sulla spessa recinzione di fumo tra i due amici: o nel bar fa -10° o non possono frae tutto sto fumo, le tazze, per quanto calde ;-p Scherzo, era solo per trovare qualcosa da ridire.
    A presto

  • Ciao Lou,
    è passato del tempo dall’ultima pubblicazione ma, dopo poche righe, ho subito ritrovato il filo. Questo significa che i personaggi e la narrazione precedenti mi sono rimasti impressi, quindi ottimo lavoro.
    Mi unisco all’osservazione di Muppetz riguardo all’aver lasciato un po’ indietro l’indagine, effettivamente la chiacchierata dura ben due episodi, considerando che questi sono racconti brevi… Comunque ribadisco: la narrazione è ottima.
    Avrei evitato di ribadire il fatto che Ciro è il fratello del padre di Nunziello, bastava dire che è suo zio, ma queste sono piccolezze.
    Alla prossima!

  • Ciao Lou. Direi ottima narrazione anche in questo episodio che all’apparenza mi pare meno incisivo degli altri (forse perché si è percepito meno il colore locale che hai saputo distribuire molto bene nei capitoli scorsi), ma resta comunque di ottimo livello.
    Unico neo (e qui è il puntiglioso giallista dentro di me che parla) è che l’indagine ce la siamo un po’ lasciata alle spalle, è diventata secondaria rispetto alle vicende personali.
    Forse è proprio quello che intendevi fare e, in questo caso, non sarebbe un errore. E forse dico questo solo perché era da un po’ che non scrivevi e la storia si era sbiadita nella mia memoria.
    Per il prossimo episodio sentirei uno degli uomini di Rafele, perché con Rafele abbiamo già parlato nel secondo capitolo.

    Alla prossima!

  • Direi che è tempo di sentire Rafele, lui, se non ho capito male dovrebbe aver letto la misteriosa missiva.
    Ciao Lou,
    Sarà che non riesco a concepire che il ginseng possa davvero sostituire un buon caffè, con tanto di barista mugolante di piacere 😀 , ma questo capitolo mi è parso un attimo meno incisivo degli altri.
    Non so, più che altro è una sensazione: l’ambiguità immagino involontaria di Maria che lecca il cucchiaino (sì, la perversione sta nell’occhio di chi legge, ma penso che sia necessario tenerne conto 😀 ) che ha in me un effetto grottesco; il reiterare la classificazione degli amici di Maria, facendolo ribadire a Nunziello, non ne comprendo la necessità, soprattutto visti i pochi caratteri a disposizione 🙂 ; le considerazioni su “un colpevole” contrapposto “al colpevole”, mi appaiono poi poco convincenti.
    Ciò non toglie che la lettura sia sempre piacevolissima, ricca di immagini (i riccioli di vapore, il tuffo del cuore…) e con uno stile che può essere preso ad esempio di come si dovrebbe scrivere.
    Ciao, a presto

    • Sul ginseng concordo assolutamente, mille volte meglio un espresso (se fatto bene, però). Quando lavoravo a Milano ripiegavo spesso sul ginseng e lo faccio ancora oggi quando sono fuori città… In ogni caso sono gusti e che a Nunziello piaccia ci sta… 🙂 Sul resto probabilmente hai ragione, il quadro è già sufficientemente chiaro e forse non c’era bisogno di insistere su certi elementi.
      Sull’altra obiezione diciamo che Mimi un po’ se la racconta così, è un modo per giustificare la scelta di tenere Rosati all’oscuro delle novità e proseguire le indagini (che ormai hanno preso una piega molto personale) da solo.
      Il fatto che il mio stile potrebbe essere preso addirittura d’esempio forse è un pochino esagerato. Ma ti ringrazio di cuore per il complimento.

  • Ciao Lou!
    Ho recuperato gli ultimi due capitoli, e ne è valsa la pena. Avresti potuto far durare di più il dialogo tra Mimì e il medico legale; mi rendo conto che c’è un limite di battute da rispettare, ma avresti potuto dedicare meno spazio alle descrizioni. Secondo me, il colore giallo-urina all’inizio del quinto capitolo rende benissimo l’idea.
    Bisogna far parlare necessariamente Rafele!

    Ciao!

  • Ciao Lou, posso dirti che nelle prime righe, non sembri nemmeno tu?
    Non mi è piaciuto qualcosa e penso sia giusto fartelo notare:
    1) giallo – urina spiazza davvero…. Io non l’avrei scritto mai …ecco… è un accostamento, secondo me, troppo rude, un pugno in un occhio insomma…
    2) clemente- inclemenza… Sono due paroline un po’ troppo ravvicinate…non credi?
    Poi, come ti avevo momentaneamente perso ti ho fortunatamente ritrovato… è stato bello credimi!
    All’inizio del capitolo mi è venuto un colpo…non ti riconoscevo tra le righe… è stata una brutta sensazione.
    Dopo ti sei ripreso alla grande.
    Ho scelto, ahimè, l’opzione meno quotata… vabbè staremo a vedere.
    Ciao!
    Ilaria

    • Se puoi dirmelo? No Ilaria, tu devi dirmelo!
      Mi spiace che certe cose non ti abbiano convinto, ci sta, assolutamente.
      Ho già spiegato a Keziarica il motivo di quella scelta (mi riferisco alla pipi).
      Per quanto riguarda clemente-inclemenza vorrei dirti che si tratta di una svista, ma non sarei onesto, anche quella lì è una precisa scelta e anche in questo caso ci sta che tu non abbia gradito.
      In ogni caso vai tranquilla con me, sono di quelli che apprezza (e molto) l’onestà.
      Grazie davvero.

  • Ciao Lou,
    è passato un po’ di tempo, ma ho dato una scorta agli altri capitoli per ricordare.
    Bello il racconto, e impeccabili i tempi della narrazione. Non posso non dirti che non mi è piaciuto quel giallo urina all’inizio, ma quelle sono scelte dell’autore a cui non si può mettere freno.
    Aspetto prossimo episodio.
    ciao!

    • Ciao Keziarica. Intanto grazie per i complimenti. E mi scuso anche con te se non riesco a pubblicare con regolarità, ma ho pochissimo tempo da dedicare alla scrittura. Purtroppo.
      Le scelte dell’autore più che giustamente possono essere sgradite ai lettori, ci mancherebbe altro. Piacere a tutti su tutto è impossibile.
      Avrei potuto rendere l’idea del colore della luce in mille altri modi, ma in quel momento mi è venuto da pensare alla pipi… Che ci posso fare?

  • Io vorrei sapere cosa cercavano i bruti, cosa questo migliore amico custodisca.
    Bello, ho storto un po’ il naso sulla mano fasciata e la scorciatoia del pestaggio – raccontami tutto, però lo spazio qui è quello che è e bisogna pur far avanzare rapidamente le cose. Molto belli questi personaggi che risorgono dal passato.
    Buon anno, se non te l’ho ancora augurato. E anche se l’ho già fatto ?

  • Be’, gli capita la fortuna di imbattersi in una traccia, è meglio che mantenga il sangue freddo.
    Ciao, Lou.
    Non saprei come commentare la tua prosa se non con “bella” e parecchi sinonimi.
    Devo però ammettere che mi stona un po’ lo stupore di Mimì nello scoprire che anche un altro suo amico è coinvolto, perché sembrerebbe appunto testimoniare che è andato al bar per caso. A me i casi non piacciono, non mi sembrano adatti al genere, e per quanto sia ormai palese che tutta la vicenda ruota intorno a quel vecchio gruppo di amici, avrei preferito che Mimì ci arrivasse con le proprie forze (tanto, siamo nella sua mente, possiamo seguire il filo dei suoi ragionamenti! 😀 ), piuttosto che con una botta di terga. 😀 😀
    Ciao, complimenti, a presto

  • Ciao Lou
    non ti faccio complimenti, ci ha già pensato Napo 🙂
    Dico solo che continuo a leggerti con piacere. Il dialetto aggiunge pennellate di colore al racconto, crea un’atmosfera che respira e si definisce da sé.
    Nunziello mi sembra troppo spaventato per aggiungere altre informazioni, perciò sposterei il focus su Raffaelle.

  • Bentornato Lou e buon anno.
    Non potete, tu e Mimì, lasciare in sospeso il discorso di Nunziello: facciamolo parlare.
    Come è diversa e reale la tua Napoli del presente dalla mia filtrata dalla lontananza è dai ricordi del passato. Il tuo è un ritratto livido stemperato dalla tua pietas nel restituircelo attraverso la tua prosa. Magistrale.

  • Guarda, ero tentata di lodare Gesù Cristo per farti un dispetto.
    Ma prendiamoci un caffè,va, che è meglio.
    Mi è piaciuto moltissimo questo epsiodio, due o tre frasi sono state davvero perfette, la tua prosa è a tratti potente.
    ( Però, quando qui ti ho scritto: oh, ma quindi? Non mi riferivo a me stessa e al fatto che passassi da me, mi riferivo proprio a questo, al fatto che non stavi portando avanti gli episodi da un po’. Perciò non farti problemi con me. 🙂 )

  • Io avrei preso il caffè con un vecchio amico, magari quello che sembra essere stranamente legato alll’omicidio.
    Mi è piaciuto molto il capitolo ma mi chiedo perché i medici legali li si dipinga sempre burberi nella fiction. I pochi che ho conosciuto sono decisamente simpatici e affabili.
    Però questo capitolo mi causa alcune problematiche: sto riflettendo a come far interagire il mio maresciallo con i dati autoptici e il loro autore. Dopo aver letto le tue righe non solo mi sento inadeguata ma mi chiedo come fare perché non sembri influenzata. Faccio tutto il contrario? Ë un modo di farsi influenzare anche questo. 🙂
    Tornando a Mimi, mi chiedo se sia una buona idea indagare sull’omicidio di una persona che si è amata (o si ama ancora?)

    Ciao

    • Non è mai una buona idea indagare sulla morte di qualcuno con il quale si ha o si ha avuto un qualsivoglia rapporto. Ho visto e letto abbastanza da sapere che il coinvolgimento emotivo è il peggio che possa capitare a un investigatore. Il punto di vista di chi conduce un’indagine dovrebbe essere libero da condizionamenti, sempre…
      Ma con i sentimenti di mezzo il racconto funziona meglio. O almeno credo.
      Sui medici legali non ti saprei dire.
      Nel caso specifico non volevo nemmeno che apparisse particolarmente burbero.
      È una nota che hai aggiunto tu, da lettrice. E la trovo una cosa meravigliosa. Perché rileggendolo è parso burbero pure a me. Spero di pubblicare il nuovo entro oggi. Scusa per l’attesa.

  • Ciao Lou,
    che piacere rileggerti. Molto bello questo capitolo. Mi è piaciuto più degli altri. Mi è piaciuta la delicatezza con cui hai descritto l’avvento del temporale e l’amore tra i due.
    Bel risvolto tecnico quello del referto autoptico e la foto che attira l’attenzione del medico a cui, inspiegabilmente era sfuggita.
    Che altro dire, bel lavoro.
    Ora aspetto il prossimo e spero di leggere qualcosa sui colleghi della voltante.

  • Altro capitolo scritto benissimo. L’immagine del lungomare al tramonto e il ricordo che riaffiora sono descritti magistralmente. Inoltre anche il colpo di scena finale è un gran bel tocco.
    Voto per il medico legale perché sono curioso di vedere come i ricordi si scontreranno con la visione del cadavere. Inoltre il medico potrebbe fornire altre informazioni utili. Ancora complimenti!

  • Ben fatto Lou, la storia scorre bene. Avevo votato per Nunziello, ma il medico legale è decisamente in vantaggio, perciò mi accontento. Ambientazione e dialoghi davvero convincenti e mai banali.
    Dato che mi avevi fatto questa domanda nel mio racconto, ora ti chiedo io quali sono i tuoi autori preferiti (anche fuori dal genere giallo/noir).
    A presto!

    • Gialli/noir a parte diciamo che sono essenzialmente un lettore di classici. In particolare stranieri. E questo per colpa/merito della Newton Compton che negli anni della mia adolescenza invase il mercato con grandi nomi della letteratura al prezzo di un caffè o poco più. Farei molta fatica a fare una lista. Il mio libro del cuore resta ‘Il richiamo della foresta’ di London, letto all’età di otto anni e mai più ripreso per preservare il ricordo di quell’esperienza. Mi piace molto anche Dickens (di cui ho letto quasi tutto) e Dostoevskij.
      Ma ho avuto anche una fase King (sì, lo so che dopo certi nomi sembra quasi una bestemmia ma io ci sono affezionato). Come affezionato sono a Bradbury e ad alcuni autori dell’epoca di Weird Tales come Howard e Lovecraft.
      Leggo anche italiani, Erri De Luca, Baricco, Ammaniti. E persino qualche esordiente come Dara. Tra gli europei se devo fare un nome dico Gaarder (non tutto, ma alcune sue cose mi hanno colpito davvero molto).
      La lista sarebbe davvero molto, molto lunga ancora. Se sei curioso chiedi pure…
      Comunque grazie di essere passato e dei complimenti.

  • Ciao Lou
    In un’indagine ovviamente bisogna interfacciarsi col medico legale no?
    Dunque, scelgo questa opzione.
    Nelle prime righe credo che manchi una ” è”.
    Per il resto non ho avuto grosse difficoltà con il dialetto…lo sai che in quello ho sempre bisogno di assistenza ?
    Ora ho capito che ti piace Pino Daniele, non avresti intitolato la tua storia in questo modo, idem per la scelta della suoneria di Mimì.
    Aspetto il prossimo!
    Ilaria

    • Adoro Pino Daniele. E il merito è solo di mia moglie che ne era (ne è perché lui è ancora qui) una fedelissima fan. Come molti napoletani resto affezionato ai suoi primi album. La svolta commerciale l’ho vissuta (come molti altri del resto) un po’ come un tradimento, quasi come se non gli bastasse più l’amore di un intero popolo e sentisse la necessità di essere apprezzato anche altrove. Resto a tua disposizione per traduzioni e spiegazioni. Ciao

  • Andiamo a sentire che racconta il medico legale. Quando c’è un cadavere si ascolta sempre lui per primo. Almeno dalle mie parti.
    Non so che dire: sai davvero scrivere, Lou, non saprei esprimermi meglio. La trama si snoda da sola, senza pause, senza rugginose descrizioni, senza perdersi in futilità eppure senza dimenticare i dettagli che la rendono “vera”. Quello “Più per una infantile forma di ripicca che per una reale ragione” è il mio preferito, così reale, così umano.
    Bravo!

  • Rafele ‘O Mericano.
    Mi sono sentito cullato dalla tua scrittura come quel gabbiano solitario sul ritmico sollevarsi delle onde. Per fortuna sono uno di quei gabbiani che frequenta mari aperti e non cumuli d’immondizia 😉
    Bravissimo

  • Buona domenica, Lou.
    Eccomi 🙂 Nuova storia, finalmente. Di tutto ciò che ho letto in questi primi due capitoli mi è piaciuto soprattutto il tono nostalgico che hai regalato a questa scelta di tornare ai luoghi dell’infanzia… e soprattutto al fatto di tornarci come poliziotto. Voto come la maggioranza, visto che arrivo tardi e non voglio creare scompensi 😉
    Bravo Lou 🙂
    Bentornato!

  • Ciao Lou
    mmm credo che voterò per il bossolo anche perchè mi sembra una traccia molto importante…dopotutto è stato riscontrato che il calibro è in dotazione della Polizia.
    Molto ma molto strano, no?
    Ti Invidio i dialoghi che riesci a creare tra i personaggi, ovviamente è un complimento 😉
    “Accumience” “Muccusiello” cosa significano?
    Grazie per la delucidazione, ciao!
    Ilaria_S

    • Ciao Ilaria. Dunque ”accumience” significa semplicemente ‘comincia’, “muccusiello” è l’ equivalente napoletano di ‘moccioso’. Grazie per i complimenti. I dialoghi cerco di curarli sempre molto. Sono fondamentali per rendere credibile un personaggio e caratterizzarlo. Se lavori bene su quelli ti risparmi un sacco di fatica in descrizioni.
      Ciao e grazie di essere passata.

  • Non lo so, siamo all’inizio: rincorriamo i ricordi. La pistola, il bozzolo e il vomito sono tracce che si possono indagare e studiare anche dopo, si tratta di roba tecnica. La storia invece non è tecnica, è umana. E un bravo investigatore va a cercare quell’umanità che fa da contraltare a tutte le nozioni scentifiche che si schiaffano sul tavolo degli inquirenti e fanno da contorno ma il piatto è l’essere umano. Cerchiamolo, nel presente, nel passato, cerchiamo di capire chi è perché, prima che COME.
    Bravissimo.

    • Io sono passata per vedere se mi avessi lasciato una risposta perché non mi arrivano notifiche e in effetti hai risposto a tutti meno che a me, ma con l’occasione ho notato che dovevo votare… non so se questa cosa mi sia sfuggita prima – mi pare strano, io sono precisa su queste cose – o se insieme alle notifiche mi si annullano pure i voti! ahahahah

      • Ti lascio sempre per ultima. Ma solo perché mi prendo del tempo per riflettere sulle cose che scrivi. Non riesco ad affrettare le risposte, è più forte di me. C’è anche un’altra ragione per la verità. Non volevo che la mia risposta al tuo commento influenzasse i voti. Perché quell’opzione è anche la mia preferita. Non solo per come ho pensato la storia, ma anche perché anche a me interessano più gli aspetti umani che quelli tecnici.

  • Ciao Lou!
    Mi piace il tuo stile, molto conciso ma comunque non oscuro. La parte che mi è piaciuta di più è stata la descrizione dell’interrogatorio, anche se avresti potuto dedicarle più spazio. Un’ultima cosa: il secondo episodio mi è piaciuto di più rispetto al primo, che a parer mio è un tantino schematico.
    Ciao!

  • La chiazza di vomito, anche se so che la polizia italiana non ha schedato i dati genetici del mondo intero, come in “CSI” ma il particolare di un assassino che vomita uccidendo mi sembra parecchio interessante.
    Bello! L’ho letto due volte e non ho trovato difetti (non che li cercassi, eh?), mi piace moltissimo l’interrogatorio e anche il briefing e debrief mentale che si fa Mimì.
    Non ho nemmeno rimpianto i voli pindarici e le metafore: mi è piaciuto molto molto molto.
    Ciao

  • Seguire i ricordi mi piacerebbe, ma lo spazio non è tanto, perciò penso sia meglio proseguire le indagini… i ricordi arriveranno 🙂
    Seguirei il bossolo.
    Ciao, Lou, bentornato.
    Come la prima volta che ti lessi, continuo a pensare che tu sia uno degli autori più completi, qui su TI, tra quelli che ho letto. A prescindere dalla contingente “asciuttezza” dello stile.
    Ti confesso però che avrei avuto la curiosità di leggere qualcosa di tuo che non fosse ambientato nel rassicurante “ambiente domestico”, ma tieni presente che è probabilmente una considerazione dettata dall’invidia, perché per me è difficilissimo rendere in modo realistico le realtà che meglio conosco 😀
    Ciao, complimenti, a presto.

    • Intanto bentornato dalle mie parti. Onorato di averti tra i miei lettori e dico sul serio. Prima o poi mi metterò alla prova con qualcosa di diverso anche su ti, promesso. In realtà fuori da qui già lo faccio, ma i riscontri non sono stati sempre positivi. La voglia di riprovarci però c’è sempre e chissà che la prossima volta non ti sorprenda. Solo una domanda? Dici che per te è difficilissimo rendere in modo realistico le realtà che meglio conosci… Ma ci hai provato? Dico, provato sul serio? Io ho cominciato a scrivere da ragazzino: fantasy, fantascienza, horror (che erano poi i generi che leggevo)… Poi un bel giorno alcuni amici mi iscrivono a un concorso letterario, un concorso con un tema sociale, diciamo così, che non c’entrava un beneamato cacchio con quello che facevo io. Decido di provarci comunque, mi guardo intorno e scrivo una storia. Incredibilmente quella storia conquista il Presidente di Giuria (un certo Niccolò Ammanitti, forse ne avrei sentito parlare) ed entra in antologia. Da quel momento (o meglio dopo aver incontrato Ammanitti alla presentazione e aver scambiato con lui duebattutedue) capisco che forse è quella la mia strada e comincio a provarci sul serio…

      • Ciao, Lou. Leggere la tua risposta mi rende ancora più curioso di scoprire chi si cela dietro il tuo nickname 😀
        Se avessi una mail nel profilo ti scriverei per chiedertelo 🙂 (be’, io ce l’ho).
        Mi chiedi se ho provato “sul serio”.
        No.
        Ma non fraintendere la mia risposta: di norma sono fin troppo serio, ma non credo di aver fatto seriamente niente, fino a oggi. Nelle storie di TI metto l’anima, ci metto un impegno che mi spaventa, ma non sono serio neppure in questo.
        Non ci credo abbastanza.
        Mi riesce difficile descrivere la realtà che conosco meglio forse perché non conosco abbastanza neppure questa. La vedo, la analizzo dall’esterno, con un atteggiamento che immagino simile a quello di un Asperger, ma la empatizzo poco. Eh, sì, penso di essere piuttosto borderline.
        Bene, dopo questa breve seduta di autoanalisi, sei autorizzato a non rispondere più ai miei commenti, capirò 😀
        Ciao, a presto

        • E invece ti rispondo. Impegnarsi mettendoci l’anima è un approccio serio. Anche se dici il contrario è così. Chiaramente io mi sono limitato a riportare una mia personalissima esperienza, leggendo in quella tua ‘considerazione dettata dall’invidia’ il desiderio sottaciuto di metterti tu stesso alla prova con qualcosa di diverso. Io, se non fosse stato per quei miei amici, probabilmente non ci avrei mai provato e avrei continuato a scrivere cose destinate a restare archiviate in un file. Ben inteso, non è il tuo caso: in quello che fai sei bravissimo e potrebbe essere davvero quella la tua strada, ma da esordiente ad esordiente ti dico anche che all’inizio è difficile capirlo. Ancora mi rode il fegato constatare che certe mie cose (in cui pure c’ho messo l’anima) non abbiano ricevuto la stessa considerazione di altre, nelle quali, sarò onesto, ci ho messo pure meno impegno ed attenzione. È amaro ammetterlo, ma non sempre si riesce bene in ciò che piace di più. Quanto a me, sono solo uno che ci prova (qualche colpo l’ho piazzato, ma è poca roba, davvero). L’anonimato ha altri motivi, legati perlopiù al mio primo racconto pubblicato su questa piattaforma. In ogni caso Jaw resti per me un lettore prezioso e spero che tu possa continuare ad esserci.
          P. S. Onde evitare fraintendimenti, ho capito perfettamente il senso di quella tua frase sull’invidia… Se vuoi possiamo continuare questa conversazione anche via mail. Puoi scrivermi all’indirizzo Lou1978@virgilio.it

  • Capitolo fantastico! L’interrogatorio mi è piaciuto moltissimo: la descrizione fisica che reintroduce il testimone (nello scorso capitolo il testimone era già stato descritto ma attraverso i ricordi e le voci sul suo conto, che in questo capitolo si scontrano con un’immagine reale), il botta e risposta intervallato da pensieri e gesti, ed infine l’introduzione della vittima, di poche parole ma di grande impatto. Complimenti!
    Mi sono affidato al commento di Napo ed ho votato per i ricordi. Aspetto fiducioso il prossimo capitolo.

  • Rincorriamo ricordi, va 🙂 Bel capitolo, giusto ritmo descrizioni e dialoghi. Siccome siamo al secondo possiamo parare sui flashback. Ti lascio le piste ai capitoli successivi.

    Mi è piaciuta molto la parte in cui lui descrive l’accaduto (il corpulento). Ben delineati i caratteri dei personaggi. Il dialetto non mi disturba, ma una o due volte mi ha messo in difficoltà (poi alla riga successiva ho capito il senso)

  • Io credo che la cosa che ti riesca meglio è ricorrere i ricordi. Lo so che stavolta stai sperimentando qualcosa di diverso e forse t’interessa più lo sviluppo della trama, ma per ora i preferisco il Lou che evoca immagini e ricordi.
    Bravo (nonostante qualche piccola insignificante sbavatura).

      • No, mi riferivo a qualche ripetizione – i chili di troppo sono troppo – che, anche se voluta, è comunque cacofonica e al fatto che non sempre hai messo in grassetto le frasi in dialetto, in particolare nella parte finale. Una volta che scegli uno standard lo devi seguire.
        Ma come vedi sono davvero piccolezze.

        • In realtà su quel ‘troppo’ sono stato indeciso fino all’ultimo… In ogni caso non mi sarei limitato a sostituirlo con un sinonimo, piuttosto avrei riformulato l’intera frase (e ci ho pure provato ma le alternative a cui avevo pensato mi convincevano ancora meno). Sul corsivo devo stare più attento. Un’ultima cosa, che non riguarda direttamente me: so che stai seguendo molte storie e che non leggi volentieri fantasy, però ci tengo a segnalarti un racconto che, a mio avviso, merita più attenzione di quanta ne abbia ricevuta (l’autore non sono io e non è nemmeno un mio amico/parente, lo faccio solo perché lui è davvero bravo, anche se ancora poco pratico di certi meccanismi). Il racconto è ‘La rivolta degli Orchi’ di Adam Smith… Se riesci dagli un’occhiata.

  • Io ho votato per il medico legare.

    A una prima lettura (senza leggere la trama) non avevo capito che parlava sempre lo stesso personaggio (anche perché nel primo paragrafo è al “tu”, poi passa in prima persona. Io inizialmente ho pensato che fossero tre persone diverse (tre poliziotti). Rileggendolo ho capito che mi sbagliavo. Incipit accattivante, asciutto. Nel terzo ti erano rimasti pochi caratteri e hai sacrificato la scena del crimine (motivo per cui ho scelto il medico legale).

  • Interroghiamo il testimone, volente o nolente.
    Lou! Cos’è questo stile sobrio e asciutto, dov’è il tuo stile poetico-immaginifico-barocco come l’architettura napoletana? Bello anche questo, ma fa strano leggerti così.
    L’intro del tuo incipit è così’ realistico: l’eterna autocommiserazione dello sbirro, Certo, in gran parte sacrosanta, ma quanto amano crogiolarcisi.
    Però, sappiamo un sacco di cose dell’investigatore e del testimone, ma della vittima niente!
    Alla prossima

    • Ciao Befana!!! Non ti nascondo che leggere il tuo nome nelle notifiche mi ha messo subito di buon umore: hai un effetto energizzante su di me!
      Su dove sia finito il mio stile poetico eccetera, puoi stare tranquilla, è ancora qui (nella descrizione di Rafele ad esempio), anche se in questa storia proverò a dosarlo meglio (theincipit è un banco di prova ideale e, come ho già detto a Napo, mi andava di sperimentare uno stile un po’ diverso: stiamo a vedere cosa succede).
      Sono felice che il protagonista ti sia arrivato. Sulla vittima hai assolutamente ragione: merita più spazio e nei prossimi lo avrà. Un abbraccione. Ciao

  • Ciao Lou
    Io scelgo per il colloquio con il testimone.
    Ti seguirò perché hai una scrittura davvero scorrevole, delicata, precisa.
    Mi piace.
    Interessanti sono anche i termini in dialetto che per quanto mi riguarda, devono essere pochi altrimenti rischio di non capire il senso del racconto.
    Noto che fortunatamente non ce ne sono tantissimi, anche se non ti nascondo che a me piacciono molto (il problema è che purtroppo non li capisco).

    Ciao alla prossima!
    Ilaria_S.

  • Eccomi, voto per l’interrogatorio.
    Ti faccio i complimenti per l’incipit: i paragrafi 1 e 2, molto introspettivi, sarebbero stati pesanti senza una buona scrittura e poi ti sei superato nello scambio di battute tra i personaggi; mi hai fatto respirare l’aria di San Giovanni (anche se non ci sono mai stato in vita mia).
    Aspetto il prossimo episodio.

  • Incipit accattivante. Mi piace la breve ma coincisa analisi sociale dalla quale ‘emerge’ il protagonista. Ho votato l’interrogatorio per vedere come verrà ricostruita indirettamente la scena del crimine attraverso le parole del testimone.
    Seguo il racconto molto volentieri e attendo il prossimo capitolo.

  • Tornerei alla scena del crimine perché non ho ben chiaro il punto 3.
    Hai raccontato benissimo il protegonista e la sua vita, la sua città, le persone intorno, il passato… però poi ti sei perso sulla scena del crimine, abbiamo superato un nastro e ascoltato un dialogo ma non abbiamo visto niente. “Visto”. Non ho visto la vittima: dov’era? Come stava messa? Che le è successo a una prima analisi? Cosa ipotizzano gli inquirenti? Insomma dove siamo, io non vedo nulla. La parte introspettica ( 1 e 2) è davvero ben data, ma anche poi nel 3 la descrizione di Raffaele, mi piace moltissimo il modo in cui ce l’hai mostrato, però la vittima e la scena del crimine io non le ho viste. ( e non sono cose che si possono rimandare per cui invece di otto ti metto sette).
    Sono felicissima di tornare a leggerti. Se ho sbagliato perdonami.

    • Pensa che una volta ho esultato per un 4 in matematica: Professor Sasso, se non ricordo male, un mostro di crudeltà, consigliere missino di minoranza del comune di Portici, due abiti nel guardaroba, uno grigio scuro per i giorni di ‘lezione’ e un altro ‘nero’ per quelli di interrogazione e compiti in classe. A un 7 della Startari mi tocca fare un doppio salto mortale all’indietro e urlare Alleluia! Altro che perdonati! Sei tu che devi perdonare me.
      Che non riesco mai a ricordare una delle regole principe per chi scrive racconti: cominciare dal punto più vicino possibile alla fine.
      Cercherò di rimediare già dal prossimo. Grazie per esserci anche questa volta.

    • Ciao Keziarica e intanto benvenuta.
      Sono quasi sicuro che non parleresti così se avessi letto i miei precedenti racconti :).
      Lo stile asciutto è una precisa scelta stilistica. L’idea è di quella di alleggerire il racconto, renderlo più fluido e leggibile (non hai idea di quanti cazziatoni sull’argomento mi sono beccato sul precedente Anema e Curaggio).
      Curiosissimo di sapere cosa non ti è piaciuto.
      Per molti non è un così ma ti assicuro che per me theincipit.com è innanzitutto un’occasione per capire cosa e dove sbaglio. Quindi sentiti libera di dire sempre quello che pensi. Ciao.

      • ti dico quello che penso, frasi tipo:
        Per loro sei molto di più di questo, sei quello con cui giocavano a calcetto nel campo della parrocchia, quello su cui potevano contare quando c’era da fare a botte, quello delle pisciate in compagnia e delle prime sigarette che bruciavano in gola. Mi fanno venire in mente una canzone, di quelle che parlano delle esperienze di tutti (a parte farla in compagnia, che per una ragazza assume un altro significato) e che per questo diventano molto popolari.
        poi ci sono le frasi tipo:
        “Mimì, nun ce ne fotte proprio ‘e chello che penza Rafele Fusco: lui con noi o ce parla o ce parla. E, se non lo fa, ‘o facimmo passà nu brutto quarto d’ora. Convocalo in ufficio per domani: voglio che lo prendi a sommarie!”
        dove le parole in dialetto sembrano scritte da un bresciano. Non so, non mi convince la parte di dialogo con Rosati.
        Ma io non sono napoletana e in dialetto non sarei capace di scrivere nulla, quindi è solo un’osservazione.
        Andrò a leggere gli altri racconti 😉

        • Ha, ha, ha… Questa non me l’avevano mai detta! 🙂
          Allora, provo a spiegare: sul fatto che le parti in dialetto sembrino scritte da un bresciano, credo possa dipendere da una tua scarsa conoscenza del napoletano (che è a tutti gli effetti una lingua più che un dialetto).
          Senza andarci a impelagare in un discorso che sarebbe lungo, tedioso e, dal tuo punto di vista, certamente poco interessante, ti dico solo che in napoletano esistono regole grammaticali molto complesse che vanno un po’ al di là di una semplice corrispondenza grafico/fonetica. Insomma, per farla semplice, è un po’ come per l’inglese, non è che scrivo feisbuk solo perché si pronuncia feisbuk, giusto? Ecco è la stessa cosa col napoletano. Più o meno.

  • Bentornato Lou. Sai che aspettavo questo tuo ritorno. Inutile dire che ti seguo con grande interesse.
    Non so a cosa ti riferisci quando parli, nella “Trama”, di sfida ai lettori e questo m’incuriosisce ancora di più.
    Presto per dare un giudizio; ma così, a pelle, mi pare che stavolta il taglio sia più asciutto.
    Perché non metti in corsivo le parti in dialetto? Secondo me aiuta la lettura: sai che ti appresti a leggere un’altra lingua.
    Mi piacerebbe vedere l’interrogatorio.

    • Ciao Napo, alla fine mi hai convinto (di nuovo).
      In corsivo le parti in dialetto? Sì, può essere una soluzione, magari ci provo già dal prossimo.
      Il taglio è volutamente più asciutto. Vediamo che succede. La sfida ai lettori nelle intenzioni sarebbe una sfida sul piano investigativo. Ma non faccio promesse. Il viaggio è appena iniziato e dove ci porterà lo scopriremo insieme. Grazie di esserci.

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